Il gatto anziano non mangia? Ecco cosa sapere (e fare)
Se vivi con un gatto da tanti anni, è probabile che prima o poi ti sia trovato a fare i conti con un cambiamento nelle sue abitudini alimentari. In particolare, quando un gatto anziano smette di mangiare o riduce in modo significativo la quantità di cibo, è normale sentirsi preoccupati.
In questo articolo vediamo insieme quando è davvero il caso di preoccuparsi, quali segnali osservare con attenzione, e soprattutto cosa puoi fare, prima di tutto, a casa, e in secondo luogo con l’aiuto del veterinario.
Il gatto anziano non mangia: perché è così grave se un gatto non mangia
A differenza del cane, il gatto è un animale che non può permettersi lunghi digiuni. È un fatto metabolico: bastano pochi giorni senza cibo per andare incontro a problemi seri, come ad esempio la steatosi epatica, una condizione in cui il fegato si riempie di grasso e smette di funzionare correttamente.
In più, il gatto è un predatore… ma anche una preda. Questo significa che tende a mascherare i sintomi di malessere per non mostrarsi debole. Così può succedere che l’unico segnale evidente di qualcosa che non va, sia proprio il rifiuto del cibo.
Quindi, se un gatto anziano smette di mangiare, non aspettare: rivolgiti quanto prima al veterinario.
Quando oltre al cibo rifiuta anche l’acqua

Se oltre a non mangiare, il tuo gatto smette anche di bere, la situazione si fa ancora più delicata. L’idratazione è fondamentale, e se non beve né assume liquidi dal cibo (per esempio attraverso l’umido), è molto probabile che ci sia una patologia sottostante da indagare.
Al contrario, anche un gatto che beve tanto ma non mangia può essere un segnale di qualcosa che non va, ad esempio una malattia renale cronica, una delle condizioni più frequenti nei gatti in età avanzata.
Il gatto anziano non mangia: Cosa puoi controllare a casa
Ci sono alcuni accorgimenti che puoi provare prima ancora di fare visite ed esami, soprattutto se il tuo gatto è in una fase iniziale di inappetenza.
1. Verifica l’ambiente dove mangia
Sembra banale, ma l’ambiente in cui il gatto mangia può fare una grande differenza. I gatti più anziani, ad esempio, potrebbero non riuscire più a raggiungere la ciotola se è posizionata in alto o in un luogo scomodo.
Prova a mettere la ciotola in un punto facilmente accessibile, magari su un piano basso e lontano dalle pareti. Ricorda che i gatti preferiscono controllare visivamente lo spazio mentre mangiano: se non si sentono al sicuro, potrebbero evitare del tutto il pasto.
2. Controlla la ciotola
Anche la forma e la pulizia della ciotola contano molto. I gatti preferiscono ciotole basse e larghe, o addirittura piattini, per evitare che le vibrisse tocchino i bordi. Inoltre, la ciotola dovrebbe essere lavata ogni giorno: odori residui o sporco possono bastare per far rifiutare il pasto, soprattutto a un gatto anziano più sensibile.
3. Prova a cambiare alimento
Anche se il tuo gatto ha sempre mangiato un certo tipo di crocchette o cibo umido, non è detto che le sue preferenze non cambino con l’età. Potresti provare:
- A passare dal secco all’umido, o viceversa.
- A offrire nuovi gusti o consistenze.
- A scaldare leggermente il cibo per renderlo più appetibile.
Se noti un miglioramento temporaneo, ma poi tutto torna come prima, è comunque importante rivolgersi al veterinario: l’inappetenza potrebbe essere un segnale intermittente di una malattia più seria.
I campanelli di allarme da non ignorare
A volte l’inappetenza è solo la punta dell’iceberg. Ecco altri segnali da tenere d’occhio, soprattutto in un gatto anziano:
- Perdita di peso: spesso difficile da notare, soprattutto se il gatto è sempre stato un po’ rotondetto. Può sembrare “più in forma”, ma è un segnale d’allarme.
- Pelo in cattive condizioni: può diventare opaco, secco, o al contrario troppo grasso e untuoso, magari separandosi in ciocche.
- Cambiamenti nel comportamento: miagolii insoliti, aumento della vocalizzazione o richieste di attenzioni più frequenti.
- Sintomi fisici: vomito, rigurgito, stitichezza (più comune della diarrea nel gatto), letargia.
Cosa farà il veterinario
Se il gatto anziano continua a non mangiare o mostra uno dei segnali sopra, il veterinario inizierà con una visita clinica completa. Tramite la palpazione e l’osservazione del comportamento potrà capire se ci sono dolori o anomalie.
A seguire, probabilmente verranno consigliati alcuni esami del sangue, in particolare per valutare i valori renali, vista la frequenza della malattia renale cronica nei gatti anziani. Ma ci sono anche altre condizioni che possono dare inappetenza:
- Malattie intestinali croniche
- Linfoma
- Problemi al fegato (epatopatie)
- Triadite (infiammazione combinata di fegato, pancreas e intestino)
- Malattie infettive
Se gli esami del sangue non danno risposte chiare, si potrà proseguire con controlli più approfonditi su cuore, tiroide o altri organi.
Conclusioni
Il gatto anziano che non mangia non è solo “capriccioso” o “vecchietto”. È un sintomo importante, che merita attenzione e indagini approfondite. Prima di pensare al peggio, puoi osservare e provare a modificare ambiente e alimentazione. Ma se la situazione non migliora in pochi giorni, non perdere tempo: una visita veterinaria può fare la differenza.
Articolo della Dr.ssa Maria Mayer, DVM
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Animali e invecchiamento
Quando un animale domestico comincia a manifestare i primi segni di invecchiamento, spesso ci troviamo completamente impreparati ad affrontare questa nuova fase della loro esistenza.
In questo articolo cercheremo di capire cosa significa “invecchiare”, quali sono i meccanismi alla base di questo processo fisiologico e come cambiano i fabbisogni degli Animali anziani, in modo da aiutarli ad affrontare questa fase della vita nel miglior modo possibile e raggiungere un invecchiamento di successo.
Perché è importante parlare di animali anziani
Negli ultimi anni, grazie alle migliori condizioni di vita, di cura e di alimentazione, stiamo assistendo ad un allungamento della durata della vita dei nostri animali domestici. Attualmente l’aspettativa di vita media, nei paesi occidentali, è di 13-14 anni per un cane e di 12-15 anni per un gatto.
L’aumento della popolazione geriatrica è collegato ad un aumento delle patologie correlate a questa fascia di età e, di conseguenza, delle spese veterinarie ad esse associate.
Inoltre, famiglie sempre più attente, richiedono, molto più che in passato, approcci di tipo “integrato” non solo curativi, ma anche di tipo preventivo. In quest’ottica, l’alimentazione e la nutraceutica rappresentano un’arma potentissima di prevenzione e di gestione delle patologie che possono colpire l’animale anziano.
Cosa si intende per invecchiamento

Cominciamo con lo sfatare una delle credenze più comuni: l’invecchiamento non è una malattia!
L’invecchiamento è un processo fisiologico che interessa tutti gli esseri viventi e che inizia nel momento stesso della nascita. Ebbene sì, proprio a partire dal giorno in cui nasciamo le nostre cellule, i nostri organi e tessuti cominciano ad invecchiare, anche se i primi segni di senescenza cominciano a manifestarsi in maniera evidente solo dopo il raggiungimento della maturità.
Quando possiamo dire che il nostro animale sta diventando anziano?
Se nell’uomo abbiamo delle fasce di età bene definite, nei nostri Animali non è così semplice, in quanto l’invecchiamento è legato a fattori quali specie, razza e taglia dell’animale.
In linea di massima possiamo dire che, per i gatti, la soglia di invecchiamento è tra i 10 e i 12 anni, mentre per i cani dipende dalla taglia. I cani di taglia piccola sono generalmente più longevi dei cani di taglia grande, mentre i cani di taglia gigante sono in assoluto i meno longevi.

Nella tabella sono riportate le soglie di senilità in base alle caratteristiche sopra descritte. Attenzione: si tratta solo di stime che non vanno prese così rigidamente. Quello che fa davvero la differenza, in un cane anziano, è lo stile di vita e la presenza o assenza di patologie correlate.
Agendo in prevenzione, con una corretta alimentazione e integrazioni funzionali, possiamo far sì che il nostro Animale raggiunga quello che viene definito un “invecchiamento di successo”. Un invecchiamento solo anagrafico, non accompagnato da patologie invalidanti.
Animali e invecchiamento di successo. Cosa cambia nell’organismo dell’animale anziano e quali sono le strategie nutrizionali per supportare questi cambiamenti?
Nell’animale anziano si verificano una serie di cambiamenti che dobbiamo prendere in considerazione quando impostiamo un piano alimentare:
- Dididratazione progressiva: l’organismo, invecchiando, tende a ridurre la sua capacità di mantenere un adeguato bilancio idrico. Per questo motivo, dobbiamo cercare di incoraggiare l’assunzione di acqua mediante l’utilizzo di fontanelle (sia per i gatti che per i cani). Prediligendo cibi commerciali umidi o, meglio ancora, una dieta fresca. Preparando dei brodi leggeri di carne e verdure con un pizzico di sale (se possibile) da aggiungere alla pappa. (ne parliamo qui: https://nutravet.it/lacqua-il-piu-importante-dei-nutrienti/ )
- Aumento del catabolismo: che porta a una perdita progressiva di massa magra, a una minor capacità di digestione ed assorbimento dei nutrienti e ad un ridotto metabolismo. Per questo motivo, la dieta dovrebbe prevedere un adeguato apporto energetico. Per evitare aumento di peso finanche all’obesità (condizione molto più frequente nei cani anziani rispetto ai gatti) e un adeguato apporto proteico. Le proteine, infatti, sono indispensabili per lo svolgimento di numerose funzioni organiche (tra cui il corretto funzionamento del sistema immunitario) e strutturali (costituzione delle masse muscolari). Per questo l’apporto proteico nel cane anziano, salvo rare eccezioni, non dovrebbe essere ridotto, ma addirittura aumentato. (ne parliamo qui 🡪 mettere il link al mio articolo sulle proteine, non ancora pubblicato). Per quanto riguarda i carboidrati, invece, in alcuni casi potrebbe essere utile una loro netta riduzione, soprattutto nei soggetti con tendenza al sovrappeso.
- Alterazioni del microbiota: essendo a tutti gli effetti un organo, il microbiota invecchia al pari di tutti gli altri organi. Questo invecchiamento porta ad un impoverimento della varietà di famiglie batteriche che lo compongono e quindi ad uno stato di disbiosi. Questa deve essere sempre valutato(puoi approfondire qui: https://nutravet.it/cose-la-disbiosi-intestinale/ ). Per supportare il microbiota, dal punto di vista nutrizionale, potrebbe essere utile un ponderato aumento di fibre ad azione prebiotica e l’aggiunta di probiotici, in modo ciclico o continuativo a seconda dei casi.
- Difficoltà digestive: possono essere una conseguenza della disbiosi e del ridotto metabolismo. In particolare si potrebbero verificare difficoltà nella digestione dei grassi. Meglio prediligere grassi a media e corta catena, come l’olio di cocco, più digeribili e con proprietà benefiche nei confronti delle cellule del sistema nervoso, come dimostrato da alcuni studi.
Ne parliamo qui: https://nutravet.it/olio-di-cocco-per-il-cane-cose-a-cosa-serve-e-come-usarlo/ - Aumento dei fenomeni ossidativi e irrigidimento delle membrane cellulari: in questo caso possono venirci in aiuto gli antiossidanti. Vitamina C e Vitamina E (utile in caso di animali in sovrappeso o con dermopatie), ma anche il Coenzima Q 10 (utile in caso di patologie metaboliche, come il Diabete o il Morbo di Cushing) e l’Acido alfa-lipoico (utile in caso di patologie neurologiche e cognitive). Gli acidi grassi omega tre, invece, nel cane anziano assumono una importanza particolare per il sostegno di reni e cellule nervose. Grazie alla loro attività antinfiammatoria e di mantenimento della fluidità delle membrane cellulari. (ne parliamo nel dettaglio qui: https://nutravet.it/acidi-grassi-essenziali-omega-3-e-omega-6-per-cane-e-gatto-perche-sono-importanti/ )
Animali e invecchiamento di successo. Quale dieta scegliere per l’animale anziano
La dieta dovrà essere scelta in base ad una serie di fattori legati allo stato clinico del vostro animale, ma anche alle esigenze dei familiari.
Pur non esistendo studi conclusivi che comparino la dieta fresca a una dieta industriale, per il fattore “aspettativa di vita”, possiamo affermare che la dietra fresca presenta numerosi vantaggi rispetto a quella industriale. Per esempio, la possibilità di essere cucita su misura sull’animale, come fosse un vestito sartoriale. Questo ci permette di adeguarla maggiormente alle esigenze del paziente, soprattutto laddove coesistano comorbilità (ovvero più patologie contemporaneamente). Inoltre la dieta fresca, essendo più idratata, si presta meglio alle esigenze di un organismo che ha difficoltà a mantenere un corretto bilancio idrico.
Nel caso si decidesse di optare per una dieta commerciale, i mangimi umidi potrebbero essere preferibili. Questo grazie alla loro maggiore idratazione e alla loro maggior appetibilità. Attenzione ai mangimi “senior”, che spesso prevedono una riduzione proteica non necessaria e spesso dannosa. Se l’animale non presenta patologie particolari, possiamo tranquillamente orientarci verso un mangime di mantenimento per adulti, mentre in caso di patologie, occorre valutare bene con il proprio Medico Veterinario esperto in nutrizione, quale scegliere in base alle condizioni cliniche del paziente.
Articolo del Dr.ssa Marta Batti, DMV
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