La disfunzione cognitiva del cane anziano
Cosa sappiamo della disfunzione cognitiva del cane anziano, del morbo di Alzheimer e del ruolo dell’alimentazione? Nella nostra vita quotidiana vediamo sempre più cani spegnere le loro candeline di compleanno ad età incredibili. Questa cosa ci riempie di gioia ma porta con sé anche problemi che dobbiamo saper riconoscere e gestire.
In questo articolo parleremo della disfunzione cognitiva nel cane anziano e di come riconoscerla.
Evidenzieremo le cause e le somiglianze tra la disfunzione cognitiva e il nostro morbo di Alzheimer.
Infine non tralasceremo come sempre il ruolo dell’alimentazione e delle sue integrazioni .
Disfunzione cognitiva del cane
La disfunzione cognitiva non è altro che l’invecchiamento del cervello di tutti noi esseri viventi, l’arrivo della così detta “età geriatrica”. E’ progressiva e non può essere evitata.
I sintomi clinici della disfunzione cognitiva vengono raccolti in un acronimo D.I.S.H.A.A.L che correla problemi fisici con quelli neurologici e comportamentali:
- Disorientation (disorientamento)
- Interaction (ridotta interazione con uomo e animali)
- Sleep-wake cycle (ciclo del sonno disturbato)
- House soiling (eliminazioni inappropriate)
- Activity (livelli di attività modificati, iperattività o apatia)
- Anxiety (ansia)
- Learning and memory deficits (disturbi nell’apprendimento )
Disfunzione cognitiva del cane e morbo di Alzheimer nell’uomo
Il fatto che il nostro cane passi intere giornate a dormire mentre di notte si comporti da girovago, è indice di alterazione del ciclo veglia-sonno.
Questa alterazione è stata paragonata scientificamente alla stessa condizione che si presenta negli uomini affetti da morbo di Alzheimer.
Anche la perdita della memoria, tipica del morbo di Alzheimer, nel nostro cane affetto da disfunzione cognitiva si manifesterà con incapacità di riconoscere subito persone a lui care, il loro posto del cuore, il suo amico del parco ecc. Ovviamente tutto questo verrà correlato ad atteggiamenti, a volte anche incontrollati ed aggressivi, tipiche anche delle persone affette da morbo di Alzheimer
Alla base della disfunzione cognitiva del cane, c’è un’infiammazione continua di basso grado, chiamata inflammaging, che porta pian piano le cellule del cervello ad invecchiare.
Queste cellule hanno scarsa capacità di riformarsi e pochi enzimi antiossidanti pronti a salvarle dall’invecchiamento. In termini tecnici, si inizia ad accumulare nelle cellule una sostanza chiamata beta-amiloide che a sua volta coinvolge una proteina chiamata PROTEINA TAU.
Più si accumula, più si infiamma e più il nostro amico invecchia. E’ qui la differenza con il morbo di Alzheimer, dove gli studi scientifici hanno evidenziato per ora degli accumuli “diversi “di queste proteine nell’uomo rispetto al cane.
Alimentazione ed integrazioni funzionali
Importante oltre al supporto terapeutico di un medico veterinario esperto in comportamento, anche l’alimentazione. Ormai sappiamo quanto il cibo influenzi il microbiota intestinale e come una disbiosi intestinale favorisca il processo di infiammazione del cervello (asse intestino/ cervello)
Ma come possiamo aiutare il nostro amico “diversamente giovane”?
Psicobiotici e prebiotici, anche se gli studi sono scarsi, potrebbero tornarci utili.
Importante anche una dieta fresca specifica per un cane anziano, dove dobbiamo fare attenzione alla percentuale di fibra, a volte più alta rispetto ad un cane adulto.
La percentuale ed il tipo di grasso da utilizzare sono importanti come anche il valore biologico della proteina e non per forza sola la sua quantità. Da non sottovalutare l’idratazione associata ad un cibo fresco rispetto ad un cibo commerciale secco.
Le integrazioni funzionali della dieta possono giocare un ruolo importante. L’ MTC oil, fonte di energia alternativa per le cellule nervose, le vitamine ed antiossidanti (Vitamina E, Vitamina C, Vitamina B6 , Acido alfa-lipoico, Coenzima Q) gli omega 3 (in prevalenza DHA ), frutta e verdura (attenzione, alla dose ed alla cottura).
Tutto questo può rallentare di molto la degenerazione cognitiva.
In conclusione un buon lavoro tra medicina di base, comportamento e nutrizione, può far sì che il nostro amico invecchi nel modo più sano e felice possibile, per una vita insieme sempre più lunga!
Articolo del Dott. Carmine Salese, DMV
- Pubblicato il Carmine Salese
Leishmaniosi: aiutare con l’alimentazione e un approccio integrato
La Leishmaniosi è una malattia che affligge diversi animali, ancora purtroppo troppo presente sul nostro territorio. Chi vive con un malato di Leishmaniosi sa quanto può essere difficile e a volte frustrante avere il proprio compagno di vita a 4 zampe positivo a questa malattia.
In questo articolo farò un piccolo excursus sul mondo della Leishmaniosi, soffermandomi maggiormente su quanto una corretta alimentazione e un approccio integrato possano essere di grande supporto per i nostri animali.
Cos’è la Leishmaniosi?
La Leishmaniosi è una malattia parassitaria causata da un protozoo, generalmente il responsabile è Leishmania infantum.
Questo protozoo viene trasmesso dalla puntura del pappatacio, un piccolissimo flebotomo che agisce principalmente dopo il tramonto, perché è un ematofago notturno.
La malattia ha un decorso molto lento, i sintomi clinici possono essere svariati, magrezza, letargia, pallore delle mucose, problemi cutanei come presenza di scaglie, forfora e ulcere, onicodistrofia, epistassi, zoppia, epatomegalia, splenomegalia, glomerulonefrite, uveite ecc.
Anche gli esami di laboratorio possono rilevare diverse anomalie come anemia, leucopenia, iperproteinemia, aumento degli enzimi epatici, e presenza di proteine nelle urine.
Questa moltitudine di sintomi clinici e di alterazione ematologiche, possono portare ahimè ad una diagnosi tardiva.
Perché la Leishmaniosi non si manifesta sempre nello stesso modo?
Una piccola premessa importante, non tutti i cani infetti si ammalano, il parassita può rimanere in forma latente e non provocare segni clinici né alterazioni ematobiochimiche, a meno che i titoli anticorpali non crescano.
Altri cani invece una volta entrati in contatto con questo protozoo, vanno incontro alla sua proliferazione sviluppando la malattia.
Le diverse reazioni dell’organismo dipendono dal tipo di risposta immunitaria e dalla sua efficienza.
Il sistema immunitario potrà rispondere in due modi:
- Con una risposta umorale, che è responsabile della progressione della malattia a causa della formazione di Immunocomplessi.
- Con una risposta cellulo-mediata attraverso la quale l’animale rimarrà infetto ma non svilupperà la malattia.
Come scegliere il giusto apporto nutrizionale e le integrazioni?
Quando un veterinario nutrizionista deve formulare una dieta per un cane affetto da Leishmania, dovrà prendere in considerazione la sintomatologia clinica e le alterazioni ematobiochimiche, per poterla cucire così in modo sartoriale.
Sarà importantissimo utilizzare una dieta ad elevata digeribilità che conterrà delle proteine ad alto valore biologico, queste oltre ad essere la fonte principale di sostentamento nel cane, aiuteranno a rafforzare il sistema immunitario.
Per quanto riguarda la quantità di proteine da usare sarà necessario basarsi sulle analisi e valutare il grado, se presente, di nefropatia. Inoltre sarà necessario valutare anche lo stato di cachessia dell’animale e valutare il possibile rischio di urolitiasi in corso di terapia con allopurinolo.
Sarà importante anche rendere i pasti appetibili, in quanto la maggior parte dei soggetti affetti da Leishmania sono anoressici ed hanno anche tanta nausea. Un’arma vincente potrebbe essere utilizzare dei grassi animali, come il ghee o lo strutto, che sono sempre molto apprezzati.
Nella nostra dieta non potranno mai mancare Vitamina C, Vitamina E ed Omega-3.
Vitamina C e Vitamina E, sono gli antiossidanti per eccellenza, usati spesso in associazione.
- La vitamina C: Potente antiossidante, adatta soprattutto per contrastare stress ossidativi, inoltre è un aiuto essenziale per il sistema immunitario.
- La Vitamina E: Anche questa ottimo antiossidante, adatta soprattutto in corso di problemi legati al fegato, al cervello e alla cute.
- Omega Tre (EPA e DHA): hanno una potente azione antinfiammatoria, oltre ad avere un’azione benefica sulla cute, sui reni e a livello cardiaco.
E lo Zinco?
Lo zinco è un oligoelemento essenziale, è infatti responsabile di una lunga serie di reazioni ed interazioni con l’organismo che si possono considerare “terapeutiche”.
In medicina umana è stata dimostrata la sua efficacia in malattie infiammatorie croniche, compresa la Leishmaniosi.
Ha una azione Leishmanicida in quanto inibisce alcuni enzimi necessari per il metabolismo del parassita ed ha anche una azione immunomodulante, infatti sembra essere in grado di stimolare maggiormente la risposta immunitaria cellulo-mediata, che come abbiamo spiegato prima è essenziale affinchè non si instauri la malattia.
Da non sottovalutare anche l’effetto positivo della sua integrazione sulle dermatopatie, purtroppo spesso presenti in corso di Leishmania.
Esistono anche dei funghi medicinali con azione immunomodulante, quindi capaci di orientare verso la risposta immunitaria corretta, come ad esempio L’Agaricus Blazei Murril (ABM) e il Cordyceps Sinensis.
In Fitoterapia invece di particolare interesse risulta essere La Genziana Lutea, per il suo potere Leishmanicida.
La Genziana Lutea è una pianta officinale di antico utilizzo.
I principali componenti del fitocomplesso sono amarogentina e genziopicroside. La Amarogentina è capace di bloccare la replicazione del protozoo, agisce inibendo l’azione della DNA Topoisomerasi I.
In conclusione
Per concludere possiamo affermare che con l’alimentazione e le giuste integrazioni riusciamo a potenziare l’azione dei farmaci tradizionali, agendo così in sinergia.
Affidatevi sempre ad un medico veterinario esperto, per essere seguiti nel miglior modo possibile riducendo al minimo i possibili effetti collaterali.
Articolo della dott.ssa Francesca Parisi, DMV
- Pubblicato il Francesca Parisi
I gigli sono tossici per il gatto?
Le piante del genere Lilium sono tossiche per il gatto, anche in piccolissime quantità.
Vediamo quindi cosa succede e soprattutto cosa fare per agire tempestivamente in caso il vostro gatto ne ingerisca qualche foglia o fiore.
I Lilium sono delle piante bulbose, definite comunemente Gigli, che si coltivano industrialmente per la produzione di fiori recisi, ma che possono essere presenti nelle nostre case come piante indoor. Il fatto che ai nostri climi normali siano delle piante tenute in casa purtroppo espone sempre di più i nostri gatti ad intossicazione acuta legata all’ingestione di questa pianta. Infatti, per quanto belli, i gigli presentano una velenosità molto elevata e la loro ingestione può causare nel gatto un danno renale acuto, anche molto grave. Vediamo quindi quali tipi di gigli sono tossici e cosa succede se il nostro gatto ne mangia.
Quali gigli sono tossici per i gatti
Già dall’inizio degli anni 90, diversi report di tossicità hanno identificato le piante del genere Lilium (e Hemerocallis, molto simili come apparenza) come altamente tossiche per il gatto. Non è solamente una specie in particolare, infatti, ad essere tossica (il primo report riguardava L. longiflorum), ma sembra che tutte le specie di Gigli debbano essere considerate come nefrotossiche per il gatto domestico.
Le tossine specifiche responsabili della nefrotossicità del Giglio nel gatto non sono ancora state identificate, ma sappiamo che sono localizzate in tutta la pianta (fiori e foglie). In effetti, è stata riportato un esito fatale dopo l’ingestione di appena 2 o 3 foglie o persino di frammenti di fiori.
Un aspetto molto particolare della tossicità del Lilium è che sembra essere correlata alla specie: rati, topolini e conigli infatti non dimostrano alcun tipo di danno a seguito dell’ingestione del Lilium. Per quel che riguarda il cane, anche se non è considerata una specie sensibile al Lilium, è comunque consigliabile evitarne contatto e ingestione ed eventualmente ricorrere al veterinario se questo dovesse accadere.
Cosa succede al gatto se mangia i gigli
Dopo l’ingestione anche di piccole quantità della pianta, fiori o foglie, il nostro gatto andrà incontro ad una tossicità renale. Le tossine presenti nel Giglio infatti andranno a danneggiare il tubulo renale, che è la parte del rene dove vengono riassorbiti la maggior parte dei nutrienti che il nostro gatto non deve perdere. I primi sintomi iniziano in genere dopo circa 1-3 ore dall’ingestione e includono:
- Vomito
- Salivazione eccessiva
- Anoressia ovvero rifiuto totale del cibo
- Forte depressione
I sintomi a seguire saranno quelli dell’insufficienza renale acuta, quindi dopo 12-30 ore dall’ingestione il nostro gatto potrà presentare:
- Poliuria (aumento dell’urinazione)
- Polidipsia (aumento di assunzione di acqua)
- Disidratazione importante
Infine, purtroppo nella fase finale il gatto va incontro ad anuria, ovvero riduzione o assenza totale di urinazione, con morte entro 7 giorni dall’ingestione. Dato che l’unico trattamento in questo caso è la dialisi, vediamo invece cosa fare subito dopo l’ingestione per evitare se possibile questi danni.
Cosa fare se il gatto ha mangiato una pianta tossica
Come abbiamo visto, non esiste sostanzialmente un antidoto all’ingestione del Lilium nel gatto. Una volta quindi che il danno renale si è avviato è già troppo tardi per il nostro gatto. Per questo è fondamentale agire subito dopo l’ingestione della pianta.
Il primo passo quindi è recarsi quanto prima dal nostro medico veterinario di fiducia o in una clinica che si occupi di urgenze. Dato che il tempismo è vitale in questo caso, mi raccomando non vi fermate a ragionare troppo sul da farsi: se ha ingerito anche solo una piccolissima quantità di Lilium recatevi subito dal vostro Vet. Anzi, quando lo sentite telefonicamente, questo potrebbe persino suggerirvi di stimolare il vomito, ma dato che anche piccole quantità della tossina possono avere effetti gravi, dovete recarvi in clinica per eseguire una lavanda gastrica.
A quel punto, il vostro gatto rimarrà comunque in clinica in osservazione, per eseguire una terapia di supporto, al fine di aiutare i reni. Non temete: è vero che è un’intossicazione molto grave, ma se agite subito la prognosi è eccellente.
Un consiglio però: forse se avete un gatto a casa, la cosa migliore è regalare le piante di Lilium a qualche amico o parente! Prevenire è meglio che curare, come si dice!
Articolo della dott.ssa Maria Mayer, DMV per Kodami
- Pubblicato il Maria Mayer
Cos’è la tosse da reflusso del cane?
Quando il nostro cane ha tosse il nostro primo pensiero è una patologia dell’apparato respiratorio, ma non sempre è così, potrebbe trattarsi di tosse da reflusso!
La tosse infatti è un sintomo che può avere diverse cause scatenanti: patologie polmonari, cardiopatie, malformazioni e molte altre tra cui patologie dell’apparato digerente.
In particolare ci riferiamo al reflusso gastroesofageo che è una patologia sempre più diagnosticata nei nostri animali e come nell’uomo è responsabile della tosse da reflusso”
Vediamo insieme quali sono i segni clinici di una tosse legata a disturbi digestivi e come possiamo intervenire con l’alimentazione.
Quali possono essere le cause di tosse? Quali indagini possono aiutare per la diagnosi?
La tosse può essere causata da varie patologie anche gravi e identificarle a volte non è così semplice.
La visita clinica dal vostro veterinario di fiducia e alcuni esami strumentali sono essenziali per individuare l’origine della tosse.
Vediamo quali sono gli esami utili in questo caso:
- Auscultazione cardio polmonare per identificare eventuali soffi cardiaci o anomalie dei rumori polmonari.
- Valutazione cardiologica nel caso in cui l’auscultazione rilevi alterazioni.
- Radiografia del torace per visualizzare patologie del parenchima polmonare o della trachea (es. collasso tracheale) o dilatazione esofagea.
- Endoscopia delle vie aeree e digerenti.
Nel caso in cui non si rilevino anomalie cardiologiche o polmonari si dovranno prendere in considerazione anche patologie dell’apparato digerente.
In particolare il reflusso gastroesofageo (anche detto GERD) può essere causa della così detta tosse da reflusso e non è una patologia semplice da diagnosticare.
Per facilitare la diagnosi è utile fare attenzione ad alcuni aspetti del sintomo “tosse”: frequenza, intensità, eventuale espettorato, modalità d’insorgenza.
Tosse da reflusso gastroesofageo (GERD)
Nell’uomo il reflusso gastroesofageo è una patologia molto studiata e relativamente frequente.
Negli ultimi anni anche in medicina veterinaria, grazie ai progressi degli studi e mezzi diagnostici sempre più all’avanguardia si sta rivelando una patologia più comune del previsto.
Il reflusso gastroesofageo consiste in un ritorno di materiale gastrointestinale e/o ingesta nel lume esofageo.
Questo fenomeno è dovuto a un’incompetenza dello sfintere esofageo inferiore.
Lo sfintere esofageo inferiore (cardias) ha il compito di permettere il passaggio del materiale alimentare dall’esofago allo stomaco e di serrarsi immediatamente dopo questo passaggio.
In caso di mancata contrazione del cardias o di un suo scarso tono avviene la risalita di materiale gastrointestinale nel lume esofageo.
Il materiale che dallo stomaco ritorna in esofago è ricco di acidi gastrici, enzimi digestivi e sali biliari che a contatto con la mucosa esofagea provocano irritazione e a lungo andare erosione della stessa.
La patogenesi del reflusso gastroesofageo non è ancora ben nota, ma sembrano partecipare diversi fattori:
- Vomito cronico
- Ernia iatale
- Patologie neuromuscolari che alterano la chiusura dello sfintere esofageo inferiore
- Anestesia
Il materiale acido che ristagna in esofago può venire aspirato dall’apparato respiratorio causando anche in questa sede irritazione dei bronchi con insorgenza di bronchiti croniche, polmoniti e quindi tosse.
Quali sono le caratteristiche della tosse da reflusso?
La tosse da reflusso è generalmente una tosse secca, spesso sembra che il cane provi a vomitare ma non viene espulso nessun materiale, si verifica più frequentemente dopo che il cane è stato sdraiato o ha dormito.
Molto spesso questo tipo di tosse è accompagnato anche da altri sintomi riferibili al reflusso gastroesofageo.
Per esempio, i cani che soffrono di reflusso gastroesofageo possono presentare: alitosi, nausea, si leccano spesso le labbra, sbadigliano insistentemente, rifiutano il pasto (soprattutto quello del mattino).
Al momento della visita clinica è importante riportare queste preziosissime informazioni che saranno di grande aiuto per arrivare alla diagnosi.
Come possiamo intervenire?
In caso di reflusso gastroesofageo si deve ricorrere a una terapia combinata farmacologica, alimentare e nutraceutica.
Nei casi più gravi potrebbe essere necessario ricorrere a farmaci come inibitori di pompa protonica e antiacidi, che nel lungo periodo possono causare diverse problematiche come la disbiosi.
In commercio ci sono molti integratori a base di sodio arginato e fitoterapici che agiscono sulla mucosa gastroesofagea con effetto lenitivo e ostacolano la risalita del materiale gastrico.
Dal punto di vista alimentare è utile la divisione della razione giornaliera in un alto numero di pasti. In molti casi somministrare uno snack prima di dormire aiuta a diminuire l’acidità gastrica che si viene a creare durante il digiuno notturno.
È consigliabile rialzare il piano delle ciotole in modo da favorire meccanicamente l’avanzamento del bolo alimentare.
È importante scegliere una dieta iperdigeribile con un moderato contenuto di grassi e di fibre.
Laddove possibile una dieta no carb è preferibile rispetto ad una dieta con carboidrati.
Articolo della dott.ssa Giulia Moglianesi, DMV
- Pubblicato il Giulia Moglianesi