Che pesce può mangiare il cane?
Il pesce è un alimento molto ricco di benefici, anche per il cane. Vediamo quindi in questo articolo quali sono i tipi di pesce che può mangiare il cane, come cucinarlo e come proporlo.
Purtroppo in Italia siamo mediamente poco abituati a mangiare prodotti della pesca, pur avendone una lunga tradizione. Il pesce, nelle sue varie versioni e tipi, è in realtà un ottimo alimento per il cane e uno di quelli che amo maggiormente come nutrizionista.
Sono tanti infatti i benefici dei prodotti ittici e anche se ha alcuni contro (non ultimi costo e odore) sono uno di quegli alimenti di cui faccio più fatica a fare a meno in una dieta fresca per il cane. Vediamo quindi quali sono i benefici che il nostro cane può trarre dal pesce, dato che sono davvero molti.
Benefici del pesce per i cani
I valori nutrizionali del pesce dipendono molto da quale tipo di pesce decidiamo dare al nostro cane, ma alcuni benefici sono presenti in tutti i tipi di pesce. In generale, possiamo dire che il pesce è ricco di proteine ad alto valore biologico per il cane. Anche se erroneamente il pesce è considerato spesso meno nutriente della carne per il cane, questo non è affatto vero.
Il pesce infatti viene digerito più in fretta della carne nella maggior parte dei casi, ma semplicemente perché presenta una minor quantità di tessuto connettivo, che rende più facile l’attacco enzimatico. Studi fatti in laboratorio infatti hanno dimostrato in particolare come alcuni tipi di pesce (merluzzo, sogliola, spigola, trota, dentice, orata e altri) siano da considerare molto digeribili, altri siano mediamente digeribili (tonno, palombo, pesce spada, sarde e alici) e altre ancora siano poco digeribili (sgombro e anguilla in particolare).
In generale comunque il pesce è molto ricco di proteine come abbiamo detto (circa un 20%) e grassi “buoni” (acidi grassi polinsaturi), la cui quantità dipende molto dal tenore di grasso del singolo pesce. In particolare i grassi del pesce, lo rendono un alimento molto interessante dal punto di vista nutrizionale. I grassi presenti infatti, tranne rare eccezioni come l’anguilla, sono grassi ottimi per la salute del nostro cane, essendo per la maggior parte EPA e DHA, acidi grassi della classe Omega-3. Questi due acidi grassi, EPA e DHA, hanno una forte azione antinfiammatoria e sono di grande aiuto per la prevenzione e il trattamento di diverse patologie del cane.
Che pesce può mangiare il cane?
Vediamo quindi quali pesci possiamo dare al cane. Come abbiamo visto sopra, in generale pesci più magri sono più digeribili. Per tutti i cani che hanno problemi di digestione quindi potrebbe essere preferibile utilizzare merluzzo, platessa, nasello assieme ad altri pesci bianchi e magri.
Al contrario, i pesci più grassi come il tonno o lo sgombro, sono adatti solo per i cani che hanno buone capacità digestive e che magari sono un po’ più schizzinosi di gusti. Grasso è buono infatti, come sappiamo molto bene!
Tutto il pesce azzurro inoltre (sarde, alici, sgombro, suri ed altri) è estremamente ricco di EPA e DHA, gli Omega-3 più sani che possiamo desiderare. Se il nostro cane quindi ha buone capacità digestive, cerchiamo sempre di scegliere pesci pescati, non allevati, appartenenti a questa famiglia, in modo da regalargli i benefici degli Omega-3.
Ultimo ma non ultimo, in generale cerco di evitare la prescrizione di pesce di allevamento, specialmente salmone, per il cane. Sebbene infatti il salmone sia un pesce teoricamente molto ricco di Omega-3, il tipo di allevamento che viene utilizzato tende a renderlo una fonte proteica poco sostenibile dal punto di vista ambientale. Inoltre, come tutti i pesci grassi e di grande mole (pesce spada, verdesca, tonno) il salmone presenta problemi di bioaccumulo di metalli pesanti.
Come dare il pesce al cane
A seconda del tipo di pesce e della dieta del nostro cane, dovremmo decidere come cucinare e preparare i nostri sani manicaretti. In generale, un ottimo metodo di cottura per il pesce da dare al cane è quello al vapore. Essendo in generale “racchiusi” da una pelle esterna infatti, questa cottura permette di sigillare all’interno i preziosi contenuti nutrizionali. I filetti invece, (così come anche altri tipi di pesce, se vogliamo farla un po’ più semplice) possono essere cotti in padella con poca acqua.
Un altro tipo di cottura sana del pesce per il cane è al forno ovviamente, magari con l’aggiunta di un rametto di rosmarino che rende sempre tutto più gustoso e che è un antiossidante naturale.
Una volta cotto, a meno che non si tratti di filetti, dovremmo però deliscare il pesce prima di darlo al nostro cane. Le lische infatti, specialmente dei pesci più grandi, possono essere un problema se dati a cani inesperti come i nostri.
Per quel che riguarda le quantità infine, il pesce può essere inserito nella dieta di un cane come principale fonte proteica, oppure può essere dato come piccolo extra. Nel primo caso, come ben sapete ormai, le quantità dipendono dal tipo di dieta e dal cane, per cui devono essere concordate con il medico veterinario esperto in nutrizione. Per quel che riguarda invece gli extra, consiglio vivamente (per i cani non allergici!) un pezzettino di pesce bianco della grandezza di una noce per cani di taglia piccola. Per cani di taglia grande possiamo pensare invece a 2 o 3 pezzettini di questa grandezza, potendo magari optare anche per pesce più grasso se sappiamo che il nostro cane digerisce senza problemi.
Articolo della dott.ssa Maria Mayer, DVM per Kodami
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Cos’è la disbiosi intestinale?
Quante volte ci è capitato di sentire o leggere il termine disbiosi intestinale ed avere le idee confuse sul reale problema che affligge il nostro amico a quattro zampe?
La parola disbiosi non è va associata solo a patologie gastroenteriche acute e croniche ma anche a patologie sistemiche come la dermatite atopica, l’obesità, il diabete e le patologie uro-genitali.
Molto importanti sono anche le evidenze che associano la disbiosi a patologie neurologiche e alterazioni del comportamento (asse intestino-cervello).
In questo articolo scopriremo in cosa consiste la disbiosi intestinale, come poterla riconoscere ed eventualmente prevenire o correggere.
Disbiosi intestinale, partiamo dal microbiota
Come sappiamo bene, il microbiota intestinale è costituito da un insieme di microrganismi (batteri, virus, funghi,protozoi) che vivono nel tratto gastrointestinale e svolgono molteplici funzioni fondamentali per la salute dell’ospite e producono metaboliti che interessano altri organi, non solo il tratto gastrointestinale.
In condizioni di eubiosi, il microbiota intestinale è ricco e vario, composto da un elevato numero di specie diverse, che in cani e gatti appartengono soprattutto a quattro phyla principali:
- Firmicutes (comprende molti batteri produttori di importanti metaboliti e regolatori di vie metaboliche tra cui quelle degli acidi biliari e degli acidi grassi a catena corta), fondamentali per il mantenimento della salute intestinale e per la modulazione del sistema immunitario dell’organismo
- Bacteroidetes (include Prevotella e Bacteroides)
- Fusobacteria (comprende il genere Fusobacterium)
- Proteobacteria (comprende la famiglia delle Enterobatteriaceae)
La disbiosi intestinale rappresenta un’alterazione del numero e della composizione batterica del microbiota intestinale, in genere è caratterizzata dalla riduzione del numero di specie e della diversità microbica. Spesso si ha sovracrescita dei microrganismi appartenenti ad una sola oa poche specie, che prendono il sopravvento sulle altre. Contemporaneamente vengono modificate anche le quantità di sostanze prodotte da ceppi specifici, con una conseguente alterazione delle funzioni fondamentali del microbiota intestinale.
Un fattore importante da tener presente è che la disbiosi intestinale non rappresenta un sintomo da “sopprimere”, è indice di alterazione di quello che è un organo del loro organismo ossia il microbiota.
Le cause e le patologie predisponenti della disbiosi
– Enteropatie acute e croniche
– Infiammazione intestinale
– Genetiche (legate al sistema immunitario del soggetto)
– Predisposizione di razza (es. brachicefali ma anche Pastore tedesco, Yorkshire ecc)
– Invecchiamento
– Farmaci (antibiotici, antiacidi, antiparassitari ad uso orale, Fans, anestetici ecc)
– Ambiente, stress
– Diete non bilanciate o di scarsa qualità
– Parto cesareo
– Allattamento artificiale
Quali sono i sintomi di disbiosi intestinale?
Purtroppo a volte i sintomi possono essere molto aspecifici ma di solito si riferiscono tutti ad un’alterata funzionalità dell’apparato gastrointestinale come:
– Diarrea, feci troppo molli o troppo dure, presenza di muco
– Rumori intestinali, flatulenza, coliche
– Vomito, nausea, inappetenza, alitosi
– Ricerca di erba, coprofagia
– Tendenza ad ingerire corpi estranei
– Dermatiti ricorrenti
Cosa possiamo fare per prevenirla o correggerla?
Non esiste purtroppo una soluzione utile per tutti, spesso gli approcci sono molteplici e richiedono tanto tempo e pazienza. Bisogna essere disponibili a tentare, ma anche a sospendere, nel caso in cui la risposta non sia quella sperata.
- Dieta
La modulazione dietetica dovrebbe essere sempre parte del trattamento se non addirittura la parte da cui iniziare poiché non ha alcun impatto negativo sul microbiota intestinale.
- Probiotici
I probiotici hanno un effetto benefico sulla salute dell’ospite. Alcuni migliorano la funzionalità della barriera intestinale, altri modulano il sistema immunitario. Anche in questo caso c’è una notevole variabilità individuale nella risposta.
- Terapie olistiche (come omeopatia, omotossicologia, fitoterapia e micoterapia)
- Un altra possibilità terapeutica è il trapianto fecale o trapianto di microbiota (FMT)
- Antinfiammatori ed immunosoppressori
Anche se non è ancora chiaro se la disbiosi sia la causa o la conseguenza delle malattie infiammatorie intestinali è evidente che le due condizioni siano strettamente correlate.
Nei casi in cui il ritorno ad uno stato di equilibrio (eubiosi) può essere impedito dalla presenza di un grave stato infiammatorio cronico. In questo caso l’utilizzo di questi farmaci può permettere l’interruzione del ciclo infiammazione-disbiosi.
- Antibiotici
In alcuni casi possono essere necessari ma il loro utilizzo va valutato attentamente dato che hanno notevoli effetti collaterali. Le più recenti linee guida sconsigliano l’utilizzo di antibiotici in caso di diarrea e ricordano che un solo ciclo di antibiotici può alterare il microbioma per mesi/anni.
In conclusione
Concludendo possiamo affermare che la disbiosi è una condizione complessa che varia molto da animale ad animale. Da un punto di vista scientifico quello che sappiamo è la sua complessità e la richiesta di un approccio sistemico, olistico, spesso multidisciplinare.
Ogni paziente è unico come lo è il suo microbiota per cui sta al medico veterinario analizzare ogni singolo caso clinico e stabilire l’approccio che reputa più adatto a ristabilire l’eubiosi.
Articolo della dott.ssa Laura Mancinelli, DVM
- Published in Laura Mancinelli
Il ruolo del calcio: dieta e fabbisogni nelle varie fasi di vita
Il Calcio è un minerale che svolge numerose funzioni fondamentali nell’organismo. È coinvolto infatti nella contrazione muscolare, nella coagulazione del sangue, nella regolazione della permeabilità cellulare e nella trasmissione dell’impulso nervoso, non che nei meccanismi di contrazione e dilatazione dei vasi sanguigni.
È inoltre fondamentale per il corretto sviluppo e il mantenimento in salute di ossa e denti.
Ma i nostri animali, da dove prendono il calcio e quali sono le quantità che devono assumere per non incorrere in carenze o eccessi nutrizionali? Vediamolo insieme.
Calcio e dieta
In natura il lupo e i canidi selvatici ricavano il calcio necessario dalle ossa delle loro prede.
Ma l’alimentazione dei nostri carnivori domestici si è molto distanziata da quella “naturale”.
Sappiamo infatti che, eccezion fatta per un tipo di dieta chiamata BARF (di cui abbiamo parlato qui). Che prevede anche l’utilizzo di ossa polpose crude, l’utilizzo delle ossa nude o cotte è assolutamente sconsigliato per i nostri Animali.
E in questi casi, quindi, come fanno i ad assumere le giuste quantità di calcio?
Vediamolo insieme analizzando i vari tipi di dieta:
- DIETE COMMERCIALI SECCHE (CROCCHETTE) E UMIDI COMPLETI
in questi casi il calcio è aggiunto sotto forma di integratore, generalmente assieme ad altri minerali e vitamine, alla fine del processo produttivo.
Attenzione agli umidi, che potrebbero non essere “completi”, ma “complementari” ed in quest’ultimo caso, potrebbero non contenere fonti di calcio. - DIETA CASALINGA COTTA
in questo tipo di dieta, dove non possiamo somministrare ossa cotte, si utilizzano integratori (c.d. “mangimi complementari minerali”) di calcio. Come la farina di ossa o la polvere di gusci d’uovo essiccati, oppure integratori più completi, che contengono sia calcio che altri minerali e vitamine.
È quindi importante sottolineare che l’utilizzo di questi mangimi complementari, in una dieta casalinga, è fondamentale affinché la dieta sia bilanciata e non può essere evitato. Se non per brevi periodi e per motivi particolari, che devono però essere sempre valutati e tenuti sotto controllo dal Medico Veterinario nutrizionista che ha formulato la dieta.
Anche se nel piano nutrizionale fossero presenti alimenti particolarmente ricchi di calcio (come i formaggi, ad esempio) è molto improbabile che questi possano essere inseriti in quantità giornaliere sufficienti a coprire i fabbisogni del vostro animale - DIETA FRESCA CRUDA SENZA OSSA
anche in questi casi, non essendo presenti ossa nella dieta, il calcio andrà integrato tramite l’aggiunta di integratori (farina di ossa o gusci d’uovo, ad esempio) - DIETA BARF
questo è l’unico caso in cui, essendo presenti nella dieta le OP (Ossa Polpose), non sono necessarie ulteriori aggiunte di calcio
Calcio e fabbisogni
Si ma quanto calcio devono assumere i nostri carnivori domestici giornalmente?
La risposta è “dipende”.
I fabbisogni giornalieri di Calcio variano infatti in base a specie (cane/gatto), età (cuccioli/adulti/anziani) e stato fisiologico (gravidanza/allattamento).
Quando viene formulata una dieta, commerciale o casalinga che sia, i formulatori si rifanno, di solito, alle linee guida FEDIAF, che ci danno le indicazioni corrette dei fabbisogni di Calcio e di tutti gli altri nutrienti. In base a tutte le variabili sopra indicate.
È importante sottolineare che, oltre ai fabbisogni di calcio, c’è un altro parametro che va sempre valutato nella formulazione di un piano nutrizionale: il rapporto Calcio/Fosforo, che si deve mantenere entro certi range che variano a seconda dell’età e dello stato fisiologico.
Ecco perché spesso le quantità di integratore che indichiamo nelle diete possono variare da menù a menù e spesso non corrispondono alle dosi indicative che sono riportate nell’etichetta della confezione.
Fidatevi sempre delle indicazioni del vostro Nutrizionista, più che di quelle indicate nella confezione!
Errori più comuni da evitare
Fino a non molti anni fa, quando la nutrizione dei carnivori domestici era ancora un argomento poco conosciuto, era uso abbastanza comune, soprattutto negli allevamenti, somministrare delle supplementazioni di Calcio extra in situazioni particolari quali la crescita (soprattutto di cuccioli di taglia grande) la gravidanza e l’allattamento.
Tutte condizioni in cui si riteneva che “più calcio dò, meglio è”.
In realtà si è poi visto e dimostrato come un eccesso di calcio, in tutti questi casi, possa essere non solo inutile, ma addirittura nocivo. Provocando alterazioni ossee e articolari in cuccioli in crescita e favorendo, nelle femmine gravide, l’insorgenza di ipocalcemia post-partum, piuttosto che prevenirla.
Purtroppo questa usanza è ancora un po’ dura a morire, ma fortunatamente, con la giusta informazione, si stanno progressivamente abbandonando queste pratiche ormai obsolete.
Quindi, come fare a non provocare danni in un cucciolo in crescita o in una cagna o gatta in gravidanza?
Evitando il “fai da te” e le integrazioni non necessarie e affidandovi a un Medico Veterinario Nutrizionista che segua il vostro Animale durante tutto il percorso o, nel caso non ve la sentiste di intraprendere questo tipo di iter, utilizzando un buon prodotto commerciale completo e specifico per lo stato fisiologico del vostro animale.
Articolo della dott.ssa Marta Batti, DMV
- Published in Marta Batti
Dieta fresca nel cane e gatto con gravi patologie
In questo articolo tratteremo in chiave nutrizionale la gestione di un paziente malato con dieta fresca.
Daremo la definizione di paziente gravemente malato e parleremo delle differenze tra cane e gatto.
Affronteremo infine le diverse strategie per cercare di stimolare l’assunzione di cibo.
Molto probabilmente a chi da sempre condivide la propria vita con degli animali sarà capitato di dover gestire il suo pet in una situazione critica. Sia che si tratti di una malattia legata all’invecchiamento che di una patologia in particolare sentirsi incapaci di aiutare genera molta preoccupazione ed ansia.
Se ci pensiamo, proprio in questi momenti, il cibo diventa la chiave principale per accudire il proprio animale.
II paziente gravemente malato e la dieta fresca
Per paziente gravemente malato possiamo intendere un animale che progressivamente va incontro ad un peggioramento causato da una malattia che avanza (come un processo tumorale, una grave insufficienza renale, invecchiamento ecc ).
Oppure si parla di una malattia grave che potrebbe pian piano risolversi (ad esempio un soggetto che ha subito un trauma, ecc).
Infine possiamo parlare di animali che hanno una malattia cronica con forti ricadute (patologie cardiache, problemi intestinali cronici, ecc). Sono animali che potrebbero alimentarsi da soli ma che fanno fatica a farlo, perché magari hanno nausea. Oppure hanno fame ma non riescono ad arrivare da soli alla ciotola come nel caso di animali molto anziani o traumatizzati.
Alcune differenze tra cane e gatto in corso di patologia
Ricordiamoci che abbiamo davanti a noi due specie molto diverse.
Il cane malato molto spesso mostra una compliance alimentare molto più ampia, permettendoci spesso di imboccarlo e di provare a somministrare nuovi alimenti.
In molti casi offrire al proprio cane un nuovo cibo potrebbe essere lo stimolo giusto per farlo alimentare.
Il cambio di alimentazione va però sempre ponderato con il proprio medico curante, valutando rischi e benefici.
Spesso, anziché passare ad un cibo commerciale medicato per una specifica patologia (che sia gastrointestinale, renale ecc), buoni risultati possono essere ottenuti fornendo un pasto fresco, meglio ancora una proteina fresca.
Un cane difficilmente non apprezzerebbe della carne fresca.
Nel gatto malato la compliance alimentare è molto ridotta. Come spiegato in precedenti articoli, sono molti i fattori che influenzano l’assunzione di cibo nel gatto, come la consistenza dell’alimento, l’abitudine sin da piccolo a mangiare cibo fresco e il suo svezzamento. Sicuramente, sia per il cibo commerciale umido che per quello fresco, utile per il gatto è riscaldare l’alimento, per esaltare gli odori e stimolare l’appetito.
Quando parliamo del gatto non dimentichiamo l’effetto Garcia: l’associazione del cibo ad un evento sgradevole è molto accentuata nel gatto.
Quindi, se abbiamo in mente uno specifico alimento da utilizzare nel nostro gatto dopo la possibile guarigione, non utilizziamolo quando sta male. Altra cosa importante è non esagerare con l’alimentazione forzata.
Che proteina scegliere per la dieta fresca
Sicuramente una proteina digeribile ed appetibile potrebbe aiutarci. Anche selezionare un cibo mai mangiato o assunto raramente dal nostro animale, potrebbe giovare non solo sul suo appetito ma anche sull’intero organismo.
Le carni bianche come il tacchino (intolleranze ed allergie a parte) potrebbero essere utili al cane, mentre tagli più grassi come quelli di bovino nel gatto hanno più probabilità di successo.
Ricordiamoci di idratare l’alimento. Per i soggetti completamente immobili, cercare di :
- favorire lo svuotamento gastrico attraverso un aumento della frequenza dei pasti
- aggiungere in modo ponderato le fibre (giusto mix tra fibre solubili ed insolubili)
- fornire piccoli pasti ma molto energetici (in questo l’olio di cocco può darci una mano)
Come stimolare l’assunzione del cibo?
Compatibilmente con la patologia in atto, oltre a sostenere il paziente con terapie mirate (la cannabis medicinale ad esempio, antiemetici o altro) quando la condizione clinica lo permette, possiamo adottare diverse strategie alimentari, sfruttando proprio una dieta fresca:
- Cerchiamo di non cucinare eccessivamente la carne rendendola molto secca (il maiale invece deve avere sempre una cottura” a cuore”, ma questo ovviamente non significa stracotto!)
- Per il gatto può contare anche la forma e la consistenza del cibo (o meglio della proteina) che stiamo somministrando: cubetti, intera, a mousse, scottata, cruda, ecc
- Facciamo a parte un brodo di carne (in casi estremi anche con il dado pronto) e lo usiamo per condire il pasto (si può congelare in cubetti, scongelarlo e riscaldarlo ed utilizzarlo quando diamo il cibo)
- Utilizziamo sedano, origano, ed altre spezie (eccetto il prezzemolo, aglio e cipolla)
- Proviamo ad utilizzare lo snack preferito da polverizzare come parmigiano sul cibo
- In patologie come l’insufficienza renale, cerchiamo di ridurre la quantità di cibo aumentando le sue chilocalorie: molto apprezzato può essere il ghee o il burro chiarificato. Riesce a stimolare l’appetito ed a fornire molta energia senza rallentare lo svuotamento dello stomaco
- Non sovralimentare l’animale, ma stimare sempre le kcal complessive che deve mangiare. Se esageriamo, non sarà mai indotto a riprendere a mangiare spontaneamente
Possiamo concludere che la gestione alimentare di un paziente malato è strettamente correlata alla specie animale che stiamo andando ad aiutare. L’utilizzo di una dieta fresca in molti casi ci può essere d’aiuto.
Sapere come fornire una dieta diventa ancora più importante.
In corso di gravi tossicosi metaboliche o patologie gravi, difficilmente l’alimentazione da sola può aiutarci ma, applicare diverse strategie alimentari, potrebbe fornire al nostro animale una possibilità in più.
Articolo del dott Carmine Salese, DMV
- Published in Carmine Salese