Le ciliegie, con il loro sapore dolce e succoso, sono un frutto amatissimo durante la stagione estiva. Ma ti sei mai chiesto se il tuo cane può mangiarle? È una domanda comune tra i proprietari di cani che desiderano condividere le delizie estive con i loro amici a quattro zampe. Vediamo insieme i benefici, i rischi e le precauzioni da prendere prima di dare questo frutto al tuo cane.
Benefici delle ciliegie per i cani
Le ciliegie sono ricche di nutrienti benefici che possono essere utili anche per i cani:
Antiossidanti: contengono vitamina C e beta-carotene, due potenti antiossidanti che aiutano a combattere i radicali liberi e a sostenere il sistema immunitario del cane.
Minerali: sono una buona fonte di potassio, che è essenziale per la funzione muscolare e nervosa.
Fibre: La fibra presente nelle ciliegie può aiutare a mantenere la salute digestiva del cane.
Rischi delle ciliegie per i cani
Nonostante i benefici, le ciliegie presentano anche dei rischi significativi per i cani:
Nocciolo: Il rischio principale è rappresentato dall’ingestione del nocciolo. I noccioli contengono cianuro, che è tossico se ingerito in grandi quantità. Inoltre, i noccioli possono causare occlusioni intestinali, soprattutto nei cani di taglia piccola o media.
Zuccheri: contengono molti zuccheri naturali, che non sono ideali per la dieta dei cani. Un eccesso di zuccheri può portare a problemi digestivi e, a lungo termine, a condizioni come il diabete.
Effetto lassativo: come le prugne, hanno un effetto lassativo che può causare diarrea nei cani se consumate in grandi quantità.
Quante ciliegie dare al cane e come farlo
Se decidi di dare ciliegie al tuo cane, è importante farlo con moderazione e prendendo alcune precauzioni:
Rimozione del nocciolo: Assicurati sempre di rimuovere il nocciolo e il gambo prima di dare le ciliegie al tuo cane. Anche una piccola quantità di cianuro può essere pericolosa.
Quantità limitata: Per un cane di taglia piccola, una ciliegia ogni tanto può essere sufficiente. Per i cani di taglia media, una ciliegia al giorno può essere adeguata, mentre per i cani di taglia grande, si possono dare due o tre ciliegie al giorno, ma non tutti i giorni, per evitare fermentazioni intestinali.
Cosa fare se il cane mangia il nocciolo
Se il tuo cane dovesse accidentalmente mangiare una ciliegia con il nocciolo, è importante agire rapidamente:
Consulta il veterinario: Contatta immediatamente il tuo veterinario per ricevere consigli su cosa fare. Potrebbe essere necessario indurre il vomito o eseguire un’endoscopia per rimuovere il nocciolo.
Monitoraggio: Se il nocciolo è già passato nello stomaco, il veterinario potrebbe suggerire di monitorare il cane per segni di disagio o occlusione intestinale. Non aspettare che i sintomi peggiorino; un intervento tempestivo può prevenire complicazioni gravi.
Conclusioni
In conclusione, le ciliegie possono essere un’aggiunta occasionale alla dieta del tuo cane, ma solo se somministrate con attenzione. Rimuovi sempre i noccioli e limita la quantità di ciliegie per evitare problemi digestivi e di salute. Come sempre, consulta il tuo veterinario prima di introdurre nuovi alimenti nella dieta del tuo cane per garantire che siano sicuri e appropriati. Con le giuste precauzioni, puoi condividere il piacere di questo delizioso frutto estivo con il tuo cane, in modo sicuro e salutare.
Chi ha un gatto lo sa: la vita con loro può riservare sorprese di ogni tipo, comprese situazioni in cui ci si ritrova con un gattino piccolissimo da accudire. Capita più spesso di quanto si pensi di imbattersi in un gattino neonato, magari con gli occhi ancora chiusi, abbandonato o orfano, e in quel caso sapere come nutrirlo correttamente può fare la differenza tra la vita e la morte.
Se ti stai chiedendo come comportarti in queste circostanze, partiamo da un concetto chiave: il latte in polvere per gattini è l’unica alternativa valida al latte materno, ma deve essere scelto con attenzione e somministrato nel modo giusto.
Il periodo neonatale: una fase cruciale
Le prime settimane di vita di un gattino sono critiche. Questo periodo si chiama fase neonatale e comprende i primi 20-25 giorni dopo la nascita. In questo lasso di tempo, il gattino si sviluppa molto rapidamente e acquisisce le prime difese immunitarie attraverso il colostro, il primo latte prodotto dalla madre nelle prime 36-48 ore dopo il parto.
Se il gattino non ha avuto accesso al colostro, è più esposto alle malattie, e va quindi seguito con ancora più attenzione, magari anche con il supporto di un veterinario.
Va detto che, quando possibile, la soluzione migliore resta quella di affidare il gattino a una gatta balia, ovvero una femmina che ha appena partorito e che potrebbe accettare il piccolo. È una pratica più diffusa di quanto si pensi e grazie ai social è diventato più facile trovare aiuto anche in questo senso.
Latte in polvere per gattini: perché è fondamentale
Veniamo al punto cruciale: no, il latte vaccino non va bene per un gattino. Anche se l’istinto potrebbe spingerti a scaldare una tazza di latte per neonati umani o quello da frigo che hai in casa, sappi che il latte della mucca è troppo povero di proteine e grassi e troppo ricco di lattosio per essere digerito dal gatto, che è un carnivoro stretto. Il risultato? Il rischio concreto di diarrea, disidratazione e perfino morte.
Il latte in polvere per gattini, invece, è formulato appositamente per soddisfare i fabbisogni nutrizionali del gatto appena nato: ha alta densità energetica, è povero di lattosio e ricco di proteine, grassi buoni, vitamine e aminoacidi essenziali.
Cosa deve contenere un buon latte in polvere per gattini?
Quando scegli un latte in polvere, controlla sempre l’etichetta. Ecco cosa non dovrebbe mancare:
Proteine almeno al 32-33% (su sostanza secca).
Grassi oltre il 30%.
Taurina, aminoacido essenziale per il gatto.
DHA (acido docosaesaenoico), un Omega-3 fondamentale per lo sviluppo cerebrale e cognitivo.
Se il DHA non è incluso, meglio integrarlo a parte. È fondamentale per uno sviluppo corretto del sistema nervoso.
Dove si compra?
Il latte in polvere per gattini si trova in:
Negozi per animali
Farmacie
Online (siti specializzati o marketplace generici)
Il costo non è proibitivo, ma se devi allattare più gattini, il consumo può diventare importante. Cerca sempre di scegliere un prodotto di qualità, anche se nelle prime ore potresti dover usare quello che trovi subito. Poi, però, è bene restare fedeli a una marca per evitare problemi digestivi dovuti al cambio improvviso.
Quanto latte somministrare?
Le dosi variano in base alla marca e sono sempre indicate in etichetta. L’importante è:
Suddividere le dosi in più poppate giornaliere (anche ogni 2-3 ore nelle prime settimane).
Non forzare mai il gattino: quando è sazio, smette spontaneamente.
Evitare di dare troppo latte in una sola volta per non rischiare indigestioni.
Verso le 2-3 settimane di vita, si può passare gradualmente a dare latte ogni 6-8 ore, fino all’inizio dello svezzamento.
Come si prepara e si somministra
Il latte in polvere va preparato al momento, sciogliendo bene la polvere in acqua calda ma non bollente. Può essere conservato ricostituito in frigo per 24-48 ore, ma va sempre scaldato a temperatura corporea prima dell’uso (35-37°C). Puoi fare la prova della goccia sul polso, proprio come si fa con i neonati umani.
Per la somministrazione:
Evita di tenere il gattino sdraiato sulla schiena.
Usa siringhe senza ago solo in emergenza.
Meglio procurarsi biberon con tettarelle adatte (ci sono in commercio tettarelle specifiche per gattini).
Il foro della tettarella deve essere della dimensione giusta: se troppo grande, il gattino rischia di affogarsi; se troppo piccolo, si stancherà prima di bere abbastanza.
Controlla anche che la tettarella sia priva di BPA, una sostanza chimica nociva (perturbatore endocrino) da evitare.
In conclusione
Allattare un gattino orfano è un gesto di grande generosità, ma richiede impegno, attenzione e conoscenza. Il latte in polvere per gattini è uno strumento essenziale per garantire loro una crescita sana, soprattutto nei primissimi giorni di vita. Basta scegliere bene, seguire le dosi e le indicazioni del produttore, e magari farsi aiutare da un veterinario per i primi tempi.
Ricorda: ogni gattino ha il suo ritmo e le sue esigenze, ma con un po’ di pazienza e le informazioni giuste, puoi davvero fare la differenza nella sua vita.
Se hai un gatto, probabilmente ti è capitato almeno una volta di offrirgli del cibo, vederlo avvicinarsi alla ciotola, annusare con attenzione… e poi voltarsi e andarsene come se nulla fosse. E magari tu resti lì a chiederti: “Ma non aveva fame?” Tranquillo, non sei solo. Questo comportamento è piuttosto comune tra i gatti, e le ragioni possono essere più complesse di quanto sembri.
Il gatto annusa il cibo e non mangia: Gusti difficili e naso ipersensibile
I gatti non sono come i cani. Non mangiano “per fame” qualunque cosa trovino nella ciotola. Hanno un senso dell’olfatto molto sviluppato, e per loro l’odore del cibo è fondamentale. Se qualcosa non li convince all’olfatto, anche solo un dettaglio, spesso decidono di non mangiare, anche se hanno lo stomaco che brontola.
Un cibo con un odore di grasso irrancidito, una nota acida o semplicemente una variazione rispetto all’odore abituale può bastare per far scattare il rifiuto. Questo vale anche per alimenti che magari sono ancora buoni dal punto di vista umano, ma che per un gatto risultano inaccettabili.
Il gatto non è un “ripulitore”
In natura, il gatto è un cacciatore solitario, e tende a mangiare subito la sua preda. Non conserva gli avanzi, né torna a finire qualcosa dopo ore. A differenza del cane, che ha una natura più “spazzina” ed è capace di mangiare cibo trovato e non proprio fresco, il gatto ha standard molto alti in fatto di freschezza e qualità dell’alimento.
Ecco perché un alimento che a noi sembra ancora perfettamente commestibile, per un gatto può essere considerato “vecchio” o alterato, solo in base all’odore.
Il gatto annusa il cibo e non mangia: quando l’odore dà fastidio: la nausea
Un’altra spiegazione molto comune di questo comportamento è la nausea lieve. Il gatto può mostrarsi interessato al cibo, avvicinarsi alla ciotola, ma poi l’intensificarsi dell’odore può innescare quella sensazione sgradevole che lo porta ad allontanarsi. Se questo succede con cibo che solitamente apprezza, è bene non sottovalutare il segnale e consultare il veterinario.
La nausea può essere il sintomo iniziale di molte patologie, anche serie. Meglio non aspettare troppo.
Quando è il caso di preoccuparsi?
Il digiuno nel gatto non va mai preso alla leggera. I gatti non sono animali adatti a digiunare a lungo e, soprattutto se in sovrappeso, possono sviluppare rapidamente una condizione molto pericolosa chiamata steatosi epatica.
Se il tuo gatto non mangia nulla per 24 ore, è il caso di contattare subito il veterinario. Se mangia pochissimo per due giorni consecutivi, anche in quel caso è il momento di agire.
Attenzione anche a eventuali altri sintomi associati, come:
difficoltà a urinare o assenza di urina nella lettiera,
aumento della sete o dell’urinazione,
diarrea,
vomito,
apatia o debolezza.
In presenza di questi segnali, non aspettare neanche 12 ore: portalo subito in clinica.
Cosa fare se il gatto non mangia
Capire cosa fare dipende molto dal contesto. Ecco alcune situazioni comuni:
1. Hai appena cambiato tipo di cibo? È normale che il gatto sia diffidente verso qualcosa di nuovo. Prova a reintrodurre gradualmente il vecchio cibo insieme a quello nuovo. Serve pazienza.
2. Ha sempre mangiato quel cibo, ma ora non lo vuole più? Potrebbe semplicemente essersi stancato. I gatti possono essere molto selettivi e cambiare preferenze nel tempo. Offrigli un’alternativa, ma senza insistere troppo.
3. Rifiuta tutto, anche il cibo che di solito adora? Qui suona un campanello d’allarme. Se in più noti anche qualche sintomo fisico, vai dal veterinario senza indugi.
La regola d’oro
Un gatto che non mangia nulla per più di 24-48 ore è un’emergenza. Non pensare che sia solo un capriccio. Non forzarlo mai a mangiare cibo che rifiuta, ma non lasciare che il digiuno si prolunghi. Se non si trova una soluzione rapida, c’è il rischio che la sua salute venga compromessa seriamente.
Chi vive con un cane lo sa: spesso mangia così in fretta che ci si chiede se abbia effettivamente masticato. A volte il pasto finisce prima ancora che noi abbiamo avuto il tempo di sederci a tavola! Ma perché i cani non masticano come facciamo noi? È un comportamento normale o c’è qualcosa da correggere? Vediamolo insieme.
Masticazione? Non come ce la immaginiamo noi
Prima di tutto, è importante capire che il cane non è progettato per masticare il cibo a lungo, come fanno gli esseri umani. I cani sono carnivori, e il loro modo di mangiare rispecchia la loro natura. Anche quando un cane mastica, lo fa in maniera molto diversa rispetto a noi: qualche morso veloce, poi via con la deglutizione.
Negli erbivori e onnivori, la masticazione è una fase importante della digestione, perché la saliva contiene enzimi (come l’amilasi) che iniziano a scomporre i carboidrati già in bocca. Nei cani, questo processo non avviene, perché non possiedono amilasi salivare. La loro digestione comincia davvero solo una volta che il cibo arriva nello stomaco.
Inoltre, i cani non hanno bisogno di “assaporare” ciò che mangiano per capire se è tossico o meno. I vegetali velenosi in natura, ad esempio, spesso hanno un sapore amaro facilmente riconoscibile. Ma per un carnivoro questa difesa naturale non serve molto. Quindi il cane tende a divorare il cibo, non a gustarlo.
Ma alcuni cani ingoiano tutto senza nemmeno un morso… perché?
Una cosa è masticare poco, un’altra è non masticare affatto. E ci sono cani che, letteralmente, ingoiano il boccone intero. Vediamo alcune delle cause più comuni.
1. È un cane vorace
Questa è la causa più diffusa. Alcuni cani, per indole o per razza, hanno un approccio molto vorace al cibo. Pensiamo al Labrador: uno dei campioni in questo senso. In questi casi, il cane non ha un buon sistema di autoregolazione e tende a divorare tutto il pasto in pochi secondi, anche a rischio di ingoiare cose non commestibili, come plastica o carta.
Questo comportamento, se non gestito, può portare a problemi seri, come occlusioni intestinali, soprattutto se il cane ingoia oggetti interi senza masticarli. Anche se lo stomaco del cane è molto resistente e in grado di digerire anche pezzi di cibo molto grandi, non è fatto per gestire materiali non digeribili.
2. È ansioso
Alcuni cani mangiano rapidamente non per fame, ma perché sono stressati o ansiosi. Questo comportamento, a volte, può trarre in inganno: sembra fame, ma è una reazione emotiva. Un po’ come noi quando mangiamo compulsivamente per nervosismo.
In questi casi, l’ansia va affrontata alla radice. Le ciotole anti-ingozzamento (quelle a forma di labirinto) possono aiutare, ma non sono la soluzione al problema. Anzi, se usate senza lavorare sull’ansia vera e propria, possono aumentare la frustrazione del cane.
3. Ha dolore ai denti
Anche se meno frequente, è possibile che il cane eviti di masticare perché ha dolore in bocca. Problemi ai denti o alle gengive possono rendere la masticazione scomoda o addirittura dolorosa. In questi casi, il cane potrebbe tenere il cibo in bocca per qualche secondo, ma poi lo ingoia intero per evitare di masticare.
Cosa fare se il cane non mastica?
Prima di tutto, bisogna capire il motivo. Non tutti i cani che mangiano in fretta lo fanno per le stesse ragioni. Proviamo a porci alcune domande:
Il cane è sottopeso o in perfetta forma?
Ha fame perché mangia poco o è vorace anche se è in sovrappeso?
È tranquillo mentre mangia o mostra segni di ansia?
Come sono i suoi denti? Ha alito cattivo, gengive infiammate, difficoltà a masticare snack duri?
Rispondere a queste domande può aiutarci a inquadrare meglio la situazione. Ma se il dubbio persiste, è sempre meglio rivolgersi a un veterinario esperto in nutrizione.
Qualche strategia utile
Nel frattempo, ci sono alcune cose che puoi fare per aiutare il tuo cane a mangiare in modo più sereno e sicuro:
Evita di usare ciotole anti-ingozzamento a caso. Possono andare bene solo se inserite in un percorso più ampio di gestione dell’ansia o della voracità.
Suddividi il pasto in porzioni più piccole. Puoi offrirle una alla volta, magari distribuendole in diverse zone della casa, per rallentare la velocità di assunzione.
Usa il cibo come stimolo mentale. Nascondi piccole quantità di cibo in giochi interattivi o tappeti olfattivi per rendere il pasto un momento più “lento” e coinvolgente.
Se sospetti dolore, prova a offrire cibo umido o omogeneizzato. È più facile da deglutire e non richiede sforzo da parte dei denti.
In conclusione
Non tutti i cani masticano, ed è normale fino a un certo punto. Ma quando il comportamento diventa eccessivo, va osservato con attenzione. La velocità con cui un cane mangia può dirci molto sul suo stato fisico e mentale.
Indagare le cause con l’aiuto di un professionista può fare la differenza per la salute del cane, sia in termini digestivi che comportamentali. E ricordiamoci sempre che anche un comportamento semplice come il modo in cui un cane mangia può essere una finestra importante sul suo benessere.
Quando dare da mangiare al cane? Questa è una domanda che molti proprietari si pongono, spesso senza trovare una risposta definitiva. L’orario migliore per il pasto del cane esiste davvero? Oppure si tratta solo di una questione di abitudine? Scopriamo insieme quali sono le migliori strategie per gestire l’alimentazione del cane in modo ottimale.
L’orario migliore per il pasto del cane esiste, ma la cosa più importante è la regolarità
Uno degli aspetti più importanti da considerare è la regolarità. I cani si abituano velocemente a una routine, quindi è fondamentale offrire loro il cibo sempre agli stessi orari. Questo aiuta a regolare il metabolismo, a prevenire problemi digestivi e a ridurre eventuali ansie legate al momento del pasto.
Meglio un pasto unico o più pasti al giorno?
In base all’età e alla taglia del cane, il numero di pasti giornalieri cambia:
Cuccioli (fino ai 6 mesi): hanno bisogno di tre o quattro pasti al giorno, poiché il loro metabolismo è veloce e necessitano di energia costante.
Cani adulti (dai 6 mesi in su): solitamente si tende a dar loro due pasti al giorno (mattina e sera). Alcuni proprietari preferiscono offrire un solo pasto al giorno, ma questa pratica non è sempre raccomandata.
Cani anziani: anche per loro è consigliabile mantenere almeno due pasti al giorno, magari scegliendo alimenti più digeribili.
L’orario migliore per il pasto del cane: mattina e sera
Il miglior orario per far mangiare il cane dipende molto dallo stile di vita del proprietario e dalle esigenze del cane. In generale, un buon schema è il seguente:
Colazione: tra le 7:00 e le 9:00 del mattino
Cena: tra le 18:00 e le 20:00
Questo schema permette al cane di avere energia durante il giorno e di digerire il cibo prima di andare a dormire.
Cosa evitare?
Ci sono alcune abitudini da evitare per non creare problemi digestivi al cane:
Non dare da mangiare subito prima o dopo una passeggiata intensa: l’attività fisica subito dopo il pasto può favorire la torsione gastrica, un problema molto serio, specialmente nei cani di taglia grande.
Evitare pasti irregolari o improvvisi cambi di orario: il cane si abitua a un certo ritmo e gli sbalzi possono causare stress o disturbi digestivi.
Attenzione agli spuntini fuori pasto: se il cane riceve troppi bocconcini tra un pasto e l’altro, potrebbe perdere l’appetito o avere problemi di peso.
Il ruolo della fame e della voracità
Alcuni cani tendono a ingoiare il cibo senza masticare, come se avessero sempre fame. Questo comportamento può derivare da diverse cause, come:
Voracità naturale: alcune razze, come il Labrador, hanno una predisposizione a mangiare velocemente.
Ansia o stress: un cane che si sente insicuro potrebbe ingoiare velocemente il cibo per paura che gli venga tolto.
Abitudine sbagliata: se ha sempre mangiato in fretta, potrebbe aver sviluppato questa tendenza.
Per ridurre la voracità, si possono adottare alcuni accorgimenti, come suddividere il pasto in più porzioni, utilizzare ciotole anti-ingozzamento o spargere il cibo sul pavimento per rallentare il consumo.
Conclusione
Non esiste un orario perfetto valido per tutti i cani, ma ci sono alcune linee guida da seguire per garantire il loro benessere. L’importante è mantenere una routine costante, suddividere i pasti in modo equilibrato e fare attenzione a eventuali segnali di ansia o problemi digestivi. Con qualche piccolo accorgimento, l’orario dei pasti diventerà un momento sereno e salutare per il cane e per il suo proprietario.
Le fragole sono tra i frutti simbolo della primavera e dell’estate, amate per il loro sapore dolce e rinfrescante. Ma possiamo condividerle con il nostro cane? La risposta è sì, con le giuste precauzioni. Vediamo insieme i benefici, le controindicazioni, le quantità consigliate e un’idea gustosa per offrire le fragole al nostro cane in modo sicuro e divertente.
Benefici delle fragole per il cane
Le fragole non sono solo gustose, ma apportano anche alcuni benefici alla salute del cane. Questo frutto è composto principalmente da acqua e zucchero, con un apporto calorico contenuto (circa 27 kcal per 100 g).
Dal punto di vista nutrizionale, le fragole contengono:
Vitamina C: potente antiossidante che supporta il sistema immunitario.
Acido folico (vitamina B9): essenziale per la sintesi del DNA e la crescita cellulare.
Flavonoidi: composti antiossidanti che aiutano a contrastare lo stress ossidativo.
Questi elementi rendono le fragole utili nel contrastare i radicali liberi e supportare il benessere generale del cane. Tuttavia, anche se i benefici sono interessanti, bisogna prestare attenzione ad alcuni aspetti prima di offrire le fragole al proprio cane.
Controindicazioni delle fragole per il cane
Nonostante i benefici, ci sono alcuni casi in cui le fragole non sono adatte ai cani:
Rischio di allergie: le fragole sono considerate alimenti con un elevato potenziale allergizzante. Se il cane ha già manifestato reazioni allergiche ad altri alimenti, potrebbe essere sensibile anche alle fragole.
Contenuto di zuccheri: pur essendo zucchero naturale (fruttosio), il metabolismo del cane non è predisposto per grandi quantità di zuccheri. Un eccesso potrebbe causare disturbi digestivi.
Diabete: i cani diabetici dovrebbero evitare le fragole, a causa del loro impatto sulla glicemia.
Se dopo aver dato una piccola quantità di fragole il cane manifesta sintomi come prurito, arrossamenti, vomito o diarrea, è consigliabile sospendere immediatamente e consultare il veterinario.
Quantità consigliate di fragole per il cane
La chiave è sempre la moderazione. Se il cane non ha allergie o problemi di salute, si possono offrire fragole nelle seguenti quantità:
Cani di piccola taglia: massimo 1 fragola piccola (circa 20 g) al giorno.
Cani di taglia media o grande: fino a 2-3 fragole piccole o una fragola grande.
Le fragole devono essere sempre fresche e di stagione (da aprile a giugno) per evitare frutti trattati con pesticidi o conservanti.
Come dare le fragole al cane
Oltre a offrirle fresche e tagliate a pezzi, possiamo preparare un gelato sano e gustoso per rendere lo spuntino ancora più invitante.
Ricetta: Gelato alla fragola per cani
Ingredienti:
1 banana matura
200 g di fragole fresche
100 g di yogurt bianco intero senza zucchero (o kefir)
Preparazione:
Sbucciare la banana e tagliarla a rondelle. Lavare e tagliare le fragole a pezzi.
Congelare la frutta per almeno 24 ore.
Tirare fuori la frutta dal freezer e lasciarla riposare per un’ora.
Frullare la frutta con lo yogurt fino a ottenere una crema omogenea.
Servire subito o congelare per creare una consistenza simile al gelato.
Dosi consigliate:
Cani di piccola taglia: massimo 2 cucchiai a settimana.
Cani di taglia media o grande: fino a 4 cucchiai a settimana.
Se il cane ha problemi con i latticini, è possibile preparare la stessa ricetta senza yogurt, utilizzando solo la frutta congelata.
Conclusione
Le fragole possono essere un’ottima aggiunta alla dieta del cane, a patto di offrirle in quantità moderate e con le giuste precauzioni. Grazie ai loro benefici nutrizionali, possono contribuire al benessere del cane, ma è sempre importante monitorare eventuali reazioni avverse. Con una scelta consapevole e attenta, possiamo rendere più varia e gustosa l’alimentazione del nostro cane, rispettandone le esigenze nutrizionali.
Le patologie cardiache che possono colpire i nostri amici a quattro zampe sono numerose e molto comuni. Una corretta diagnosi effettuata da uno specialista in cardiologia, seguita da una terapia personalizzata, rappresenta sicuramente il primo passo per rallentare la progressione della patologia e garantire al paziente un’ottima qualità di vita. Anche l’alimentazione, spesso sottovalutata, può sicuramente aiutare a raggiungere tale obiettivo.
Patologia cardiaca: predisposizioni di razza
La nutrizione riveste un ruolo fondamentale nel paziente cardiopatico ed esistono integrazioni da non far mancare mai nella sua dieta.
Le patologie cardiovascolari che possono colpire i nostri animali da affezione sono numerose, sia congenite che acquisite e alcune di esse sembrano presentare una predisposizione di razza. In particolar modo sono predisposti a valvulopatie razze come ad esempio Cavalier King Charles Spaniel, Cocker Spaniel, Boxer, Bulldog inglese, Bouldogue francese, Pastore tedesco, Labrador, Golden Retriever, Beagle, Bassotto mentre sviluppano più comunemente cardiomiopatia dilatativa razze come Dobermann, Irish Wolfhound, Bullterrier, San Bernardo, Alano. Nel gatto, invece, le patologie cardiache più comuni sono le cardiomiopatie ipertrofiche e restrittive e anche in questa specie sembrano esistere delle predisposizioni di razza: Maine Coon, Ragdoll, American shorthair e Persiano rientrano tra quelle più colpite. Fino a poco tempo fa anche la cardiomiopatia dilatativa era di riscontro comune nei gatti, dovuta principalmente a una deficienza di Taurina (amminoacido essenziale in questa specie) nell’alimentazione.
Patologia cardiaca e nutrizione: la Taurina
La taurina, come abbiamo detto, nel gatto è un amminoacido essenziale, mentre nel cane può essere formato a partire da altri due: cisteina e metionina.
In caso di carenza di taurina si può sviluppare una cardiomiopatia dilatativa, che si risolve fortunatamente con la ripresa della somministrazione. La carenza può verificarsi se vengono assunti dal gatto alimenti per cani, che generalmente non sono supplementati di taurina, o in generale in caso di diete carenti di proteine di origine animale e non opportunamente integrate.
Patologia cardiaca e nutrizione: L-carnitina
Un’altra molecola fondamentale per il cuore è la L-carnitina, ancora una volta un amminoacido associato con cardiomiopatia dilatativa, in questo caso nel cane. La carnitina permette il trasporto dell’energia all’interno delle cellule cardiache e rimuove le molecole non più utilizzate per produrre quell’energia, che altrimenti diventerebbero tossiche. Anche in questo caso fortunatamente la patologia rientra nel momento in cui viene fornita una corretta integrazione di questo amminoacido.
Patologia cardiaca e nutrizione: potassio e magnesio
La concentrazione di potassio e magnesio può essere alterata dai comuni farmaci necessari per le patologie cardiache. Queste alterazioni però, se non controllate periodicamente, possono portare ad aritmie, diminuzione della contrattilità, grave debolezza del muscolo cardiaco e ad aumento degli effetti avversi degli stessi farmaci.
Gli alimenti per cani e gatti cardiopatici devono avere una normale concentrazione di potassio e magnesio, ma questi devono essere controllati periodicamente tramite esami del sangue.
Patologia cardiaca e nutrizione: sodio e cloro
Sodio e cloro sono responsabili, in associazione, dell’aumento della pressione sistemica. Poiché l’eliminazione renale del sodio è ridotta in caso di insufficienza cardiaca è importante controllare questi nutrienti.
Questo non significa eliminarli completamente, poiché sono fondamentali per il corretto funzionamento dell’organismo. I loro livelli devono però essere controllati e limitati già nei primi stadi della patologia cardiaca, per essere poi diminuiti ulteriormente nelle diverse classi di gravità.
Patologia cardiaca e nutrizione: proteine di origine animale
Nel caso di malattia cardiaca grave è inoltre molto importante che siano presenti adeguate quantità di proteine ad alto valore biologico, ossia di origine animale. Il cuore sottoposto a uno sforzo aumentato richiede una quantità aumentata di energia e di proteine per poter mantenere la sua omeostasi. È infatti comune nelle fasi più gravi della malattia assistere alla cosiddetta “cachessia cardiaca”: animali molto magri e debilitati per le richieste metaboliche non soddisfatte correttamente.
Patologia cardiaca e nutrizione: Gli acidi grassi Omega-3
Gli acidi grassi Omega3 (in particolare EPA e DHA) svolgono una importantissima funzione nel diminuire i mediatori infiammatori in caso di malattia cardiaca e riducono la cachessia, inoltre stabilizzano la membrana cellulare dei miocardiociti riducendo le aritmie.
EPA e DHA sono inoltre modulatori della pressione arteriosa sistemica, indipendentemente dalla presenza o meno di patologia cardiaca.
Patologia cardiaca e antiossidanti
Gli antiossidanti sono molecole in grado di ridurre i radicali liberi (ROS), molecole che si formano normalmente durante il metabolismo cellulare ma che possono danneggiare le membrane cellulari e il DNA. Durante le patologie cardiache i ROS aumentano ulteriormente, ed è quindi importante aiutare le normali difese dell’organismo a contenere il danno che possono causare. Gli antiossidanti “si fanno carico” dell’ossidazione causata da queste molecole, proteggendo quindi membrane e DNA dal danno ossidativo.
Patologia cardiaca e microbiota
Infine, come in molte altre patologie, il microbiota intestinale sembra avere un ruolo anche nella malattia cardiaca. Le alterazioni causate dal malfunzionamento del cuore inducono modifiche nella membrana intestinale e una conseguente disbiosi. Questa può portare all’aumento dei batteri patogeni a discapito di quelli benefici. È quindi utile sostenere anche la flora intestinale in tutti i casi di problemi cardiaci.
Come abbiamo visto è quindi molto importante supportare il cuore anche con l’alimentazione.
Una giusta dieta, con l’aiuto della terapia farmacologica specifica, può riuscire a modulare la patologia in ogni sua fase e a garantire un’ottima qualità di vita al nostro amico a quattro zampe.
I masticativi sono tra gli snack più comunemente offerti al cane, ma sono davvero benefici? La risposta non è così semplice, poiché esistono diverse tipologie di masticativi, alcuni sicuri e salutari, altri che invece possono rappresentare un rischio. In questo articolo vediamo cosa sono i masticativi, quali scegliere e quali evitare.
Cosa sono i masticativi per cani
I masticativi sono snack pensati per essere masticati a lungo dal cane, favorendo il rilassamento e contribuendo, in alcuni casi, all’igiene orale. Tra i più diffusi troviamo:
Pelle essiccata di animali (bovini, pesci, ecc.)
Corna di cervo, bufalo o daino
Radici di alberi, come quella dell’albero del caffè
Ossa di pelle di bufalo, una delle scelte più popolari ma anche più discusse
Masticare è un’attività naturale per il cane e ha un effetto calmante. Tuttavia, non tutti i masticativi sono uguali: alcuni possono essere dannosi per la salute.
L’osso di pelle di bufalo: fa bene o fa male?
L’osso di pelle di bufalo è un masticativo molto diffuso, ma in realtà non ha nulla a che fare con un vero osso. Questi snack derivano dall’industria conciaria, subendo numerosi trattamenti chimici per essere conservati e resi appetibili. Durante la lavorazione:
Le pelli vengono trattate con sostanze chimiche per evitare la putrefazione
Vengono sbiancate con candeggina o acqua ossigenata
Sono addizionate con coloranti e appetizzanti artificiali
Spesso vengono incollate con adesivi per mantenere la forma
A causa di questi trattamenti, l’osso di pelle di bufalo dura a lungo, non si deteriora e il cane impiega molto tempo a finirlo. Tuttavia, i residui chimici e la colla presente lo rendono poco sicuro. Per questo motivo, è meglio evitarlo.
Rischi connessi con i masticativi
I masticativi possono essere un’ottima soluzione per il benessere del cane, ma bisogna fare attenzione ad alcuni rischi:
🔴 Soffocamento: qualsiasi masticativo può rompersi in pezzi di dimensioni pericolose, che il cane potrebbe ingerire interi. Questo può portare a soffocamento o blocchi intestinali. Per questo motivo, è importante dare i masticativi al cane solo quando è sotto supervisione.
🔴 Problemi digestivi: se somministrati in grandi quantità, anche i migliori masticativi possono causare disturbi digestivi e infiammazioni intestinali. Moderazione è la parola chiave!
🟢 Sicurezza alimentare: la maggior parte dei masticativi è trattata per prevenire contaminazioni batteriche, quindi il rischio di infezioni è basso. Tuttavia, scegliere prodotti di qualità riduce ulteriormente i pericoli.
Quali sono i masticativi più sicuri?
Selezionare il masticativo giusto è fondamentale per la salute del cane. Ecco alcune opzioni sicure:
✅ Pezzi di pelle bovina o di pesce: naturali, privi di additivi e difficilmente si rompono in pezzi pericolosi. La pelle di pesce, in particolare, è ricca di Omega-3, benefici per la salute.
✅ Corna di cervo o radici di alberi: resistenti e durevoli, molto apprezzate dai cani. Hanno un basso rischio di scheggiarsi e non contengono sostanze chimiche nocive.
🚫 Da evitare:
Ossa di pelle di bufalo, per i motivi già elencati
Ossa di ginocchio bovino fresche, che possono causare costipazione o frammentarsi in schegge pericolose
Conclusione
I masticativi possono essere un ottimo strumento per arricchire la vita del cane, fornendo un’attività appagante e rilassante. Tuttavia, è fondamentale scegliere prodotti di qualità, evitando quelli che possono essere pericolosi. Supervisionare il cane mentre mastica e offrire questi snack con moderazione garantirà il massimo beneficio in totale sicurezza.
Negli ultimi giorni si stanno diffondendo articoli allarmanti riguardo la trasmissione del virus dell’influenza aviaria H5N1 ai gatti attraverso carne cruda infetta. Questo è un tema che preoccupa in particolare i proprietari di animali che seguono la dieta BARF. Proviamo a fare chiarezza.
Cos’è il virus H5N1?
Il virus H5N1 è un virus influenzale di tipo A che ha una predilezione per gli uccelli, ma può occasionalmente infettare altre specie, come cani, gatti e persino esseri umani. Tuttavia, come abbiamo tristemente imparato con il COVID-19, il salto di specie, noto come spillover, non è un evento comune e richiede particolari circostanze, come sovraffollamento, scarsa igiene e stretta vicinanza tra un animale infetto e un altro di una specie diversa.
Gli animali domestici più recettivi al virus H5N1 sono ovviamente tutti i volatili (es. pappagalli), a seguire furetti, quindi gatti e, per ultimi, i cani. Nel cane, per via di recettori cellulari diversi e più simili a quelli dell’uomo, il salto di specie è particolarmente improbabile, ma non impossibile.
Ogni virus ha specifiche modalità di trasmissione. Nel caso dell’H5N1, la trasmissione avviene principalmente per via aerea, attraverso le goccioline di saliva o secrezioni respiratorie di animali infetti. Si può trasmettere anche tramite contatto indiretto con superfici o mani contaminate, successivamente portate a contatto con le mucose (es. occhi).
Trasmissione all’uomo
Attualmente, la trasmissione del virus H5N1 dagli animali all’uomo attraverso l’ingestione di cibo contaminato è considerata improbabile. Ad oggi, non esistono casi documentati di infezione da H5N1 all’uomo per via orale tramite cibo, e le agenzie sanitarie internazionali (EFSA e OMS) confermano che la trasmissione avviene principalmente tramite contatto diretto con animali infetti o ambienti contaminati.
Il caso della carne cruda e i gatti
A partire dal 2023, alcune notizie hanno destato preoccupazione: uno studio polacco ha suggerito che alcuni casi di influenza aviaria in gatti domestici potessero essere ricondotti al consumo di carne di pollo cruda contaminata da H5N1. Tuttavia, questo studio presenta molte limitazioni importanti. Il virus è stato trovato in un campione di carne di pollo prelevato da un frigorifero domestico, ma la sua origine non è stata confermata. Potrebbe essere stato contaminato dopo la macellazione, durante il trasporto, o addirittura in casa. Inoltre, i gatti malati non sono stati definitivamente identificati come infetti da H5N1, e la carne analizzata non era necessariamente l’unica consumata.
Dunque, nonostante lo studio abbia rilevato la presenza di H5N1 in campioni di carne, non c’è certezza che sia stata questa a provocare la malattia nei gatti. Infatti, anche se il virus è stato isolato e coltivato in laboratorio, la correlazione tra carne cruda e malattia nei gatti rimane incerta.
I casi recenti negli Stati Uniti
A dicembre 2024, un nuovo report dell’EFSA ha evidenziato ulteriori casi sospetti di infezione nei gatti. Negli Stati Uniti, è stato addirittura ritirato dal mercato un lotto di cibo crudo per gatti dopo che due animali si erano ammalati. Uno di questi gatti, in Colorado, è risultato negativo all’influenza aviaria, mentre il secondo, a New York, è risultato positivo al virus H5N1. Quest’ultimo gatto è sopravvissuto, ma sembra aver infettato un altro gatto, Valentino, durante la sua permanenza in una clinica veterinaria. Valentino, già affetto da altre patologie come FIP e diabete, purtroppo non ce l’ha fatta. Nonostante la positività al virus, non è stato possibile confermare se la causa della morte fosse effettivamente l’influenza aviaria, dato il suo quadro clinico preesistente.
Questi casi rappresentano un’eccezione alla regola, dato che i salti di specie (da una specie all’altra) solitamente rappresentano un “fondo cieco” per il virus, che non riesce a diffondersi ulteriormente. Tuttavia, qui si è assistito a un possibile contagio tra gatti, anche senza le classiche condizioni di sovraffollamento o stretto contatto.
La Situazione in Italia
Fortunatamente, in Italia i controlli veterinari e di sicurezza alimentare sono estremamente rigorosi. Secondo quanto riportato da colleghi ispettori veterinari (grazie soprattutto al dr. Valerio Guiggi: è sempre un piacere parlare con te!), è altamente improbabile che carne di animali malati finisca sul mercato. Nel caso in cui si rilevi un focolaio di influenza aviaria, gli animali vengono immediatamente abbattuti e i prodotti derivati, come carne e latte, vengono distrutti per legge. Questo rende improbabile che carne contaminata possa essere utilizzata anche per l’alimentazione di cani e gatti, come accaduto negli Stati Uniti.
L’influenza aviaria è una patologia ad insorgenza e decorso molto rapido negli uccelli, che permette di individuare eventuali focolai già due-tre giorni dopo l’inizio dell’infezione. L’individuazione è molto precoce fa sì che se uccelli dello stesso allevamento fossero stati avviati alla macellazione qualche giorno prima della scoperta del focolaio, anche se già macellati non avrebbero la possibilità di raggiungere la commercializzazione: anche uccelli già macellati sarebbero quindi bloccati e non avviati al consumo umano. Questi animali non possono finire nemmeno nel circuito dei negozi BARF: non vengono infatti smaltiti come Sottoprodotti di Origine Animale di Categoria 3, unica categoria che può essere destinata alla produzione di alimenti per cani e gatti. Uccelli provenienti da allevamenti risultati positivi sarebbero smaltiti e avrebbero altre destinazioni, come la distruzione per incenerimento. Questo rende remota sia la possibilità di trasmissione a partire da carne ad uso umano, sia la possibilità di trasmissione a partire da carne venduta per l’alimentazione animale.
Ma cosa sappiamo veramente?
Gli spillover da uccelli a mammiferi, come gatti e cani, sono rari, ma non impossibili. Tuttavia, come confermato da vari studi, non ci sono ancora prove conclusive che l’influenza aviaria possa essere trasmessa attraverso il consumo di carne cruda o prodotti derivati (come il latte). Anche se i virus influenzali resistono bene al freddo, la trasmissione tramite carne congelata rimane solo un’ipotesi non dimostrata.
Prevenzione per proprietari di cani e gatti
Secondo l’EFSA, il rischio di trasmissione all’uomo attraverso il consumo di cibo contaminato è estremamente basso. Tuttavia, per minimizzare ogni possibilità di contagio per i nostri animali, è fondamentale adottare alcune misure preventive:
Cottura della carne: Cuocere la carne cruda a una temperatura superiore a 60°C al cuore per almeno tre minuti garantisce la distruzione del virus.
Igiene nella manipolazione del cibo: Usare guanti e lavarsi accuratamente le mani e gli utensili da cucina dopo la manipolazione della carne cruda.
Scegliere carne da fonti sicure: Preferire carne proveniente da allevamenti italiani certificati, dove le misure di controllo sono particolarmente rigorose.
Snack: attenzione, anche gli snack possono risultare contaminati. L’unico caso riportato nel cane in effetti riguarda proprio il consumo di uno snack a base di anatra essiccata. Anche in questo caso, preferire realtà locali e artigiane, che garantiscano sulla provenienza delle carni, è fondamentale.
Per chi segue una dieta BARF, la carne di avicoli italiani è considerata sicura, grazie ai severi controlli. La carne che ha cambiato completamente colore all’interno, che ha raggiunto una temperatura di 70-75°, può essere considerata completamente sicura. In alternativa, si può optare per carne di altre specie, come il coniglio, per ridurre ulteriormente i rischi.
Conclusioni
In sintesi, il rischio di trasmissione dell’influenza aviaria H5N1 attraverso carne cruda o prodotti derivati, come il latte, non è affatto certo dal punto di vista scientifico. Sebbene i casi di contagio tra gatti tramite carne cruda siano stati riportati, non esiste una prova definitiva che questa sia la causa principale delle infezioni. La cosa più importante è continuare a monitorare la situazione, seguendo le raccomandazioni degli enti sanitari e adottando tutte le misure igieniche necessarie. Per chi desidera minimizzare il rischio, la cottura della carne rimane una misura semplice ma efficace.
Owusu, H., & Sanad, Y. M. (2025). Comprehensive Insights into Highly Pathogenic Avian Influenza H5N1 in Dairy Cattle: Transmission Dynamics, Milk-Borne Risks, Public Health Implications, Biosecurity Recommendations, and One Health Strategies for Outbreak Control. Pathogens, 14(3), 278. https://doi.org/10.3390/pathogens14030278
Mostafa, A., Naguib, M. M., Nogales, A., Barre, R. S., Stewart, J. P., García-Sastre, A., & Martinez-Sobrido, L. (2024). Avian influenza A (H5N1) virus in dairy cattle: origin, evolution, and cross-species transmission. Mbio, 15(12), e02542-24.
Rabalski L, Milewska A, Pohlmann A, Gackowska K, Lepionka T, Szczepaniak K, Swiatalska A, Sieminska I, Arent Z, Beer M, Koopmans M, Grzybek M, Pyrc K. Emergence and potential transmission route of avian influenza A (H5N1) virus in domestic cats in Poland, June 2023. Euro Surveill. 2023 Aug;28(31):2300390. doi: 10.2807/1560-7917.ES.2023.28.31.2300390. PMID: 37535471; PMCID: PMC10401914.
Condividere il cibo con il nostro cane è un gesto d’affetto spontaneo, ma non tutto ciò che mettiamo a tavola è adatto alla sua salute. In questo articolo vedremo quali alimenti possono essere dati con serenità, quali richiedono precauzioni e quali sono assolutamente da evitare.
L’evoluzione del cane e il cibo umano
L’uomo e il cane convivono da migliaia di anni, influenzandosi a vicenda anche dal punto di vista alimentare. Seppur discendente dal lupo, il cane si è evoluto come carnivoro opportunista, sviluppando una maggiore capacità di digerire alcuni amidi e adattandosi al cibo umano. Tuttavia, ciò non significa che tutto ciò che mangiamo sia adatto alla sua dieta.
Cibo umano per cani:Attenzione prima di iniziare!
Prima di elencare i cibi consentiti e quelli vietati, è importante chiarire alcuni punti:
Il cibo umano non deve sostituire una dieta bilanciata per il cane.
Alcuni alimenti possono essere adatti a un cane, ma non a un altro, in base a patologie o intolleranze.
Per qualsiasi dubbio, è sempre meglio consultare un veterinario prima di introdurre nuovi alimenti.
Quale cibo umano si può dare al cane?
Ci sono alcuni alimenti che possiamo dare con maggiore tranquillità al nostro cane, ovviamente nelle giuste quantità e senza eccessi:
Carne cotta: pollo, tacchino, manzo e maiale senza ossa e senza condimenti eccessivi.
Pesce cotto: ricco di Omega 3, ma deve essere ben deliscato.
Uova: ottima fonte di proteine, meglio cotte per evitare problemi batterici.
Riso, pasta e patate: ben cotti e senza condimenti pesanti, possono essere un’ottima fonte di carboidrati.
Formaggi freschi e yogurt: in piccole quantità e solo se il cane li tollera.
Verdure: carote, zucchine, zucca e altre verdure cotte possono essere un’aggiunta salutare alla dieta.
Precauzioni da adottare
Anche quando diamo alimenti sicuri, ci sono alcune regole fondamentali da rispettare:
Evitare ossa cotte: possono scheggiarsi e causare danni interni.
Attenzione al sale e ai condimenti: niente cibi troppo salati, speziati o grassi.
Limitare la frutta troppo matura: può fermentare e causare problemi intestinali.
Adattare le porzioni alla taglia del cane: troppi extra possono sbilanciare la dieta e favorire il sovrappeso.
Cibi umani da evitare assolutamente
Alcuni alimenti che per noi sono innocui possono essere molto pericolosi per il cane. Ecco i principali cibi da non dare mai:
Cipolla e aglio: possono causare anemia emolitica.
Cioccolato: contiene teobromina, tossica per il cane.
Uva e uvetta: possono provocare danni ai reni.
Avocado: la buccia e il seme contengono sostanze tossiche.
Alimenti zuccherati e dolci industriali: possono favorire il diabete e l’obesità.
Cibi fritti e troppo grassi: possono causare pancreatite.
Conclusioni
Dare occasionalmente un boccone al proprio cane può essere un gesto d’affetto, ma deve essere fatto con consapevolezza. Meglio evitare di condividere cibo a caso e, se si vuole premiare il cane con qualcosa di speciale, scegliere tra gli alimenti sicuri o optare per snack specifici per cani. La sua salute è nelle nostre mani!
Amerigo è un Labrador Retriever color cioccolato, maschio intero, nato a Siracusa il 10/06/2019. Proviene da un allevamento riconosciuto con pedigree. Il cane è stato adottato a 13 mesi perché, una volta eseguite le lastre ufficiali, presentava displasia di secondo grado al gomito sinistro.
Arriva in famiglia a Ravenna nel 2020 già con mantello in brutte condizioni secco, schiarito, con forfora generalizzata che peggiorava dopo le passeggiate. Amerigo aveva anche sintomi gastroenterici e, dall’esame coprologico per flottazione, risultava affetto da anchilostomi, tricuridi e ascaridi. La terapia per questi parassiti dura 2 anni e sono stati fatti diversi trattamenti con farmaci antielmintici dalla collega curante perché non riusciva a negativizzarsi.
Patologie della pelle e nutrizione: cosa possiamo fare
A Maggio 2023, a seguito dell’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna, la famiglia si è trovata in grandi difficoltà e Amerigo ha iniziato ad avere alopecia parziale a livello del collo e nelle zampe anteriori. Ha sviluppato delle cisti interdigitali con un importante eritema a causa di infezioni secondarie.
Il cane si lecca insistentemente i piedi, il pelo sul dorso è parecchio untuoso, cade a ciuffi e presenta forfora.
La curante prescrive shampoo terapia con diversi prodotti sebolitici e antimicotici e prescrive oclacitinib che porta ad un miglioramento del quadro dermatologico, purtroppo però se sospeso, il cane ricadeva.
La pododermatite e le cisti interdigitali sono patologie cutanee molto dolorose che, associate alla displasia del gomito, peggiorarono molto la qualità di vita di Amerigo, il cane infatti si sottraeva alle passeggiate, stava steso per lungo tempo e camminava solo se invogliato con biscottini e premietti.
Patologie della pelle e nutrizione: Anamnesi nutrizionale
All’adozione nel 2020 mangiava un cibo industriale di marca tedesca, successivamente inseriscono un monoproteico ma il cane prende peso e decidono di somministrargli una crocchetta per cani sovrappeso con problemi articolari, ma il cane presenta problemi intestinali. Una volta la settimana mangiava macinato di tacchino o maiale. Inoltre, la cute non migliorava e quindi il curante decide di prescrivere un commerciale a base di uova per problemi dermatologici che sta mangiando anche al momento della consulenza nutrizionale.
Amerigo mangia 3 volte al giorno circa 400 grammi di crocchette così suddivise: 100 grammi a pasto e gli ultimi 100 grammi vengono dati per convincerlo a camminare durante le passeggiate. Durante la giornata inoltre gli danno una decina di biscotti fatti in casa e un po’ di tutto dalla tavola. Con questo mangime l’intestino di Amerigo migliora ma lui prende peso, inoltre il quadro dermatologico continua a non migliorare.
Prima visita nutrizionale
Amerigo è sovrappeso alla prima visita è circa 46 kg ha un BCS di 6, un medio MCS e un peso forma di 43 kg non fosse altro per la sua malattia ortopedica. Ha un buon appetito, non ha episodi di vomito, ogni tanto mangia erba, carta, cartone e le feci del gatto. Le feci con le crocchette specifiche per la cute non sono più diarroiche anche se a volte è stitico. Amerigo mi è sembrato un cane sofferente, poco vitale, presentava numerose lesioni podali che gli alteravano l’andatura. Il gomito sinistro affetto da displasia, è aumentato di volume per la patologia articolare cronica che gli causa zoppia.
Questo è il quadro dermatologico:a livello delle zampe anteriori sono presenti cisti interdigitali arrossate e umide per il continuo leccamento, la cute tra i polpastrelli è umida ed eritematosa per le infezioni secondarie.
Amerigo ha anche diverse lesioni di piodermite superficiale localizzate in vari punti del muso, collo e nel dorso.
Terapia
In accordo con la famiglia di Amerigo iniziamo una dieta fresca low carb. La dieta prevede l’utilizzo di proteine come: pollo, tacchino, maiale, manzo e pesce bianco. L’inserimento delle proteine deve essere graduale inserendone una alla volta per capire se qualcuna non fosse ben tollerata. Come fonte di carboidrati ho utilizzato le patate e, come grassi, olio di girasole bio e olio di cocco. Le integrazioni funzionali prescritte sono: omega 3, vitamina E, PEA e fermenti lattici.
Al controllo dopo 1 mese Amerigo gradisce la nuova pappa, mangia con gusto, le feci sono formate, sono state inserite parte delle proteine prescritte e tutte sono state ben tollerate, la cute è migliorata il pelo è più lucido, meno secco, le varie lesioni cutanee sono migliorate ma la pododermatite continua ad essere sintomatica, il cane si lecca ed è ancora presente l’eritema.
La famiglia di Amerigo, pensando di far cosa gradita al cane, gli preparava dei biscottini con farina di ceci e mela che ho immediatamente sospeso inserendo carne essiccata in piccole quantità.
Al controllo a 3 mesi il cane è nettamente migliorato dal punto di vista dermatologico, unico neo da buon labrador, il controllo del peso risulta difficoltoso perché comunque la famiglia elargisce parecchi pezzetti di carne essiccata che ho lasciato riducendo le calorie della dieta.
Negli ultimi anni, il legame tra intestino e cervello ha attirato sempre più attenzione nel mondo scientifico, non solo per gli esseri umani, ma anche per i nostri cani e gatti. Questo legame, conosciuto come “Asse Intestino-Cervello” (GBA, Gut-Brain Axis), evidenzia come la salute intestinale possa influenzare il cervello e viceversa. In questo articolo esploreremo il ruolo della nutrizione nel mantenere questo delicato equilibrio nei nostri animali domestici.
Che cos’è l’Asse Intestino-Cervello?
L’Asse Intestino-Cervello è un sistema di comunicazione bidirezionale tra il sistema nervoso centrale (SNC) e il sistema nervoso enterico (SNE) presente nell’intestino. Questo significa che il cervello e l’intestino “parlano” costantemente tra loro, influenzando non solo il benessere fisico, ma anche il comportamento e l’umore. Ad esempio, uno stress emotivo può causare problemi gastrointestinali e, allo stesso modo, una disbiosi intestinale (alterazione del microbiota) può avere effetti negativi sul comportamento e sulle funzioni cognitive.
Il Ruolo del Microbiota
Il microbiota intestinale è composto da trilioni di microrganismi che abitano l’intestino. Questi microrganismi svolgono un ruolo fondamentale nel mantenimento della salute generale del cane e del gatto, inclusa la salute mentale. Quando il microbiota è in equilibrio, aiuta a prevenire l’infiammazione, regola il sistema immunitario e contribuisce alla produzione di neurotrasmettitori che influenzano l’umore, come la serotonina e il GABA.
Uno squilibrio nel microbiota intestinale, noto come disbiosi, può portare a una serie di problemi, tra cui infiammazione cronica, sindrome dell’intestino irritabile e disturbi comportamentali. La nutrizione gioca un ruolo cruciale nel mantenimento di questo equilibrio, influenzando direttamente la composizione del microbiota.
L’Influenza della Nutrizione sull’Asse Intestino-Cervello
La dieta è uno dei principali fattori che possono influenzare la salute intestinale e, di conseguenza, l’Asse Intestino-Cervello. Una dieta ricca di nutrienti specifici può favorire un microbiota equilibrato, ridurre l’infiammazione e migliorare il benessere mentale. Ecco alcuni elementi chiave da considerare:
Grassi Essenziali (EPA e DHA): Gli acidi grassi omega-3, come l’EPA e il DHA, non solo hanno un’azione antinfiammatoria, ma nutrono anche la mucosa intestinale e favoriscono la diversità batterica. Inoltre, possono aumentare la produzione di batteri benefici come i Bifidobatteri e i Lattobacilli.
Prebiotici e Probiotici: I prebiotici sono fibre che nutrono i batteri buoni presenti nell’intestino, mentre i probiotici sono microrganismi vivi che, se ingeriti in quantità adeguate, possono migliorare la salute intestinale e mentale. È stato dimostrato che alcuni ceppi di probiotici possono ridurre l’ansia e migliorare i sintomi depressivi nei cani e gatti con problemi comportamentali.
Carboidrati e Fibre: Una dieta povera di carboidrati o che includa fibre vegetali può avere effetti benefici sul microbiota. Tuttavia, è importante scegliere attentamente le fibre, poiché alcune, come l’inulina, possono causare problemi digestivi se non gestite correttamente. Le fibre dovrebbero essere introdotte gradualmente e preferibilmente tritate, per facilitarne la digestione.
Proteine: Anche le proteine giocano un ruolo cruciale. Le fonti proteiche di alta qualità, come carni bianche e pesce, possono avere un impatto positivo sulla salute intestinale. Inoltre, le diete monoproteiche, sebbene utili in caso di patologie specifiche come le enteropatie, dovrebbero essere somministrate solo per brevi periodi, per evitare un impoverimento del microbiota.
Strategie Nutrizionali per il Benessere Mentale
Quando si tratta di supportare l’Asse Intestino-Cervello nei cani e nei gatti, non esiste una soluzione universale. Ogni animale è unico e richiede un approccio personalizzato. Tuttavia, alcune strategie possono essere particolarmente utili:
Dieta Variata: Offrire una dieta varia è essenziale per promuovere un microbiota sano e diversificato. Più varia è l’alimentazione, maggiore è la probabilità di mantenere un microbiota equilibrato, capace di supportare la salute mentale e fisica del cane e del gatto.
Omega-3: Integrare la dieta con acidi grassi omega-3, come l’EPA e il DHA, può aiutare a ridurre l’infiammazione e migliorare il benessere mentale. Questi grassi essenziali sono particolarmente utili nei cani e gatti che presentano disturbi comportamentali o neurologici.
Psicobiotici: Alcuni ceppi di probiotici, noti come psicobiotici, possono avere effetti benefici sul comportamento e sull’umore. Ad esempio, il Lactobacillus rhamnosus è stato associato a una riduzione dell’ansia nei cani.
Conclusione
L’Asse Intestino-Cervello rappresenta un’area affascinante e complessa della medicina veterinaria, che evidenzia quanto sia importante prendersi cura della salute intestinale per migliorare il benessere complessivo del cane e del gatto. Attraverso una dieta equilibrata e strategie nutrizionali mirate, possiamo supportare la salute mentale dei nostri animali e prevenire problemi comportamentali e gastrointestinali.
Parliamo di un argomento che spesso suscita curiosità tra chi possiede un gatto: gli snack per i gatti. Non si tratta semplicemente di dare cibo extra, ma di utilizzare questi piccoli premi in maniera strategica per rafforzare il legame e rendere i momenti di gioco ancora più divertenti.
L’importanza di saper dosare gli snack
Gli snack rappresentano un ottimo strumento per premiare il gatto e stimolarlo durante le attività quotidiane. Tuttavia, è fondamentale ricordare che non sempre il gatto si avvicina perché ha fame. Spesso, il suo comportamento è legato alla ricerca di attenzioni da parte nostra. Se ogni volta che il gatto si avvicina offriamo uno snack, rischiamo di creare un’abitudine che potrebbe portare a un eccesso di calorie e, di conseguenza, a problemi di salute come l’obesità. Per questo motivo, è consigliabile che gli snack non superino il 10% dell’apporto calorico giornaliero del gatto.
Snack naturali vs. snack industriali
Una scelta importante riguarda il tipo di snack da somministrare. In commercio si trovano prodotti formulati appositamente per rendere gli snack particolarmente appetitosi, ma spesso questi sono ricchi di grassi e additivi. Al contrario, gli snack naturali, preparati a base di carne o pesce essiccato, offrono un’alternativa più sana. Questi piccoli bocconcini, che possono presentarsi come cubetti o chicche, non contengono carboidrati e sono ideali per non alterare l’equilibrio nutrizionale del gatto. Se lo si desidera, è possibile anche preparare questi snack in casa, scegliendo ingredienti di alta qualità e privi di additivi inutili.
Snack e momenti di gioco
Oltre a fungere da premio, gli snack possono diventare il fulcro di giochi interattivi. Esistono giocattoli specifici in cui inserire gli snack, invitando il gatto a cercarli e a “cacciarli” per ottenere il premio. Questa attività stimola il suo istinto predatorio e contribuisce a mantenere un buon livello di attività fisica, soprattutto per quei gatti che trascorrono molte ore in casa. Un altro suggerimento utile è quello di offrire, occasionalmente, un cucchiaio di yogurt bianco intero, senza zuccheri, che alcuni gatti apprezzano come extra fuori pasto e che aiuta a mantenere in equilibrio la flora microbica.
Snack commerciali: attenzione ai dettagli
Non tutti gli snack commerciali sono da evitare, ma è importante usarli con cautela. Prodotti come le paste per il pelo, i biscotti per i denti o i biscotti farciti devono essere considerati un’aggiunta alla dieta abituale e non un sostituto del pasto principale. Il rischio maggiore è rappresentato dagli ingredienti aggiunti, come gli addensanti a base di amido e zuccheri, che non sono adatti al gatto, essendo un carnivoro stretto. Per questo motivo, è sempre essenziale leggere attentamente le etichette e, in caso di dubbi, chiedere consiglio al veterinario.
Snack per i gatti: Cosa evitare assolutamente
Ci sono alcuni snack per i gatti che, nonostante possano sembrare salutari, devono essere evitati. Ad esempio, i pezzettini di fegato essiccato sono un alimento particolarmente nutriente, ma il loro alto contenuto di vitamine liposolubili può portare a un’eccessiva assunzione, con conseguenze negative sulla salute del gatto. Un consumo eccessivo di questo tipo di snack può favorire il rischio di ipervitaminosi, motivo per cui è sempre meglio optare per scelte più equilibrate.
Snack per i gatti: Moderazione e buon senso
Il punto chiave per gestire l’alimentazione extra del gatto è la moderazione. Dando snack troppo frequentemente, si corre il rischio di far sì che il gatto interpreti ogni interazione come un’occasione per ottenere cibo extra, alterando il normale ritmo dei pasti. Per i proprietari di cane e gatto, stabilire momenti specifici per il gioco e il premio può aiutare a mantenere un comportamento equilibrato e a evitare problemi legati all’eccesso calorico. Moderazione e consapevolezza sono dunque fondamentali per garantire una dieta sana e variegata.
Conclusioni
In sintesi, gli snack per i gatti possono arricchire la routine quotidiana e diventare un prezioso strumento di gioco e ricompensa, se scelti e dosati con cura. Scegliere snack naturali o prodotti di alta qualità, prestando attenzione agli ingredienti e rispettando le giuste quantità, permette di offrire al gatto momenti di piacere senza compromettere la sua salute. Prenditi il tempo per osservare il comportamento del tuo gatto e adatta le dosi in base alle sue esigenze: il risultato sarà un gatto felice e in forma, e un proprietario più sereno nella gestione della dieta extra.
Snack per cani, sono importanti? Sì, lo sono, anche quando il tuo cane segue una dieta privativa, chiamata anche dieta di eliminazione. Può essere difficile, però, trovare snack che siano sicuri e compatibili con le restrizioni alimentari imposte. In questo articolo, ti spiegherò come preparare in casa dei biscottini semplici e sani, perfetti per cani che seguono una dieta privativa, oltre a fornirti varianti che tengono conto di diverse esigenze nutrizionali.
Cos’è una dieta privativa?
La dieta privativa, o dieta di eliminazione, è uno strumento diagnostico utilizzato per identificare le reazioni avverse al cibo nei cani. A differenza delle vere e proprie allergie alimentari, che sono piuttosto rare, le reazioni avverse al cibo possono includere sintomi cutanei (come prurito o arrossamento) o intestinali (vomito, diarrea o feci molli).
In pratica, la dieta privativa consiste nell’eliminare dalla dieta del cane tutte le fonti proteiche abituali e sostituirle con proteine nuove, che il cane non ha mai consumato prima. Questo serve a evitare reazioni indesiderate e a monitorare se i sintomi migliorano o scompaiono. La dieta privativa deve essere seguita per un periodo limitato, di solito dalle 6 alle 8 settimane, per evitare carenze nutrizionali. È importante che tutti gli ingredienti della dieta siano noti e approvati dal veterinario nutrizionista per garantire un corretto apporto di nutrienti senza compromettere il percorso diagnostico.
Snack per cani: perché prepararli in casa?
Quando il tuo cane è in una dieta privativa, può risultare complicato trovare snack commerciali adatti, poiché molti contengono ingredienti nascosti o additivi che potrebbero innescare una reazione avversa. Preparare snack per cani fatti in casa offre il vantaggio di conoscere esattamente gli ingredienti utilizzati, riducendo al minimo il rischio di contaminazioni. Inoltre, permette di adattare le ricette alle esigenze specifiche del tuo cane, utilizzando solo le fonti proteiche e gli amidi indicati nella dieta.
Snack per cani: ricetta base per biscotti a prova di dieta privativa
Questa ricetta di biscotti è facile da preparare e può essere modificata in base alle esigenze della dieta del tuo cane. Ecco gli ingredienti base e alcune varianti che puoi provare:
Ingredienti:
1 tazzina (125g) di yogurt bianco senza zucchero
1/2 tazzina di olio (es. mais, lino o quello indicato nella dieta)
1 pizzico di sale
1/2 tazzina di psillio cuticole (senza semi interi)
1/2 tazzina di farina (es. farina di riso, o quella scelta in base alla fonte di amido della dieta)
1 cucchiaino di bicarbonato
Preparazione:
Preriscalda il forno a 180°C.
Mescola tutti gli ingredienti in una ciotola fino a ottenere un impasto omogeneo. Guarda il video qui della preparazione qui.
Versa l’impasto negli stampi in silicone (vedi sotto quelli consigliati in base alla taglia del cane!) e inforna per circa 15-20 minuti, fino a quando i biscotti saranno dorati.
Lascia raffreddare prima di offrire i biscottini al tuo cane.
Sanck per cani: varianti per diete specifiche
Se il tuo cane non può mangiare yogurt o uova, non preoccuparti! Esistono numerose varianti che puoi provare in base alla dieta privativa prescritta dal veterinario:
Sostituti dello yogurt: Puoi sostituire lo yogurt con un omogeneizzato per bambini, scegliendone uno senza cipolla e che contenga la fonte proteica prescritta nella dieta (es. platessa, coniglio, ecc.).
Sostituti delle uova: Le uova possono cross-reagire con altre proteine di origine volatile, in particolare con il pollo. Se il tuo cane non può mangiare uova, puoi sostituirle con mezza banana schiacciata o con un cucchiaio di semi di chia reidratati in 30 ml di acqua (lascia riposare fino a quando si forma un gel).
Cosa fare se il cane segue una dieta commerciale idrolizzata
Se il tuo cane è sotto una dieta privativa a base di alimenti commerciali idrolizzati, non disperare! Puoi comunque preparare degli snack, utilizzando la versione umida dello stesso alimento (se disponibile). In questo modo, eviterai di introdurre ingredienti non autorizzati nella dieta e potrai offrire uno snack gustoso e sicuro. Per aumentare l’appetibilità, puoi aggiungere un po’ di cibo umido per gatti idrolizzato, che in molti casi risulta più appetibile per i cani. Chiedi al tuo veterinario nutrizionista se questa ultima soluzione è adatta per voi!
Quanto dura una dieta privativa?
Una delle cose più importanti da ricordare è che la dieta privativa non deve essere seguita per lunghi periodi. Il suo scopo principale è diagnosticare una reazione avversa al cibo, quindi una volta completato il periodo di osservazione (di solito tra 6 e 8 settimane), sarà necessario reintrodurre gradualmente nuovi alimenti per capire quali sono ben tollerati. Prolungare la dieta privativa senza una ragione medica può portare a squilibri nutrizionali e problemi di salute.
Conclusioni
Preparare snack fatti in casa per un cane che segue una dieta privativa non è solo un modo sicuro per offrirgli una gratificazione durante il percorso diagnostico, ma è anche un modo per sentirsi più tranquilli riguardo agli ingredienti che consuma. Ricorda di consultare sempre il tuo veterinario nutrizionista prima di apportare modifiche alla dieta del tuo cane e di seguire attentamente le indicazioni per evitare errori che potrebbero compromettere i risultati della dieta.
Prova questa ricetta e fammi sapere come è andata!
Se sei alla ricerca di un integratore naturale per migliorare la salute del tuo cane, potresti aver sentito parlare dell’olio di pesce. Questo prodotto naturale è una ricca fonte di Omega-3, in particolare di EPA e DHA, due acidi grassi essenziali che offrono numerosi benefici per l’organismo del cane. Ma come scegliere il migliore? E quali sono i vantaggi reali di integrarlo nella dieta del tuo amico a quattro zampe? Scopriamolo insieme.
Perché l’olio di pesce è benefico per il cane
L’olio di pesce contiene numerosi nutrienti utili, ma gli Omega-3, in particolare l’EPA (acido eicosapentaenoico) e il DHA (acido docosaesaenoico), sono i più importanti per la salute del cane. Questi grassi sono fondamentali per diverse funzioni biologiche e, dato che il cane non è in grado di sintetizzarli autonomamente, è necessario integrarli tramite l’alimentazione.
Ruolo strutturale e funzionale degli Omega-3
Ruolo strutturale: gli Omega-3 entrano nella composizione delle membrane cellulari del cane, rendendole più fluide e funzionali. Una membrana cellulare sana garantisce un invecchiamento migliore e funzioni cellulari ottimali.
Ruolo funzionale: gli Omega-3 regolano l’infiammazione, riducendola quando necessario. Questo rende l’olio di pesce un potente antinfiammatorio naturale, utile in molte condizioni cliniche.
Come integrare l’olio di pesce nella dieta del cane
Affidarsi unicamente al pesce come fonte di Omega-3 per il cane non è pratico. Per ottenere quantità terapeutiche di EPA e DHA, si dovrebbe nutrire il cane esclusivamente con pesce grasso non di allevamento, cosa impossibile e nutrizionalmente squilibrata.
Formati disponibili
L’olio di pesce si trova in due forme principali:
Perle: più concentrate, facili da dosare e spesso più pure.
Liquido: da somministrare con un cucchiaino, ma richiede dosi maggiori.
Per un cane di circa 20 kg, la dose consigliata è di 700 mg a 1 grammo di EPA e DHA al giorno, a seconda delle condizioni di salute e del tipo di dieta seguita.
Come scegliere un buon olio di pesce per il cane
La scelta del prodotto giusto è fondamentale. I pesci accumulano sia nutrienti benefici che tossine come policlorobifenili, diossina e mercurio, soprattutto se vivono in ambienti contaminati.
Cosa preferire
Oli derivati da pesci piccoli come sardine, aringhe o altri pesci azzurri, che hanno meno probabilità di essere contaminati.
Perle di olio di pesce distillato e purificato, che offrono una maggiore sicurezza e concentrazione di EPA e DHA.
Cosa evitare
Oli derivati da grandi pesci come tonno o pesce spada, che tendono ad accumulare più tossine.
Oli provenienti da salmone allevato, generalmente poveri di Omega-3.
Attenzione alla conservazione e agli ingredienti
Un buon olio di pesce dovrebbe contenere anche un antiossidante naturale, come la Vitamina E (tocoferolo), che aiuta a conservare il prodotto e ne mantiene intatte le proprietà. Questo dettaglio è spesso indicato sull’etichetta ed è un segno di qualità.
Conclusioni
Integrare l’olio di pesce nella dieta del cane può migliorare la sua salute in modo significativo, ma è importante scegliere con attenzione il prodotto giusto. Preferisci oli derivati da pesci piccoli e controlla la presenza di EPA e DHA ben dosati. In questo modo, offrirai al tuo cane un supporto naturale per una vita sana e attiva.