Il diabete mellito nel gatto
Il diabete mellito nel gatto è una patologia piuttosto comune, strettamente correlata ad alimentazione e stile di vita. Per questo è importante modificare l’alimentazione del gatto diabetico per aiutarlo a guarire.
In questo articolo parleremo di diabete mellito. Cos’è, come riconoscerlo e come l’alimentazione rivesta un’importanza fondamentale. Sia come causa che nella cura: se riusciamo a diagnosticare la malattia ai suoi esordi, potremmo aver modo di curarlo, cambiando alimentazione.
Cos’è il diabete mellito?
Il diabete mellito è una patologia caratterizzata da una concentrazione costantemente elevata di glucosio nel sangue (iperglicemia) che può risultare pericolosa se non riconosciuta e appropriatamente trattata.
Il diabete mellito è legato ad un insieme di disturbi che causa l’incapacità del pancreas di secernere l’ormone insulina, oppure da un’incapacità dei tessuti di utilizzare l’insulina stessa.
Questo ormone infatti è necessario per tenere sotto controllo la concentrazione di glucosio nel sangue e permettere ai vari tessuti di utilizzare il glucosio per produrre energia.
Quali tipi di diabete mellito nel gatto?
Esistono diversi tipi di diabete mellito, classificabili in modo simile a quanto riportato in medicina umana.
Quasi tutti i soggetti appartenenti alla specie felina sviluppano il cosiddetto diabete mellito di tipo 2 (“non insulino-dipendente”). Caratterizzato da una perdita relativa e spesso reversibile della produzione di insulina e/o da una resistenza dei vari tessuti nei confronti dell’azione dell’insulina stessa.
Questa malattia è piuttosto comune (prevalenza nel gatto stimata tra lo 0,2 e 0,5%) ed è più frequente in soggetti anziani (> 8 anni), di sesso maschile, in sovrappeso/obesi. O in quelli appartenenti a specifiche razze (es. Burmese, Maine Coon, Blu di Russia, Siamese).
Il sovrappeso è senza dubbio il maggiore fattore di rischio per lo sviluppo di diabete mellito nel gatto.
Anche uno stile di vita sedentario o prettamente indoor, la somministrazione di particolari farmaci (es. cortisonici) e alcuni fattori genetici possono predisporre allo sviluppo di diabete mellito in questa specie.
Segni clinici indicativi di diabete mellito
I gatti malati si presentano tipicamente affetti da poliuria (eccessiva produzione di urina), polidipsia (eccesso nel bere), polifagia (aumento della fame) e da una progressiva perdita di peso (nonostante la condizione di obesità sottostante renda talvolta difficile identificare questo segno clinico).
In casi più gravi si possono evidenziare segni clinici riconducibili a una neuropatia diabetica. Con debolezza degli arti posteriori, incapacità di saltare e “plantigradia”, ovvero una postura anomala evidente sui posteriori. Oppure ad una chetoacidosi diabetica, ossia lo scompenso del diabete mellito caratterizzato da forte depressione, vomito e anoressia.
Come si effettua la diagnosi di diabete mellito nel gatto?
Il diabete si può diagnosticare evidenziando una condizione di iperglicemia persistente, presenza di glucosio nelle urine (glicosuria) e in presenza di segni clinici specifici precedentemente citati. Soprattutto l’aumento dell’assunzione di acqua e della produzione di urina.
Poiché lo stress, un evento comune nei gatti in visita dal Medico Veterinario, o la somministrazione di alcuni farmaci (es. cortisonici) possono essere una causa di iperglicemia, è importante valutare la glicemia nel corretto contesto clinico. Per non confondere una iperglicemia da stress con un diabete mellito.
Il Medico Veterinario potrebbe richiedere ulteriori indagini di laboratorio (esame delle urine con relativo esame batteriologico, esame emocromocitometrico, esame biochimico, emogasanalisi e valutazioni degli ormoni tiroidei). Ma anche esami strumentali come l’ecografia dell’addome al fine di escludere altre malattie concomitanti. Come acromegalia, infezione delle vie urinarie, ipertiroidismo, pancreatite, che possono aver scatenato o aggravare la condizione del diabete mellito.
Come modificare l’alimentazione del gatto diabetico
L’alimentazione nel gatto diabetico riveste un’importanza fondamentale, sia come causa che nella cura.
Il gatto infatti, essendo un carnivoro stretto, soffre di “tossicità da glucosio” ovvero lo zucchero nel sangue ha effetti deleteri sulla sua salute.
Cambiare alimentazione nelle fasi iniziali della patologia può portare persino ad invertirne il corso, ovvero guarire totalmente. In circa il 30% dei casi infatti i gatti diabetici possono ottenere una remissione della malattia.
Nel frattempo che il vostro medico veterinario imposta la terapia insulinica, la prima cosa da fare (sempre su indicazione del medico curante) è eliminare del tutto gli alimenti commerciali secchi, ricchi di amido e quindi di glucosio.
Scegliendo un cibo umido, ricco di proteine e grassi, possiamo infatti diminuire il carico glicemico post prandiale.
In generale il gatto diaberico che sta seguendo terapia insulinica dovrebbe mangiare due volte al giorno, in orari stabiliti. Dato che la terapia insulinica è basata su quanto l’animale mangia, è importante non variare quantità e qualità del cibo evitando extra.
Come va alimentato un gatto diabetico?
Il gatto diabetico dovrebbe mangiare da carnivoro, questo vuol dire prediligere cibo ricco di proteine di origine animale (carne e pesce), senza amido in nessuna forma (no patate, riso, cereali, zucchero).
Nell’alimentazione del gatto diabetico può essere presente verdura. La fibra infatti può aiutare il gatto ad assimilare più lentamente i principi nutritivi presenti nel cibo, abbassando di conseguenza il picco glicemico post prandiale. Attenzione però a non esagerare! Il suo intestino non è fatto per digerirne grandi quantità.
Anche se può sembrare ovvio, è importante lasciare sempre tanta acqua fresca a disposizione!
Gatto diabetico e alimentazione casalinga
L’alimentazione casalinga rappresenta l’alternativa ideale per il gatto diabetico. In questo caso il cambio di dieta potrebbe essere facilitato dall’aumentato appetito che caratterizza i gatti affetti da questa patologia soprattutto nelle prime fasi. In condizioni normali infatti, essendo il gatto un animale neofobico, risulta molto difficile fargli apprezzare nuovi alimenti.
Il gatto potrà mangiare quindi cibo fresco, composto da carne e pesce con una buona quantità di grassi, utili a scopo energetico al posto del glucosio. Verranno aggiunte integrazioni funzionali come gli Omega3 atti a contrastare l’infiammazione che favorisce l’avanzare di questa patologia.
Completano il tutto piccole dosi di verdure, mentre sarà vietata la somministrazione di frutta, poiché troppo ricca di zuccheri!
Articolo della dott.ssa Laura Mancinelli, DVM
- Pubblicato il Laura Mancinelli
La diarrea nel cane e nel gatto come gestirla al meglio
In questo articolo analizzeremo uno dei sintomi più comuni nei nostri animali da compagnia: la diarrea nel cane e nel gatto. Classificheremo i tipi di diarrea, parleremo delle cause che portano a questo sintomo e di come gestire un evento diarroico con o senza l’aiuto dell’alimentazione.
È difficile spiegare a chi non condivide la propria vita con un cane o un gatto quanto il sintomo diarrea possa dare preoccupazione. A volte si tratta di un problema cronico con cui il nostro animale convive, senza avere un peggioramento della qualità di vita. In altri casi invece la diarrea diventa un problema per l’animale e per il proprietario, che non riesce a gestirla.
Non è un sintomo da sottovalutare, soprattutto per chi vive in un centro storico o in una grande metropoli. Può provocare disagio sociale per l’intera famiglia.
Le tipologie di diarrea nel cane e nel gatto
Per aiutarci a gestire al meglio ansia e preoccupazione è importante saper riconoscere la tipologia di diarrea.
Si parla di diarrea acuta, quando oltre ad insorgere improvvisamente, perdura per pochi giorni. Ma quanti giorni? Non più di 5-7 giorni. Un dato importante per distinguerla dalla diarrea cronica, che dura da più di una settimana e può iniziare a destare preoccupazione.
Infatti, per quanto i fenomeni di diarrea acuta possano essere più allarmanti agli occhi di un proprietario (ma anche di un medico veterinario), spesso vengono arginati molto semplicemente senza la necessità di terapie farmacologiche vere e proprie.
Anche la “diarrea emorragica acuta” detta HGE (Acute Hemorrhagic Diarrhea Syndrome) va saputa distinguere. Alcuni studi dimostrano trattarsi di un fenomeno acuto, temporaneo e capace di rientrare del tutto da solo (autolimitante) senza l’utilizzo di antibiotico.
Ovviamente non deve essere accompagnata da febbre, grave abbattimento, scariche continue, età infantile a rischio malattie infettive. Né si deve trattare di animali anziani e debilitati.
In soggetti giovani/adulti, tendenzialmente sani con particolare sensibilità gastroenterica, il tempo di guarigione da questo sintomo è identico, con o senza antibiotico.
A volte invece di sangue possiamo trovare muco, che sta ad identificare colite.
Oppure feci completamente liquide dove il cibo non è stato per nulla assorbito.
Entrambe queste condizioni possono essere a loro volta acute o croniche e quindi vanno gestite in modo diverso.
Le cause di diarrea nel cane e nel gatto
Sono molteplici le cause di diarrea, prime tra tutte quelle alimentari.
Oltre ad aver mangiato un alimento non adatto, che si tratti di un cane o di un gatto, anche la razza può influenzare il tipo di reazione verso uno specifico cibo.
Non dimentichiamo che è “la dose che fa il veleno” e che spesso non conta solo cosa i nostri animali stanno mangiando, ma anche quanto e come.
Ecco che il pollo può generare diarrea nel cane non solo perché possibile fonte allergizzante, ma perché ne è stato mangiato troppo.
Oppure capita che un alimento fresco possa non generare sintomi gastroenterici, a differenza del suo corrispettivo commerciale.
Anche il passaggio repentino da un cibo all’altro può essere causa del sintomo.
La diarrea da cambio alimentare è fisiologica e nella maggior parte dei casi autolimitante.
Tra le tante ragioni, è da attribuire ad una necessità del microbiota intestinale di riadattarsi.
Ovviamente esistono anche cause di diarrea acuta/cronica non alimentari. Rappresentate da malattie infettive, parassitarie, autoimmuni, allergiche, chimiche, comportamentali, etc,
L’alimentazione in questi casi può essere una concausa e le terapie sono molto spesso farmacologiche
La gestione della diarrea nel cane e nel gatto
Partiamo dal concetto che l’utilizzo di antibiotici deve essere preso in considerazione solo in casi di estrema necessità e solo dopo approfondita valutazione medica.
L’uso ed abuso del farmaco in medicina (umana e veterinaria), insieme alle più recenti acquisizioni scientifiche, hanno modificato completamente l’approccio verso il sintomo diarrea.
Oggi infatti è importante imparare a trattare una diarrea acuta per quello che è, partendo dal cibo fino ad arrivare al parafarmaco e solo in casi particolari al farmaco.
Se il nostro animale sta assumendo pet food commerciale possiamo:
- In casi non estremamente acuti, lasciare il cibo attuale del nostro animale, andando a ridurne solo quantità e modificando la frequenza di somministrazione in piccoli pasti.
- In casi più intensi di diarrea acuta, utilizzare cibi iperdigeribili. Come cibi gastrointestinali o alimenti umidi a maggior contenuto di acqua
Se il nostro animale sta assumendo una dieta fresca casalinga gli approcci sono molteplici.
Sempre in base al soggetto, alla razza ed all’età. Anche la gestione nutrizionale del professionista che elabora il piano alimentare può essere molto diversa: si può scegliere di somministrare solo la fonte proteica, ridurre i grassi, dare solo una determinata fonte di carboidrati, aumentare o diminuire le fibre, etc.
Note di terapia
I parafamaci a disposizione per controllare la diarrea acuta sono molti.
Oltre all’impiego di probiotici si può ricorrere ad astringenti naturali a base di pectine, che richiamano acqua e aiutano a compattare le feci non formate.
Ne sono esempi i prodotti a base di farina di carrube. Una sostanza contenente anch’essa pectine che richiamano acqua, assieme ad acidi grassi insaturi, vitamine e sali minerali. Ricopre anche una funzione antibatterica, impedendo ai batteri di aderire alla parete intestinale.
Analoga funzione è anche quella della bentonite, un minerale naturale argilloso, che impedisce anche l’assorbimento di tossine.
Attenzione però a non abusare di questi prodotti: oltre a mascherare un sintomo che potrebbe essere cronico, possono ridurre nel lungo periodo anche l’assorbimento di sostanze nutritive.
Sempre tra i prodotti da banco ne esistono di ottimi anche per gestire condizioni più croniche.
La fibra solubile svolge sempre la funzione di richiamo dell’acqua dall’intestino al fine di compattare le feci. Importante nominare le cuticole/bucce macinate di psyllum, importante fibra ad azione prebiotica.
Anche in questo caso però attenzione: minimi eccessi possono provocare coliti!
Possiamo concludere dicendo che, anche se il sintomo diarrea può essere fonte di disagio e preoccupazione per il proprietario, saper riconoscere il tipo di diarrea e saperla contenere può ridurre il carico di stress emotivo ad essa correlata.
Senza mai dimenticare però di consultare il proprio medico veterinario di fiducia se il sintomo persiste o in caso di dubbio.
Articolo del dott. Carmine Salese, DMV
- Pubblicato il Carmine Salese
Insufficienza pancreatica esocrina. La storia di Braghira.
L’insufficienza pancreatica esocrina (EPI) è una patologia grave e debilitante per tutto l’organismo.
La parola insufficienza indica l’incapacità del pancreas di svolgere una sua funzione fondamentale: quella di digerire e di rendere disponibili all’assorbimento i macronutrienti.
Proteine, grassi, carboidrati e, nel cane, anche protezione e l’assorbimento della vitamina B12.
Il pancreas è un organo che ha più funzioni. Una esocrina, cioè la produzione di enzimi digestivi e una endocrina che consiste nella produzione di diversi ormoni come insulina, glucagone e molti altri.
I cani affetti da EPI quindi non sono in grado di digerire, assorbire ed assimilare gli alimenti.
Gli alimenti non processati, rimangono indigeriti nell’intestino, richiamando liquidi e creando fermentazioni intestinali anomale.
Insufficienza pancreatica esocrina. Quali sono le cause?
Ci sono razze particolarmente predisposte a sviluppare questa patologia.
Tra queste Chow-chow, Pastore tedesco, Rough collie, West highland white terrier, Eurasier e altre.
Una causa frequente di EPI sembra essere autoimmune. Sembra cioè che sia il sistema immunitario del soggetto stesso a danneggiare irreversibilmente il pancreas e a renderlo atrofico e fibroso.
L’età di insorgenza più frequente è nel giovane adulto, attorno ai 4 anni di età.
In alcuni cani invece l’insufficienza pancreatica è conseguenza di una pancreatite cronica, come si verifica in particolare nel Cavalier king Charles spaniel e nel Cocker spaniel.
In questo caso sono più predisposte le femmine attorno ai 7 anni.
Sintomi e segni dell’insufficienza pancreatica esocrina
I cani presentano un notevole calo di peso, con perdita della massa muscolare e della massa grassa.
Il mantello ha condizioni scadenti e presentano diarrea caratterizzata da feci abbondanti, chiare giallo/grigiastre, pastose e grasse.
Il cane tende ad avere un appetito insaziabile e può presentare coprofagia, tende a mangiare cioè le proprie feci. L’EPI è una malattia curabile esclusivamente con gli enzimi pancreatici ad uso veterinario, la somministrazione di vitamina B12 tramite iniezioni sottocutanee e una dieta bilanciata molto digeribile.
La storia di Braghira
Braghira è un cane di razza fila brasileiro di 4 anni, che ho visitato a metà Gennaio 2023.
La cagna vive in famiglia assieme ad altri cani della stessa razza, che sono ben seguiti e vengono alimentati con un cibo secco commerciale di buona qualità.
La cagna però da qualche tempo aveva iniziato a perdere peso molto rapidamente nonostante avesse un buon appetito, ha cominciato a defecare in casa perché non riusciva più a trattenere le feci diarroiche, ad isolarsi e nel giro di poche settimane è diventata emaciata e debole.
Il proprietario aveva iniziato varie terapie che non hanno però sortito alcun miglioramento apprezzabile.
Braghira pesava solo 26 kg (lo standard di razza prevede per le femmine un peso minimo di 40 kg, n.d.r.) e la situazione appare da subito molto compromessa.
Dopo le indagini del caso e la diagnosi inizia la terapia sostitutiva con enzimi pancreatici ad uso veterinario e una alimentazione mista casalinga e commerciale.
La diarrea cessa immediatamente e Braghira inizia piano piano a prendere peso.
Al controllo dopo 45 giorni Braghira pesa 41 kg, assume solo dieta casalinga bilanciata e variata perché la preferisce rispetto all’alimento commerciale.
Non ha più avuto problemi gastroenterici e continua la terapia con gli enzimi pancreatici ad uso veterinario che dovrà proseguire per tutta la vita.
L’obiettivo della terapia è di portarla al peso forma di 48 kg e di garantirle una buona qualità di vita. E ci sembra proprio sulla buona strada!
Articolo della dott.ssa Monica Serenari, DMV
- Pubblicato il Monica Serenari
Tricobezoari come la nutrizione può essere un valido supporto
In questo articolo parleremo di tricobezoari nei gatti. Cosa sono?
Perché si formano?
Che conseguenze possono portare la loro formazione?
Come possiamo prevenirli e come può essere di supporto la nutrizione?
La stagione primaverile è già iniziata, le temperature sono ogni giorno più miti e tutti noi, compresi i nostri animali ci stiamo preparando al caldo torrido dell’estate.
Sia i cani che i gatti in questo periodo fanno la muta, ovvero iniziano a cambiare il pelo.
Il passaggio dal manto invernale a quello estivo produrrà molto più pelo caduco, perché verrà perso anche il sottopelo. Gli animali si preparano così ad indossare un “abito più leggero per l’estate”.
Per i gatti, vista la loro propensione naturale a leccarsi per mantenere pulito il manto, questo periodo è molto delicato perché esiste la possibilità che si formino agglomerati di pelo, che in linguaggio medico si chiamano Tricobezoari. Questi agglomerati possono portare a conseguenze più o meno gravi.
Cosa sono i tricobezoari?
Si tratta di vere e proprie “palle” di pelo, che si formano all’interno dello stomaco dopo un’eccessiva ingestione di pelo.
Gli animali più predisposti sono ovviamente i gatti, in particolar modo quelli a pelo lungo.
Il gatto infatti è un animale molto pulito e pratica più volte al giorno la toelettatura leccandosi.
La lingua del gatto è molto diversa da quella del cane, è formata da papille cheratinizzate che rendono la superficie ruvida e adatta alle operazioni di “grooming” di pulizia.
Questa praticata allontana lo sporco dal manto ma allo stesso tempo fa sì che il gatto ingerisca il pelo morto.
Ciò è del tutto normale, ma in situazioni particolari, come l’arrivo dell’estate, problemi dermatologici o gastroenterici, situazioni di stress, eccesso di pelo ingerito, può agglomerarsi formando delle vere e proprie matasse. Più o meno grandi.
Che conseguenze può portare la formazione di tricobezoari?
I segni a cui prestare attenzione sono:
- scarso interesse per il cibo
- letargia
- tentativi improduttivi di vomito o tosse stizzosa
- veri e propri conati
- stipsi
Nei casi più gravi, fortunatamente rari, la matassa di pelo progredisce lungo il tratto intestinale e può provocare occlusioni che potrebbero richiedere un intervento chirurgico.
Come possiamo prevenire i tricobezoari e come può essere di supporto la nutrizione?
Il mio primo consiglio è quello di spazzolare quotidianamente il nostro gatto, specialmente se è a pelo lungo.
Vi servirà una spazzola adatta, che non danneggi il pelo sano e non irriti né traumatizzi la cute del gatto. Spazzolando con regolarità elimineremo più pelo morto evitando che questo venga successivamente ingerito.
Importante è anche l’attività fisica. Il movimento infatti aiuta a regolarizzare in modo naturale il transito intestinale.
È inoltre essenziale che il gatto abbia una buona idratazione, per questo è preferibile alimentarlo con una dieta umida commerciale o una dieta fresca casalinga.
La dieta dovrà essere facilmente digeribile e contenere il giusto apporto di fibre che aiuteranno a mantenere regolare il transito intestinale.
Quale fonte di fibra scegliere?
Per un corretto transito e aiutare così l’eliminazione di boli di pelo l’ideale è dare un mix di fibra, solubile ed insolubile
- La fibra insolubile è quella indigeribile. Come ad esempio la cellulosa che troviamo nella crusca o nelle farine integrali che aumenta la massa fecale e normalizza così il transito e la motilità intestinale.
- Le fibre solubili invece si trovano per lo più in alimenti di origine vegetale. In particolare ne sono ricchi i legumi, la frutta e gli ortaggi. Fonte di fibra insolubile è anche lo psillio, l’inulina (es. cicoria) e la gomma di guar, queste hanno la caratteristica di formare un gel in acqua che regolarizza il transito e stimola la crescita di un sano microbiota intestinale.
Non dimentichiamoci di integrare la nostra dieta con acidi grassi polinsaturi, ovvero Omega 3 e Omega 6, essenziali per la salute cutanea e del pelo.
Infine in commercio esistono dei prodotti a base di pasta di malto, che servono a dissolvere gli ammassi di pelo ingeriti e a facilitarne così l’espulsione con le feci, tuttavia è importante non abusarne.
Ricordo che la prevenzione resta sempre l’arma vincente, spazzolate quotidianamente il vostro gatto e prendetevi cura della salute del suo intestino con una corretta alimentazione!
Articolo della Dott.ssa Francesca Parisi, DMV
- Pubblicato il Francesca Parisi
Le uova nella dieta del gatto
Come per il cane, anche per il gatto le uova rappresentano un ottimo alimento completo, al primo posto come valore biologico rispetto a tutte le altre proteine . Un insieme di vitamine, proteine nobili e sali minerali, spesso presente nelle nostre cucine e facilmente reperibile sul mercato. Il costo accessibile rende le uova un ingrediente alla portata di tutti. Importante però sarebbe investire un po’ di più per acquistare un prodotto biologico, proveniente d’allevamenti a terra, senza uso di farmaci e altre sostanze chimiche.
Anche per il gatto, le uova rappresentano un alimento molto digeribile ma ovviamente il nostro felino ha un rapporto con il cibo ben diverso dal cane. Quindi è importante considerare anche come somministrarle.
In questo articolo parleremo del ruolo nutrizionale che le uova ricoprono, in quali circostanze andrebbero preferite ad altri alimenti e come e quante uova somministrare al nostro gatto.
Il ruolo nutrizionale delle uova
Le uova hanno un altissimo valore biologico poiché costituite da un insieme di aminoacidi definiti essenziali per il gatto.
Il guscio rappresenta un’importante fonte di carbonato di calcio.
Se sottoposto ad un processo di essiccamento può rappresentare un ottimo integratore.
Facciamo però estremamente attenzione ad utilizzarlo in modo incontrollato: nel gatto un eccesso di calcio può portare ad uno squilibro del rapporto calcio /fosforo, causando danni importanti. Soprattutto nel caso di un gattino in accrescimento.
Le dosi di guscio necessarie in genere sono veramente minime, a volte non arrivano a superare una punta di un cucchiaino da caffè. Quindi affidiamoci sempre alle indicazioni di un professionista esperto in nutrizione veterinaria.
L’albume è quello che contiene in prevalenza le proteine dell’uovo. Queste come detto prima, sono costituite da amminoacidi essenziali che conferiscono all’uovo il suo alto valore biologico.
Il tuorlo è il “cuore multivitaminico” dell’uovo.
Ricco di vitamine liposolubili (A, D, K, E), quelle del gruppo B (in particolare la B12) e i minerali come il potassio, il ferro, il selenio, il magnesio e il calcio.
Contiene molti grassi insaturi, primo tra tutti l’acido oleico, e fosfolipidi come la fosfatidilcolina.
Questa svolge un ruolo importante per il benessere epatico, cerebrale e nel controllo del colesterolo.
Il tuorlo ha anche un’azione antiossidante, grazie alla luteina e la zeaxantina che intervengono sia a livello immunitario che visivo.
In che circostanze le uova andrebbero preferite ad altri alimenti?
Visto l’alto valore biologico e l’estrema digeribilità, le uova possono ricoprire un ruolo importante in soggetti affetti da patologie renali ed epatiche. Nelle quali la quantità e la qualità delle proteine può fare la differenza.
Anche in gatti debilitati dove è necessario apportare energia e facilitare la digestione, l’uovo potrebbe essere un buon alimento.
In condizioni fisiologiche le uova possono essere un valido ingrediente nella dieta di gattini, soggetti anziani e mamme in gravidanza o allattamento.
Quante uova possiamo somministrare al nostro gatto?
È stato dimostrato ormai da tempo, che almeno un’uovo può essere assunto anche tutti i giorni senza apportare peggioramento di nessun tipo sulla salute del soggetto.
In particolare non incide sull’aumento “negativo” del colesterolo (ricordiamo che solo il 20% del colesterolo ematico può essere influenzato da ciò che mangiamo).
Ovviamente, nel rispetto della variabilità del microbiota intestinale, non si consiglia di somministrare l’uovo come unico ingrediente in modo continuativo.
Il metodo ideale per la cottura sarebbe alla coque: albume cotto e turlo crudo.
La cottura del tuorlo porterebbe infatti alla perdita di gran parte delle vitamine e sali minerali.
L’albume invece contiene una sostanza antitnutrizionale (avidina) che impedisce l’assorbimento di importanti nutrienti come le vitamine del complesso B.
L’avidina viene inattivata solo dalla cottura. Ma attenzione a cuocere l’albume per troppo tempo: si riduce la digeribilità e l’assorbimento dei principi nutritivi. Quindi è sufficiente far coagulare rapidamente l’albume, senza cuocerlo eccessivamente.
Come somministrare le uova ad un gatto?
Tra i principali sensi sfruttati dal nostro felino il tatto ( inteso come consistenza dell’alimento) è il più utilizzato. Quindi sarà molto difficile riuscire a proporre ad un gatto un tuorlo crudo, che per giunta risulta in generale poco appetibile.
Ancora meno probabile è far mangiare ad un gatto un uovo alla coque.
Il giusto compromesso è “strapazzare” le uova molto velocemente , in modo da garantire la cottura dell’albume ed una lieve “scottata” del tuorlo.
Si può aggiungere anche un pizzico di sale (anche se nel gatto il salato è un gusto poco percepito). Ricordatevi di non forzare mai il gatto, non cercare di ingannarlo e fargli provare sempre un nuovo alimento la sera, in un momento di tranquillità.
Quindi l’uovo è un valido alimento per la dieta del nostro gatto. Ricordiamo però che in un felino l’alimentazione rimarrà sempre un gioco da Masterchef e che questo ingrediente va sempre adattato ai gusti del nostro gatto.
In questo caso, dovremo essere ancor più bravi poiché rispetto ad altri alimenti l’uovo non ha una grande appetibilità!
Articolo del Dott. Carmine Salese, DMV
- Pubblicato il Carmine Salese