Animali e invecchiamento
Quando un animale domestico comincia a manifestare i primi segni di invecchiamento, spesso ci troviamo completamente impreparati ad affrontare questa nuova fase della loro esistenza.
In questo articolo cercheremo di capire cosa significa “invecchiare”, quali sono i meccanismi alla base di questo processo fisiologico e come cambiano i fabbisogni degli Animali anziani, in modo da aiutarli ad affrontare questa fase della vita nel miglior modo possibile e raggiungere un invecchiamento di successo.
Perché è importante parlare di animali anziani
Negli ultimi anni, grazie alle migliori condizioni di vita, di cura e di alimentazione, stiamo assistendo ad un allungamento della durata della vita dei nostri animali domestici. Attualmente l’aspettativa di vita media, nei paesi occidentali, è di 13-14 anni per un cane e di 12-15 anni per un gatto.
L’aumento della popolazione geriatrica è collegato ad un aumento delle patologie correlate a questa fascia di età e, di conseguenza, delle spese veterinarie ad esse associate.
Inoltre, famiglie sempre più attente, richiedono, molto più che in passato, approcci di tipo “integrato” non solo curativi, ma anche di tipo preventivo. In quest’ottica, l’alimentazione e la nutraceutica rappresentano un’arma potentissima di prevenzione e di gestione delle patologie che possono colpire l’animale anziano.
Cosa si intende per invecchiamento
Cominciamo con lo sfatare una delle credenze più comuni: l’invecchiamento non è una malattia!
L’invecchiamento è un processo fisiologico che interessa tutti gli esseri viventi e che inizia nel momento stesso della nascita. Ebbene sì, proprio a partire dal giorno in cui nasciamo le nostre cellule, i nostri organi e tessuti cominciano ad invecchiare, anche se i primi segni di senescenza cominciano a manifestarsi in maniera evidente solo dopo il raggiungimento della maturità.
Quando possiamo dire che il nostro animale sta diventando anziano?
Se nell’uomo abbiamo delle fasce di età bene definite, nei nostri Animali non è così semplice, in quanto l’invecchiamento è legato a fattori quali specie, razza e taglia dell’animale.
In linea di massima possiamo dire che, per i gatti, la soglia di invecchiamento è tra i 10 e i 12 anni, mentre per i cani dipende dalla taglia. I cani di taglia piccola sono generalmente più longevi dei cani di taglia grande, mentre i cani di taglia gigante sono in assoluto i meno longevi.
Nella tabella sono riportate le soglie di senilità in base alle caratteristiche sopra descritte. Attenzione: si tratta solo di stime che non vanno prese così rigidamente. Quello che fa davvero la differenza, in un cane anziano, è lo stile di vita e la presenza o assenza di patologie correlate.
Agendo in prevenzione, con una corretta alimentazione e integrazioni funzionali, possiamo far sì che il nostro Animale raggiunga quello che viene definito un “invecchiamento di successo”. Un invecchiamento solo anagrafico, non accompagnato da patologie invalidanti.
Animali e invecchiamento di successo. Cosa cambia nell’organismo dell’animale anziano e quali sono le strategie nutrizionali per supportare questi cambiamenti?
Nell’animale anziano si verificano una serie di cambiamenti che dobbiamo prendere in considerazione quando impostiamo un piano alimentare:
- Dididratazione progressiva: l’organismo, invecchiando, tende a ridurre la sua capacità di mantenere un adeguato bilancio idrico. Per questo motivo, dobbiamo cercare di incoraggiare l’assunzione di acqua mediante l’utilizzo di fontanelle (sia per i gatti che per i cani). Prediligendo cibi commerciali umidi o, meglio ancora, una dieta fresca. Preparando dei brodi leggeri di carne e verdure con un pizzico di sale (se possibile) da aggiungere alla pappa. (ne parliamo qui: https://nutravet.it/lacqua-il-piu-importante-dei-nutrienti/ )
- Aumento del catabolismo: che porta a una perdita progressiva di massa magra, a una minor capacità di digestione ed assorbimento dei nutrienti e ad un ridotto metabolismo. Per questo motivo, la dieta dovrebbe prevedere un adeguato apporto energetico. Per evitare aumento di peso finanche all’obesità (condizione molto più frequente nei cani anziani rispetto ai gatti) e un adeguato apporto proteico. Le proteine, infatti, sono indispensabili per lo svolgimento di numerose funzioni organiche (tra cui il corretto funzionamento del sistema immunitario) e strutturali (costituzione delle masse muscolari). Per questo l’apporto proteico nel cane anziano, salvo rare eccezioni, non dovrebbe essere ridotto, ma addirittura aumentato. (ne parliamo qui 🡪 mettere il link al mio articolo sulle proteine, non ancora pubblicato). Per quanto riguarda i carboidrati, invece, in alcuni casi potrebbe essere utile una loro netta riduzione, soprattutto nei soggetti con tendenza al sovrappeso.
- Alterazioni del microbiota: essendo a tutti gli effetti un organo, il microbiota invecchia al pari di tutti gli altri organi. Questo invecchiamento porta ad un impoverimento della varietà di famiglie batteriche che lo compongono e quindi ad uno stato di disbiosi. Questa deve essere sempre valutato(puoi approfondire qui: https://nutravet.it/cose-la-disbiosi-intestinale/ ). Per supportare il microbiota, dal punto di vista nutrizionale, potrebbe essere utile un ponderato aumento di fibre ad azione prebiotica e l’aggiunta di probiotici, in modo ciclico o continuativo a seconda dei casi.
- Difficoltà digestive: possono essere una conseguenza della disbiosi e del ridotto metabolismo. In particolare si potrebbero verificare difficoltà nella digestione dei grassi. Meglio prediligere grassi a media e corta catena, come l’olio di cocco, più digeribili e con proprietà benefiche nei confronti delle cellule del sistema nervoso, come dimostrato da alcuni studi.
Ne parliamo qui: https://nutravet.it/olio-di-cocco-per-il-cane-cose-a-cosa-serve-e-come-usarlo/ - Aumento dei fenomeni ossidativi e irrigidimento delle membrane cellulari: in questo caso possono venirci in aiuto gli antiossidanti. Vitamina C e Vitamina E (utile in caso di animali in sovrappeso o con dermopatie), ma anche il Coenzima Q 10 (utile in caso di patologie metaboliche, come il Diabete o il Morbo di Cushing) e l’Acido alfa-lipoico (utile in caso di patologie neurologiche e cognitive). Gli acidi grassi omega tre, invece, nel cane anziano assumono una importanza particolare per il sostegno di reni e cellule nervose. Grazie alla loro attività antinfiammatoria e di mantenimento della fluidità delle membrane cellulari. (ne parliamo nel dettaglio qui: https://nutravet.it/acidi-grassi-essenziali-omega-3-e-omega-6-per-cane-e-gatto-perche-sono-importanti/ )
Animali e invecchiamento di successo. Quale dieta scegliere per l’animale anziano
La dieta dovrà essere scelta in base ad una serie di fattori legati allo stato clinico del vostro animale, ma anche alle esigenze dei familiari.
Pur non esistendo studi conclusivi che comparino la dieta fresca a una dieta industriale, per il fattore “aspettativa di vita”, possiamo affermare che la dietra fresca presenta numerosi vantaggi rispetto a quella industriale. Per esempio, la possibilità di essere cucita su misura sull’animale, come fosse un vestito sartoriale. Questo ci permette di adeguarla maggiormente alle esigenze del paziente, soprattutto laddove coesistano comorbilità (ovvero più patologie contemporaneamente). Inoltre la dieta fresca, essendo più idratata, si presta meglio alle esigenze di un organismo che ha difficoltà a mantenere un corretto bilancio idrico.
Nel caso si decidesse di optare per una dieta commerciale, i mangimi umidi potrebbero essere preferibili. Questo grazie alla loro maggiore idratazione e alla loro maggior appetibilità. Attenzione ai mangimi “senior”, che spesso prevedono una riduzione proteica non necessaria e spesso dannosa. Se l’animale non presenta patologie particolari, possiamo tranquillamente orientarci verso un mangime di mantenimento per adulti, mentre in caso di patologie, occorre valutare bene con il proprio Medico Veterinario esperto in nutrizione, quale scegliere in base alle condizioni cliniche del paziente.
Articolo del Dr.ssa Marta Batti, DMV
- Pubblicato il Marta Batti
Visita nutrizionale. Come si svolge?
Anche se la figura del Medico Veterinario esperto in nutrizione si sta sempre più diffondendo negli ultimi anni, capita ancora spesso di ricevere domande di persone incuriosite da questa branca della Medicina Veterinaria che non conoscevano. La domanda più comune è: come si svolge una visita nutrizionale?
Qual è il ruolo del Medico Veterinario Nutrizionista? Cos’è importante sapere?
Ve ne parlo in questo articolo.
Visita nutrizionale. Non sono tutte uguali!
Cominciamo col dire che non esiste uno standard, ovvero che non tutte le visite nutrizionali sono uguali.
Noi Medici Veterinari del gruppo Nutravet ci occupiamo di nutrizione in ottica “sistemica”.
Questo significa che le nostre visite non sono finalizzate alla semplice stesura di una dieta, ma alla valutazione del paziente nella sua interezza e non solo della sua patologia.
Per svolgere le nostre visite seguiamo tutti un metodo comune, ma ciascuno di noi ha competenze specifiche in ambiti diversi (dalla dermatologia, all’oncologia, alle medicine integrate) che vengono messe a disposizione del paziente e dei suoi familiari.
Tutti noi, inoltre, effettuiamo sia visite in presenza che consulenze in Telemedicina, ovvero a distanza. Questo ci permette di raggiungere ed aiutare anche famiglie che abitano lontano da noi, sia in Italia che all’estero. Vuoi saperne di più sulla Telemedicina? Ne parliamo qui e anche qui.
Perché chiedere una visita nutrizionale
I motivi per cui viene richiesta una consulenza con un Medico Veterinario esperto in nutrizione possono essere vari.
Le famiglie possono giungere da noi in maniera autonoma, contattandoci direttamente per cambiare o rivedere l’alimentazione dei loro animali oppure, come accade più spesso, possono essere indirizzate a noi dai colleghi curanti per impostare un piano nutrizionale in caso di patologie.
Nei pazienti patologici, il nostro intervento a volte è risolutivo, altre volte, invece, dobbiamo lavorare in sinergia con altri specialisti per ottenere dei risultati. Possiamo però affermare con certezza che la nutrizione ha un ruolo centrale nella gestione della maggior parte delle patologie.
Ma una corretta alimentazione è anche un potentissimo strumento di prevenzione. Per questo motivo sono sempre di più le famiglie che scelgono di nutrire gli animali con cui convivono con una dieta fresca, fin da quando sono cuccioli. Impostare e seguire una dieta fresca e bilanciata per un cucciolo è assolutamente fattibile e consigliabile, senza nessun tipo di controindicazione (ne parliamo qui e qui ).
Nel caso in cui non fosse possibile seguire una dieta fresca, il Medico Veterinario esperto in nutrizione potrà comunque essere una guida per una scelta ragionata e consapevole di una dieta commerciale.
L’importanza dell’anamnesi
Sia che si svolga in presenza che in Telemedicina, la prima parte della consulenza, quella più importante, è rappresentata dalla raccolta dell’anamnesi. Ovvero di una serie di dati riguardanti il paziente dalla nascita (o dalla sua adozione) in poi.
In questa fase della visita il Medico Veterinario esperto in nutrizione potrebbe chiedervi, ad esempio, se il vostro cane è nato con parto naturale o cesareo. Se è stato allattato naturalmente o artificialmente e se ha assunto farmaci (e quali) nel primo anno di vita.
Queste domande, all’apparenza strane o poco pertinenti, non solo hanno un senso, ma sono fondamentali per comprendere molti aspetti di patologie in atto o che potrebbero verificarsi in futuro.
In questa prima parte della visita, generalmente, vengono anche visionati e commentati eventuali referti di analisi e altre indagini diagnostiche. Anche questo è un passaggio fondamentale che ci aiuta ad essere più accurati e specifici nella successiva stesura del piano nutrizionale personalizzato.
La visita clinica
Nel caso di visite in presenza, alla raccolta dell’anamnesi segue la visita clinica del paziente. Alcuni colleghi potrebbero decidere di visitarlo prima e non sarebbe di certo scorretto.
Personalmente preferisco farlo dopo per vari motivi, primo tra tutti quello di far familiarizzare l’animale con un ambiente nuovo, permettendogli di rilassarsi e di essere più collaborativo successivamente, senza stress per nessuno.
Durante la visita, otre al peso, verrà valutato il BCS (Body Condition Score), un punteggio che serve a stabilire se il paziente è sottopeso, sovrappeso o normopeso. Saranno auscultati torace e addome, valutati il cavo orale e la condizione dei denti, lo stato del pelo e lo stato generale dell’animale.
Tutti i dati raccolti durante la visita saranno registrati in una scheda clinica che sarà poi fornita, in copia, ai familiari insieme al piano nutrizionale.
Scelta e stesura del piano nutrizionale
Prima di procedere alla stesura del piano nutrizionale personalizzato, c’è un’altra tappa fondamentale: concordare coi familiari la scelta della tipologia di dieta (commerciale, casalinga, mista o BARF). Discutendo insieme i pro e i contro di ciascuna in relazione alle esigenze del paziente.
Ritengo questa una fase fondamentale perché la famiglia avrà un ruolo centrale nella gestione della dieta del proprio animale. Un piano nutrizionale “perfetto” sulla carta, ma non fattibile per i familiari, si rivelerà totalmente inutile per il paziente.
La formulazione della dieta potrebbe, infine, avvenire direttamente in visita o potrebbe richiedere qualche giorno. Questo dipende da diversi fattori quali il metodo di lavoro del professionista, il tempo a disposizione durante la visita, ma soprattutto le eventuali patologie del paziente.
Ci sono dei casi più complessi che richiedono un ulteriore studio successivo e altri approfondimenti prima di poter formulare il piano nutrizionale.
Non si tratta solo di “fare una dieta”, ma di iniziare un percorso basato sulla fiducia e sulla collaborazione reciproca. Il nostro lavoro non si conclude a fine visita, ma continua anche “dietro le quinte”!
Articolo della dott.ssa Marta Batti, DMV
- Pubblicato il Marta Batti
In viaggio con le proteine, dalla ciotola all’intestino
Sappiamo che le proteine sono i macronutrienti più importanti nella dieta di cane e gatto, ma ci siamo mai chiesti il perché di questa affermazione?
In questo articolo analizzeremo il viaggio delle proteine, dalla ciotola dei nostri carnivori fino all’interno del loro intestino e oltre, per capire cosa sono e a cosa servono queste molecole così importanti per la loro esistenza.
Proteine, una collana di perle preziose
Le proteine sono catene di aminoacidi, tenute insieme da legami covalenti, detti “peptidici”. Per semplificare, potremmo immaginarcele come delle collane di perle di lunghezze diverse, dove ogni perla è un aminoacido.
In natura esistono solamente 20 aminoacidi. Tutte le proteine, da quelle dei batteri a quelle degli organismi più complessi, sono costituite sempre dagli stessi 20 aminoacidi. In base a come questi vengono assemblati a formare la catena, prenderà forma una proteina diversa.
Di questi 20 aminoacidi, più o meno tutte le specie sono in grado di sintetizzarne la metà (ovvero se li sanno produrre da soli). Gli altri devono invece essere necessariamente introdotti con la dieta e prendono il nome di “aminoacidi essenziali”. Gli aminoacidi essenziali non sono gli stessi in tutte le specie. Ad esempio la taurina è essenziale per il gatto, ma non per il cane. La carenza di questi aminoacidi essenziali nella dieta del cane e del gatto può provocare, nel tempo, disturbi del metabolismo proteico che possono causare alterazioni importanti della crescita e dello sviluppo.
Esattamente come per le collane di perle, che possono avere lunghezze diverse, anche per le proteine accade la stessa cosa. Ecco quindi che possiamo avere proteine molto corte (come ad es. l’Ossitocina, costituita solo da 9 aminoacidi) o molto lunghe (come la Connectina, presente nel tessuto muscolare, che di aminoacidi ne ha ben 33.000!).
Da una proteina all’altra
La digestione delle proteine ingerite con la dieta inizia nello stomaco e prosegue nell’intestino tenue ad opera di specifici enzimi (proteasi) che staccano gli aminoacidi dalla catena, in modo che questi possano attraversare la parete intestinale per assorbimento, per poi essere riassemblati in nuove catene peptidiche. E quindi dar vita a nuove proteine che saranno utilizzate dai nostri animali sia a fini strutturali (per costruire parti del loro organismo) che energetici (per produrre energia utile per i propri fabbisogni).
Tuttavia i nostri carnivori domestici non sono in grado di sfruttare tutte le proteine a scopi energetici, ma possono farlo solo con quelle di origine animale. Per questo motivo, quando analizziamo l’etichetta di un mangime commerciale o la formula di una dieta casalinga, dovremmo prestare attenzione non solo alla percentuale totale di proteine (che è data dalla somma di proteine animali e vegetali) ma anche e soprattutto alla quantità di proteine animali, che dovrebbe sempre prevalere in modo importante su quelle di origine vegetale.
Proteine e funzioni biologiche
Le proteine, come già accennato, non vengono sfruttate solo a scopi energetici, ma hanno anche tutta una serie di funzioni strutturali e biologiche a cui spesso non pensiamo e su cui, invece, vale la pena riflettere.
Sono fatti di proteine tutti i muscoli, cuore compreso. Actina e miosina, infatti, assieme al collagene e all’elastina, sono le principali proteine con funzione strutturale.
Ci sono poi proteine con funzioni di trasporto (come l’indispensabile emoglobina, che serve per trasportare l’ossigeno in tutto l’organismo), di difesa (tutti gli anticorpi, che ci proteggono dalle infezioni, sono proteine), di regolazione (gli ormoni sono molecole proteiche) e anche di riserva (come la caseina).
Le proteine sono quindi essenziali al corretto funzionamento di ogni organo e apparato e al mantenimento della connessione tra i sistemi, tanto cara alla PNEI. (ne parliamo qui).
Sono utili le diete a ridotto tenore proteico?
Da quanto detto fin qui, va da sé che ridurre le proteine nella dieta dei nostri carnivori domestici non è (quasi) mai una buona idea.
Cosa accade, infatti, se non forniamo una quantità sufficiente di proteine con la dieta? Accade che l’organismo, per preservare la sintesi delle proteine fondamentali per la sua sopravvivenza, non ricevendo una sufficiente quantità di aminoacidi attraverso la dieta, comincerà ad attingere alle riserve organiche, principalmente i muscoli (la c.d. “massa magra”) con conseguente instaurarsi di uno stato di deplezione muscolare detto “sarcopenia”, molto difficile, se non impossibile, da recuperare.
La sarcopenia si instaura spesso in soggetti anziani o con patologie oncologiche, renali e cardiache in fase avanzata. Ecco perché, anche in questi soggetti, la riduzione proteica nella dieta spesso non solo non è utile, ma può diventare addirittura controproducente, in quanto contribuisce ad un peggioramento della loro condizione, non solo per i motivi appena elencati, ma anche perché una dieta con poche proteine sarà una dieta molto poco appetibile per i nostri animali carnivori, spesso già disappetenti a causa della loro patologia.
Anche in quella piccola percentuale di condizioni patologiche in cui, invece, una restrizione proteica si renda necessaria, come l’ insufficienza renale in fase avanzata (ne parliamo qui) o gli shunt epatici, l’entità di questa restrizione, così come la qualità delle proteine da utilizzare nella dieta, dovrebbero essere sempre ponderate e ragionate sul singolo caso e sul singolo soggetto. Sempre meglio se con il supporto di un Medico Veterinario esperto in Nutrizione.
Articolo della Dott.ssa Marta Batti, DMV
- Pubblicato il Marta Batti
Il ruolo del calcio: dieta e fabbisogni nelle varie fasi di vita
Il Calcio è un minerale che svolge numerose funzioni fondamentali nell’organismo. È coinvolto infatti nella contrazione muscolare, nella coagulazione del sangue, nella regolazione della permeabilità cellulare e nella trasmissione dell’impulso nervoso, non che nei meccanismi di contrazione e dilatazione dei vasi sanguigni.
È inoltre fondamentale per il corretto sviluppo e il mantenimento in salute di ossa e denti.
Ma i nostri animali, da dove prendono il calcio e quali sono le quantità che devono assumere per non incorrere in carenze o eccessi nutrizionali? Vediamolo insieme.
Calcio e dieta
In natura il lupo e i canidi selvatici ricavano il calcio necessario dalle ossa delle loro prede.
Ma l’alimentazione dei nostri carnivori domestici si è molto distanziata da quella “naturale”.
Sappiamo infatti che, eccezion fatta per un tipo di dieta chiamata BARF (di cui abbiamo parlato qui). Che prevede anche l’utilizzo di ossa polpose crude, l’utilizzo delle ossa nude o cotte è assolutamente sconsigliato per i nostri Animali.
E in questi casi, quindi, come fanno i ad assumere le giuste quantità di calcio?
Vediamolo insieme analizzando i vari tipi di dieta:
- DIETE COMMERCIALI SECCHE (CROCCHETTE) E UMIDI COMPLETI
in questi casi il calcio è aggiunto sotto forma di integratore, generalmente assieme ad altri minerali e vitamine, alla fine del processo produttivo.
Attenzione agli umidi, che potrebbero non essere “completi”, ma “complementari” ed in quest’ultimo caso, potrebbero non contenere fonti di calcio. - DIETA CASALINGA COTTA
in questo tipo di dieta, dove non possiamo somministrare ossa cotte, si utilizzano integratori (c.d. “mangimi complementari minerali”) di calcio. Come la farina di ossa o la polvere di gusci d’uovo essiccati, oppure integratori più completi, che contengono sia calcio che altri minerali e vitamine.
È quindi importante sottolineare che l’utilizzo di questi mangimi complementari, in una dieta casalinga, è fondamentale affinché la dieta sia bilanciata e non può essere evitato. Se non per brevi periodi e per motivi particolari, che devono però essere sempre valutati e tenuti sotto controllo dal Medico Veterinario nutrizionista che ha formulato la dieta.
Anche se nel piano nutrizionale fossero presenti alimenti particolarmente ricchi di calcio (come i formaggi, ad esempio) è molto improbabile che questi possano essere inseriti in quantità giornaliere sufficienti a coprire i fabbisogni del vostro animale - DIETA FRESCA CRUDA SENZA OSSA
anche in questi casi, non essendo presenti ossa nella dieta, il calcio andrà integrato tramite l’aggiunta di integratori (farina di ossa o gusci d’uovo, ad esempio) - DIETA BARF
questo è l’unico caso in cui, essendo presenti nella dieta le OP (Ossa Polpose), non sono necessarie ulteriori aggiunte di calcio
Calcio e fabbisogni
Si ma quanto calcio devono assumere i nostri carnivori domestici giornalmente?
La risposta è “dipende”.
I fabbisogni giornalieri di Calcio variano infatti in base a specie (cane/gatto), età (cuccioli/adulti/anziani) e stato fisiologico (gravidanza/allattamento).
Quando viene formulata una dieta, commerciale o casalinga che sia, i formulatori si rifanno, di solito, alle linee guida FEDIAF, che ci danno le indicazioni corrette dei fabbisogni di Calcio e di tutti gli altri nutrienti. In base a tutte le variabili sopra indicate.
È importante sottolineare che, oltre ai fabbisogni di calcio, c’è un altro parametro che va sempre valutato nella formulazione di un piano nutrizionale: il rapporto Calcio/Fosforo, che si deve mantenere entro certi range che variano a seconda dell’età e dello stato fisiologico.
Ecco perché spesso le quantità di integratore che indichiamo nelle diete possono variare da menù a menù e spesso non corrispondono alle dosi indicative che sono riportate nell’etichetta della confezione.
Fidatevi sempre delle indicazioni del vostro Nutrizionista, più che di quelle indicate nella confezione!
Errori più comuni da evitare
Fino a non molti anni fa, quando la nutrizione dei carnivori domestici era ancora un argomento poco conosciuto, era uso abbastanza comune, soprattutto negli allevamenti, somministrare delle supplementazioni di Calcio extra in situazioni particolari quali la crescita (soprattutto di cuccioli di taglia grande) la gravidanza e l’allattamento.
Tutte condizioni in cui si riteneva che “più calcio dò, meglio è”.
In realtà si è poi visto e dimostrato come un eccesso di calcio, in tutti questi casi, possa essere non solo inutile, ma addirittura nocivo. Provocando alterazioni ossee e articolari in cuccioli in crescita e favorendo, nelle femmine gravide, l’insorgenza di ipocalcemia post-partum, piuttosto che prevenirla.
Purtroppo questa usanza è ancora un po’ dura a morire, ma fortunatamente, con la giusta informazione, si stanno progressivamente abbandonando queste pratiche ormai obsolete.
Quindi, come fare a non provocare danni in un cucciolo in crescita o in una cagna o gatta in gravidanza?
Evitando il “fai da te” e le integrazioni non necessarie e affidandovi a un Medico Veterinario Nutrizionista che segua il vostro Animale durante tutto il percorso o, nel caso non ve la sentiste di intraprendere questo tipo di iter, utilizzando un buon prodotto commerciale completo e specifico per lo stato fisiologico del vostro animale.
Articolo della dott.ssa Marta Batti, DMV
- Pubblicato il Marta Batti
Nutraceutica veterinaria: il ruolo della nutrizione funzionale
Il concetto di salute ha subito nel tempo una evoluzione. Se negli anni ’80, infatti, il termine salute veniva identificato come semplice assenza di patologie, dagli anni ’90 in poi ha cominciato a farsi strada il concetto di prevenzione. Ovvero un insieme di attività e interventi atti ad evitare l’insorgenza di condizioni morbose nell’individuo. Nel terzo millennio, il concetto di salute è stato infine soppiantato dal più ampio concetto di benessere che, come da definizione dell’OMS, rappresenta uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia.
Il moderno significato di salute inteso come benessere include dunque il concetto centrale del miglioramento della qualità di vita e dell’invecchiamento e non solo del prolungamento delle aspettative di vita stessa.
Nutrizione e prevenzione
È oramai noto come la Nutrizione, sia in campo umano che veterinario, svolga un ruolo di prevenzione di centrale importanza. Ma cosa si intende per prevenzione?
Per definizione dell’ISS, la prevenzione primaria è un “insieme di azioni ed interventi che, attraverso il potenziamento di fattori utili alla salute e l’allontanamento o la correzione dei fattori causali delle malattie, tendono al conseguimento di uno stato di completo benessere psicofisico o quantomeno ad evitare l’insorgenza di condizioni morbose”.
In altre parole, la prevenzione primaria si applica al soggetto sano al fine di mantenere la sua condizione di benessere ed evitare l’insorgenza di malattie.
È nell’ambito della prevenzione primaria che si colloca la prevenzione nutrizionale, intesa come l’assunzione di un prodotto contenente un nutriente o altre sostanze che, da sole o combinate, aiutano l’animale sano a:
- Ridurre il rischio di sviluppare malattie
- Mantenere le funzioni fisiologiche dell’organismo
- Mantenere il suo stato di salute
In quest’ottica, dunque, la Nutrizione è vista come strumento utile per il raggiungimento di uno stato di salute e benessere animale, attraverso il miglioramento dell’immunocompetenza del soggetto e la promozione delle capacità di riparazione dei tessuti
Nutraceutica e nutrizione funzionale
Il termine Nutraceutica è stato coniato nel 1989 e deriva dalla fusione dei due vocaboli : nutrizione e farmaceutica. Anche se si tratta di un concetto relativamente moderno, la Nutraceutica affonda le sue radici in un passato molto remoto. Infatti già Ippocrate, nel V secolo a.C. dichiarava: «Lasciate che il cibo sia la vostra medicina e la vostra medicina sia il cibo», sottolineando il legame imprescindibile tra cibo e salute.
I nutraceutici non sono quindi semplici integratori (o, come sarebbe meglio chiamarli in medicina veterinaria, “mangimi complementari”). Si tratta infatti di sostanze biologicamente attive di origine animale o vegetale che, somministrate concentrate ed in una adatta forma farmaceutica (capsule, compresse, polveri ecc…) sono in grado di:
- Aiutare a proteggere l’organismo da alterazioni metaboliche
- Prevenire carenze e squilibri nutrizionali
- Ridurre il rischio di stress ossidativo e infiammazione e, di conseguenza, delle patologie associate.
Queste sostanze, pur essendo presenti negli alimenti, per svolgere la loro funzione benefica devono essere somministrate in concentrazioni tali da richiedere quantità di alimento troppo elevate. Pensiamo ad esempio agli acidi grassi Omega tre (EPA e DHA) che, come sappiamo, sono contenuti prevalentemente in alimenti marini (pesce azzurro soprattutto). Per andare a svolgere la loro funzione antinfiammatoria, mantenendo il rapporto omega 6/omega 3 entro certi range, il loro introito deve essere talmente elevato da non riuscire ad essere coperto solo alimentando l’animale di tanto in tanto con pesce azzurro. Per questo motivo si preferisce somministrarli concentrati in perle.
Il Nutraceutico dunque, pur avendo funzioni simili ad un farmaco, si differenzia da questo per il fatto che può essere assorbito e utilizzato dall’organismo senza il rischio di effetti collaterali potenzialmente dannosi. Tuttavia non deve essere considerato un sostituto del farmaco, ma un supporto al farmaco stesso, che può essere utilizzato in prevenzione (da solo) o in corso di patologie (a supporto delle terapie farmacologiche specifiche). Il compito del Medico Veterinario sarà quello di stabilirne il giusto utilizzo e la giusta collocazione, a seconda del singolo paziente e della sua storia clinica.
Criteri di scelta di un buon nutraceutico
I Nutraceutici, generalmente, non hanno bisogno di ricetta. Per questo motivo, essendo acquistabili come “prodotti da banco”, il loro uso improprio e/o abuso è frequente. Purtroppo non tutti i prodotti che si trovano in commercio sono uguali, da un punto di vista della qualità e della efficacia.
Ma quindi quali sono i criteri di scelta di un buon nutraceutico? Vediamoli insieme:
- Le materie prime utilizzate devono essere titolate (ovvero deve essere indicata la loro concentrazione in tot grammi o ml di prodotto). Deve inoltre essere indicata la loro provenienza e tracciabilità
- Devono essere indicati eventuali eccipienti, coloranti e conservanti.
- Devono essere certificati per assenza di metalli pesanti ed altri inquinanti
- Devono essere protetti da un packaging idoneo (ad. es che protegga il prodotto dalla luce per evitare fenomeni ossidativi)
Quali sono le situazioni in cui la Nutraceutica può davvero fare la differenza?
Abbiamo già accennato al concetto di prevenzione. In quest’ottica, la nutrizione funzionale può trovare il suo campo di applicazione fin da quando l’animale è cucciolo. Riprendendo i nostri amati e già citati Omega tre, numerosi studi hanno ormai chiarito il loro ruolo fondamentale nelle varie fasi della vita dell’animale. Nel cucciolo, in particolare, concorrono a favorire un corretto sviluppo neurologico durante la crescita, per cui una loro integrazione già dalle prime fasi di vita non solo è possibile, ma raccomandabile.
Ma è in ambito patologico che, negli ultimi anni, la nutraceutica sta trovando sempre più largo impiego, in affiancamento alle cure tradizionali.
Dall’animale anziano, spesso pluripatologico (ne parliamo qui) , al paziente oncologico (ne parliamo qui), sono innumerevoli le situazioni dove la nutrizione funzionale può fare davvero la differenza. Ma in questi casi in particolare, un consiglio importante è quello di evitare il “fai da te” e di affidarsi sempre ad un Medico Veterinario esperto che sappia scegliere e collocare correttamente il giusto prodotto nella giusta fase della patologia. I risultati non tarderanno a farsi vedere!
Articolo della dott.ssa Marta Batti, DMV
- Pubblicato il Marta Batti
Perché il mio cane non tollera più la dieta casalinga?
Siamo passati da una alimentazione commerciale ad una dieta casalinga e tutti i problemi del nostro cane si sono magicamente risolti: pelo più lucido, nausea sparita, feci da manuale, appetito sempre alle stelle.
E poi, di punto in bianco, ricompaiono sintomi che oramai avevamo dimenticato: feci non proprio belle, muco e un continuo brucare erba, nemmeno avessimo adottato una capretta!
Questa è una situazione che, noi nutrizionisti, vediamo spesso nei nostri pazienti.
Ma a cosa è dovuta questa improvvisa “mal tolleranza” alla dieta casalinga?
Le cause possono essere varie. A volte banali, altre volte più difficili da comprendere.
In questo articolo cercheremo di analizzare tutti i motivi per cui una dieta casalinga può, nel tempo, non essere più così ben tollerata come all’inizio. E cercheremo di capire, caso per caso, come ci dobbiamo comportare.
Indiscrezione alimentare
Una delle prime cose da valutare quando ci si trova di fronte ad una improvvisa comparsa di sintomi gastroenterici o dermatologici è se il nostro cane abbia avuto accesso a fonti alimentari non direttamente controllate da noi.
Come ad esempio avanzi di cucina forniti “sottobanco” da amici e parenti, le crocchette del gatto del vicino sempre disponibili in giardino. Oppure qualche cacca o avanzo di cibo trovati in giro.
In tutte queste situazioni, di solito, il problema non risiede nella dieta in sé, ma nelle fonti di cibo non monitorate. Che potrebbero aver creato una situazione di disbiosi intestinale, di solito autolimitante.
Sarà quindi sufficiente tenere il nostro cane sotto osservazione per qualche giorno, al massimo intervenendo con dei probiotici e/o degli astringenti intestinali fino a risoluzione del sintomo.
Ovviamente, se la situazione non si dovesse risolvere nell’arco di 48 ore o se, addirittura, dovesse peggiorare il consiglio è quello di consultare il vostro medico veterinario curante per una valutazione più approfondita.
Qualità delle materie prime
Un’altra domanda che pongo sempre ai clienti che mi chiamano allarmati per la ricomparsa dei vecchi sintomi, è se stanno continuando ad acquistare le materie prime, in principal modo le fonti proteiche (carne o pesce), sempre nello stesso posto e dagli stessi fornitori.
Sembra strano, ma soggetti particolarmente delicati dal punto di vista gastroenterico potrebbero risentire anche solo del fatto che la carne, di punto in bianco, venga acquistata in un altro supermercato.
In questo caso, per capire se questa potrebbe essere la causa, sarà sufficiente tornare al vecchio fornitore per vedere se la sintomatologia rientra da sola, come spesso accade.
Un’altra causa potrebbe essere il passaggio da una carne acquistata “a pezzo intero” a dei macinati di carne.
In questo caso infatti, pur non variando la proteina, varia facilmente la quantità di grasso presente. I macinati infatti sono mediamente più grassi della carne acquistata a pezzo intero (e questo è anche il motivo per cui, spesso, li troviamo a prezzi molto più bassi e allettanti!).
L’eccesso di grassi somministrati di punto in bianco potrebbe facilmente causare diarrea e/o vomito. Soprattutto in cani con un intestino non proprio di ferro!
Cambio di stagione. Perché il mio cane non tollera più la dieta casalinga?
Un terzo motivo che definirei “un evergreen” è il cambio di stagione.
Se è vero che una elevata percentuale di soggetti enteropatici cronici (quindi con una infiammazione cronica dell’intestino) rispondono bene alla dieta fresca, è altrettanto vero che nei cambi di stagione l’equilibrio raggiunto nei mesi precedenti può facilmente vacillare.
In questi casi la prima cosa da fare è non farsi prendere dal panico. La seconda è contattare il vostro medico veterinario nutrizionista per capire come procedere.
Se avete notato che il vostro cane tende a peggiorare proprio nei cambi di stagione, il mio consiglio è quello di non aspettare il peggioramento per prendere un appuntamento, ma di anticipare i tempi, in modo da agire in maniera preventiva. Con integrazioni funzionali ad hoc (es. un ciclo preventivo di probiotici) e/o terapie integrate (fitoterapia, cannabis terapeutica, omotossicologia…).
Nella maggior parte dei casi, gestendo il paziente in ottica PNEI e soprattutto in prevenzione, riusciamo di stagione in stagione a tenere sotto controllo le ricadute, che magari non spariranno del tutto, ma si ridurranno come frequenza e intensità.
Una dieta (non è) per sempre
Ultimo ma non ultimo, occorre considerare che una dieta impostata in una certa fase della vita, con determinati ingredienti e kcal scelti e calcolati per quella specifica fase non è detto che possa andar bene per sempre. Ricordiamoci sempre che siamo individui in continuo divenire ed i nostri animali non si differenziano da noi in questo. Quello che per loro va bene oggi potrebbe non essere più adeguato domani.
In alcuni momenti infatti, a causa delle situazioni più disparate, l’intestino potrebbe infiammarsi e in quel caso, cosa succede?
Il nostro e il loro intestino presenta una barriera, la così detta “barriera intestinale”. Che ha la funzione di impedire a tutto ciò che potrebbe fungere da antigene (compreso alcuni macronutrienti della dieta, in principal modo le proteine) di giungere a contatto con il sistema immunitario intestinale (GALT) attivandolo.
Quando un intestino è infiammato, questa barriera diventa permeabile e potrebbe non garantire la sua originaria tenuta stagna. In questa fase infiammatoria, dunque, alcuni componenti della dieta potrebbero attivare il GALT con la comparsa della sintomatologia gastroenterica che i familiari di soggetti enteropatici ben conoscono.
In questi casi, occorre riprendere in mano la situazione prima possibile. Intervenendo su tutti i fronti possibili per bloccare l’infiammazione e lavorare sulla disbiosi ad essa associata, ridurre la permeabilità intestinale, rafforzare il sistema immunitario. Non solo la dieta dunque, ma anche le giuste integrazioni funzionali e terapie integrate potranno aiutare in nostro animale a ritrovare un nuovo equilibrio.
Un lavoro di squadra
Se in alcuni casi tra quelli elencati spesso sono sufficienti piccole accortezze per ripristinare una situazione di equilibrio, in caso di infiammazione intestinale importante il lavoro da fare potrebbe dover essere più approfondito e soprattutto, su più livelli.
Sappiamo bene, ormai, come l’asse intestino-cervello la faccia da padrone in queste situazioni e lavorare su quest’asse significa occuparci, in ottica PNEI, di tutta una serie di sfaccettature che spesso richiedono l’intervento coordinato di più figure professionali. Che collaborino e lavorino in sinergia tra di loro, per il benessere del paziente. Ecco che, nei casi più complessi, noi del gruppo Nutravet ci avvaliamo della collaborazione con i medici veterinari di base e con figure specialistiche come gastroenterologi e medici veterinari esperti in comportamento, ottenendo così dei risultati non solo più rapidi, ma anche più duraturi nel tempo.
Articolo della dott.ssa Marta Batti, DMV
- Pubblicato il Marta Batti
L’acqua il più importante dei nutrienti
Quando pensiamo ai nutrienti che dobbiamo bilanciare nella dieta dei nostri amici, spesso ci dimentichiamo del più importante tra tutti: l’acqua.
L’acqua costituisce dal 40% all’80% dell’intero organismo animale, in relazione a età e condizioni fisiologiche e patologiche dell’animale.
Per questo motivo l’organismo risente moltissimo della carenza di questo nutriente. La disidratazione, infatti, causa velocemente alterazioni anche gravi nell’organismo e va corretta il prima possibile.
Funzioni dell’acqua
Quando sentiamo dire che “l’acqua è fonte di vita”, non si tratta della solita frase fatta. E’ proprio così!
L’acqua infatti svolge innumerevoli funzioni essenziali per la vita, tra cui:
- Trasporto di altri nutrienti
- Regolazione della temperatura corporea
- Mantenimento della elasticità dei tessuti
- Costituzione di tutti i fluidi corporei
- Substrato per i processi digestivi che avvengono nell’organismo
- Substrato per i batteri del microbiota intestinale
Non esiste reazione chimica che avvenga in un organismo che non necessiti di acqua.
Per i nostri Animali è ancora più importante in quanto, non essendo in grado di sudare, la regolazione della loro temperatura corporea è legata esclusivamente alla sua eliminazione attraverso la lingua e la respirazione.
Apporto e bilancio idrico
Il fabbisogno idrico, ovvero la quantità di acqua che deve essere assunta giornalmente dall’organismo, è direttamente correlata al mantenimento del cosiddetto “bilancio idrico dell’organismo”, ovvero il bilancio tra entrate e uscite.
L’animale si idrata attraverso l’acqua di bevanda, ma non solo. Altri introiti sono rappresentati dall’acqua presente nell’alimento e, in minima parte (circa un 10%) da quella “metabolica”, che deriva dalle reazioni di ossidazione degli alimenti.
L’assunzione dell’acqua di bevanda è un processo volontario, regolato da recettori che risentono del grado di disidratazione, stimolando il centro della sete che si trova nell’Ipotalamo e inducendo così l’animale a bere.
La dieta rappresenta un’altra fonte di acqua importante assunta dall’animale. Avrete infatti sicuramente notato come i vostri animali tendano a bere di più se mangiano alimenti secchi (disidratati) e di meno se assumono una dieta umida. Gli alimenti commerciali secchi, infatti, ne contengono solo un 8-10%, mentre quelli umidi arrivano fino all’80%. Le diete fresche sono anch’esse ricche di acqua, per cui non c’è da spaventarsi se, passando da una dieta commerciale secca a una dieta fresca il vostro animale comincerà a bere meno: è perfettamente normale!
Fabbisogni idrici
Ma quanto devono bere al giorno i nostri Animali?
Mediamente, un cane adulto sano, dovrebbe assumere una quantità giornaliera di acqua pari al suo fabbisogno energetico giornaliero espresso in ml.
Ad esempio: se il vostro cane ha un fabbisogno energetico di 1000 kcal al giorno, dovrà assumere circa un litro di acqua al giorno.
E i gatti?
I gatti si sa, non sono dei gran bevitori! Il fabbisogno idrico di un gatto adulto sano si aggira tra il 50 e il 100% del su fabbisogno calorico giornaliero, espresso in ml.
Ad esempio: se il vostro gatto ha un fabbisogno energetico di 250 kcal al giorno, dovrà assumerne da circa 125 a circa 250 ml al giorno.
Semplificando, possiamo dire che il fabbisogno idrico di un cane sano, in condizioni di riposo, si aggira intorno ai 65-110 ml/kg di peso vivo al giorno ed è maggiore nei soggetti di piccola taglia e nei giovani.
Ma è sempre così matematico? Ovviamente no, come non lo è nulla in biologia. Infatti esistono numerosi fattori che influiscono sulla assunzione di acqua. Tra questi la stagione (in estate loro, come noi, tendono a bere di più) l’attività fisica (cani sportivi, durante l’allenamento, hanno un fabbisogno idrico aumentato) e le fasi della vita.
Acqua e fasi di vita
I cuccioli hanno fabbisogni idrici aumentati rispetto all’adulto, perché il loro organismo è molto più ricco di acqua. Nei lattanti, i fabbisogni idrici sono del tutto coperti dal latte stesso, che è un alimento completo e ricchissimo di acqua, mentre dallo svezzamento in poi è necessario che i cuccioli abbiano acqua fresca sempre a disposizione.
Un altro stato fisiologico dove i fabbisogni idrici aumentano considerevolmente è la gravidanza, ma soprattutto la lattazione, in quanto la produzione di latte ne richiede molta.
Infine, una particolare attenzione va prestata ai fabbisogni idrici dell’animale anziano. L’organismo infatti, quando invecchia, tende ad avere difficoltà a mantenere un corretto bilancio idrico, disidratandosi facilmente. Questo stato di disidratazione tende, col tempo, a compromettere una serie di funzioni importanti dell’organismo legate alla digestione, all’attività del microbiota e del sistema immunitario.
Ci sono poi tutta una serie di condizioni patologiche caratterizzate dalla cosiddetta polidipsia, ovvero un aumento della assunzione di acqua, tra cui l’insufficienza renale, il Cushing, il diabete e altre patologie metaboliche. Attenzione perché una polidipsia importante, soprattutto se presente subito dopo i pasti, potrebbe nascondere anche problematiche gastroenteriche da indagare.
Soprattutto per l’insufficienza renale, patologia frequente sia in cani che in gatti anziani, che per gli animali che soffrono di calcoli urinari, una corretta assunzione di acqua è importante non solo in corso di patologia, ma come fattore preventivo.
Come incoraggiare l’assunzione d’acqua?
Esistono vari modo per incoraggiare l’assunzione di acqua da parte dei nostri Animali.
- FONTANELLE: l’utilizzo di fontanelle che forniscono sempre acqua fresca e filtrata si è dimostrato utile non solo per i gatti, ma anche per i cani
- BRODI LEGGERI DA AGGIUNGERE AL PASTO: preparare un brodo leggero vegetale o di carne, con un pizzico di sale, da aggiungere al pasto, rappresenta un buon modo per far bere di più i nostri animali
- AGGIUNGERE UN PIZZICO DI SALE AL PASTO: il sale non è vietato nei nostri animali, anzi. Se usato con moderazione può essere un alleato utile per farli bere di più. In caso di patologie come l’ipertensione, consultate sempre prima il vostro Medico Veterinario.
Quale acqua?
In linea di massima, nel caso di animali sani, l’acqua di rubinetto, se potabile per noi, va bene anche per loro.
Se c’è una predisposizione a patologie come i calcoli urinari, andrebbero evitate acque con eccessiva durezza e contenenti elevate quantità di magnesio. In questo caso possiamo scegliere un’acqua in bottiglia, rispetto a quella del rubinetto, per controllare meglio questi fattori.
L’acqua fornita dovrebbe essere sempre fresca, priva di residui di cibo o altre particelle che gli animali potrebbero rilasciare nella ciotola bevendo e che potrebbero dar luogo a fenomeni putrefattivi. Cambiare la ciotola dell’acqua giornalmente o anche più volte al giorno è quindi una buona abitudine. La temperatura ottimale dovrebbe essere compresa tra i 12 e i 25°C. Attenzione all’acqua troppo fredda, anche in estate, che potrebbe provocare disbiosi con insorgenza di fastidiose diarree, o troppo calda, che non stimolerebbe l’animale a bere a sufficienza.
Articolo della dott.ssa Marta Batti, DMV
- Pubblicato il Marta Batti
Curcuma: la spezia amica dei nostri animali
Che spezia fantastica la curcuma, anche in medicina veterinaria!
In questo articolo parliamo di proprietà e utilizzi della curcuma per gli animali, in particolare per aiutare fegato, intestino, reni e combattere i tumori.
Vediamo inoltre come inserirla nell’alimentazione dei nostri cani e gatti e quando ne è sconsigliato l’utilizzo.
La curcuma
La Curcuma longa è una pianta appartenente alla famiglia delle Zingiberacee, originaria dell’Asia.
Utilizzata come spezia per aromatizzare e colorare i piatti della cucina asiatica, si è ormai ampiamente diffusa nelle cucine tutto il mondo. Non solo per il sapore che dona alle pietanze, ma anche per le sue proprietà “curative”, note sin dall’antichità.
Il nome “Curcuma” deriva dal sanscrito “Kunkuma”. Termine utilizzato per indicare il rituale indiano con cui viene segnato il sesto chakra (noto anche come “terzo occhio”) utilizzando polvere di curcuma trattata con calce, per ottenere un colore rosso intenso.
Detta anche “Turmera” o “Zafferano delle Indie”, la Curcuma è infatti da sempre stata utilizzata per le sue proprietà antisettiche, antinfiammatorie, antiallergiche e antitumorali.
Negli ultimi anni gli studi su questa spezia si sono moltiplicati, confermando quello che la medicina ayurvedica ha sempre sostenuto.
Proprietà e utilizzi della pianta di Curcuma
La pianta di Curcuma è utilizzata anche come pianta ornamentale, per i suoi fiori di color giallo-arancio, molto scenografici.
Ma in campo alimentare e fitoterapico non si utilizzano le parti aeree della pianta, bensì la radice (o rizoma) che possiede il caratteristico color giallo carico e il tipico aroma che ben conosciamo.
La radice di Curcuma contiene molti amidi, sali minerali, proteine e vitamina C. Oltre ad un olio essenziale utilizzato in Aromaterapia per le sue proprietà antisettiche e antimicotiche.
Ma le sostanze più interessanti dal punto di vista fitoterapico, contenute nel rizoma, sono i curcuminoidi, tra cui il più importante è la Curcumina. I curcuminoidi hanno spiccate proprietà antinfiammatorie e antiossidanti. Queste sostanze sembrano infatti capaci non solo di neutralizzare i radicali liberi già prodotti dall’organismo, ma anche di prevenirne l’ulteriore formazione.
Grazie a queste sue proprietà, la Curcuma viene ritenuta utile come coadiuvante in tutta una serie di patologie. Tutte hanno alla base infiammazione e stress ossidativo (artriti, allergie, aterosclerosi, patologie neoplastiche e neurodegenerative, patologie a base autoimmune, diabete, obesità, patologie infiammatorie intestinali, patologie epatiche) la maggior parte delle quali può colpire anche i nostri animali.
Non solo per l’uomo dunque, ma anche per cani e gatti, la Curcuma può essere un ausilio importante. Che può fare la differenza nel trattamento e nella prevenzione di patologie croniche a base infiammatoria.
Vediamo nel dettaglio quali sono queste patologie e come possiamo inserirla nella alimentazione dei nostri animali.
Curcuma e fegato
Numerosi studi hanno evidenziato come la Curcuma abbia un’azione epatoprotettrice e antifibrotica. Prevenendo il danno alle cellule del fegato attraverso i già citati meccanismi antinfiammatori e antiossidanti svolti in particolare dalla Curcumina. Per questo motivo la Curcuma è consigliata come coadiuvante nella prevenzione e nel trattamento di patologie quali la fibrosi, la steatosi epatica e l’epatocarcinoma.
Ha inoltre azione coleretica e colagoga, ovvero stimola la secrezione e il flusso di bile verso l’intestino. Pertanto il suo utilizzo non è consigliato in caso di calcoli biliari, in quanto potrebbe favorire l’incanalamento di uno di questi nel dotto biliare, provocandone ostruzione.
Curcuma e intestino
A livello intestinale, la Curcuma svolge un duplice effetto. Antinfiammatorio, basato sui meccanismi già descritti e antispasmodico, ovvero rilassante nei confronti della muscolatura liscia delle pareti intestinali. E’ quindi indicata come coadiuvante nel trattamento della Malattia infiammatoria cronica intestinale (più nota come “IBD” negli animali) e nella Sindrome del Colon irritabile dell’uomo.
Nelle patologie croniche intestinali a base infiammatoria, in particolare, si verifica un aumento della permeabilità della parete intestinale. Con una serie di conseguenze negative per l’organismo, quali la sensibilizzazione a nutrienti introdotti con la dieta, in particolar modo proteine, e il passaggio in circolo di molecole proinfiammatorie che perpetuano e alimentano lo stato infiammatorio generale, creando un circolo vizioso difficile da contrastare. Alcuni studi evidenziano come la Curcumina abbia la capacità di “correggere” questa permeabilità intestinale, riducendo lo stato infiammatorio generale.
Curcuma e rene
Molto spesso, CKD (malattia renale cronica) e malattia cronica intestinale sono strettamente connesse. I fattori che le legano sono sempre l’infiammazione e lo stress ossidativo.
Anche in corso di CKD la Curcuma, grazie ai suoi effetti antinfiammatori, può essere utilizzata come coadiuvante terapeutico per ridurre lo stato infiammatorio associato e, di conseguenza, la progressione del danno renale.
Curcuma e tumori
La Curcuma è utilizzata da secoli per le sue proprietà antitumorali.
Può essere sicuramente utilizzata sia in prevenzione per alcuni tipi di tumori, come ad es. quello della prostata e della mammella, sia come coadiuvante, in associazione ad altre terapie oncologiche.
Alcuni studi hanno infatti evidenziato come la curcuma sia in grado di potenziare l’azione dei chemioterapici. Inibendo il fenomeno di chemioresistenza, che può essere un ostacolo alla azione di questi farmaci.
Come possiamo inserire la curcuma nell’alimentazione quotidiana degli animali?
La Curcuma può essere inserita quotidianamente nella alimentazione dei nostri animali in due modi: come spezia o come nutraceutico.
Come spezia può essere aggiunta fresca (radice grattugiata) o in polvere, direttamente alla pappa. Le dosi variano in relazione a specie, taglia e patologia, per cui sempre meglio chiedere al proprio veterinario nutrizionista e/o esperto in fitoterapia.
Con la spezia fresca si otterrà prevalentemente l’effetto antiossidante. La curcumina infatti sotto questa forma, difficilmente riuscirà a superare la membrana cellulare e ad entrare all’interno della cellula. Per cui il suo effetto si esplicherà esclusivamente a livello di membrana stessa. Sotto questa forma, otterremo principalmente un’azione di tipo preventivo.
Curcuma e animali. Il ruolo della nutraceutica.
Se invece vogliamo ottenere un effetto più “profondo”, di tipo antinfiammatorio, occorre far penetrare il principio attivo all’interno della cellula. Quindi la Curcuma va somministrata preferibilmente come nutraceutico. A questo scopo esistono vari prodotti commerciali, di solito in compresse o capsule, che si possono aggiungere alla pappa giornaliera di cani e gatti. Non tutti questi prodotti però si equivalgono. Per questo, soprattutto se la Curcuma viene prescritta come nutraceutico nell’ambito di un piano nutrizionale elaborato per un animale con patologie, è bene che il Medico Veterinario prescrittore abbia esperienza in fitoterapia. In modo da poter indicare al proprietario un prodotto titolato e il giusto dosaggio per quel singolo soggetto.
Per aumentare l’assorbimento della Curcumina esistono degli escamotage. Tra cui quello di somministrare la Curcuma assieme ad una sostanza grassa (olio di cocco, burro, yogurt, formaggio) che funge da “veicolo” per la Curcumina. Aumentandone così assorbimento e biodisponibilità. Un altro metodo utilizzato in umana, ma che sconsiglio di ricalcare nei nostri animali (soprattutto se soffrono di patologie infiammatorie intestinali) è quello di unire alla curcuma del pepe nero in polvere. Il pepe, avendo un’azione irritante, aumenta il flusso di sangue locale e quindi l’assorbimento del principio attivo.
Esistono infine dei nutraceutici di ultima generazione. In cui la curcumina è incapsulata in piccole vescicole lipidiche (dette liposomi) che le permettono di penetrare meglio attraverso le membrane cellulari, arrivando all’interno della cellula. Questo tipo di formulazione permette di esaltare l’effetto antinfiammatorio della Curcuma e può essere associata ai protocolli terapeutici di numerose patologie croniche degli animali.
Quando è sconsigliato l’utilizzo della curcuma per gli animali?
È importante ricordare sempre che i fitoterapici sono sostanze farmacologicamente attive e come tali, seppur naturali, potrebbero avere effetti indesiderati. Pertanto, sebbene la maggior parte di questi siano disponibili come prodotti da banco, per i quali non è richiesta ricetta medica, sarebbe sempre opportuno che fossero prescritti da un medico veterinario esperto in fitoterapia.
Per quanto riguarda la Curcuma, in particolare, abbiamo già detto che il suo utilizzo è sconsigliato in caso di calcoli biliari, a causa della sua azione colagoga e coleretica.
La Curcuma potrebbe inoltre interferire con il metabolismo di alcuni farmaci, potenziandone o inibendone l’effetto. Pertanto, se il cane o il gatto sta assumendo dei farmaci, evitatene l’utilizzo senza prescrizione medica.
Infine è sconsigliato il suo utilizzo in gravidanza, non tanto perché siano stati evidenziati effetti collaterali sulle gestanti o sui feti, ma per carenza di studi a questo riguardo.
Articolo della dott.ssa Marta Batti, DMV
- Pubblicato il Marta Batti
L’importanza dell’alimentazione per la cagna in gravidanza
La gravidanza rappresenta un momento fisiologico estremamente delicato per i nostri animali. In questa fase l’alimentazione riveste un ruolo centrale sia per la madre che per i cuccioli. Svolge sia un’azione preventiva su alcune patologie sia di supporto per le funzioni fisiologiche e per il sistema immunitario di entrambi. In questo articolo vedremo come cambiano i fabbisogni delle gestanti, quali alimenti sono più indicati in gravidanza e quali integrazioni funzionali possiamo fornire alle future mamme.
La gravidanza nei nostri animali può essere un evento programmato o del tutto inaspettato. Infatti, se è vero che la sterilizzazione negli animali domestici è molto diffusa e spesso effettuata in età prepubere, la scelta di non sterilizzare il proprio animale o di farlo in età adulta, almeno dopo il secondo calore (come indicano le attuali linee guida sulla sterilizzazione) è sempre più frequente. Questo può portare a gravidanze non programmate. Nel caso delle cosiddette fattrici, invece, gli allevatori pianificano le future gravidanze con particolare attenzione. Soprattutto in quest’ultimo caso, possiamo intervenire con l’alimentazione anche prima dell’accoppiamento, per migliorare la fertilità delle fattrici e la futura gravidanza.
Cos’è importante conoscere sull’alimentazione per la cagna in gravidanza?
Se la gravidanza è programmata. L’importanza dell’alimentazione per la cagna in gravidanza.
Un fattore fondamentale da considerare quando si programma una gravidanza è che la cagna arrivi al momento dell’accoppiamento in peso forma.
Questo è un requisito molto importante. Un peso forma non ideale potrebbe portare a serie problematiche. Quali ridotta ovulazione, ridotto numero di cuccioli e scarso peso alla nascita e aumento della incidenza di distocie (problemi durante il parto).
Già da questa fase possiamo aiutare la futura gestante con delle integrazioni funzionali ad hoc, quali acidi grassi Omega tre (EPA e DHA) e acido Folico.
Come variano i fabbisogni in gravidanza
Durante le prime 4-5 settimane, il fabbisogno energetico della cagna non subisce sostanziali variazioni.
Dalla quinta settimana di gestazione in poi, occorre invece prevedere un incremento della razione giornaliera, che va dal 25% al 50% rispetto a quello di mantenimento, in dipendenza dal numero di cuccioli.
Durante la gravidanza una quota consistente dell’energia dovrebbe provenire dai carboidrati, in quanto i feti utilizzano esclusivamente il glucosio per il loro metabolismo energetico. Nel caso non si vogliano o non si possano inserire i carboidrati in gravidanza, è certamente possibile impostare una dieta “no carbo”, sopperendo ai fabbisogni tramite grassi e proteine, ma è fondamentale che tale dieta sia formulata da un Medico Veterinario molto esperto in nutrizione e non improvvisata.
Anche l’apporto proteico, in gravidanza, deve essere adeguato. Soprattutto è importante che le proteine fornite siano di elevato valore biologico (proteine animali da carne, pesce e derivati). Per evitare fenomeni di costipazione, frequenti nelle ultime fasi di gravidanza, potrebbero venirci in aiuto alcuni alimenti che spesso si utilizzano nelle formulazioni casalinghe per cagne gestanti. Come il latte vaccino e gli organi, come milza e fegato. A tal proposito potrebbe risultare vantaggiosa la somministrazione di polvere di cuticole di psillio, partendo da mezzo cucchiaino raso al giorno e aumentando la dose a seconda della taglia dell’animale e dell’effetto ottenuto.
In caso di animali intolleranti agli alimenti sopra citati o in soggetti che seguono un’alimentazione commerciale, è sempre consigliabile seguire i consigli del proprio medico veterinario nutrizionista.
Il parto della cagna e l’alimentazione nei giorni peri-partum
Negli ultimi due tre giorni di gravidanza la cagna potrebbe manifestare inappetenza. Si tratta di una evenienza fisiologica che serve, tra le altre cose, per avere l’intestino libero al momento del parto. In questo caso la futura madre non va forzata a mangiare.
Durante il parto è importante lasciare acqua fresca sempre disponibile.
Subito dopo il parto si può somministrare alla cagna una zuppa ricostituente a base di alimenti iperdigeribili e nutrienti. Anche in questo caso, se la cagna manifesta inappetenza nelle primissime ore dopo il parto, è bene non forzarla a mangiare.
Quali sono i pericoli di una dieta non bilanciata in gravidanza
Una malnutrizione delle femmine in gravidanza si può tradurre facilmente in conseguenze anche gravi, non solo per la madre, ma anche per i cuccioli.
In particolare, carenze proteiche e di carboidrati, possono portare ad un aumento della mortalità neonatale e/o alla nascita di cuccioli sottopeso, nonché a problemi immunitari nei cuccioli stessi.
Anche carenze o eccessi di Vitamine, in particolare Vitamina D e Vitamina A, possono portare a cucciolate meno numerose e/o malformazioni congenite nei cuccioli.
Un’altra carenza che si verifica molto frequentemente è quella di Zinco, che è un elemento fondamentale per numerose funzioni dell’organismo e del sistema immunitario. La sua carenza in gravidanza può portare a cucciolate ridotte e, nei casi più gravi, a riassorbimento fetale. E’ pertanto consigliabile una integrazione di Zinco durante la gestazione.
Integrazioni funzionali nell’alimentazione per la cagna in gravidanza
Come abbiamo già in parte accennato, alcune integrazioni funzionali, come Acido Folico e acidi grassi Omega 3 (EPA e DHA) dovrebbero essere iniziate ancor prima dell’accoppiamento e prolungate durante tutta la gravidanza. L’acido folico è particolarmente importante nelle razze brachicefale per prevenire la palatoschisi
E il Calcio va integrato?
Partiamo dal presupposto che, se la dieta è correttamente bilanciata, aggiungere un supplemento di calcio sotto forma di compresse, fiale o polveri, potrebbe addirittura risultare dannosa. Provocando un’inibizione del PTH (paratormone) con conseguente ipocalcemia post partum (c.d. eclampsia puerperale).
In linea di massima, se la gestante è nutrita con un alimento commerciale completo, questo conterrà già calcio e vitamine in quantità sufficienti a coprire i fabbisogni.
In caso di dieta casalinga, sarà il medico veterinario nutrizionista ad indicarvi gli integratori più corretti da utilizzare e le quantità esatta da somministrare.
La dieta BARF, invece, è una dieta che, di base, non prevede l’uso di integratori, perché il calcio e le vitamine sono fornite attraverso gli alimenti stessi (ossa polpose e organi). Tuttavia, soprattutto durante una fase così delicata come la gravidanza, il consiglio è quello di non improvvisare. Farsi seguire da un medico veterinario nutrizionista esperto in questo tipo di alimentazione permette di evitare problemi.
Infine, l’utilizzo di probiotici può risultare utile in quanto la gravidanza, il parto e l’allattamento rappresentano un momento di forte stress per l’organismo e lo stress è sempre nemico del microbiota intestinale della madre, che sarà poi trasferito ai cuccioli al momento il parto.
Articolo della dott.ssa Marta Batti, DMV
- Pubblicato il Marta Batti