Sindrome di Fanconi acquisita associata a snack di carne essiccata nel cane
La sindrome di Fanconi è una patologia renale che può essere congenita o acquista. Negli ultimi 15 anni sono drasticamente aumentate le segnalazioni della forma acquisita che sembrerebbe correlata tra le altre cause all’ingestione abituale di alcuni snack essiccati nei cani. In questo articolo vedremo come riconoscerla e come agire.
Cos’è la Sindrome di Fanconi e come si manifesta
La sindrome di Fanconi è una patologia renale caratterizzata dalla perdita renale attraverso le urine di micronutrienti e minerali/elettroliti, soprattutto glucosio.
Questa può essere congenita in alcune razze come Basenji, Elkhound norvegese, levrieri irlandesi. Ci sono stati singoli casi descritti in un Whippet e in uno Yorkshire Terrier.
La sindrome di Fanconi acquisita invece è solitamente dovuta malattia da accumulo di rame, intossicazione da piombo e glicole etilenico, ipoparatiroidismo, leptospirosi, pancreatite acuta.
La sindrome di Fanconi acquisita nel cane è diventata molto più frequente negli ultimi 15 anni. Si ritiene che questo aumento sia correlato all’eccessiva ingestione di snack essiccati, il più delle volte a base di pollo e di origine cinese. Purtroppo la causa alla base della sindrome di Fanconi indotta da essiccati rimane ancora sconosciuta.
I sintomi che il cane può manifestare sono: letargia, diminuzione dell’appetito, vomito, aumento della sete e/o della minzione, perdita di peso ma la maggior parte delle volte è assolutamente asintomatica quindi il cane non mostra alcun sintomo.
Come diagnosticare la sindrome di Fanconi
La Sindrome di Fanconi acquisita potrebbe emergere durante degli esami di controllo di routine oppure durante esami svolti per i sintomi sopra elencati.
In questo caso sarà presente glucosio nelle urine con una glicemia ematica normale o bassa. In assenza di altre alterazioni ematologiche o sintomi allarmanti che possano far pensare alle altre cause sopra citate e sempre previa lettura degli esami da parte del Medico Veterinario andrebbe quindi verificato quale tipo di snack mangia il cane e di quale qualità.
Come curarla
La maggior parte dei cani con sindrome di Fanconi secondaria agli essiccati presenta alterazione dei tubuli renali senza che la funzionalità renale vera e propria sia compromessa. Una volta escluse le altre patologie è quindi sufficiente sospendere i sospetti snack “incriminati” per un periodo di 6 mesi e ripetere l’esame urine a 3 e 6 mesi.
Come prevenirla
Purtroppo non è ancora chiaro quale sostanza nello specifico causi questa sindrome. Il consiglio è quindi di scegliere essiccati controllando nella lista ingredienti che siano 100% carne e di preferire produttori che utilizzino carne di origine italiana.
Esami del sangue e delle urine annuali anche in cani sani sono inoltre fondamentali per fare una corretta prevenzione di questa e di molte altre patologie.
Articolo della dott.ssa Denise Pinotti, DVM
- Pubblicato il Denise Pinotti
Dieta monoproteica si o no?
Nell’alimentazione del cane e del gatto spesso si sceglie di utilizzare crocchette e umidi monoproteici, a fronte anche dell’ampia scelta di questi alimenti che ad oggi si trova nei negozi per animali. In realtà questi alimenti andrebbero utilizzati con uno scopo ben preciso, approfondiamo in questo articolo.
Un monoproteico è per definizione un alimento che contiene una sola fonte di proteina animale. L’aggettivo “animale” è d’obbligo, perché la percentuale di proteina grezza, espressa nei tenori analitici delle tabelle degli alimenti, comprende sia le proteine di origine animale che quelle vegetali, contenute ad esempio in legumi, cereali, ecc. Il consiglio, se si sceglie di utilizzare un monoproteico a scopo diagnostico come poi vedremo, è di accertarsi che anche la fonte di grassi animali sia la stessa della proteina. Quindi, ad esempio, un monoproteico al maiale dovrà contenere solo maiale come fonte di proteina animale e l’ideale sarebbe che fosse indicato anche “grasso suino”. Quello che invece accade in alcuni casi nei monoproteici è di ritrovare “grasso di pollo” in etichetta che potrebbe contenere anche piccole quote di proteine di pollo, potenzialmente in grado di scatenare una reazione avversa in cani con questa allergia/intolleranza.
Come utilizzare una dieta monoproteica per diagnosticare una reazione avversa a cibo (RAC)
In caso di reazioni avverse al cibo (effettive o sospette) il cibo monoproteico può essere utilizzato per capire effettivamente quali siano gli alimenti che scatenano queste reazioni, che si possono manifestare con sintomi quali vomito, diarrea o prurito. In questi casi si procede con quella che viene definita “dieta privativa o ad esclusione”. Si sceglie quindi un monoproteico a base di una proteina mai mangiata prima d’ora dal cane o dal gatto e la si usa in modo appunto esclusivo per un periodo limitato (di solito 8-12 settimane a seconda del parere veterinario). Se ad esempio il prurito del cane migliora dopo introduzione di un alimento monoproteico, parleremo di forma responsiva all’alimento. La prova definitiva la abbiamo se reintroducendo altri alimenti, il nostro cane dovesse tornare ad avere la sintomatologia presentata in precedenza (dieta di provocazione).
Come procedere dopo la dieta privativa
Diagnosticate le effettive RAC sarà possibile procedere con dieta varia evitando gli alimenti che hanno effettivamente causato reazione avversa. Sconsiglio infatti di proseguire con dieta monoproteica per lunghi periodi per svariati motivi.
In medicina umana è ormai appurato che la dieta più sana è quella fresca e variata.
La variabilità è fondamentale innanzitutto per motivi etologici: perché far mangiare al cane o al gatto lo stesso alimento per tutti i giorni della sua vita se non necessario?
Inoltre variare permette di evitare accumuli di sostanze tossiche eventualmente presenti negli alimenti. Mangiare tutti i giorni un monoproteico al pesce ad esempio potrebbe predisporre ad accumulo di metalli pesanti. Anche la carne presenta le sue sostanze tossiche di accumulo purtroppo inevitabili quindi variare permette di evitare di accumulare quantità eccessive della stessa sostanza.
Mangiare variato stimola anche la variabilità a livello di microbiota intestinale mentre mangiare tutti i giorni lo stesso cibo causa ad un impoverimento della microflora, con conseguenti patologie cronico degenerative.
Come utilizzare i monoproteici nella dieta varia
Nell’ottica di una dieta varia gli alimenti monoproteici si possono utilizzare per far provare al cane o gatto gusti diversi. Come visto prima questo aiuterà il suo microbiota e la salute in generale. Attenzione solo ad un aspetto!
Le RAC possono manifestarsi a qualsiasi età quindi è importante tenere delle proteine “jolly” mai utilizzate nel caso un giorno si dovesse fare una dieta privativa. Quindi è importante evitare almeno qualche fonte proteica da tenere per ogni evenienza. E mi raccomando: se si decide per questo motivo di non dare ad esempio al cane crocchette o umidi a base di cervo e cavallo anche quando sceglierete i suoi snack dovrete verificare che queste proteine non siano contenute nemmeno lì altrimenti una futura prova ad esclusione potrebbe non essere attendibile.
Articolo della Dr.ssa Denise Pinotti, DVM
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Pesce, krill o semi di lino. Come scegliere l’integrazione di Omega 3 per cane e gatto
Gli Omega-3 sono fondamentali per la salute del cane e del gatto.
In umana come integrazione di Omega 3 si utilizzano principalmente olio di pesce, krill o olio di semi di lino. Ma queste fonti sono ugualmente efficaci nel cane e nel gatto? Approfondiamo in questo articolo.
Cosa sono gli Omega 3
Gli Omega 3 sono dei grassi “essenziali”, quindi noi e i nostri animali domestici non siamo in grado di sintetizzarli da soli a partire da altri alimenti. Devono quindi essere introdotti con la dieta, in una quantità che dipenderà dal peso e dall’età. Soggetti in crescita e soggetti anziani, ad esempio, hanno un fabbisogno di omega 3 superiori agli adulti.
Vengono chiamati Omega 3 per la formula chimica che li contraddistingue. Gli acidi grassi essenziali Omega-3 compongono la membrana cellulare e la rendendono più flessibile e permeabile, permettendo quindi scambi migliori fra interno e esterno della cellula stessa. Hanno un’importantissima funzione antinfiammatoria su tutto l’organismo.
Per citare alcune delle loro funzioni: riducono la pressione sanguigna a livello renale contrastando l’insorgenza dell’insufficienza renale. Diminuiscono l’infiammazione in corso di artrosi a livello articolare, riducono l’infiammazione a livello intestinale contrastando i sintomi di enterite cronica, mantengono sano il sistema nervoso.
Olio di semi di lino
In umana per integrare gli omega 3 nelle diete vegetariane e vegane può essere utilizzato l’olio di semi di lino.
Cani e gatti però non sono in grado di trasformare gli Omega-3 di origine vegetale come l’ALA (acido alfa linolenico) nelle forme attive antinfiammatorie EPA e DHA. Gli olii vegetali quindi sono un importante fonte di Omega 6 ma non possono essere utilizzati per integrare gli Omega 3.
Olio di fegato di merluzzo
L’olio di fegato di merluzzo è ricco, oltre che di EPA e DHA, anche di vitamina A e D, a differenza dell’olio di pesce che, essendo ottenuto dal muscolo, non ha alte dosi di vitamine liposolubili. Il rischio utilizzando olio di fegato di merluzzo è quindi quello di causare un ipervitaminosi. In conclusione meglio non utilizzarlo e optare per EPA e DHA estratti dal muscolo del pesce.
Olio di pesce
EPA e DHA proveniente dal muscolo del pesce possono trovarsi o sottoforma di olio di salmone o di perle, consiglio queste ultime.
L’olio di salmone infatti è meno concentrato in EPA e DHA rispetto alle perle, contiene spesso più conservanti nonché tutti i contaminanti ormai purtroppo tipicamente riscontrabili nei pesci grassi. Inoltre dato il costo raggiunto dal salmone selvaggio proviene per la maggior parte da salmoni di allevamento.
Meglio optare quindi per le perle ma anche in questo caso con qualche accortezza nella scelta. E’ importante verificare che abbiano alte percentuali di EPA e DHA. Gli acidi grassi provenienti dal pesce non sono grassi “facili” da digerire quindi più le perle saranno concentrate meno quantità dovrò darne migliorandone la digeribilità. Indicativamente è meglio scegliere perle cha abbiano una percentuale di EPA e DHA di almeno 65-75% rispetto agli altri componenti della perla.
E’ importante verificare anche le certificazioni di assenza/controllo dei contaminanti per diminuire l’accumulo di metalli pesanti. Se indicato fate riferimento alla dichiarazione IFOS che assegna un punteggio da 1 a 5 a questo dato.
Per evitare l’ossidazione degli omega 3 possono essere utilizzati diversi conservanti. Il “migliore” è indubbiamente la vitamina E che è sufficiente solo se le perle sono conservate in un contenitore oscurato. No quindi a contenitori trasparenti, che richiedono altri conservanti chimici per evitare l’ossidazione degli omega 3.
Olio di Krill e Omega 3
Un’ altra valida fonte di EPA e DHA è l’olio di krill, da prediligere sempre in perle. Tendenzialmente è più costoso ma è ottimo nei soggetti con problematiche di reflusso o che non gradiscono il sapore dell’olio di pesce.
Articolo della dott.ssa Denise Pinotti, DMV
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Cereali soffiati per il cane. Si può?
Spesso chi prepara la dieta casalinga al proprio cane aggiunge cereali soffiati alla ciotola, in particolare il riso soffiato. E’ indubbiamente un ingrediente molto comodo in quanto “pronto all’uso” ma è effettivamente salutare? Approfondiamo in questo articolo dove valuteremo i pro e contro dei cereali soffiati, come sceglierli e utilizzarli.
I cereali soffiati sono cereali in chicco sottoposti prima a un processo di cottura ad alta temperatura (300-400°) e in seguito alla soffiatura che consiste nell’introduzione di vapore acqueo preriscaldato a circa 250° seguita da un rapido abbassamento di pressione. In questo modo il cereale si idrata e aumenta di volume, acquisendo la tipica consistenza del “soffiato”.
Nei supermercati è possibile ormai trovare tantissimi tipi di cereali soffiati diversi: riso, farro, avena, miglio, quinoa, orzo, amaranto.
Il più utilizzato nell’alimentazione del cane è sicuramente il riso soffiato.
Cereali soffiati: Pro e Contro
I cereali soffiati in quanto fonte di carboidrati non sono essenziali nella dieta del cane.
Nei cani che tollerano i cereali è possibile inserirli nella dieta, le grammature ovviamente varieranno da soggetto a soggetto.
Il riso soffiato, in particolare, è un alimento facilmente digeribile e senza glutine.
Contiene in media 350 kcal/100 gr. Queste calorie possono essere utili per coprire il fabbisogno calorico giornaliero ma se il riso soffiato è dato in eccesso o come extra può causare sovrappeso e obesità. Inoltre presenta un indice glicemico piuttosto elevato.
Per evitare picchi glicemici post prandiali è importante quindi che sia inserito in una dieta bilanciata, con corrette quantità di proteine, grassi e fibre che lo bilancino.
Quale scegliere?
Le varietà di riso soffiato “per cani” reperibili in molti negozi per animali contengono spesso coloranti ed eccipienti.
Il consiglio è quindi quello di acquistare i cereali soffiati ad uso umano (quelli per la colazione per intenderci), prestando attenzione che siano senza zuccheri aggiunti.
Un’altra opzione potrebbe essere quella di dare il cereale soffiato in forma di galletta che non è altro che cereale soffiato “compatto”.
Come dare i cereali soffiati
I cereali soffiati e le gallette sono “pronti all’uso”, non è necessario ammollarli in acqua.
Possono essere dati contestualmente al pasto, o nel caso soprattutto delle gallette possono essere utilizzati come comodi snack.
Quando utilizzare i cereali soffiati
Se nella dieta del vostro cane è inserito un cereale questo può in linea generale essere sostituito dall’equivalente soffiato o in gallette sporadicamente, salvo diversa indicazione specifica da parte del Veterinario Nutrizionista.
Nell’ottica di una dieta varia e per quanto segnalato riguardo l’indice glicemico consiglio sempre di alternarlo con l’equivalente in chicco da cucinare.
Li propongo ad esempio per i periodi di vacanza, dove sarà molto più comodo portare con sé il cereale soffiato, che non richiede cottura.
Se invece li si vuole utilizzare come snack le gallette sono ottime, soprattutto in molti cani che soffrono di reflusso gastroesofageo.
Attenzione però, contrariamente a quanto si potrebbe pensare neanche loro sono ipocaloriche!
Una galletta in media pesa 8-10 gr quindi indicativamente mezza al giorno è più che sufficiente come snack per un cane di piccola taglia, 1 per un cane di media taglia, 2 per un cane di grossa taglia. Ovviamente queste dosi sono indicative e potrebbero non applicarsi a tutti.
Articolo della dott.ssa Denise Pinotti, DMV
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Dieta del cucciolo. Ecco gli errori da non commettere.
Perché la dieta del cucciolo è così importante? Il momento della crescita è una fase fondamentale che condizionerà tutta la vita futura. Per questo motivo è anche la fase più delicata dal punto di vista nutrizionale.
Le esigenze nutrizionali di un cucciolo e di un soggetto adulto sono diverse soprattutto per quanto riguarda i fabbisogni calorico, proteico e il rapporto Calcio/Fosforo.
E’ quindi fondamentale scegliere l’alimentazione corretta e fare attenzione a non commettere alcuni errori.
Dieta del cucciolo e fabbisogno calorico
Una dieta ipocalorica in un cucciolo può portare a una riduzione dell’accrescimento, crisi ipoglicemiche, alterazioni del pelo e non solo.
Un eccesso di calorie, d’altro canto, può causare una maggior incidenza di patologie ortopediche.
Una sottostante condizione di displasia di anca o di gomito, ad esempio, può peggiorare se il cucciolo è in sovrappeso durante la crescita.
Questo può accadere con più facilità nei cuccioli alimentati ad libitum. Cioè con il cibo sempre a disposizione durante la giornata.
Proteine
Il fabbisogno di proteine di cuccioli e gattini in crescita è maggiore rispetto all’adulto.
Oltre alle proteine che servono per mantenere l’organismo i cuccioli hanno bisogno di una quota aggiuntiva di proteine per la costruzione di nuovi tessuti.
E’ importante tenere in considerazione questa quota “extra” per la crescita.
Vitamina D e rapporto Calcio/Fosforo
Sia la carenza che l’eccesso di vitamina D, oppure un alterato rapporto Calcio/Fosforo interferiscono nella mineralizzazione delle ossa. Possono quindi causare gravi patologie dell’accrescimento (ad esempio rachitismo o fratture patologiche).
Altre carenze
Rispetto all’adulto il cucciolo in generale è più sensibile alla carenza di alcune vitamine e minerali.
Tra le principali rame, zinco, iodio , manganese, vitamina A.
Come evitare errori nell’alimentazione del cucciolo
Per evitare il sovrappeso o il sottopeso e favorire al tempo stesso una corretta digestione sono consigliabili almeno tre pasti al giorno nel cucciolo. E almeno 5 pasti al giorno nel gattino, pesando scrupolosamente gli ingredienti della dieta, sia che si tratti di dieta fresca che commerciale.
Sarà compito del veterinario dare indicazioni sulle quantità indicate per il vostro cucciolo in base ad una serie di fattori come razza, mesi di età, attività, peso previsto da adulto, ecc.
Proprio perché, come abbiamo visto, sia l’eccesso che la carenza di alcuni nutrienti possono avere effetti anche gravi su cucciolo e gattino la maggior parte degli alimenti “puppy” e “kitten” sono formulati tenendo conto di queste esigenze.
MAI integrare quindi calcio o vitamina D in un cucciolo che sta mangiando una dieta commerciale, se non prescritto da un Medico Veterinario.
E nel caso di dieta fresca?
Mai affidarsi al “fai da te”!
Sia le diete casalinghe che BARF per cuccioli correttamente formulate da un medico veterinario esperto in nutrizione prevederanno delle integrazioni o una particolare combinazione di ingredienti adatta a soddisfare i fabbisogni del cucciolo.
Fondamentale è quindi segnalare per tempo a chi vi ha prescritto la dieta se il cucciolo dovesse scartare qualche ingrediente o integratore, in modo da valutare tempestivamente alternative che non compromettano il suo sviluppo.
Articolo della dott.ssa Denise Pinotti, DMV
- Pubblicato il Denise Pinotti
Igiene orale del cane. Cosa è utile sapere?
La salute del nostro cane è strettamente correlata alla salute della sua bocca.
Una corretta igiene orale del cane è fondamentale per prevenire infezioni non solo della bocca, ma di tutto l’organismo. Vediamo insieme come eseguire la pulizia dei denti e quale è il ruolo della nutrizione nel mantenere l’igiene orale.
La placca è un deposito dentale composto da batteri, saliva e materiale alimentare che si forma subito dopo il pasto, è possibile rimuoverla con lo spazzolino in quanto non ancora adesa al dente.
Il tartaro invece si forma a seguito della mineralizzazione della placca dovuta al deposito di calcio.
E’ un materiale molto duro, non facilmente removibile dal dente. Per rimuoverlo è necessaria la detartrasi che consiste nell’ablazione del tartaro, eseguibile in strutture veterinarie con il cane in anestesia.
Per ritardare il momento della prima detartrasi e per allungare i tempi tra una detartrasi e la successiva il mezzo più efficace è la spazzolatura quotidiana dei denti per rimuovere la placca, prevenendo così la formazione di tartaro.
Igiene orale del cane. Come pulire i denti?
La pulizia quotidiana può essere eseguita con uno spazzolino a setole morbide o inizialmente anche con una garza. Oppure sono disponibili in commercio spazzolini “a ditale” che permettono un maggior comfort di spazzolatura essendo sprovvisti dell’asta rigida.
In commercio si trovano anche dentifrici per cani che possono essere utilizzati. Da evitare invece i dentifrici ad uso umano che contengono alcuni ingredienti potenzialmente dannosi per il cane, in primis lo xilitolo.
Come abituare il cane alla spazzolatura dei denti
E’ importante abituare il cane fin da cucciolo a questa pratica.
Si può iniziare con una garza o anche semplicemente muovendo il proprio dito sulle gengive e sui denti per abituarlo alla manualità. Al termine della spazzolatura è consigliabile inizialmente dare un piccolo premio in cibo in modo da creare un’associazione positiva e piacevole.
Una volta abituato alla spazzolatura sarebbe buona norma eseguirla tutti i giorni o almeno 3 volte a settimana.
Come aiutare l’igiene orale del cane con l’alimentazione
Esistono dei fattori predisponenti alla formazione di placca e tartaro ma la tipologia di cibo non sembrerebbe essere tra questi.
Se infatti esistono razze e soggetti geneticamente più predisposti allo sviluppo del tartaro l’utilizzo di cibi secchi o umidi non sembrerebbe contribuire in maniera significativa.
Per anni si è pensato che dare crocchette al cane aiutasse a prevenire la formazione di placca e tartaro ma in realtà i nostri cani, in quanto carnivori, masticano pochissimo le crocchette e spesso le ingoiano addirittura intere. La loro dentatura, infatti, è pensata per afferrare e suddividere in parti grossolane il cibo, non per triturarlo come gli erbivori.
Quindi un’alimentazione fresca o umida non sembrerebbe causare un aumento nella formazione di tartaro rispetto alle crocchette.
La prevenzione più efficace, come già detto, è la spazzolatura che deve essere sempre la priorità ma possiamo utilizzare in associazione anche qualche altro aiuto. Innanzitutto, i masticativi: carne essiccata, kong e corno di cervo possono essere un valido ausilio.
Inoltre, possiamo utilizzare l’olio di cocco che, se applicato regolarmente sui denti, ritarda la formazione del tartaro.
Articolo della dott.ssa Denise Pinotti, DMV
- Pubblicato il Denise Pinotti
Psillio. Che cos’è, quali proprietà ha e come utilizzarlo.
Di frequente potreste trovare indicato nelle diete per cani e gatti lo psillio. In associazione o meno alle verdure, lo psillio viene utilizzato come fonte di fibra quindi non è un nutriente essenziale per i nostri carnivori domestici ma è importante per la loro salute intestinale. In questo articolo andiamo ad approfondire la conoscenza di questa fonte di fibra così ampiamente utilizzata.
Lo psillio è costituito dai semi o dalla cuticola della pianta erbacea Plantago psyllium (= Plantago arenaria, Plantago indica).
Si può trovare facilmente online o in erboristeria ed è reperibile in diverse forme: semi interi, semi macinati o cuticole. Ad essere consigliate per l’alimentazione dei nostri cani e gatti sono le cuticole macinate, prestando attenzione che non contengano additivi.
Proprietà dello psillio
Innanzitutto lo psillio è un’ottima fonte di fibra, praticamente insapore e quindi ideale in quei cani (ma soprattutto nei gatti) che non gradiscono le verdure o che le tollerano solo in piccola quantità.
Contiene mucillagini che gli permettono di assorbire l’acqua e trattenerla, in questo modo è in grado di normalizzare il volume e la consistenza delle feci.
Si utilizza quindi in caso di stitichezza perché richiama i liquidi nel lume dell’intestino, assorbendo acqua e aumentando il contenuto intestinale, stimolando di conseguenza la peristalsi e la defecazione.
In caso di diarrea invece proprio questa capacità di assorbimento permette allo psillio di assorbire l’eccesso di liquidi nell’intestino, contrastando cosi la diarrea stessa.
Le cuticole di psillio sono anche indicate in corso di dieta BARF per controbilanciare l’effetto delle ossa sulla consistenza delle feci.
Lo psillio è, inoltre, un ottimo prebiotico, cioè una sostanza che nutre i batteri intestinali “buoni” che a loro volta produrranno sostanze benefiche per l’organismo (acidi grassi a corta catena), a discapito delle specie batteriche patogene.
Come utilizzarlo?
Nonostante tutte queste proprietà non dobbiamo dimenticare che un eccesso di fibra può costituire un fattore antinutrizionale per il cane e il gatto.
Quindi quanto psillio può essere dato?
Si tratta spesso di pochissimi grammi al giorno, che andranno modulati in base alla consistenza delle feci e alle indicazioni del Medico Veterinario.
Per somministrarlo può essere banalmente aggiunto al cibo appena prima di darlo, quindi evitando di sottoporlo a cottura, refrigerazione o congelamento.
Per far sì che le feci siano sempre della stessa consistenza il consiglio è di suddividere la dose giornaliera nei diversi pasti.
Se non si eccede nella quantità non ha nessun effetto collaterale, potreste notare solo delle feci con cosiddetto aspetto “a catenella”.
In questo caso non preoccupatevi, basterà rivedere la quantità con il vostro Veterinario per tornare alla normalità.
Articolo della dott.ssa Denise Pinotti, DMV
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La vitamina D nelle enteropatie del cane
Come in medicina umana l’integrazione di vitamina D può diventare molto importante anche per il cane, vediamo insieme in quali casi.
La vitamina D è una vitamina considerata un nutriente dietetico essenziale per il cane e il gatto.
A differenza dell’uomo e di altri mammiferi, infatti, cani e gatti non sono in grado di sintetizzare la vitamina D con l’esposizione ai raggi solari ma devono necessariamente introdurla con l’alimentazione.
Rientra nel gruppo delle vitamine liposolubili pertanto può accumularsi nell’organismo.
Per questo motivo è possibile riscontrare carenza di vitamina D ma anche ipervitaminosi in caso di integrazione eccessiva. Con gravi conseguenze per l’organismo: un’intossicazione da vitamina D può causare grave insufficienza renale.
Fonti di vitamina D
L’alimento maggiormente ricco di vitamina D è indubbiamente il pesce marino. Ma possiamo trovare una buona concentrazione di questa vitamina anche in pesce d’acqua dolce, tuorlo d’uovo, carne di manzo e latticini.
Le crocchette, gli alimenti umidi completi e molti integratori mineral-vitaminici vengono integrati con colecalciferolo (vitamina D3) o ergocalciferolo (vitamina D2).
Ruoli della vitamina D
Il ruolo della vitamina D è stato per anni limitato a quello di regolazione dell’equilibrio calcio/fosforo e quindi principalmente al tessuto osseo.
Diete carenti di vitamina D o con eccessiva integrazione possono essere molto deleterie soprattutto nei cuccioli dove possono causare malattie della crescita come il rachitismo.
Parallelamente a ciò che sta accadendo in medicina umana anche in veterinaria, però, sono stati scoperti altri ruoli di questa vitamina che emerge come molto importante nella terapia e nella prevenzione di alcune patologie immunitarie, renali, cardiovascolari e dermatologiche.
La vitamina D nelle enteropatie del cane
Ad oggi le patologie croniche intestinali (enteropatie) sono sempre più diffuse, non solo nell’uomo ma anche nei nostri cani. Studi recenti hanno dimostrato come in corso di alcune enteropatie del cane si verifichi un abbassamento dei livelli di vitamina D. Come abbiamo visto, il cane deve assumere necessariamente la vitamina D con l’alimentazione ma un intestino infiammato avrà difficoltà ad assorbire i micronutrienti introdotti con la dieta e tra questi anche le vitamine. Si crea così una situazione di carenza che peggiora i sintomi della malattia.
I cani più predisposti a questa carenza sono quelli di razze nordiche (proprio quelle razze storicamente alimentate con una buona quantità di pesce) come Siberian Husky o l’Alaskan Malamute ma anche Akita Inu, Rottweiler, Pastore Tedesco. Queste razze possono avere bassi livelli di vitamina D anche in assenza di patologia.
Come intervenire
Quando c’è una carenza di vitamina D purtroppo la dieta da sola non è sufficiente a riportare l’equilibrio ma occorreranno integratori specifici.
Dato che, come abbiamo visto, anche un eccesso di vitamina D può essere pericoloso è fondamentale innanzitutto essere sicuri che il nostro cane abbia effettivamente questa carenza ricorrendo a esami del sangue specifici.
Quindi nei cani di razze predisposte e in quelli affetti da enteropatia cronica è consigliabili testare i livelli di vitamina D nel sangue.
In caso di carenza accertata sarà il Medico Veterinario a consigliare come integrarla al meglio per evitare rischi di ipervitaminosi e al tempo stesso ripristinare un livello ottimale di vitamina D.
Articolo della dott.ssa Denise Pinotti, DMV
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I cani possono mangiare le lenticchie?
Le lenticchie non sono tra gli alimenti tossici per il cane, ma il loro utilizzo eccessivo può causare alcuni effetti collaterali. Vediamo quale è la composizione nutrizionale delle lenticchie, quali quali sono e come possiamo inserirle nell’alimentazione del nostro cane.
Le lenticchie appartengono alla famiglia delle Leguminose o Papilionate e sono un legume coltivato in tutto le zone a clima temperato. Ne esistono diverse varietà che si differenziano per dimensioni e colore, tra le più note in Italia sicuramente quelle di Norcia, di Colfiorito e le lenticchie rosse.
La composizione delle lenticchie
Le lenticchie apportano 290 kcal per 100 gr e contengono circa il 23% di proteine, 51% di carboidrati, 1% grassi e 14% di fibra. Contengono inoltre anche principi nutritivi benefici come isoflavoni (antiossidanti), vitamina PP e tiamina.
Per questo loro buon tenore proteico spesso vengono utilizzate in alimenti commerciali “grain free” dove permettono di aumentare il tenore delle proteine in etichetta. Che è sempre il risultato della somma delle proteine provenienti sia da fonti animali che vegetali. Pertanto un alimento a base di carne e lenticchie conterrà più proteine di uno a base ad esempio di carne e patate ma questo non significa che tutte queste proteine siano effettivamente utilizzabili dal nostro cane.
Le proteine dei legumi infatti, essendo di origine vegetale presentano uno scarso valore biologico per i nostri cani e gatti. Significa che sono carenti di amminoacidi essenziali e per questo è sconsigliabile utilizzarli nel cane e nel gatto come fonte proteica principale.
Effetti negativi delle lenticchie per il cane
Fino ad ora abbiamo visto quello che potremmo definire un “finto aspetto positivo” delle lenticchie, ovvero il loro tenore proteico, che però risulta essere in ultima analisi carente di aminoacidi essenziali per il cane. Vediamo ora quelli che sono invece dei possibili effetti negativi delle lenticchie sul cane.
Oltre alle proteine, le lenticchie contengono anche un elevata percentuale di fibra che nell’intestino di un carnivoro, più “corto” rispetto ad erbivori o onnivori, può impedire l’assorbimento di altri nutrienti e rappresentare quindi un fattore anti-nutrizionale se in elevata quantità.
Le crocchette grain free a base di legumi, infatti, sono attualmente oggetto di dibattito per la loro possibile correlazione con la miocardiopatia dilatativa nel cane. L’argomento è ancora in fase di studio ma sembrerebbe che diete di questo tipo possano impedire il corretto assorbimento o metabolismo di alcuni amminoacidi essenziali come la taurina.
Inoltre, come abbiamo visto parlando di alimenti grain free, il tipo di amido di cui sono ricchi le lenticchie, ovvero l’amilosio, risulta scarsamente digeribile per il cane. Questo è dovuto alla sua forma biochimica, che lo rende più difficile da attaccare da parte degli enzimi amilasi, rispetto ad esempio a quello presente nella patata o nei cereali. A questo fattore sono probabilmente imputabili la diarrea o le feci molli che accompagnano a volte questo tipo di alimenti (e non al tenore proteico elevato, come a volte si sente dire!).
La fibra inoltre, se nelle giuste quantità, rappresenta un nutriente fondamentale per il microbiota intestinale, ma se in eccesso può causare minore digeribilità nonché fermentazioni intestinali spiacevoli con conseguente meteorismo e fermentazioni nell’intestino dei nostri cani.
Come inserire le lenticchie nell’alimentazione del cane
Quindi le lenticchie sono vietate nel cane? Assolutamente no. Non sono un alimento tossico e si possono utilizzare, ma non come fonte proteica principale.
Le lenticchie possono essere utilizzate come snack, ovvero in piccole quantità extra rispetto alla dieta principale, anche se a questo fine, per forma e sapore, si prestano meglio altri legumi come i piselli o i ceci. In generale, per dare delle dosi, si consigliano 5 gr di legumi nei cani piccoli e fino a 20-30 gr nei cani di grossa taglia, pesati da cotti.
I legumi di più facile digestione da cui è meglio iniziare sono quelli con buccia esterna più sottile o i decorticati che appunto vengono privati della cuticola esterna. Tra questi ci sono proprio le lenticchie rosse.
Un’altra alternativa è rappresentata dalla pasta di lenticchie dove il legume è stato ridotto a farina e risulta quindi più facilmente digeribile.
Se invece si volessero utilizzare le lenticchie come fonte di amido (carboidrato energetico) e quindi in quantità maggiori, ne andrà prima appurata l’effettiva digeribilità da parte del vostro cane e consiglio quindi di farvi seguire dal vostro Medico Veterinario Nutrizionista. Impostando una dieta varia sarà in grado di scongiurare i possibili effetti collaterali sopra elencati!
Articolo della dott.ssa Denise Pinotti, DMV
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Olio di cocco vergine per il gatto
In passato demonizzato per il suo contenuto in acidi grassi saturi, l’olio di cocco è stato ad oggi riabilitato e per le sue particolari proprietà è spesso utilizzato dai medici veterinari nutrizionisti nell’alimentazione del gatto.
Vediamone nel dettaglio caratteristiche, benefici e come utilizzarlo.
Di cosa si tratta?
L’olio di cocco si ricava dai frutti della pianta del cocco (Cocus nucifera).
Da sempre fa parte della tradizione culinaria di alcuni paesi come l’India o il Brasile e più di recente è diventato facile trovarlo anche nei nostri supermercati. Spesso utilizzato in preparazioni etniche o dolci conferisce al cibo il tipico aroma di cocco.
Si presenta solido se la temperatura è inferiore ai 24°C mentre nella stagione più calda assume una consistenza oleosa.
I benefici dell’olio di cocco nel gatto
Per quali motivi utilizzare l’olio di cocco nella dieta del gatto? L’olio di cocco è ricco di acidi grassi saturi a media catena o MCT (Medium Chain Triglycerides), in particolare acido laurico, caprico e caprilico.
Questa categoria di grassi ha la caratteristica di essere “pronta all’uso” in quanto non necessita degli acidi biliari per essere digerita. Per questo motivo è un’ottima scelta in tutti quei gatti con problematiche digestive o epatiche.
È stata inoltre dimostrata l’attività trofica di questi acidi grassi verso le cellule della mucosa intestinale. Rappresentano cioè un nutrimento immediato per le cellule dell’intestino del gatto.
Questo rende l’olio di cocco particolarmente adatto in corso di patologie infiammatorie intestinali, purtroppo sempre più diagnosticate nel gatto.
Non solo: un intestino in equilibrio, non infiammato, avrà effetti benefici sull’intero organismo del gatto e in particolare sul sistema nervoso. Grazie all’esistenza di quello che viene chiamato asse intestino-cervello.
Se somministrato per periodi di almeno 4 settimane noteremo anche un miglioramento del pelo dell’animale, che apparirà più lucido e morbido. Sostiene inoltre il sistema immunitario.
Se applicato con costanza direttamente sui denti ritarda la formazione del tartaro, anche se non tutti i gatti potrebbero gradire quest’operazione (in questo caso meglio evitare di stressarlo quotidianamente).
Cosa controllare sull’etichetta quando si acquista
Ora che ne abbiamo scoperto i benefici vediamo come scegliere il migliore per il nostro gatto.
In commercio si possono trovare ormai svariati tipi di olio di cocco, ma è importante scegliere olio di cocco ad uso alimentare (attenzione perché esiste anche quello ad uso cosmetico, ottimo per i nostri capelli, meno per i nostri gatti!). Meglio che sia vergine, spremuto a freddo e possibilmente biologico.
Perché questi termini sono importanti?
Per produrre l’olio di cocco la noce di cocco viene aperta, pulita e la polpa viene separata dall’involucro esterno fibroso. La polpa viene quindi fatta essiccare e tramite un espulsore o pressa a basse temperature viene estratto meccanicamente l’olio.
Da questo procedimento deriva la denominazione di pressato a freddo che si differenzia da altre tecniche che sfruttando fonti di calore per l’estrazione non permettono di ottenere un prodotto di pari qualità.
L’olio ottenuto dalla pressatura a freddo si definisce vergine se non viene sottoposto ad altri processi chimici di raffinatura, sbiancatura o deodorizzazione.
Evitate quindi quando scegliete l’olio di cocco per il vostro gatto quelli che in etichetta presentano le diciture deodorato, raffinato o sbiancato.
L’olio di cocco deidrogenato invece è processato in modo da renderlo solido fino a temperature di 36-40°C ma con questo processo alcuni acidi grassi vengono trasformati in acidi grassi trans, negativi per l’organismo dell’uomo e anche del gatto.
Anche l’olio di cocco deidrogenato è quindi da evitare.
Come darlo al gatto
Ogni gatto ha i suoi gusti! Alcuni amano l’olio di cocco per cui potrete darglielo anche da solo mentre per altri sarà necessario mescolarlo con il cibo.
Per i palati più difficili in farmacia o online è possibile trovare anche l’MCT oil, un olio di cocco “purificato” e quindi un vero e proprio concentrato di acidi grassi a media catena.
Quando NON utilizzarlo
Non ci sono particolari controindicazioni sull’utilizzo dell’olio di cocco nelle dosi prescritte se non dal punto di vista calorico.
Non dimentichiamoci che l’olio di cocco è pur sempre una fonte di grassi e al pari degli altri olii vegetali contiene circa 800 kcal in 100 gr.
È importante non eccedere: per un gatto sano mezzo cucchiaino al giorno (circa 2 gr) è sufficiente.
In caso di gatti in sovrappeso invece la somministrazione di una fonte extra di grassi potrebbe compromettere il ritorno al peso forma, fondamentale per mantenere il nostro gatto in salute il più a lungo possibile.
Attenzione anche nei gatti molto sedentari, passare dal normopeso al sovrappeso soprattutto nei gatti indoor è veramente facile mentre il processo inverso spesso non lo è.
Se aveste dubbi su quale sia il peso ideale del vostro gatto chiedete sempre un parere al vostro medico veterinario.
Articolo della dott.ssa Denise Pinotti, DMV
- Pubblicato il Denise Pinotti
Snack e Masticativi per cani
Basta a volte davvero poco per rendere felice il nostro cane: una coccola, una bella passeggiata oppure uno snack. Usati come “premietto” o come spuntino, snack e masticativi sono diventati un elemento fondamentale nel rapporto tra il cane e il suo proprietario.
In questa breve guida vedremo come utilizzarli, quali sono i più salutari e quelli che invece sarebbe meglio evitare.
Per snack si intende, esattamente come per noi, un “fuori pasto” che possiamo dare al nostro cane come premio o semplicemente come merenda.
Spesso è un unico boccone mentre il masticativo è un extra pensato appunto non per essere ingerito ma per essere masticato a lungo.
Vediamo dunque cosa sono Snack e Masticativi per cani.
Snack e Masticativi per cani. Ecco gli snack consigliati!
Possibilmente sarebbe meglio scegliere snack naturali, privi di aromi, conservanti e additivi come:
Essiccati di carne e pesce
Facilmente reperibili sia online che nei negozi di animali alcuni esempi di essiccati sono: pesciolini essiccati, polmone essiccato, nerbi di bue, pelle di nuca, trippa essiccata.
Se il cane sta mangiando su consiglio del vostro veterinario una dieta monoproteica prestate attenzione a scegliere un essiccato della stessa fonte proteica utilizzata.
Frutta
Mela, pera, anguria, frutti rossi, agrumi sono ottimi snack. Attenzione però a non esagerare!
Il cane è pur sempre un carnivoro e l’eccesso di fibra può essere per lui difficile da digerire soprattutto se proveniente da frutta molto zuccherina che può causare fermentazioni intestinali spiacevoli.
Da evitare invece uva e uvetta che sono tossiche per il cane.
Yogurt
Scegliete uno yogurt intero bianco, gli yogurt alla frutta sono troppo zuccherini per il cane.
Biscotti home-made
Esattamente come per noi un biscotto fatto in casa, con ingredienti scelti da noi e senza conservanti è sicuramente più salutare rispetto a un biscotto industriale.
Su diversi siti e anche sul nostro blog potete trovare molte ricette gustose.
Ecco invece gli Snack sconsigliati
Biscotti industriali e snack dentali commerciali potrebbero essere paragonati alla nostra “merendina confezionata”, non necessariamente da evitare ma da usare con molta moderazione.
Un buon compromesso potrebbe essere una volta a settimana.
Da evitare invece assolutamente ossa cotte che possono causare danni ai denti e perforazioni/ostruzioni intestinali.
E cioccolato, che è tossico per i nostri cani.
Snack e Masticativi per cani. In quali quantità?
Ora che abbiamo visto quali sono i principali snack parliamo di quantità.
Trattandosi di “fuori pasto” un loro eccesso potrebbe causare o un aumento di peso indesiderato o lo sbilanciamento della dieta del nostro cane.
Abbiamo già parlato dei rischi connessi a sovrappeso e obesità in un precedente articolo.
Lo sbilanciamento della dieta invece è dovuto a un eccesso di un determinato nutriente rispetto agli altri (ad esempio se stiamo dando molti biscotti al nostro cane la farina sbilancerà i carboidrati della dieta a sfavore di proteine e grassi).
Ovviamente questo sarà più probabile in un cane di piccola taglia la cui dieta già di per sé è composta da porzioni piccole o in un cucciolo in accrescimento, molto sensibile alla carenza o all’eccesso di alcuni nutrienti.
Per non sbagliare, fatevi sempre consigliare da vostro Medico Veterinario di fiducia.
Masticativi. Di cosa si tratta?
I masticativi sono fatti per essere masticati a lungo e se ben utilizzati possono essere un ottimo “anti-stress” per il nostro cane. La masticazione aiuta a mantenere una buona igiene orale e per alcuni cani è un ottima tecnica di rilassamento e sfogo.
I masticativi però non sono tutti uguali. Quelli che consigliamo sono i pezzi di pelle di carne o pesce, le corna di cervo o bufalo, le radici o legno di caffè.
Oppure potete scegliere di riempire il Kong con qualcosa di appetibile e salutare come lo yogurt.
Per quanto questi masticativi siano piuttosto sicuri c’è sempre un minimo rischio di soffocamento nel caso dovesse staccarsene un pezzo di dimensioni pericolose che il nostro cane potrebbe riuscire ad inghiottire.
Per questo motivo consigliamo di darli al cane solo in vostra presenza e per un periodo di tempo limitato, che potrete stabilire con il vostro veterinario a seconda dell’indole del vostro animale. Se utilizzati in maniera eccessiva, infatti, possono predisporre a infiammazione intestinale.
Veniamo ora ai masticativi da NON utilizzare.
Il ginocchio bovino è un osso molto impegnativo che può facilmente scheggiarsi o causare costipazione intestinale per cui meglio evitarlo.
Le ossa di pelle (spesso di bufalo), invece, nonostante il nome sono formate da residui di pelle bovina utilizzata per l’industria tessile. Quindi prima di finire nell’osso che daremo al nostro cane vengono sottoposti a vari trattamenti chimici, seguiti da aggiunta di coloranti e altre sostanze che gli permettono di avere la forma e il colore finale.
Si tratta quindi di un prodotto che di naturale ha ormai ben poco per cui è consigliabile scegliere tra le altre alternative elencate, sicuramente più salutari!
Articolo della dott.ssa Denise Pinotti, DMV
- Pubblicato il Denise Pinotti
Il gatto anziano: come affrontare al meglio il passare degli anni
Anche i gatti purtroppo invecchiano e con l’avanzare dell’età le loro necessità possono cambiare.
In questo articolo vedremo cosa succede quando un gatto diventa anziano e come possiamo aiutarlo ad affrontare al meglio questa fase della vita.
Soprattutto dal punto di vista nutrizionale.
Quando un gatto si considera anziano?
Le linee guida definiscono un gatto anziano dai 10 anni ma, proprio come per noi, non tutti dimostrano effettivamente l’età che hanno.
Un gatto di 15 anni sano e con un buon peso forma, ad esempio, può apparire più in salute di un altro gatto. Magari più giovane di qualche anno ma già affetto da una patologia tra quelle che vedremo in seguito.
Quali sono i segni dell’età che avanza?
Vediamo i principali:
- Rallentamento del metabolismo con conseguente sovrappeso o obesità
- Perdita di energia, meno voglia di muoversi, saltare o giocare
- Disfunzioni cognitive
- Patologie tipiche dell’età (come diabete, ipertiroidismo, insufficienza renale, patologie articolari)
Come possiamo concretamente aiutare un gatto anziano?
Innanzitutto con degli esami di screening, per monitorare l’insorgere o l’evoluzione delle patologie sopra citate.
È importante rivolgersi al proprio veterinario di fiducia, che consiglierà come programmare esami del sangue e delle urine e ogni quanto sarà indicato ripeterli nel caso del vostro gatto. Perché ogni paziente è unico.
Dal punto di vista nutrizionale il primo obiettivo è quello di mantenere il peso forma: un gatto sovrappeso avrà ancora meno voglia di muoversi, sovraccaricherà le articolazioni e avrà un rischio maggiore di diabete.
Al contrario un gatto troppo magro potrebbe non avere energie sufficienti per affrontare eventuali malattie che possano colpirlo in questa fase della sua vita.
Il medico veterinario valuterà quindi quale sia il peso forma del vostro gatto e quante calorie deve mangiare per mantenerlo.
Proteine e grassi: fanno male al gatto anziano?
Le proteine sono fondamentali: il gatto è definito un carnivoro stretto, a maggior ragione con l’aumentare dell’età. Quando l’organismo comincia ad invecchiare necessita quindi ancora di più di proteine ad alto valore biologico per mantenersi al meglio.
E i grassi? Un gatto anziano potrebbe avere capacità di digestione ridotte rispetto a un giovane, andranno quindi privilegiati grassi “leggeri”, facili per lui da digerire.
In quanto “super carnivoro” il gatto non necessita invece di carboidrati, tranne nel caso di patologie specifiche in cui dovrete essere assistiti dal vostro veterinario.
Alimenti senior per gatti anziani
In commercio esistono alimenti con la dicitura “ageing” o “senior” che possono soddisfare questi requisiti.
Se il vostro gatto lo mangia sarebbe sempre meglio offrirgli anche del cibo umido e non solo le crocchette così da aumentare l’idratazione.
Se invece il gatto segue un’alimentazione casalinga andranno privilegiate proteine da fonte animale quindi prevalentemente carne e pesce. Con grassi digeribili come olio di cocco, burro o ghee e con una quota di fibra data da verdure o da cuticole di semi di psillio (non tutti i gatti vi faranno l’onore di mangiare le verdure che gli proporrete!).
Se indicati, il vostro veterinario vi proporrà anche degli integratori come ad esempio Omega-3 e antiossidanti (vitamine C e vitamina E).
E se il gatto fatica a masticare? Purtroppo con l’età può succedere che il gatto non abbia più tutti i denti.
Nella maggior parte dei casi se la cavano comunque egregiamente anche con cibo solido ma se doveste notare delle difficoltà di masticazione potete decidere di frullare il pasto fino a creare una perfetta mousse.
Tutte queste accortezze possono aiutarci a migliorare la qualità e l’aspettativa di vita del gatto anziano senza dimenticare però che il gatto è un “critico culinario” molto più severo del cane, dovrete quindi trovare un compromesso anche con i suoi gusti!
Articolo della dr.ssa Denise Pinotti, DVM
- Pubblicato il Denise Pinotti
Obesità nel cane e nel gatto
Come per l’uomo, anche per cane e gatto l’obesità è la patologia del secolo.
L’obesità nel cane e nel gatto è una patologia in sè e può causare molte altre patologie.
Vediamo come valutarla, che malattie può causare al nostro cane e gatto e soprattutto come sconfiggerla.
Obesità nel cane e nel gatto
L’obesità è definita come un “eccesso di grasso corporeo tale da causare effetti avversi sulla salute”.
Va quindi considerata a tutti gli effetti una patologia e purtroppo colpisce gran parte dei nostri cani e gatti.
In alcune zone del mondo arriverebbe a interessare il 60% dei nostri animali domestici.
Vediamo insieme come riconoscere, comprendere, prevenire e trattare obesità e sovrappeso.
Come si valuta l’obesità?
Come capire se il proprio cane o gatto è in sovrappeso/obeso?
Sicuramente l’aiuto del proprio veterinario è fondamentale.
Esiste infatti un punteggio chiamato BCS (Body condition score) attraverso il quale è possibile stimare l’eccesso di peso del nostro animale domestico.
Attraverso una valutazione visiva e tramite la palpazione di alcuni distretti specifici il veterinario può attribuire un valore di BCS al suo paziente che va da 1 a 9.
Basandovi sulla tabella seguente potete farvi un’idea del punteggio in cui potrebbe rientrare il vostro animale e, di conseguenza, qual è l’eccesso di peso che dovrebbe perdere.
Conseguenze dell’obesità
Molte persone purtroppo scambiano un animale “paffutello” per un animale in salute e coccolato.
Ma siamo veramente sicuri di fare il bene del nostro cane/gatto andando oltre un punteggio 5 di BCS?
Vediamo quali possono essere i principali effetti collaterali:
- Malattie ortopediche con conseguente zoppia, dolore e intolleranza all’esercizio fisico (artrosi, rottura del legamento crociato, fratture, ecc)
- Diabete, resistenza all’insulina, dislipidemia, lipidosi epatica
- Pancreatite
- Problemi respiratori (soprattutto nelle cosiddette razze “brachicefale come Bulldog, carlini, Boston terrier, ecc)
- Ipertensione
- Malattie dermatologiche, gastrointesinali e delle vie urinarie
- Alcuni tipi di neoplasia
- Aumento del rischio anestesiologico
Fattori predisponenti
Analizziamo ora i principali fattori predisponenti, iniziando da quelli legati al paziente: razza (Labrador e Beagle ad esempio tendono ad essere fortemente predisposti al sovvrappeso), sterilizzazione/castrazione, alcune patologie (ad esempio l’ipotiroidismo), animali molto voraci e microbiota intestinale alterato.
Inoltre ci sono tutta una serie di “cattive abitudini” che possiamo modificare per aiutare il nostro animale a mantenere il peso-forma. Innanzitutto la sedentarietà: per un cane sarà importantissimo uscire in passeggiata anche più volte al giorno mentre per un gatto indoor è fondamentale creare un ambiente casalingo ricco di stimoli.
Veniamo ora alla buona abitudini “a tavola”: non riempire la ciotola ogni volta che la si vede vuota (o addirittura mezza vuota!), fare attenzione al cibo dato dalla tavola ed evitare di far leccare i piatti al cane (anche quello “conta” nelle calorie giornaliere), non eccedere con snack e premietti.
Purtroppo gran parte degli snack per cani e gatti che si trovano in commercio sono molto calorici e spesso anche poco salutari. Molto meglio della carne essiccata, dei pesciolini (ad esempio spratti) essiccati, yogurt intero bianco o le classiche gallette di riso o mais. Per quanto meno calorici, anche questi andranno dosati con moderazione soprattutto in un paziente che deve perdere peso.
Come funziona una dieta ipocalorica
E quando il danno “è fatto”? Come fare a far dimagrire il nostro animale? Sicuramente rivolgendovi al vostro veterinario che imposterà un programma di perdita di peso “ad hoc” per voi.
In linea generale se il vostro animale sta mangiando un alimento secco o umido commerciale è probabile che vi verrà consigliato il passaggio ad un alimento light, sterilised, obesity, moderate calorie, indoor. Tutte queste diciture indicano solitamente alimenti formulati con meno grassi e più fibra, mantenendo però un tenore proteico adeguato nonostante la diminuzione delle kcal.
In un paziente che deve dimagrire dovrete seguire una grammatura specifica, da somministrare in più pasti al giorno e la bilancia da cucina è fondamentale. Alcuni studi infatti hanno dimostrato che bicchieri, tazze o comunque dosatori “fai da te” determinano un inaccuratezza che va dal 18 all’80%. Questo vuol dire che se il vostro cane deve mangiare 100 grammi di crocchette, anche se apponete accuratamente un segno sul bicchiere che usate per dosarle potreste arrivare a darne fino a 180 grammi, insomma quasi il doppio!
Pesate sempre il cibo che date al vostro animale, soprattutto se si tratta di crocchette che, contenendo solo il 7-8% di acqua, sono molto concentrate.
Obesità nel cane e nel gatto, la dieta casalinga
Per questo motivo spesso la razione “dietetica”, per quanto corretta dal punto di vista calorico, può visivamente apparire piuttosto scarsa. Un’alternativa più voluminosa e appagante è rappresentata o dall’umidità o, ancora meglio, da una dieta casalinga fresca che offre una più ampia possibilità di variare in base alle esigenze del paziente.
Se invece il vostro cane o gatto segue già un’alimentazione casalinga questa andrà bilanciata dal medico veterinario nutrizionista in base al peso da raggiungere. Non si tratta solo di “tagliare le calorie” ma è fondamentale dosare correttamente macro e micronutrienti in modo che il vostro animale non rischi di incorrere in carenze. La sazietà è un altro fattore importante: per quanto a dieta il cane/gatto dovrà sentirsi sufficientemente sazio affinchè la dieta non diventi una fonte di stress.
La perdita di peso andrà monitorata attraverso controlli seriali in cui il veterinario valuterà peso e BCS raggiunti così da apportare modifiche al piano nutrizionale quando necessario. Infine una volta raggiunto il “peso forma” che era stato stabilito la razione del vostro cane/gatto andrà nuovamente modificata per impostare un regime di mantenimento che gli permetterà di conservare il peso raggiunto.
Articolo di Denise Pinotti, DMV
- Pubblicato il Denise Pinotti