L’approccio Fitoterapico nella modulazione del sistema immunitario degli animali
Nella cura e nella prevenzione delle malattie negli animali domestici, sempre più proprietari si rivolgono alla fitoterapia come alternativa naturale e complementare. Le piante fitoterapiche, ricche di principi attivi benefici, possono svolgere un ruolo significativo nell’immunomodulazione e nell’immunostimolazione. In questo articolo faremo chiarezza su questi due concetti, ci concentreremo maggiormente sulle piante che possono svolgere un ruolo significativo nel modulare la risposta immunitaria degli animali domestici.
Immunomodulanti vs. Immunostimolanti: una distinzione essenziale
- Gli immunostimolanti sono sostanze che aumentano l’attività in toto del sistema immunitario, tramite una serie di processi non specifici. Tuttavia, un’eccessiva stimolazione del sistema immunitario può portare a una risposta iperattiva, con conseguente infiammazione e danni ai tessuti.
- Gli immunomodulatori invece sono sostanze che agiscono in modo più sottile, regolando e bilanciando la risposta immunitaria, stimolando alcune componenti e inibendone delle altre. Questo approccio mira a rafforzare le difese immunitarie senza provocare un’eccessiva reattività. Gli immunomodulatori possono essere particolarmente utili in condizioni di iperattività o ipoattività del sistema immunitario.
Nella pratica clinica veterinaria gli immunomodulanti sono i più usati in quanto sono anche delle sostanze adattogene ovvero sono in grado di aumentare in maniera aspecifica la resistenza dell’organismo a stress di varia natura, sia fisica che psichica.
Quali sono i Fitoterapici immunomodulanti più usati?
- Eleuterococco noto anche come Ginseng Siberiano. Le sostanze attive del fitocomplesso si trovano nelle radici. E’uno degli adattogeni per eccellenza, migliora la risposta allo stress, aiuta l’organismo a superare la fatica cronica, utile nelle convalescenze in seguito a malattie debilitanti. Agisce in generale aumentando il numero dei linfociti T.
- Astragalus membranaceus pianta erbacea perenne, molto diffusa in Oriente. I principi attivi si trovano nelle radici. Utilizzato da sempre per la sua attività tonica generale, in caso di deficit immunitario, nelle convalescenze, nelle prevenzioni delle malattie respiratori croniche. Stimola la funzione fagocitaria, l’attività delle cellule Natural Killer e stimola la mielopoiesi (processo che avviene nel midollo osseo per favorire la produzione delle cellule del sangue: granulociti, monociti, piastrine e globuli rossi).
- Withania Somnifera nota come Ginseng Indiano, è una pianta che appartiene alla famiglia delle solanacee e cresce spontaneamente in India, in Pakistan, in alcune zone dell’Africa e in Italia si trova in Sicilia e in Sardegna. Ha proprietà adattogene, antidepressive e antistress. Utile nei soggetti sani stressati. Alcuni studi condotti in vitro hanno dimostrato le potenziali proprietà antitumorali degli estratti di Withania, questi hanno un’azione citostatica e citotossica nei confronti di diversi tipi di cellule maligne.
- Juglans Regia ovvero il Noce comune. I principi attivi si trovano nelle radici, nelle foglie e nella corteccia. Ha un’azione immunomodulante sul microbiota intestinale, agendo come selezionatore e aumentando le difese di barriera della mucosa intestinale. Utilissima nei soggetti nati da parto cesareo e in tutti i casi di patologie croniche intestinali. Il noce ha anche altre proprietà: astringente, antisettico, cicatrizzante, antinfiammatoria.
- Uncaria Tomentosa è una pianta rampicante originaria della foresta peruviana e colombiana. I principi attivi si estraggono dalla corteccia e dalla radice. Ha un’azione antinfiammatoria, immunomodulante e antiossidante, utile nelle patologie infiammatorie articolari croniche. L’estratto di uncaria potenzia l’attività delle cellule Natural killer e dei linfociti T citotossici. In vitro aumenta inoltre l’attività delle cellule T gamma-delta, per questo è ampiamente studiata come nuova risorsa antitumorale. Infine può essere particolarmente utile nei soggetti con leucopenia in quanto diversi studi hanno evidenziato un aumento totale dei linfociti dopo la sua somministrazione.
In conclusione, la fitoterapia può essere un’opzione sicura per una vasta gamma di patologie, sia come trattamento che come supporto alla medicina convenzionale. Tuttavia, le piante medicinali non sono prive di controindicazioni, quindi per garantire la sicurezza e l’efficacia del trattamento sarà essenziale consultare sempre un veterinario esperto in fitoterapia.
Articolo della dott.ssa Francesca Parisi, DMV
- Pubblicato il Francesca Parisi
Leishmaniosi: aiutare con l’alimentazione e un approccio integrato
La Leishmaniosi è una malattia che affligge diversi animali, ancora purtroppo troppo presente sul nostro territorio. Chi vive con un malato di Leishmaniosi sa quanto può essere difficile e a volte frustrante avere il proprio compagno di vita a 4 zampe positivo a questa malattia.
In questo articolo farò un piccolo excursus sul mondo della Leishmaniosi, soffermandomi maggiormente su quanto una corretta alimentazione e un approccio integrato possano essere di grande supporto per i nostri animali.
Cos’è la Leishmaniosi?
La Leishmaniosi è una malattia parassitaria causata da un protozoo, generalmente il responsabile è Leishmania infantum.
Questo protozoo viene trasmesso dalla puntura del pappatacio, un piccolissimo flebotomo che agisce principalmente dopo il tramonto, perché è un ematofago notturno.
La malattia ha un decorso molto lento, i sintomi clinici possono essere svariati, magrezza, letargia, pallore delle mucose, problemi cutanei come presenza di scaglie, forfora e ulcere, onicodistrofia, epistassi, zoppia, epatomegalia, splenomegalia, glomerulonefrite, uveite ecc.
Anche gli esami di laboratorio possono rilevare diverse anomalie come anemia, leucopenia, iperproteinemia, aumento degli enzimi epatici, e presenza di proteine nelle urine.
Questa moltitudine di sintomi clinici e di alterazione ematologiche, possono portare ahimè ad una diagnosi tardiva.
Perché la Leishmaniosi non si manifesta sempre nello stesso modo?
Una piccola premessa importante, non tutti i cani infetti si ammalano, il parassita può rimanere in forma latente e non provocare segni clinici né alterazioni ematobiochimiche, a meno che i titoli anticorpali non crescano.
Altri cani invece una volta entrati in contatto con questo protozoo, vanno incontro alla sua proliferazione sviluppando la malattia.
Le diverse reazioni dell’organismo dipendono dal tipo di risposta immunitaria e dalla sua efficienza.
Il sistema immunitario potrà rispondere in due modi:
- Con una risposta umorale, che è responsabile della progressione della malattia a causa della formazione di Immunocomplessi.
- Con una risposta cellulo-mediata attraverso la quale l’animale rimarrà infetto ma non svilupperà la malattia.
Come scegliere il giusto apporto nutrizionale e le integrazioni?
Quando un veterinario nutrizionista deve formulare una dieta per un cane affetto da Leishmania, dovrà prendere in considerazione la sintomatologia clinica e le alterazioni ematobiochimiche, per poterla cucire così in modo sartoriale.
Sarà importantissimo utilizzare una dieta ad elevata digeribilità che conterrà delle proteine ad alto valore biologico, queste oltre ad essere la fonte principale di sostentamento nel cane, aiuteranno a rafforzare il sistema immunitario.
Per quanto riguarda la quantità di proteine da usare sarà necessario basarsi sulle analisi e valutare il grado, se presente, di nefropatia. Inoltre sarà necessario valutare anche lo stato di cachessia dell’animale e valutare il possibile rischio di urolitiasi in corso di terapia con allopurinolo.
Sarà importante anche rendere i pasti appetibili, in quanto la maggior parte dei soggetti affetti da Leishmania sono anoressici ed hanno anche tanta nausea. Un’arma vincente potrebbe essere utilizzare dei grassi animali, come il ghee o lo strutto, che sono sempre molto apprezzati.
Nella nostra dieta non potranno mai mancare Vitamina C, Vitamina E ed Omega-3.
Vitamina C e Vitamina E, sono gli antiossidanti per eccellenza, usati spesso in associazione.
- La vitamina C: Potente antiossidante, adatta soprattutto per contrastare stress ossidativi, inoltre è un aiuto essenziale per il sistema immunitario.
- La Vitamina E: Anche questa ottimo antiossidante, adatta soprattutto in corso di problemi legati al fegato, al cervello e alla cute.
- Omega Tre (EPA e DHA): hanno una potente azione antinfiammatoria, oltre ad avere un’azione benefica sulla cute, sui reni e a livello cardiaco.
E lo Zinco?
Lo zinco è un oligoelemento essenziale, è infatti responsabile di una lunga serie di reazioni ed interazioni con l’organismo che si possono considerare “terapeutiche”.
In medicina umana è stata dimostrata la sua efficacia in malattie infiammatorie croniche, compresa la Leishmaniosi.
Ha una azione Leishmanicida in quanto inibisce alcuni enzimi necessari per il metabolismo del parassita ed ha anche una azione immunomodulante, infatti sembra essere in grado di stimolare maggiormente la risposta immunitaria cellulo-mediata, che come abbiamo spiegato prima è essenziale affinchè non si instauri la malattia.
Da non sottovalutare anche l’effetto positivo della sua integrazione sulle dermatopatie, purtroppo spesso presenti in corso di Leishmania.
Esistono anche dei funghi medicinali con azione immunomodulante, quindi capaci di orientare verso la risposta immunitaria corretta, come ad esempio L’Agaricus Blazei Murril (ABM) e il Cordyceps Sinensis.
In Fitoterapia invece di particolare interesse risulta essere La Genziana Lutea, per il suo potere Leishmanicida.
La Genziana Lutea è una pianta officinale di antico utilizzo.
I principali componenti del fitocomplesso sono amarogentina e genziopicroside. La Amarogentina è capace di bloccare la replicazione del protozoo, agisce inibendo l’azione della DNA Topoisomerasi I.
In conclusione
Per concludere possiamo affermare che con l’alimentazione e le giuste integrazioni riusciamo a potenziare l’azione dei farmaci tradizionali, agendo così in sinergia.
Affidatevi sempre ad un medico veterinario esperto, per essere seguiti nel miglior modo possibile riducendo al minimo i possibili effetti collaterali.
Articolo della dott.ssa Francesca Parisi, DMV
- Pubblicato il Francesca Parisi
Obesità del cane. Un problema frequente.
L’obesità è diventata un problema in costante aumento sia nella società umana che nel mondo animale.
Diversi animali domestici che condividono il nostro stile di vita sono infatti sovrappeso.
Come per l’uomo anche per i nostri animali questo è un problema serio da non sottovalutare, che richiede attenzione da parte dei proprietari e dei medici veterinari.
In questo articolo esploriamo le cause, i rischi, le possibili soluzioni per evitare l’obesità del cane.
Cosa fare se il nostro animale è in sovrappeso e un approfondimento sul Labrador, una razza maggiormente predisposta.
Quali sono le cause più comuni di obesità del cane
L’obesità è il risultato di uno squilibrio tra l’apporto calorico e il consumo di energia.
Le principali cause sono:
- Dieta sbilanciata: Molto spesso i nostri animali sono sovralimentati o sono alimentati con cibi di scarsa qualità che possono portare ad accumulo di grasso.
- Eccesso di extra: troppi spuntini possono portare ad un eccesso di calorie.
- Mancanza di esercizio fisico: E’ importante fare giornalmente attività fisica, va bene anche una passeggiata veloce di trenta minuti al giorno.
- Problemi di salute sottostante: alcune malattie metaboliche e endocrine, come l’ipotiroidismo, favoriscono l’obesità
- Per ultimo non dimentichiamoci la predisposizione di razza: alcune razze tendono al sovrappeso, tra queste quelle più comuni sono il Labrador e Beagle.
Labrador Retriever e predisposizione all’obesità
Il labrador è tra le razze più predisposte al sovrappeso. Tende ad ingrassare più facilmente ed hanno sempre fame, perché?
Troviamo la risposta in uno studio del 2016 dell’università di Cambridge.
Conor O’Donovan e il suo team infatti hanno studiato 130 esemplari di Labrador evidenziando che il 23% è portatore di almeno una copia della forma mutata di un gene chiamato POMC.
Questo gene impedisce una corretta sintesi di oppioidi endogeni che influenzano il senso di sazietà.
Proprio per questa loro predisposizione a mangiare sono state ulteriormente selezionate queste linee di sangue perché facilmente addestrabili e utilizzabili come ottimi cani da lavoro, perché sempre motivati dal cibo.
Per fortuna negli ultimi anni, grazie a questa scoperta, molti allevatori stanno cercando di eliminare questi soggetti dalla riproduzione per avere così cani più in salute.
Molto interessante è anche la connessione uomo-animale: è stato scoperto che i bambini obesi e costantemente affamati hanno la funzionalità compromessa di questo gene POMC, proprio come i Labrador.
Quali sono i rischi nell’obesità del cane?
Quando parliamo di obesità non dobbiamo soffermarci solo alla questione estetica.
Un animale obeso viene considerato un paziente con una patologia seria, che può comportare e predisporre a diversi problemi per la salute.
Ecco alcuni dei principali pericoli:
- Problemi cardiaci: l’eccesso di peso farà lavorare maggiormente il cuore che dovrà pompare più sangue. Aumentando così i rischi cardiaci e i problemi circolatori
- Diabete Mellito: l’obesità è un fattore predisponente nello sviluppo del diabete dei cani.
- Problemi articolari: le articolazioni sono sottoposte a maggiore stress e logorio che di conseguenza porterà a dolori con rischio di artrite, possibilità di rottura del legamento crociato e fratture.
- Problemi respiratori: l’eccesso di grasso può influire negativamente sulla capacità respiratoria, questo problema è maggiore quando parliamo di razze brachicefale.
- Problemi pancreatici: l’aumento dei trigliceridi potrebbe dar luogo a pancreatiti acute.
- Tumori: l’infiammazione cronica che l’obesità genera nell’organismo innesca una serie di meccanismi cellulari che aumentano il rischio di tumori.
- Problemi Ormonali: Il tessuto adiposo viene considerato un vero organo endocrino capace di produrre ormoni e quindi essere responsabile di squilibri ormonali.
Cosa possiamo fare per evitare l’obesità del cane?
La prevenzione all’obesità richiede un approccio olistico che comprendono non solo la gestione della dieta, ma anche l’esercizio fisico e l’attenzione alle abitudini alimentari che coinvolgono ovviamente il sistema famiglia.
Come prima cosa è molto importante seguire una giusta alimentazione sin da cuccioli, prevenendo così l’obesità giovanile che potrà solo predisporre ad un adulto obeso.
E’ importante scegliere un alimento adatto che sia completo e bilanciato per ogni fase della vita. Ad esempio non dare un cibo per cuccioli ad un adulto.
Assicura al tuo animale un’attività fisica regolare. La quantità di attività fisica può variare in base alla razza e alle esigenze individuali. Passeggiate quotidiane, addestramento e il gioco attivo possono contribuire a mantenere il tuo cane in forma.
Durante l’addestramento o i giochi di attività mentale è importante utilizzare degli snack sani cercando di non eccedere per non aumentare troppo l’apporto calorico giornaliero.
Evita di dare cibo da tavola, spesso la richiesta di cibo non equivale a fame!
Se utilizzi cibo commerciale non dare porzioni ad occhio ma cerca sempre di pesare per evitare così una sovralimentazione.
Adegua le porzioni, magari anche riducendo gli extra se sai che il tuo animale per un periodo farà meno attività fisica.
Infine ma non per ultimo monitora regolarmente il peso del tuo cane facendo attenzione a eventuali cambiamenti.
Cosa fare se il nostro cane è in sovrappeso?
Prima di iniziare un programma di perdita di peso consiglio sempre di consultare il proprio veterinario, che valuterà lo stato di salute del tuo animale e ti fornirà le giuste indicazioni.
Ricorda che la sola riduzione calorica, ovvero ridurre la dose di crocchette da dare non è sufficiente.
In commercio esistono diversi prodotti formulati proprio per aiutare la perdita peso, questi alimenti solitamente contengono meno grassi e sono ricchi di fibra.
Spesso però anche questi cibi non sono sufficienti e per avere un risultato bisogna intraprendere una dieta personalizzata ed un programma di dimagrimento che verrà formulato da un nutrizionista veterinario.
Una dieta fresca è il miglior approccio dietetico per raggiungere in modo più veloce i nostri obiettivi. Importantissimo sarà rispettare i fabbisogni minimi essenziali per evitare carenze nutrizionali.
Non da meno con una dieta fresca avremo un maggior appagamento del nostro animale, rendendo così la dieta meno sacrificante.
Un programma dietetico va seguito in modo preciso senza cedere alle richieste dei nostri animali, sarà inoltre essenziale che tutti i componenti della famiglia siano coinvolti per evitare che venga dato cibo extra.
La perdita di peso è molto soggettiva e non possiamo quantificare il tempo che ci occorrerà per raggiungere il nostro obiettivo, l’importante sarà che il dimagrimento avvenga in modo graduale e progressivo.
Per questo saranno importanti i controlli che verranno fatti periodicamente. Una volta raggiunto il peso ottimale si imposterà una dieta di mantenimento, per evitare che il cane riprenda il peso perso vanificando così gli sforzi fatti.
Come sempre anche in questo caso il fai da te è sconsigliato, chiedi a noi di Nutravet.
Articolo della dott.ssa Francesca Parisi, DMV
- Pubblicato il Francesca Parisi
Cani e mirtilli: una combinazione deliziosa e salutare
Sono sempre più numerosi i proprietari di cani che si preoccupano di offrire una dieta sana ed equilibrata ai loro animali.
Spesso mi vengono poste diverse domande che riguardano la frutta e mi è stato chiesto più volte se il cane può mangiare i mirtilli.
In questo articolo conosceremo meglio i mirtilli, scopriremo quali principi attivi contengono, perché vengono considerati un alimento nutraceutico e se possono essere inclusi nella dieta dei nostri amici a quattro zampe.
Cosa sono i mirtilli?
I mirtilli sono piccoli frutti succosi di forma sferica. Sono arbusti spontanei e possono essere di colore nero-azzurrognolo oppure rossi.
Sono noti per i loro numerosi benefici in quanto ricchi di antiossidanti.
Quali sono i principi attivi dei mirtilli?
- I mirtilli sono ricchi di antociani, dei glicosidi ricchi di antiossidanti. Gli antiossidanti proteggono le cellule dai danni causati dai radicali liberi, ovvero ci aiutano a combattere l’invecchiamento cellulare, a ridurre l’infiammazione e a supportare l’organismo in caso di malattie croniche.
- Contengono Vitamina C, una vitamina idrosolubile, l’antiossidante per eccellenza che aiuta il sistema immunitario e la salute in generale.
- Contengono Tannini, sostanze dotate di attività vasocostrittrice e blandamente antinfiammatorie.
- Infine sono ricchi di Pectina, fibra solubile utile per il coretto transito intestinale e come prebiotico.
Che differenza c’è tra il mirtillo nero e mirtillo rosso?
Il mirtillo rosso oltre a contenere tutti i principi attivi appena elencati ha una caratteristica in più che lo rende ampiamente utilizzato sia in medicina umana che in medicina veterinaria, ovvero contiene le proantocianidine (PAC).
Sono degli antiossidanti naturali che influenzano favorevolmente il processo infiammatorio, le ritroviamo in diverse fonti vegetali, ed in concentrazioni più alte proprio nei frutti rossi.
Gli estratti del mirtillo rosso americano contengono un livello standardizzato di proantocianidine, queste vengono utilizzate in moltissimi integratori per la prevenzione della cistite batterica in quanto sono capaci di competere con l’Escherichia coli (batterio nocivo, spesso responsabile di cistite) per l’adesione alla mucosa della vescica.
Contribuendo così a ridurre in modo significativo le infezioni del tratto urinario.
I cani possono mangiare i mirtilli?
La risposta è si, sono considerati dei frutti sicuri e possono essere uno spuntino salutare proprio per le innumerevoli proprietà benefiche elencate precedentemente.
Come per tutti gli alimenti nuovi, è sempre consigliabile introdurre i mirtilli gradualmente nella dieta del tuo cane per valutare eventuali reazioni avverse o intolleranze.
Ogni cane è un individuo unico e potrebbe reagire in modo diverso, alcuni cani potrebbero tollerare i mirtilli senza problemi, mentre altri potrebbero manifestare disturbi gastrointestinali o allergie.
Tuttavia essendo il mirtillo un frutto che contiene naturalmente zuccheri non bisogna eccedere.
Dosi eccessive potrebbero dare fermentazione e problemi gastrointestinali, come flatulenza e diarrea, specialmente in soggetti già predisposti.
In linea generale un cane in salute di piccola taglia può mangiare circa 3-4 bacche al giorno.
Consulta sempre il veterinario per consigli specifici sulla dieta del tuo cane. Offrire una dieta sana ed equilibrata al tuo amico a quattro zampe è un modo per prendersi cura della sua salute e del suo benessere generale.
Articolo della dott.ssa Francesca Parisi, DMV
- Pubblicato il Francesca Parisi
Tricobezoari come la nutrizione può essere un valido supporto
In questo articolo parleremo di tricobezoari nei gatti. Cosa sono?
Perché si formano?
Che conseguenze possono portare la loro formazione?
Come possiamo prevenirli e come può essere di supporto la nutrizione?
La stagione primaverile è già iniziata, le temperature sono ogni giorno più miti e tutti noi, compresi i nostri animali ci stiamo preparando al caldo torrido dell’estate.
Sia i cani che i gatti in questo periodo fanno la muta, ovvero iniziano a cambiare il pelo.
Il passaggio dal manto invernale a quello estivo produrrà molto più pelo caduco, perché verrà perso anche il sottopelo. Gli animali si preparano così ad indossare un “abito più leggero per l’estate”.
Per i gatti, vista la loro propensione naturale a leccarsi per mantenere pulito il manto, questo periodo è molto delicato perché esiste la possibilità che si formino agglomerati di pelo, che in linguaggio medico si chiamano Tricobezoari. Questi agglomerati possono portare a conseguenze più o meno gravi.
Cosa sono i tricobezoari?
Si tratta di vere e proprie “palle” di pelo, che si formano all’interno dello stomaco dopo un’eccessiva ingestione di pelo.
Gli animali più predisposti sono ovviamente i gatti, in particolar modo quelli a pelo lungo.
Il gatto infatti è un animale molto pulito e pratica più volte al giorno la toelettatura leccandosi.
La lingua del gatto è molto diversa da quella del cane, è formata da papille cheratinizzate che rendono la superficie ruvida e adatta alle operazioni di “grooming” di pulizia.
Questa praticata allontana lo sporco dal manto ma allo stesso tempo fa sì che il gatto ingerisca il pelo morto.
Ciò è del tutto normale, ma in situazioni particolari, come l’arrivo dell’estate, problemi dermatologici o gastroenterici, situazioni di stress, eccesso di pelo ingerito, può agglomerarsi formando delle vere e proprie matasse. Più o meno grandi.
Che conseguenze può portare la formazione di tricobezoari?
I segni a cui prestare attenzione sono:
- scarso interesse per il cibo
- letargia
- tentativi improduttivi di vomito o tosse stizzosa
- veri e propri conati
- stipsi
Nei casi più gravi, fortunatamente rari, la matassa di pelo progredisce lungo il tratto intestinale e può provocare occlusioni che potrebbero richiedere un intervento chirurgico.
Come possiamo prevenire i tricobezoari e come può essere di supporto la nutrizione?
Il mio primo consiglio è quello di spazzolare quotidianamente il nostro gatto, specialmente se è a pelo lungo.
Vi servirà una spazzola adatta, che non danneggi il pelo sano e non irriti né traumatizzi la cute del gatto. Spazzolando con regolarità elimineremo più pelo morto evitando che questo venga successivamente ingerito.
Importante è anche l’attività fisica. Il movimento infatti aiuta a regolarizzare in modo naturale il transito intestinale.
È inoltre essenziale che il gatto abbia una buona idratazione, per questo è preferibile alimentarlo con una dieta umida commerciale o una dieta fresca casalinga.
La dieta dovrà essere facilmente digeribile e contenere il giusto apporto di fibre che aiuteranno a mantenere regolare il transito intestinale.
Quale fonte di fibra scegliere?
Per un corretto transito e aiutare così l’eliminazione di boli di pelo l’ideale è dare un mix di fibra, solubile ed insolubile
- La fibra insolubile è quella indigeribile. Come ad esempio la cellulosa che troviamo nella crusca o nelle farine integrali che aumenta la massa fecale e normalizza così il transito e la motilità intestinale.
- Le fibre solubili invece si trovano per lo più in alimenti di origine vegetale. In particolare ne sono ricchi i legumi, la frutta e gli ortaggi. Fonte di fibra insolubile è anche lo psillio, l’inulina (es. cicoria) e la gomma di guar, queste hanno la caratteristica di formare un gel in acqua che regolarizza il transito e stimola la crescita di un sano microbiota intestinale.
Non dimentichiamoci di integrare la nostra dieta con acidi grassi polinsaturi, ovvero Omega 3 e Omega 6, essenziali per la salute cutanea e del pelo.
Infine in commercio esistono dei prodotti a base di pasta di malto, che servono a dissolvere gli ammassi di pelo ingeriti e a facilitarne così l’espulsione con le feci, tuttavia è importante non abusarne.
Ricordo che la prevenzione resta sempre l’arma vincente, spazzolate quotidianamente il vostro gatto e prendetevi cura della salute del suo intestino con una corretta alimentazione!
Articolo della Dott.ssa Francesca Parisi, DMV
- Pubblicato il Francesca Parisi
Cosa sono le proteine idrolizzate?
In questo articolo parleremo di proteine idrolizzate, cosa sono e come vengono prodotte?
C’è differenza tra prodotti monoproteici e idrolizzati? Quali sono i vantaggi nell’utilizzare cibi idrolizzati? Quando è consigliato darlo? Possono essere somministrati per tutta la vita o ci sono dei rischi?
Negli ultimi anni sempre più aziende mangimistiche per animali da compagnia si sono specializzate nella produzione di alimenti costituiti da proteine idrolizzate.
Questo tipo di alimento viene spesso scelto dal medico veterinario come prima opzione in tutti quei casi in cui si sospetta una reazione avversa al cibo.
Quando parlo di reazione avversa al cibo non intendo solo problemi dermatologici ma anche reazioni gastrointestinali che si possono manifestare con diversi sintomi clinici.
Cosa sono e come vengono prodotte le proteine idrolizzate?
Le proteine idrolizzate sono un insieme di amminoacidi e peptidi che si ottengono in seguito all’idrolisi di una fonte proteica, di origine animale o vegetale.
Il processo di idrolisi avviene tramite l’utilizzo di acidi o di enzimi e possiamo paragonarlo a ciò che avviene nello stomaco dei nostri animali, così come nel nostro.
Nel momento in cui gli alimenti ingeriti raggiungono lo stomaco, l’acidità presente e la produzione di enzimi specifici fa si che le proteine alimentari vengano scomposte in peptidi sempre più piccoli. Fino ad ottenere piccoli amminoacidi che verranno poi assorbiti.
Potremmo definire quindi le proteine idrolizzate come proteine “predigerite”. Per questo risultano meglio tollerate a livello gastrointestinale in quei soggetti maggiormente sensibili o con difficoltà digestive, facilitando il lavoro dello stomaco e riducendo la risposta del sistema immunitario.
Il processo di idrolisi artificiale infatti, che può essere più o meno spinto, riduce gli amminoacidi in oligopeptidi che sono piccolissime catene a basso peso molecolare.
Queste molecole sono così piccole che non vengono riconosciute come allergene dal sistema immunitario. Ciò fa si che il rischio di allergie alimentari venga ulteriormente ridotto.
Le proteine maggiormente impiegate per la produzione di questi alimenti sono dei sottoprodotti di origine animale e vegetale, per lo più proteine che derivano dal pollo e dalla soia. Del pollo le parti che solitamente vengono utilizzate sono le penne e le piume. Materia prima molto vantaggiosa dal punto di vista economico per le aziende in quanto prodotto di scarto, perché non utilizzabile per altri scopi.
C’è differenza tra i prodotti commerciali monoproteici ed idrolizzati?
Assolutamente sì, come già affrontato in questo articolo. Il cibo monoproteico è così chiamato perché composto da una singola proteina di origine animale, proteina non trattata con il processo dell’idrolisi. Quindi in casi di reazione avversa al cibo o di particolari allergie, il cibo monoproteico potrebbe non essere la scelta migliore come prima opzione per iniziare una dieta ad eliminazione o privativa.
Quando è consigliato dare un cibo idrolizzato?
Le proteine idrolizzate sono consigliate in tutti quegli animali che presentano delle allergie o delle intolleranze alimentari, ancor più in quei soggetti che hanno problemi di digestione o patologie gastrointestinali specifiche.
Queste proteine, visto il pretrattamento di idrolisi vengono facilmente digerite ed assorbite. Inoltre visto il basso peso molecolare non si comportano come allergeni, quindi utilissime da un punto di vista diagnostico.
Possono essere somministrate per tutta la vita o ci sono dei rischi?
Il cibo idrolizzato dovrebbe essere dato principalmente a scopo diagnostico. Solitamente per circa 8 / 12 settimane o per un tempo utile fino a quando la sintomatologia clinica, parlando principalmente di problemi gastrointestinali e cutanei, scompare.
Se dopo questo tempo il cane o il gatto non presenta più reazioni indesiderate, possiamo dire che con molta probabilità aveva una reazione avversa al cibo. Molte persone e famiglie a questo punto, risolti i problemi più evidenti, preferiscono fermarsi, confondendo l’assenza di sintomi con il benessere del soggetto.
Il passo successivo che consigliamo sempre invece è quello di iniziare le prove di scatenamento, ovvero reintrodurre con uno schema preciso e dettagliato in modo graduale gli alimenti. Cercando così di capire qual è l’allergene alimentare scatenante la reazione avversa.
La maggior parte delle aziende scrive che questo cibo può essere dato per l’intera vita del cane o del gatto, ad eccezione di alcune patologie che purtroppo a volte possono essere concomitanti nello stesso animale, per le quali invece è sconsigliato. Come ad esempio in corso di pancreatite- iperlipidemia- problemi epatici o problemi alle basse vie urinarie.
In questi casi è ancora più importante conoscere a quale alimento il vostro animale è sensibile. Per poter così dare un’alimentazione adeguata e di supporto per le patologie che lo affliggono.
Cibo idrolizzato tutta la vita?
Come abbiamo visto, le aziende ci dicono che il cibo idrolizzato può essere dato tutta la vita. Ma, che tipo di cibo stiamo dando ai nostri animali? Queste proteine, che solitamente sono costituite da scarti come materia prima di partenza, subiscono diversi passaggi di lavorazione prima di arrivare alla forma idrolizzata, potenzialmente diventando un prodotto con scarso valore nutrizionale.
In conclusione, ogni animale è un caso a se stante, non esiste la dieta ideale in assoluto, ma bisogna cercare di elaborare la dieta ideale per ogni singolo soggetto. Se l’alimentazione idrolizzata è l’unica con la quale il nostro cane o gatto riesce a stare bene, può essere una soluzione accettabile, anche se non ci esime da cercarne altre, senza “parcheggiarci” in una soluzione apparentemente comoda.
Nutrire è molto di più infatti e questi alimenti rappresentano nel tempo quanto meno uno scarsissimo stimolo di sapori e consistenze.
Non dargli solo da mangiare….Nutrilo!
Articolo della dott.ssa Francesca Parisi, DMV
- Pubblicato il Francesca Parisi
I cani possono mangiare le Castagne?
I cani possono mangiare le castagne? Si pensa in genere che le castagne siano tossiche per loro, ma non è così. O meglio questa non è una verità assoluta!
In questo articolo vediamo infatti qual è il modo migliore di somministrare le castagne al vostro cane, con quali benefici, per quali cani è preferibile evitarle.
E poi impareremo a conoscere le “castagne matte”, quelle sì tossiche sia per gli animali che per noi!
I cani possono mangiare le castagne?
Perché parlarne proprio ora? Perché con l’arrivo dell’autunno si è aperta ufficialmente la stagione delle caldarroste!
Questo frutto così buono può essere dato anche ai nostri amici con la coda?
Direi di sì, ma con le giuste precauzioni. Vediamo quali.
Per prima cosa, anche se può sembrare ovvio, le castagne devono essere pulite soprattutto se le abbiamo raccolte noi. Va quindi eliminato il guscio esterno, ovvero il riccio, ed una volta eliminato possono essere cotte.
Cotte o crude?
Le castagne crude possono essere molto difficili da digerire per i cani, quindi è sempre consigliabile cuocerle.
A questo proposito va benissimo qualsiasi tipo di cottura. In forno, arrosto, con bollitura, purché siano cotte senza l’aggiunta di zuccheri o cioccolato.
Sono assolutamente banditi quei buonissimi marroni ricoperti di glassa al cioccolato o le castagne candite!
Per quanto riguarda il sale invece non ci sono problemi, le castagne cotte con poco sale possono essere date.
Sono da bandire invece, o meglio bisogna stare molto attenti, anche i mix di frutta secca.
Potrebbero infatti contenere frutti tossici, come ad esempio le noci di macadamia (per approfondire leggi anche qui).
Tutti i cani possono mangiare le castagne?
Io direi di no, e vediamo perché.
Le castagne sono degli ottimi snack.
Di contro però, oltre ad essere ipercalorici perché ricchi in carboidrati, contengono anche una considerevole quantità di fibra fermentescibile.
Ecco perché bisogna fare attenzione a non esagerare con le dosi in cani in sovrappeso: in 100 grammi di castagne ci sono circa 160 kcal! Per darvi un’idea la medesima quantità di due fette di pane bianco belle grandi!
Dobbiamo fare molta attenzione anche ai soggetti particolarmente delicati con l’intestino, o che soffrono di problemi intestinali cronici. La quantità di fibra che contengono infatti potrebbe dare fastidio e peggiorare lo stato di salute.
Quante castagne possiamo dare?
Per un cane di taglia piccola possiamo dare una castagna. Cani di taglia media possono mangiarne un paio, per i cani di taglia grande possiamo arrivare anche a quattro.
Facciamo attenzione però nel darle, perché se ingerite intere potrebbero causare soffocamento.
Quindi è preferibile sempre tagliarle in piccoli pezzi!
Inoltre si raccomanda sempre di non esagerare e di non darle tutti i giorni, perché anche cani perfettamente in salute potrebbero risentire per la quantità di fibra presente.
Potrebbero avere flatulenza, o in casi più gravi anche diarrea e vomito.
Tutte le castagne sono commestibili?
Attenzione, perché non tutte le castagne lo sono!
Esistono infatti le così dette “castagne matte”.
Si tratta dei semi dell’ippocastano. Una pianta utilizzata a scopo ornamentale frequente lungo viali, strade e parchi.
Il loro riccio è verde ed all’interno contiene una castagna tonda, più grossa e lucida del normale.
Queste castagne, molto note in fitoterapia per la presenza di alcuni principi attivi, sono però tossiche se ingerite.
Sia per noi che per i nostri amici a 4 zampe. Contengono infatti saponina, una sostanza irritante che provoca vomito e diarrea ed in base alle quantità ingerita può provocare anche problemi renali.
Il consiglio quindi è di stare molto attenti ai cani quando li portiamo in passeggiata in parchi dove sono presenti queste piante.
Potrebbero infatti mangiarle se le trovano in terra.
Se dovesse accadere è meglio contattare il vostro veterinario di fiducia, che vi indicherà cosa è meglio fare in base alla situazione!
Articolo della dott.ssa Francesca Parisi, DMV
- Pubblicato il Francesca Parisi
Acidi grassi essenziali Omega-3 e Omega-6 per cane e gatto. Perché sono importanti?
In questo articolo parliamo dell’importanza degli acidi grassi essenziali Omega-3 e Omega-6 nell’alimentazione del cane e del gatto, partendo da cosa sono, quali sono quelli essenziali, cosa sono gli Omega-3 e quali devono essere integrati.
Sentiamo parlare spesso di quanto sia importante integrare la nostra alimentazione con acidi grassi essenziali, ovvero gli Omega 3 ed Omega 6.
Questo argomento riscuote molto interesse anche da parte dei proprietari di animali che si chiedono e mi chiedono se anche per i nostri amici a quattro zampe sono così importanti.
Cosa sono? Perché vengono definiti “essenziali”? Quali sono e a cosa servono? E ancora, quali sono le migliori fonti che possiamo utilizzare per integrare la dieta?
Cosa sono gli acidi grassi?
Gli acidi grassi sono componenti fondamentali dei lipidi, comunemente chiamati grassi ed in natura li ritroviamo in forma solida o liquida in base alla loro struttura chimica. Inoltre queste molecole contengono il doppio dell’energia rispetto ai carboidrati e alle proteine: ciò rende il grasso la forma più efficiente per gli organismi viventi di immagazzinare energia.
In generale, gli acidi grassi vengono classificati chimicamente in saturi, molecole stabili prive di doppi legami tra carbonio e carbonio e insaturi. Questi ultimi sono molecole più reattive, costituite da doppi legami e per questo a loro volta classificati in monoinsaturi con un solo doppio legame e polinsaturi con due o più doppi legami.
Tra tutti gli acidi grassi, ne esiste una categoria chiamata ESSENZIALE ovvero degli acidi grassi che non vengono sintetizzati dall’organismo e che quindi devono necessariamente essere introdotti con la dieta.
Quali sono gli acidi grassi essenziali?
Gli acidi grassi essenziali per cane e gatto sono:
- L’Acido Linoleico (LA) che è un omega 6, precursore dei cheratinociti, importanti per mantenere sana la pelle e il pelo, una loro carenza provoca indebolimento delle mucose
- L’Acido Alfa Linolenico (ALA) è un precursore delle forme attive ( EPA e DHA) degli omega 3
- L’Acido Arachidonico (AA) anche questo un omega 6, precursore delle prostaglandine, importanti nei processi coagulativi e infiammatori, per tale ragione vengono definiti pro-infiammatori. Questo acido grasso è essenziale solo per il gatto in quanto è carente dell’enzima delta-6-desaturasi che nelle altre specie consente la produzione endogena a partire dall’acido linoleico. L’Acido Arachidonico è presente prevalentemente nei grassi di origine animale: questo dimostra che i gatti devono essere considerati come carnivori obbligati.
Gli Omega 3
Gli acidi grassi essenziali della serie Omega-3 svolgono diversi importanti ruoli nel mantenimento della salute dei cani e dei gatti.
Prima di tutto gli Omega-3 hanno un’azione anti-infiammatoria e per questo motivo hanno un effetto benefico in tantissime patologie. Inoltre gli Omega-3 hanno svolgono una funzione strutturale, ovvero vanno a formare le pareti cellulari, rendendole più fluide e permettendo quindi alla cellula di comunicare meglio con l’ambiente intorno a sé (pensate quanto è importante questo per i neuroni, cellule del sistema nervoso centrale!).
Gli Omega-3 sono un aiuto importante per i problemi cutanei, come in caso di dermatiti, in quanto agiscono sul controllo del prurito e migliorano lo stato della cute e del pelo.
Nelle malattie renali inoltre gli acidi grassi essenziali Omega-3 riducono i sintomi dell’insufficienza renale cronica, come la proteinuria (perdita di proteine con le urine). Contrastano l’ipertensione e l’infiammazione renale. E ancora:
- Nelle patologie cardiache riducono la tendenza alla fibrillazione atriale, migliorano la circolazione venosa, mitigano le aritmie cardiache.
- Nelle patologie articolari sono utili per controllare l’infiammazione, migliorano la mobilità articolare e contrastano la progressione della malattia.
- Importanti anche nei soggetti obesi in quanto accelerano il metabolismo corporeo, riducono i livelli del colesterolo nel sangue, aumentando le difese immunitarie.
- Hanno un ruolo molto importante anche nel miglioramento e nello sviluppo delle funzioni cognitive e neurologiche, quindi ottimo sia nei cuccioli o gattini in crescita che in soggetti anziani
- In umana diversi studi suggeriscono un’azione coadiuvante nel controllo di diverse patologie tumorali
Quali Omega 3 scegliere per cane e gatto?
La famiglia degli Omega tre è numerosa quelli di particolare importanza sono gli EPA ( l’acido eicosapentaenoico ) e i DHA (l’acido docosaesaenoico).
Gli EPA e i DHA sono le vere forme attive anti-infiammatorie e a funzione strutturale, quindi le forme utili per la salute del cane e del gatto. E anche per la nostra!
Le migliori fonti per integrare la dieta con EPA e DHA sono il pesce , l’olio di pesce e perle specifiche di Omega-3 (provenienti da olio di pesce, krill o alghe marine purificato).
Attenzione agli oli vegetali come l’olio di lino, ricco di “ALA” (Acido Alfa Linolenico), un acido grasso essenziale della serie Omega-3 di origine vegetale. Si tratta di un precursore delle forme attive ( EPA-DHA) ed i nostri amici a 4 zampe hanno una scarsissima o quasi nulla, capacità di convertirlo nella sua forma attiva.
Inutile quindi dare integratori contenenti Omega-3 di origine vegetale pensando che possano andare a svolgere le medesime funzioni degli Omega-3 da pesce o krill. Possiamo utilizzare gli Omega-3 di origine vegetale nel cane e nel gatto, ma non con le medesime funzioni di EPA e DHA. Unica eccezione sono gli Omega-3 estratti da alghe, che pur essendo di origine vegetale, contengono effettivamente le forme attive EPA e DHA.
Pesce o perle: quale è la miglior fonte di Omega-3 per cane e gatto?
Per quel che riguarda la fonte pesce, anche qui non sono tutti uguali. Quelli più grassi come le sarde pescate in mare ne hanno una quantità maggiore rispetto ai pesci magri (il merluzzo ad esempio). Il salmone di allevamento, che non ha vissuto della normale catena alimentare del salmone selvaggio, potrebbe ad esempio contenerne basse quantità invece.
Occhio anche alla cottura inoltre, in quanto EPA e DHA sono sensibili alle alte temperature. Se il pesce quindi viene dato cotto è possibile che una parte degli acidi grassi sia andata persa.
Inoltre, si deve considerare che se anche i pesci più grassi ne contengono una maggiore percentuale, la quantità non sarà sufficiente. Infatti ne serve una grande quantità per coprire il fabbisogno utile ad un cane o un gatto sano come prevenzione o trattamento di patologie.
Se vi trovate a scegliere fra l’olio di pesce e le perle, consigliamo sempre le perle, perché sono più sicure. Subiscono infatti dei processi di lavorazione che garantiscono la purezza del prodotto.
Ma attenzione: in commercio ne esistono davvero di tanti tipi. Leggiamo le etichette facendo attenzione alla quantità di EPA e DHA presente: se la percentuale o grammatura non è specificata, meglio scegliere un altro prodotto.
Inoltro consiglio di acquistare perle dove venga specificata l’assenza di metalli pesanti o sostanze nocive.
E per la dose degli Omega-3 per cane e gatto?
Non esistono delle regole precise e fisse per sapere quanti Omega-3 deve prendere il nostro cane o gatto. La dose infatti dipende dal soggetto. In particolare dobbiamo considerare:
- età
- stato di salute
- tipo di patologia se presente
- alimentazione che si sta seguendo.
Quindi come sempre consiglio di chiedere al vostro medico veterinario nutrizionista che saprà consigliarvi senza generalizzare, focalizzandosi sul singolo paziente e sulle sue necessità.
Articolo della Dott.ssa Francesca Parisi, DVM
- Pubblicato il Francesca Parisi
Reazioni avverse al cibo, qual è la dieta da prediligere?
Piccolo excursus sulle Reazioni avverse al cibo. Quale dieta è da prediligere?
Quali test diagnostici possono essere utilizzati? Andiamo a scoprirlo!
Cercheremo di fare un po’ di chiarezza sull’importanza del ruolo del medico veterinario nutrizionista in un corretto iter diagnostico per individuare gli alimenti responsabili di reazione avverse.
Sempre più spesso sentiamo parlare di cani e gatti allergici o intolleranti al cibo. Molti alimenti vengono banditi proprio perché si suppone siano i responsabili di diversi disturbi che possono spaziare da problemi dermatologici a problemi gastrointestinali. Ma è davvero l’alimento il solo responsabile?
Allergie e intolleranze: razze e fattori di predisposizione
Negli ultimi anni Il numero degli animali allergici o intolleranti è sempre più in aumento. I primi sintomi possono comparire a qualsiasi età, anche se nei cani il 30% dei soggetti manifesta le prime reazioni allergiche durante il primo anno.
Le cause di questo aumento sono ancora da chiarire. Si sospetta, come in medicina umana che ci sia una correlazione tra l’ambiente e quello che mangiamo ogni giorno, oltre ovviamente alle predisposizioni genetiche.
Le razze maggiormente predisposte sono: Bassotti, Boxer, Dalmata, Cocker Spaniel, Sharpei, Pastore Tedesco. Ma anche Barboni, Labrador e Golden Retriver, Collie, Shnauzer nano, Lhasa apso e gatti Siamesi.
Un altro fattore è rappresentato da patologie gastroenteriche nei soggetti entro l’anno di età, che vengono colpiti da patologie virali, parassitarie o batteriche a livello gastroenterico. In questi animali si ha un’alterazione della barriera intestinale con perdita di tolleranza immunitaria. Hanno cioè l’incapacità di tollerare gli alimenti che sono stati dati nel momento in cui c’era in atto la patologia, creando così una reazione infiammatoria persistente.
Allergia e intolleranza, qual è la differenza?
Entrambe sono delle reazioni avverse al cibo le così dette RAC. Possono determinare quadri clinici diversi, dalla diarrea al prurito.
Con il termine allergia indichiamo una reazione in cui viene coinvolto il sistema immunitario. L’allergene innesca una serie di reazioni a catena che possono sfociare in un episodio di anafilassi.
Con l’intolleranza alimentare invece non c’è interessamento del sistema immunitario. Si tratta di reazioni metaboliche, come ad esempio incapacità a digerire il lattosio o l’amido. Rientrano in questa categoria anche le intossicazioni alimentari (ne parlo anche in quest’articolo).
In medicina veterinaria l’intolleranza alimentare è quella che si riscontra maggiormente. Si manifesta molto spesso con vomito e diarrea, mentre le allergie alimentari sono anche accompagnate da problemi cutanei. Come prurito, otiti, ponfi, oltre alle manifestazioni gastriche.
Reazioni avverse al cibo. Come fare diagnosi di allergia o intolleranza alimentare?
Fino ad oggi non esistono dei test ematologici affidabili, in quanto è scientificamente provato che è normale trovare nel sangue IgE e IgG nei confronti di cibi comunemente ingeriti, senza che questi abbiano necessariamente una correlazione con i sintomi di reazione avverse all’alimento.
Un altro test diffuso ma poco diagnostico, è il test di citotossicità. Purtroppo non è attendibile: se ripetuto in tempi diversi sullo stesso animale da risultati contrastanti, con un numero elevato di falsi positivi e negativi.
Come facciamo dunque ad individuare quale alimento è il colpevole? Ecco dove entrano in gioco i medici veterinari nutrizionisti.
L’ alimentazione casalinga infatti, utilizzando una così detta dieta ad eliminazione, è ad oggi l’approccio diagnostico più affidabile. Siamo sicuri che gli alimenti che scegliamo di somministrare siano privi di contaminazioni crociate o di additivi, spesso responsabili di allergia.
Cos’ è una dieta ad eliminazione?
Consiste nel dare al nostro animale un cibo con un’unica fonte proteica e un’unica fonte di carboidrato.
Per una corretta dieta ad eliminazione si dovrebbero scegliere alimenti che l’animale non ha mai mangiato prima. Il condizionale è d’obbligo, perché in molti casi è difficile da individuare. Capita spesso infatti che le famiglie, prese dalla disperazione, provino tantissimi alimenti. In commercio se ne trovano davvero di tutti i gusti! Il lavoro del nutrizionista in questi casi è più complicato. Si darà comunque la precedenza agli alimenti che il cane o il gatto hanno mangiato più raramente nella loro vita.
Una dieta privativa dura circa dalle 8 alle 12 settimane, dipende dal caso clinico, spesso e per fortuna i miglioramenti iniziano a vedersi prima.
Durante questo periodo è importante non dare nulla di extra dal piano dieta. Qualsiasi fuori pasto potrebbe infatti vanificare tutto quello che è stato fatto fino a quel momento, dovendo così ricominciare da capo a contare i giorni per completare il percorso.
Una dieta ad eliminazione non è una dieta che può essere fatta per sempre, in quanto spesso risulta difficile poterla bilanciare in modo corretto. Proprio perché alcuni alimenti/ integratori non possono essere dati.
Quindi dopo il periodo di privazione inizierà una seconda fase, con la reintroduzione degli alimenti, uno alla volta. Per valutare se il cane o il gatto manifestano delle reazioni avverse.
Una volta stabilito a quale alimento l’animale è allergico, verrà impostata una dieta di mantenimento con le fonti sicure.
Reazioni avverse al cibo. E per quanto riguarda gli alimenti commerciali?
In commercio esistono diversi alimenti monoproteici, ma sono in genere sconsigliabili per una dieta privativa a fini diagnostici. Esiste infatti un rischio di contaminazioni crociate durante la lavorazione, oltre al fatto che l’etichetta potrebbe non essere sufficientemente chiara riguardo gli ingredienti o additivi utilizzati per quel prodotto.
Gli alimenti commerciali ad uso diagnostico che potrebbero essere utilizzati invece sono quelli che contengono proteine idrolizzate. Ovvero proteine che hanno un peso molecolare così basso da non essere percepite dal sistema immunitario del nostro animale.
Anche in questo caso però bisogna fare attenzione perché può capitare nella pratica clinica di vedere diversi soggetti allergici agli acari delle derrate alimentari. Sono cioè allergici agli acari che normalmente si trovano negli alimenti secchi industriali.
Concludendo, nel caso in cui si sospettasse una reazione avversa a qualche alimento, il consiglio è di affidarsi ad un medico veterinario che saprà consigliare il miglior Iter diagnostico da intraprendere. Assolutamente no al fai da te!
Articolo della dott.ssa Francesca Parisi, DMV
- Pubblicato il Francesca Parisi
Cibi vietati per cane e gatto. Quali sono?
Quali sono i cibi vietati per cane e gatto?
Aglio e cipolla, avocado e altri alimenti sono vietati a cani e gatti. In questo articolo parliamo della tossicità di alcuni cibi e di cosa fare in caso di ingestione.
Nella quotidianità del mio lavoro mi capita spesso di dover dire ed elencare ai proprietari di pet quali cibi sono vietati. Esistono degli alimenti infatti che per loro sono tossici e come tali possono avere delle gravi ripercussioni sulla salute.
Ecco l’elenco dei cibi vietati e dei danni, a volte irreversibili, che possono causare questi alimenti in caso di ingestione. Iniziamo in ordine alfabetico.
Aglio e Cipolla, due cibi vietati per cane e gatto
Cipolle, aglio, porro e erba cipollina sono tutte piante che appartengono allo stesso genere. Sono infatti piante bulbose molto aromatiche e tanto utilizzate sulle nostre tavole.
In seguito al taglio o alla masticazione si creano dei composti solforati responsabili di emolisi, ovvero la distruzione i globuli rossi, provocando così un’anemia emolitica.
E’ sufficiente un’ingestione di circa 15-30 grammi/kg di peso corporeo per provocare la distruzione di queste fondamentali cellule del sangue.
Inoltre esistono delle razze che sono più sensibili a questi alimenti quindi raggiungono la tossicità con dosi minori, come lo Shiba Inu e l’Akita Inu.
I sintomi più frequenti sono abbattimento, debolezza, dolore addominale e vomito, se non trattati in tempo i possono peggiorare provocando pallore delle mucose o colorazione giallastra per via dell’ittero.
Per chi volesse approfondire, rimandiamo a questo articolo della collega Chiara Dissegna che ne parla in particolare.
Avocado, un frutto tossico per cane e gatto
Le diverse parti di questo frutto possono avere una tossicità diversa, perché la persina, che è la sostanza responsabile di questa tossicità, si trova in concentrazioni diverse nel frutto.
La persina ha un’azione fungicida, innocua per l’uomo ma molto pericolosa per gli animali, sia gatti che cani. L’intossicazione provoca vomito, diarrea, difficoltà respiratorie e problemi cardiaci.
Può portare a morte l’animale in 12-24 ore.
Cioccolato, Caffè e tè: gli eccitanti da non dare a cane e gatto
Tutti e tre questi alimenti hanno in comune una sostanza tossica per i nostri animali, conosciuta con il nome di Metilxantine. È responsabile dell’azione eccitante sul sistema nervoso (che ci fa “svegliare”).
In particolare nel cioccolato è presente la teobromina, in concentrazione maggiore nel cioccolato fondente.
Nel caffè troviamo invece la caffeina e nel tè la teofillina.
La sintomatologia compare in seguito all’ingestione di 20mg/kg di peso corporeo.
I sintomi principali sono neurologici come iperattività, aritmie, vomito e incontinenza.
Etanolo, no alle merendine a cane e gatto
Questa sostanza oltre a trovarsi nelle bevande alcoliche può essere presente in diversi alimenti industriali, perché utilizzata come conservante. Per fare qualche esempio, la possiamo trovare nei panini al latte, nel pandoro o nelle merendine.
L’intossicazione da etanolo può avvenire anche in seguito all’ingestione di impasto di pane o pizza crudi. Oppure di frutta troppo matura. In questo caso l’etanolo si produce in seguito alla fermentazione a livello intestinale.
La sintomatologia si ha dopo circa un’ora dall’ingestione ed è principalmente neurologica. Con atassia, tremori, incoordinazione, vomito, disidratazione ed ipotermia.
Luppolo, attenzione soprattutto per alcune razze di cani
Nelle famiglie è sempre più frequente l’usanza di produrre la birra in casa. Per farla si utilizzano le infiorescenze delle piante Humulus lupulus. I composti presenti nel luppolo che danno tossicità ai cani sono diversi tra cui resine, idrocarburi, tannini e composti azotati.
L’ingestione del luppolo è stata associata allo sviluppo di ipertermia maligna ovvero uno stato febbrile molto grave. Oltre a questo importante stato febbrile l’animale può presentare vomito, ansimare e produrre urine marroni.
Esistono delle razze che sono maggiormente predisposte all’ipertermia maligna, come il Dobermann, il Border Collie, il Greyhound, i Retriver e razze nordiche.
Noci di Macadamia: frutti secchi tossici per cane e gatto
Le noci di macadamia, pur avendo una provenienza tropicale, sono uno snack sempre più frequente sulle nostre tavole. All’interno del seme contengono glicosidi cianogenetici.
Il meccanismo di tossicità è ancora sconosciuto e la dose tossica è molto variabile. Potrebbero bastare già delle piccole quantità come 0,7g/kg di peso per dare una sintomatologia, solitamente dopo 12 ore dall’ingestione.
I sintomi più comuni sono debolezza, vomito, pallore delle mucose, sintomatologia neurologica.
Uva e Uvetta, entrambe molto comuni e tossiche per cane e gatto
Tra i cibi tossici rientrano anche uva e uvetta sia fresca che disidratata.
Il meccanismo d’azione come per le noci di macadamia rimane ancora sconosciuto anche perché sono stati riportati casi di cani che dopo l’ingestione di 1 kg di uva passa non hanno avuto sintomi ed altri casi in cui anche solo con l’assunzione di 3 grammi per ogni kg di peso corporeo, quindi un piccolissimo assaggio, hanno avuto intossicazione.
I sintomi oltre a quelli generici di vomito, diarrea e abbattimento evolvono rapidamente provocando un danno renale più o meno grave, a volte irreversibile. In questo caso i sintomi sono aumento della sete e maggiore produzione di urina oppure assenza totale di urina.
Xilitolo, no a dolcificanti per cane e gatto
Lo xilitolo è un dolcificante che viene utilizzato spesso in prodotti ad uso umano “senza zucchero”, come diversi prodotti da forno, ma anche caramelle o chewing-gum.
Nel cane l’ingestione di questo dolcificante provoca rilascio di insulina causando delle crisi ipoglicemiche. I primi sintomi sono letargia e vomito, a seguire possono manifestarsi sintomi neurologici. Il cane potrebbe iniziare a camminare in modo scoordinato (atassia), fino a crisi convulsive e coma.
Inoltre l’ingestione dello xilitolo è stato associato anche a danno epatico.
Cosa fare se il il cane o il gatto hanno ingerito uno di questi alimenti vietati?
Solitamente si consiglia di far vomitare l’animale il più tempestivamente possibile dopo l’ingestione, in modo tale da espellere le tossine e cercare così di limitarne l’assorbimento.
In generale comunque è sempre necessario che l’animale venga monitorato nei giorni successivi quindi a volte è essenziale ricoverarlo per disintossicarlo e valutare successivamente se si sono verificati dei danni agli organi.
Quindi il mio consiglio è: se avete il sospetto che sia stata ingerita una delle sostanze tossiche elencate, chiamate il vostro medico veterinario di fiducia che vi dirà come agire nel modo più corretto.
Articolo della dott.ssa Francesca Parisi, DMV
- Pubblicato il Francesca Parisi
Posso dare cibo da tavola al mio cane?
Posso dare da mangiare al mio cane quello che mangio io? Posso dare cibo da tavola al cane?
Sono domande che i proprietari fanno molto spesso ai veterinari.
In linea generale il cibo che noi mangiamo non è tossico per gli animali, ma non tutto è concesso.
In questo articolo vedremo in modo dettagliato cosa possiamo condividere con i nostri amici, tenendo sempre ben presente la loro salute ed il loro benessere.
Oggi i pet sono diventati parte integrante della famiglia e questo fa sì che spesso si abbia la tentazione di voler condividere con il nostro amico a quattro zampe pranzi, cene e snack.
Momento di condivisione e di appagamento sia per il nostro amico che per noi proprietari.
Vediamo nel dettaglio alimenti Si ed Alimenti No.
Cibo da tavola che il cane può mangiare
Il Cane discende dal lupo, di conseguenza rientrano in questa categoria sicuramente tutte le proteine di origine animale, quindi Si a Carne e Pesce.
La carne sia rossa che bianca può essere tranquillamente somministrata ai nostri cani, sia cotta, scottata che cruda (con le giuste precauzioni). Approfondiremo meglio questo argomento in futuro.
L’ unica carne che deve essere data cotta, ben cotta, è la carne di Maiale e di Cinghiale, in quanto da cruda potrebbe trasmettere una malattia mortale, chiamata Malattia di Aujeszky, detta anche pseudorabbia.
Riguardo al pesce, Sì a pesce Bianco come Merluzzo, Nasello, Platessa, Orata e Spigola. No al Pangasio perché è un pesce importato ricco di contaminanti tossici.
Vanno benissimo anche i pesci azzurri come Sarde, Alici, Sgombro e Pesce Spatola.
Attenzione a Tonno e Salmone. Per quanto super apprezzati dai nostri amici non bisogna abusarne, in quanto contaminati da metalli pesanti. Del resto anche noi bipedi dobbiamo fare attenzione al loro eccessivo consumo.
Si anche ai carboidrati, quindi Pasta, Riso altri tipi di cereali sia integrali che non e patate, da dare rigorosamente cotti.
Attenzione però, non tutte le razze riescono a digerire gli amidi. Alcune sono carenti di amilasi, enzima che serve per la digestione degli amidi. Tra queste: il Lupo Cecoslovacco, gli Akita, gli Shiba, il Samoiedo ed ebbene si anche il Barboncino.
Un altro Sì è per le Uova alimento ricco di proteine e vitamine ad alto valore biologico.
Mi raccomando, in ogni caso, fate sempre attenzione nel somministrare questi alimenti a cani che hanno particolari patologie, intolleranze o allergie specifiche.
Frutta e Verdura che il cane può mangiare ma con moderazione
La maggior parte della verdura (spinaci, bieta, cicoria, lattuga, carote, zucca, zucchina, finocchio, cetrioli, sedano) è ricca di vitamine e di antiossidanti, importanti per contrastare l’invecchiamento del nostro organismo. Quindi SÌ, possiamo darle, ma con moderazione poiché sono ricche di fibre e queste in quantità eccessive possono interferire con l’assorbimento di altri nutrienti oltre a poter provocare eccesso di fermentazione e diarree.
Tra le verdure da somministrare con attenzione rientrano anche le Crucifere, ovvero Broccoli, Cavolfiore, Cavoli e Verza che danno a causa dello zolfo che contengono fermentazioni e gas più o meno gravi.
Anche la tanto amata frutta può essere data, (ad eccezione di alcuni tipi. Più avanti dirò quali), ma sempre con moderazione, perché è un alimento ricco di zuccheri e come tale può essere dannoso per il cane, oltre a contenere anche questa una grande quantità di fibre che potrebbero fermentare eccessivamente nell’intestino.
Sempre nella Categoria della moderazione rientrano latte e formaggi che vista la presenza in essi del Lattosio, possono provocare disturbi gastrointestinali.
Cibo da tavola che il cane non può mangiare
Caramelle e gomme da masticare, contengono xilitolo che è un dolcificante altamente dannoso per il cane in quanto un’eccessiva assunzione di questo può portare ad un abbassamento dei livelli di glucosio nel sangue provocando così crisi ipoglicemica che induce una depressione del sistema nervoso centrale.
Cioccolato, cacao, tè e caffè contengono la treobomina che risulta essere tossica per i cani. Ha effetti cardiotossici e può provocare vomito, aritmie, convulsioni e persino morte. Il cioccolato fondente e quello che ne contiene di più ne bastano 50 grammi per intossicare un cane di piccola taglia.
Noci di macadamia possono essere tossiche anche a piccole dosi (4-5 noci per un cane di 10 kg), provocando vomito, tremori, febbre, debolezza agli arti posteriori, dolori addominali e problemi neurologici.
Uva e uvetta sultanina oltre ai classici sintomi di intossicazione, vomito e diarrea, possono danneggiare i reni in modo irreversibile provocando Insufficienza renale.
Aglio e cipolla contengono solfuro di allile che viene liberato nell’organismo una volta ingerito l’alimento, provocando così distruzione dei globuli rossi quindi anemia grave.
Attenzione anche agli Omogeneizzati, che sembrano alimenti innocui, ma per i nostri cani possono essere tossici perché spesso contengono cipolla. Ecco il link all’articolo in cui ne parla la dottoressa Chiara Dissegna.
Avocado foglie frutto e semi di questa pianta contengono una sostanza tossica per il nostro cane, la persina, che in base alla quantità in cui viene ingerita può dare sintomatologia più o meno grave, tra cui vomito, diarrea e distensione addominale.
Semi e noccioli sono tossici i Semi di Mela, i noccioli di Pesca, Ciliegia, Albicocca e Prugna, contengono Cianuro e possono portare al coma.
Alcool e impasto crudo di prodotti da forno contengono etanolo che provoca, vomito, diarrea, perdita della capacità motoria e squilibri metabolici.
In conclusione
Se sospettate che il vostro cane abbia mangiato uno degli alimenti messo nella lista no è consigliabile giocare d’anticipo.
Chiamate immediatamente il vostro veterinario di Fiducia che vi dirà, se lo ritiene opportuno, le modalità corrette per indurre il vomito.
Subito dopo portatelo in clinica per fare ulteriori indagini e qualora fosse necessario ricoverate il cane per monitorarlo nei giorni successivi e fornirgli tutte le cure del caso.
Articolo della Dott.ssa Francesca Parisi DVM
- Pubblicato il Francesca Parisi