I cani possono mangiare l’avocado?
Vista la crescente avocado-mania, molti si chiedono se i cani possono mangiare questo frutto. In questo articolo approfondiamo la questione della tossicità dell’avocado nel cane, quali sintomi dobbiamo aspettarci in caso di ingestione e soprattutto cosa fare in caso di intossicazione.
Sappiamo tutti che l’avocado è un frutto tropicale, ma ormai è molto diffuso anche in Italia. Per questo spesso ci si chiede se i cani possono mangiarlo oppure se rischiano intossicazioni. Su questo argomento in effetti c’è un po’ di confusione: la tossicità di questo frutto è riportata un po’ ovunque, ma è davvero così temibile? Ci sono parti che il nostro cane può mangiare? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza con questo articolo.
Avocado: frutto tossico per il cane?
L’avocado che troviamo comunemente nei nostri negozi un po’ tutto l’anno è il frutto di una pianta centroamericana (Persea americana). Pur trattandosi di un frutto, ha una composizione molto diversa dagli altri frutti che conosciamo. L’avocado è composto infatti di poca acqua (almeno un 15% meno di una mela per esempio), è povero di zuccheri, mentre è estremamente ricco di grassi. L’avocado contiene così tanti grassi che è presente in commercio anche l’olio di questo frutto, particolarmente ricco di vitamina E, antiossidanti e grassi polinsaturi.
Sì, mi direte, ma il cane può godere di tutti questi effetti benefici oppure no?
In effetti comunemente l’avocado è elencato fra gli alimenti tossici per cani. La pianta infatti, per difendersi dai parassiti, produce una tossina chiamata persina. La persina si trova in particolare nelle foglie, nella corteccia e nella buccia. Anche se in misura minore, la persina si trova anche nella polpa del frutto e per questo l’avocado viene solitamente considerato un frutto tossico per cani.
Cosa succede se il cane mangia avocado
Non sono molti i report a livello mondiale di tossicità da avocado per il cane. Al momento una review scientifica del 2020 ha identificato solamente due segnalazioni datate 1994. La tossicità da avocado è invece molto più comune in altre specie animali erbivore, dato che è più probabile che consumino le parti più tossiche della pianta.
Nei due casi riportati, i cani che erano stati intossicati dall’avocado presentavano sintomi clinici come vomito, diarrea dovuta ad irritazione del tratto gastroenterico, distensione dell’addome, intolleranza all’esercizio e affanno respiratorio.
A degli esami più approfonditi questi cani avevano in effetti sviluppato un’insufficienza cardiaca e purtroppo non sono riusciti a sopravvivere.
Cosa fare in caso di intossicazione
Dato che i report di tossicità nel cane sono davvero pochi (immaginate: due in tutto il mondo negli ultimi 30 anni!) è difficile dire quale sia effettivamente la dose letale per un cane. Sicuramente, come abbiamo detto, ci dobbiamo preoccupare specialmente se il nostro cane ha mangiato la buccia, le foglie o il seme dell’avocado. La polpa, dato il suo basso contenuto di persina, non dovrebbe portare ad un’intossicazione acuta.
Se il nostro cane ha mangiato avocado comunque è buona norma recarci immediatamente dal veterinario di fiducia, che valuterà cosa fare in base alla sintomatologia. Fondamentale sarà poter riferire al nostro veterinario cosa ha effettivamente mangiato, se ad esempio ha mangiato il frutto intero con tutta la buccia e il seme oppure solamente la polpa interna.
Bisogna essere tempestivi: se avete dubbi, non attendete che il vostro cane presenti sintomi respiratori o intestinali. Recatevi immediatamente dal vostro medico veterinario per avere le migliori possibilità di riuscita.
Una riflessione personale
Voglio chiudere questo articolo con un pensiero un po’ personale. Come tutte le leggende metropolitane, per molto tempo è stato detto semplicemente “l’avocado è tossico per il cane”. Approfondendo, come abbiamo fatto noi con questo articolo, molte persone hanno scoperto che la polpa di questo frutto può essere data al cane senza eccessivi rischi.
Ecco, personalmente non mi pare però una buona idea. Prima di tutto perché seppur minimo il rischio di tossicità esiste. Non possiamo mai sapere prima la sensibilità del nostro cane ad una tossina e sinceramente mi sembra un po’ come “giocare col fuoco”.
Secondo poi la domanda è perché dovremo dare questo frutto, che proviene da così lontano? È vero, ha delle interessanti proprietà nutrizionali, ma abbiamo tanta altra frutta locale che possiamo dare al nostro cane, senza nessun pericolo. L’enorme consumo di avocado nei paesi industrializzati nasconde delle ombre da non trascurare. L’impatto ambientale della coltivazione di questo frutto nei paesi del Centro America è notevole. Intere foreste sono state convertite a monoculture di avocado. Oltre alla deforestazione, l’enorme quantità di acqua che si richiede per produrre questo frutto (più di 240 litri per ottenere solamente 2 o 3 avocado), porta ad ingiustizie sociali. L’acqua viene infatti tolta alle persone delle zone rurali dove questa pianta viene coltivata, per essere dirottata nelle piantagioni.
Insomma personalmente non credo che per fare contento il nostro cane sia necessario tutto questo. Oltretutto con il rischio di intossicarlo! Tifo molto di più per frutta locale, coltivata nel nostro Paese e senza rischio alcune. A voi la scelta, ovviamente!
Articolo della dott.ssa Maria Mayer, DMV, PhD per Kodami
- Pubblicato il Maria Mayer
Olio di cocco vergine per il gatto
In passato demonizzato per il suo contenuto in acidi grassi saturi, l’olio di cocco è stato ad oggi riabilitato e per le sue particolari proprietà è spesso utilizzato dai medici veterinari nutrizionisti nell’alimentazione del gatto.
Vediamone nel dettaglio caratteristiche, benefici e come utilizzarlo.
Di cosa si tratta?
L’olio di cocco si ricava dai frutti della pianta del cocco (Cocus nucifera).
Da sempre fa parte della tradizione culinaria di alcuni paesi come l’India o il Brasile e più di recente è diventato facile trovarlo anche nei nostri supermercati. Spesso utilizzato in preparazioni etniche o dolci conferisce al cibo il tipico aroma di cocco.
Si presenta solido se la temperatura è inferiore ai 24°C mentre nella stagione più calda assume una consistenza oleosa.
I benefici dell’olio di cocco nel gatto
Per quali motivi utilizzare l’olio di cocco nella dieta del gatto? L’olio di cocco è ricco di acidi grassi saturi a media catena o MCT (Medium Chain Triglycerides), in particolare acido laurico, caprico e caprilico.
Questa categoria di grassi ha la caratteristica di essere “pronta all’uso” in quanto non necessita degli acidi biliari per essere digerita. Per questo motivo è un’ottima scelta in tutti quei gatti con problematiche digestive o epatiche.
È stata inoltre dimostrata l’attività trofica di questi acidi grassi verso le cellule della mucosa intestinale. Rappresentano cioè un nutrimento immediato per le cellule dell’intestino del gatto.
Questo rende l’olio di cocco particolarmente adatto in corso di patologie infiammatorie intestinali, purtroppo sempre più diagnosticate nel gatto.
Non solo: un intestino in equilibrio, non infiammato, avrà effetti benefici sull’intero organismo del gatto e in particolare sul sistema nervoso. Grazie all’esistenza di quello che viene chiamato asse intestino-cervello.
Se somministrato per periodi di almeno 4 settimane noteremo anche un miglioramento del pelo dell’animale, che apparirà più lucido e morbido. Sostiene inoltre il sistema immunitario.
Se applicato con costanza direttamente sui denti ritarda la formazione del tartaro, anche se non tutti i gatti potrebbero gradire quest’operazione (in questo caso meglio evitare di stressarlo quotidianamente).
Cosa controllare sull’etichetta quando si acquista
Ora che ne abbiamo scoperto i benefici vediamo come scegliere il migliore per il nostro gatto.
In commercio si possono trovare ormai svariati tipi di olio di cocco, ma è importante scegliere olio di cocco ad uso alimentare (attenzione perché esiste anche quello ad uso cosmetico, ottimo per i nostri capelli, meno per i nostri gatti!). Meglio che sia vergine, spremuto a freddo e possibilmente biologico.
Perché questi termini sono importanti?
Per produrre l’olio di cocco la noce di cocco viene aperta, pulita e la polpa viene separata dall’involucro esterno fibroso. La polpa viene quindi fatta essiccare e tramite un espulsore o pressa a basse temperature viene estratto meccanicamente l’olio.
Da questo procedimento deriva la denominazione di pressato a freddo che si differenzia da altre tecniche che sfruttando fonti di calore per l’estrazione non permettono di ottenere un prodotto di pari qualità.
L’olio ottenuto dalla pressatura a freddo si definisce vergine se non viene sottoposto ad altri processi chimici di raffinatura, sbiancatura o deodorizzazione.
Evitate quindi quando scegliete l’olio di cocco per il vostro gatto quelli che in etichetta presentano le diciture deodorato, raffinato o sbiancato.
L’olio di cocco deidrogenato invece è processato in modo da renderlo solido fino a temperature di 36-40°C ma con questo processo alcuni acidi grassi vengono trasformati in acidi grassi trans, negativi per l’organismo dell’uomo e anche del gatto.
Anche l’olio di cocco deidrogenato è quindi da evitare.
Come darlo al gatto
Ogni gatto ha i suoi gusti! Alcuni amano l’olio di cocco per cui potrete darglielo anche da solo mentre per altri sarà necessario mescolarlo con il cibo.
Per i palati più difficili in farmacia o online è possibile trovare anche l’MCT oil, un olio di cocco “purificato” e quindi un vero e proprio concentrato di acidi grassi a media catena.
Quando NON utilizzarlo
Non ci sono particolari controindicazioni sull’utilizzo dell’olio di cocco nelle dosi prescritte se non dal punto di vista calorico.
Non dimentichiamoci che l’olio di cocco è pur sempre una fonte di grassi e al pari degli altri olii vegetali contiene circa 800 kcal in 100 gr.
È importante non eccedere: per un gatto sano mezzo cucchiaino al giorno (circa 2 gr) è sufficiente.
In caso di gatti in sovrappeso invece la somministrazione di una fonte extra di grassi potrebbe compromettere il ritorno al peso forma, fondamentale per mantenere il nostro gatto in salute il più a lungo possibile.
Attenzione anche nei gatti molto sedentari, passare dal normopeso al sovrappeso soprattutto nei gatti indoor è veramente facile mentre il processo inverso spesso non lo è.
Se aveste dubbi su quale sia il peso ideale del vostro gatto chiedete sempre un parere al vostro medico veterinario.
Articolo della dott.ssa Denise Pinotti, DMV
- Pubblicato il Denise Pinotti
Nutraceutica in oncologia veterinaria
Il termine nutraceutica è stato coniato nel 1989. Un neologismo ottenuto fondendo tra loro Nutrizione e Farmaceutica.
I nutraceutici sono composti chimici bioattivi, ottenuti da fonti naturali, con interessanti attività farmacologiche.
Raramente si trovano negli alimenti in quantità sufficienti a raggiungere dosaggi terapeutici, per questo ci vengono in aiuto moderne tecnologie in grado di concentrarli e renderli maggiormente biodisponibili.
Anche la nutraceutica in veterinaria sta riscuotendo grande interesse e sta rivelando grandi potenzialità in molti ambiti, in particolare in oncologia.
Nutraceutica in veterinaria
Le sostanze nutraceutiche più comunemente sono derivate da piante, alimenti e fonti microbiche.
Il loro impiego in medicina umana si perde lontano nel tempo: tradizioni di cura come l’Ayurveda e la Medicina Tradizionale Cinese utilizzavano il potere curativo degli alimenti già cinquemila anni fa.
Nel tempo molte sostanze sono state impiegate anche per la cura degli animali.
Con un interesse crescente negli ultimi decenni anche a causa del ben noto fenomeno dell’antimicrobico resistenza.
I nutraceutici infatti sono in grado di modulare efficacemente alcune funzioni degli organismi animali, migliorarne la fisiologia, svolgere un ruolo preventivo su molte patologie e integrarne l’alimentazione.
Nutraceutica in oncologia veterinaria
Una disciplina che sta scoprendo la validità di un approccio integrato, in particolare della nutraceutica, è senza dubbio l’oncologia. Sia in medicina umana che veterinaria.
Sono moltissimi i fito-ingredienti con un notevole potenziale antitumorale. Tra questi senz’altro la curcumina, il resveratrolo, la quercetina, la genisteina e l’epigallocatechina gallato.
Un articolo pubblicato nel 2019 su Critical reviews in eukaryotic gene expression ha valutato la validità di nuove tecnologie per rendere più efficaci queste sostanze.
In particolare lo studio analizza i nutraceutici incapsulati in nanoparticelle polimeriche biocompatibili e biodegradabili, che hanno evidenziato risultati straordinari in termini di solubilità, assorbimento, biodisponibilità e potenziale antitumorale rispetto ai nutraceutici da soli o in altri sistemi di somministrazione.
Curcuma e curcumina
La curcumina, potente antiossidante e antinfiammatorio contenuto nella Curcuma, è stata ampiamente studiata.
Ha dimostrato di avere effetti antitumorali ottimali dopo l’integrazione in nanoparticelle.
Una volta raggiunto l’intestino tra l’altro numerosi microrganismi del microbiota trasformano la curcumina in metaboliti ancora più attivi. Con un’importante azione neuroprotettiva.
Senza dimenticare gli effetti regolatori sul microbiota stesso, l’efficacia su numerose patologie del sistema cardiocircolatorio, l’uso promettente nel trattamento del diabete mellito di tipo 2, solo per citarne alcuni.
Tra l’altro gruppi di ricercatori indiani negli anni ’70 sono stati i primi a condurre studi su questa sostanza. Hanno indagato e confermato il ruolo ipocolesterolemizzante della curcumina su gruppi di ratti.
In ambito oncologico la curcumina è guardata con grande interesse per la potente attività immunomodulatoria e antiossidante, oltre all’attivazione della caspasi-3 (gruppo di proteine in grado di portare le cellule all’apoptosi).
Conclusione
Una trattazione completa dell’argomento, data anche la vastità ed importanza, esula dalle possibilità e dallo scopo di questo articolo.
Resta il fatto che si tratta di un argomento di estremo interesse per i medici veterinari che vogliano ampliare le proprie conoscenze in termini di integrazione dei saperi in medicina e approfondire le opportunità terapeutiche in oncologia.
Un ambito di studio di grande rilevanza nel quale la nutraceutica può assumere un ruolo di rilievo.
Articolo della dott.ssa Cinzia Ciarmatori, DMV dal blog di Webinar4Vets
- Pubblicato il Cinzia Ciarmatori
Alimentazione e sistema immunitario: esiste una correlazione?
L’alimentazione, si sa, è un valido supporto per molte funzioni dell’organismo. Ma esiste anche una correlazione fra l’alimentazione ed il sistema immunitario?
È possibile attraverso la dieta sostenere ed aumentare le difese immunitarie?
Il nostro compito nei confronti dei nostri animali è prendercene cura al meglio e garantire la migliore e più lunga vita possibile. Parte fondamentale di una salute forte è il sistema immunitario, che ci aiuta a restare in forma e prevenire l’insorgenza delle malattie.
Cos’è il sistema immunitario?
Il sistema immunitario è un insieme di organi e tessuti che comunicano fra di loro, come un’unica rete, grazie a segnali biochimici.
Ha il compito di proteggerci da eventuali “attacchi” esterni o malattie che possono insorgere nel corso della vita, tra cui anche i tumori.
Quando non funziona correttamente, ecco che diventiamo più fragili e suscettibili all’attacco di agenti microbici esterni o allo sviluppo di malattie. Quando lavora in eccesso invece si possono sviluppare malattie autoimmuni, ovvero quelle malattie in cui vengono attaccati i bersagli sbagliati e l’organismo stesso.
Il sistema immunitario inizia a formarsi già dalle prime fasi di vita tramite l’assunzione del colostro materno. Il quale garantisce un apporto di anticorpi in attesa che il cucciolo inizi a sviluppare i suoi.
Durante l’allattamento, poi, il latte materno aiuterà la corretta formazione del microbiota intestinale dei cuccioli. Quella che conosciamo come flora batterica, che servirà come base per tutta la vita.
Che correlazione c’è fra alimentazione e sistema immunitario?
Una correlazione molto stretta!
Questa correlazione esiste perché una grandissima parte delle cellule immunitarie risiede proprio nell’intestino. Dove interagisce costantemente con il microbiota intestinale.
Questa interazione permette anche all’organismo ed al sistema immunitario di distinguere eventuali elementi estranei e pericolosi dalle molecole di cibo, non nocive. E dar luogo così al fenomeno detto tolleranza orale, alla base di molte intolleranze ed allergie.
Ecco perché risulta molto importante che l’apparato gastroenterico sia sano e funzionale, al fine di garantire il migliore sostegno per tutto l’organismo.
Come possiamo intervenire attraverso l’alimentazione?
Per sostenere il sistema immunitario dell’intestino è sicuramente fondamentale un’alimentazione sana, che non solo apporta le giuste sostanze nutritive, ma tiene anche in salute il microbiota intestinale.
Alimenti freschi e variati di buona qualità sono alla base di un organismo sano, sia umano che animale.
Il cibo apporta infatti numerose molecole utili all’organismo, da cui poi vengono prodotte altre molecole che modulano il sistema immunitario.
Ad esempio, da proteine animali di buona qualità vengono ricavati gli amminoacidi necessari alla salute del sistema immunitario e dell’intero organismo.
Un valido aiuto saranno anche i nutraceutici e le integrazioni funzionali. Come per esempio vitamina E e C per la loro azione antiossidante. Zinco e selenio utili al mantenimento della salute del sistema immunitario. Ma anche il coenzima Q10, altro potentissimo antiossidante e gli Omega 3, acidi grassi dalle proprietà antinfiammatorie di cui abbiamo parlato anche nell’articolo a questo link.
In conclusione quindi curare al meglio l’alimentazione dei nostri animali li aiuta anche a difendersi al meglio!
Articolo della dott.ssa Camilla Marchetti, DMV
- Pubblicato il Camilla Marchetti
Allergie e intolleranze alimentari nel cane
Sempre più cani soffrono di allergie e intolleranze alimentari. In questo articolo vediamo quali sono le differenze fra allergie e intolleranze, quali sono le razze predisposte, come capire se il vostro cane ne soffre e i rimedi utilizzabili.
Non abbiamo mai visto tanti cani con allergie e intolleranze alimentari come negli ultimi anni, ne parlo spesso con le colleghe con cui collaboro. Sicuramente sarà qualcosa che anche i lettori hanno notato: sono sempre di più i cani che hanno problemi con uno o più alimenti. Incredibile, un’epidemia, almeno ai miei occhi, non se ne vedevano tanti fino a 5-10 anni fa.
I sintomi delle allergie e intolleranze possono essere fra i più vari e vanno dalla nausea mattutina, al vomito, alla diarrea o sintomi più blandi come il mangiare erba o avere poche energie.
In questo articolo approfondiamo il tema in modo che sappiate riconoscerle. E sappiate come agire quando il vostro cane ha un’allergia o un’intolleranza.
Differenze fra allergie e intolleranze
Spesso nel linguaggio comune allergia e intolleranza alimentare vengono confuse e in effetti come vedremo nel cane i sintomi sono abbastanza simili.
In realtà però allergie e intolleranze sono due entità ben diverse. E in medicina veterinaria vengono raggruppate sotto il nome generico di “reazioni avverse al cibo” (RAC).
Nell’allergia alimentare infatti il sistema immunitario del cane viene attivato da una sostanza estranea (chiamato antigene), in questo caso un alimento. L’attivazione del sistema immunitario produce una serie di eventi, con produzione di infiammazione massiva che segue quindi l’introduzione di uno specifico alimento.
Fra le razze maggiormente predisposte ad allergia dobbiamo certamente citare i Bracchi di Weimar.
Nel caso dell’intolleranza invece non abbiamo un’attivazione del sistema immunitario in genere. Sono un esempio di intolleranza il dare lattosio ad un cane adulto, che non ha più enzimi per digerirlo e che quindi porta a diarrea e sintomi intestinali legati ad una cattiva digestione.
Oppure altro esempio quello dei cani di razze “ancestrali” (Akita, Shiba, Cane Lupo Cecoslovacco e altri). Non digerendo gli amidi hanno problemi di digestione se ingeriscono riso, pasta o patate.
In realtà poi esistono tutta una serie di altre situazioni nel cane, classificabili come “leaky gut” (letteralmente intestino gocciolante). Ovvero alterazioni della barriera intestinale, legate a disbiosi, che non sono né allergie né vere e proprie intolleranze. In questa categoria rientrano la maggior parte dei cani in realtà con problemi legati all’alimento, dato che si stima che solo un 5% delle reazioni avverse al cibo nel cane siano allergie.
Le razze predisposte a disbiosi e quindi a leaky gut sono tantissime e includono tutte quelle citate in precedenza, più Pastore Tedesco, in pole position, e a seguire Barboncino, Maltese, Alani e molte altre.
Come capire se il cane ha allergie o intolleranze
I sintomi delle allergie e delle intolleranze alimentari nel cane sono in generale simili, per quelle vengono catalogate assieme come reazioni avverse al cibo. Abbiamo infatti come sintomi più caratteristici:
- Vomito
- Feci molli, feci abbondanti o feci liquide
- Mangiare erba
Le allergie però hanno dei sintomi che in generale mancano nelle intolleranze, che sono quelli cutanei: prurito, ponfi e bolle, dermatite interdigitale e rossore diffuso della cute.
Un sintomo invece più caratteristico (ma non unico) delle intolleranze sono le coliche intestinali. Quando qualcosa non viene digerito infatti a livello intestinale rimane a fermentare e quindi può procurare coliche al nostro cane.
Per la diagnosi di allergia o intolleranza alimentare, noi Medici Veterinari proponiamo dei percorsi che vengono chiamate “diete di eliminazione” o diete restrittive. Durante un periodo quindi il vostro cane dovrà mangiare solo un tipo di alimento ben preciso, composto da proteine idrolisate (rotte, non capaci di provocare allergie).
Oppure alimenti commerciali monoproteici o (meglio di tutto) diete fresche monoproteiche.
Tutto, anche i premietti, dovrà essere strettamente controllato. Dopo il periodo diagnostico di 2 mesi, potremo sapere se il vostro cane ha una reazione avversa al cibo, allergia o intolleranza che sia.
Poco utili sono invece i test delle allergie come si utilizzano invece in umana, dato che come abbiamo visto nel cane i veri allergici sono una piccolissima percentuale e il test fra l’altro non risulta attendibile.
Rimedi per allergie e intolleranze nel cane
Il primo rimedio per una allergia o intolleranza alimentare ovviamente è individuare e eliminare l’alimento o gli alimenti che provocano il problema al vostro cane.
Inutile quindi continuare a dare amidi nelle razze che non hanno possibilità di digerirli: provocheremo solo infiammazione cronica, con conseguente disturbo grave a livello intestinale del povero cane.
Lo stesso dicasi per le allergie.
Il problema è che nella maggior parte dei casi come abbiamo visto le reazioni avverse al cibo nel cane sono legate a intestino permeabile (leaky gut). Dobbiamo quindi occuparci, oltre ad allontanare l’alimento incriminato, anche di “rimettere a posto” l’intestino.
Per questo serve un lavoro individualizzato con un esperto, ma in generale ci sono alcuni trucchi che possono essere utili.
Ad esempio, gli acidi grassi essenziali Omega-3, che hanno azione antinfiammatoria intestinale. Molto utile anche la curcuma, ma da usare con cautela in caso il vostro cane abbia problemi epatici.
Fondamentale anche l’utilizzo di trigliceridi a media catena (MCT oil) che hanno funzione di riparare l’intestino, evitando quindi che si creino ulteriori allergie o intolleranze.
Articolo della dott.ssa Maria Mayer, DVM per Kodami
- Pubblicato il Maria Mayer