Cani e gatti possono mangiare i legumi?
I legumi non sono certamente fra gli alimenti che più facilmente ci viene in mente di dare al nostro cane o al nostro gatto, ma se volessimo.. si potrebbe?
Ne parliamo in questo articolo dove approfondiamo cosa sono i legumi e quali possiamo trovare in commercio, quali sono i possibili effetti sull’apparato gastroenterico e come vanno cucinati per cani e gatti.
Che cosa sono i legumi
I legumi sono i semi contenuti all’interno dei baccelli (dei frutti) delle piante leguminose.
Sebbene contengano anche carboidrati vengono considerati un’importante fonte di proteine vegetali.
Sono ricchi anche di fibre, vitamine e sali minerali.
Quali sono?
- Ceci
- Fagioli
- Lenticchie
- Fave
- Edamame
- Piselli
- Soia
- Cicerchie
- Lupini
I legumi come prebiotici
I legumi vengono considerati degli ottimi prebiotici, perché contengono un’elevata percentuale di fibra sia solubile che insolubile. La fibra nutre i batteri buoni dell’intestino, un’enorme popolazione che vive nell’apparato digerente del cane e del gatto.
La fibra agisce anche regolarizzando la motilità intestinale e la digestione.
Il problema del valore biologico delle proteine
Il valore biologico è una valutazione delle proteine che vengono assunte dall’organismo tramite l’alimentazione.
Un alimento è detto ad elevato valore biologico se contiene tutti gli amminoacidi essenziali e nelle giuste quantità (come le proteine di origine animale), mentre un basso valore biologico indica un alimento che non contiene gli amminoacidi essenziali o non li contiene nelle giuste quantità (come le proteine di origine vegetale).
Questo significa che le proteine dei legumi non contengono nelle giuste quantità gli amminoacidi essenziali ovvero gli amminoacidi che il corpo animale non riesce a sintetizzare, ma che deve per forza assumere con la dieta.
Gli amminoacidi essenziali sono fondamentali perché la carenza anche di uno solo può mettere in crisi il delicato equilibrio di sintesi proteica di tutto il corpo. E di conseguenza il ripristino e il mantenimento del tono e della massa muscolare, le funzioni cognitive dell’animale, le difese immunitarie e tantissimi altri processi che avvengono nel corpo grazie alle proteine.

Quindi possiamo dare sì o no i legumi a cani e gatti?
Sì, possiamo dare i legumi ai nostri amici a quattro zampe, ma solo sotto controllo medico.
Per quanto detto prima risulta chiaro che possiamo solo se questi rientrano all’interno di un’alimentazione bilanciata e varia, composta principalmente da proteine di origine animale (carne e pesce).
Come vanno cucinati i legumi?
I legumi freschi
I legumi freschi vanno sempre messi in ammollo per il tempo indicato sulla confezione. Successivamente vanno sciacquati e poi cotti in abbondante acqua bollente. Si può aggiungere nell’acqua di cottura un pezzo di alga kombu che aiuterà a renderli più digeribili.
I legumi in scatola
Sono già pronti all’uso ma mi raccomando, sciacquateli bene prima di somministrarli al vostro pet per eliminare il sale e altre sostanze di conservazione.
Come vanno somministrati?
Iniziamo a somministrare i legumi in piccole quantità e iniziamo da quelli decorticati (suggerisco di iniziare da lenticchie e piselli) per poi passare agli altri.
Il consiglio è di schiacciarli e frullarli una volta cotti.
Possiamo usarli come snack, merende o come aggiunta alla loro pappa!
Articolo della dott.ssa Alice Chierichetti, DMV
- Pubblicato il Alice Chierichetti
Gatti e dieta Barf un’accoppiata vincente!
Il gatto è un grande cacciatore e carnivoro obbligato.
Se vi state chiedendo qual è dunque la dieta che più si avvicina alla sua vera natura e che più soddisfa i suoi bisogni, la risposta è: la dieta Barf!
Gatti e dieta Barf
La dieta Barf, ovvero Bones and raw food ma anche Biologically appropriated raw food (ne abbiamo parlato in questo articolo per il cane) è la dieta che più rispecchia la natura di un animale carnivoro.
Cerca infatti di imitare il più possibile quella che in natura è l’alimentazione degli animali predatori, dando quindi tutte le componenti di una preda come carne, ossa e organi.
In questo modo, soddisferemo al meglio i bisogni di un animale carnivoro obbligato come il gatto. Dandogli esattamente quello che mangerebbe cacciando!
Il nostro gatto domestico è appunto un carnivoro obbligato. Ovvero un animale che si deve nutrire solo ed esclusivamente di carne (proteine e grassi), nonché grande cacciatore e predatore.
In natura si nutre di piccole prede nel corso della giornata, specialmente dal tramonto all’alba, arrivando a mangiare fino a 20 volte al giorno piccoli animali come lucertole, roditori e uccellini.
Ecco perché con la dieta Barf possiamo rispettare il più possibile la sua dieta ideale.
Barf per gatti
Di cosa si compone esattamente una dieta Barf per gatti?
Principalmente di carne (intesa come polpa), ossa e organi. A differenza del cane, nel gatto non è indicato l’utilizzo della trippa verde.
Vediamo insieme le singole componenti di questa affascinante dieta!
Come carne senza osso, definita CSO, possiamo dare carne in pezzi o macinata di coniglio, pollo, tacchino, anatra, vitello, manzo (un po’ di carne rossa serve sempre, insieme agli organi, per garantire il giusto apporto di ferro).
Insomma, tutto quello che il nostro gatto avrà voglia di mangiare e che sarà di suo gradimento.
Una nota: anche per il gatto, come per il cane, vale la regola di dare il maiale solo se cotto a cuore, per scongiurare il rischio del morbo di Aujezsky.
Importantissimi saranno gli organi, fonte naturale di vitamine e sostanze nutritive.
Potremo dare fegato (attenzione che sia sempre nelle giuste quantità onde evitare un’ipervitaminosi A), reni, milza e soprattutto cuore.
A differenza del cane, il gatto necessita quasi sempre di un’integrazione di taurina, nonostante la presenza di organi nella dieta. Questo amminoacido è importantissimo per la sua salute, ed è normalmente presente in tutte le carni crude.
Perché integrarlo, quindi? Perché il congelamento della carne può diminuire la sua concentrazione, e quindi saranno necessarie delle aggiunte per avere il giusto bilanciamento.
Le ossa polpose, note come OP, saranno fondamentali per garantire il giusto apporto di calcio e il bilanciamento della dieta. Oltre che per favorire la pulizia dei denti attraverso la masticazione.
Si chiamano ossa polpose perché non sono mai “nude” ma ricoperte di carne. Le ossa “nude” infatti possono essere molto pericolose per i nostri animali!
Si possono dare ossa polpose intere oppure macinate. I preparati di ossa polpose macinate sono una validissima alternativa per quei gatti che faticano a masticare (o che sono semplicemente più pigri) o per chi proprio non se la sente ancora di dare ossa intere!

Fibre e integrazioni
Una piccola parte di fibre è sempre raccomandata: una dieta prevalentemente proteica e con l’utilizzo di ossa può infatti dar luogo a feci dure, stitichezza e costipazione.
Possiamo utilizzare tutte le verdure che piacciono al nostro gatto frullandole crude con poca acqua. Eccetto ovviamente quelle tossiche (aglio, cipolla, melanzane, porri, attenzione anche a pomodori e peperoni o alle verdure che creano troppa fermentazione come broccoli e cavoli).
E se al mio gatto le verdure non piacciono? Nessun problema, capita spesso!
In questi casi si possono sostituire con le cuticole di psillio, generalmente bene accette. Sempre nella giusta dose per il singolo animale.
Per i proprietari più audaci e i gatti più esperti, si può anche fare la cosiddetta Barf Whole Prey, ovvero preda intera, dando direttamente l’equivalente di piccole prede come quaglie intere o pulcini.
In questo modo, forniremo al nostro micio un pasto completo proprio come otterrebbe in natura cacciando le sue prede.
Altre integrazioni importanti saranno l’olio di mais o di girasole, per garantire il giusto apporto di acido linoleico (un acido grasso essenziale per i nostri animali) e gli omega 3.
Conclusione
A volte può essere difficile far abituare il gatto al cibo crudo, soprattutto se viene da una dieta commerciale (umida o secca).
Si può fare quindi un passaggio graduale da una dieta casalinga cotta con organi (senza ovviamente carboidrati), cuocendo sempre meno la carne fino a far abituare il gatto ai nuovi sapori.
Esistono poi molti altri trucchetti per far passare il gatto alla dieta Barf. In ogni caso armatevi di tanta pazienza e vedrete che con il tempo la apprezzerà moltissimo!
Articolo della Dott.ssa Camilla Marchetti, DVM
- Pubblicato il Camilla Marchetti
Gatti obesi. Come evitarlo?
Obesità e sovrappeso sono problemi seri e frequenti per i nostri gatti.
In questo articolo parliamo della diffusione di questa patologia, dell’infiammazione che la accompagna, delle cause e soprattutto delle soluzioni all’obesità nel gatto.
Il sovrappeso e l’obesità rientrano, purtroppo, tra le più diffuse patologie del gatto domestico.
L’alimentazione dei nostri felini dipende esclusivamente da noi (salvo per qualche attività di caccia per i fortunati che vivono in campagna o hanno accesso ad un giardino) perciò siamo direttamente responsabili del loro peso corporeo.
Come possiamo evitare che insorgano problematiche legate al peso?
Obesità: la patologia più frequente per il gatto
I gatti afflitti da problemi di peso sono tra il 30% e il 50% della popolazione felina domestica.
Secondo alcuni studi, il sovrappeso e l’obesità del gatto sono al secondo posto nella classifica delle patologie più frequenti (al primo troviamo le problematiche dentali).
L’essere “cicciottelli” infatti non è un puro problema estetico ma predispone allo sviluppo di numerose patologie come anomalie metaboliche, problemi ortopedici, malattie cardio-respiratorie e disturbi urogenitali.
L’obesità è caratterizzata da uno stato di infiammazione cronica di basso grado, molto pericolosa.
Il tessuto adiposo, di fronte ad un eccesso cronico di nutrienti, va incontro a modificazioni di tipo adattivo. Le sue cellule (gli adipociti) si modificano anatomicamente e funzionalmente.
Il tessuto adiposo dei soggetti obesi è poi caratterizzato da un infiltrato di cellule infiammatorie (macrofagi attivati e linfociti T).
Tutto ciò fa sviluppare uno stato di infiammazione di basso grado, peggiora la sensibilità insulinica e contribuisce allo sviluppo di complicanze metaboliche.
Quando un gatto può essere considerato obeso?
Partendo dal presupposto che con gli occhi del cuore tutti i nostri mici sono belli e in forma, è importante che ci sia uno sguardo esterno che possa valutarne la conformazione.
Esiste un sistema per valutare la condizione corporea, il BCS (Body Condition Score) che ci aiuta in questa operazione.

Gatti obesi e fattori di rischio
Ma quali sono i fattori di rischio che rendono più facile lo sviluppo di sovrappeso e dell’obesità?
La castrazione gioca un ruolo determinante sul controllo del peso, poiché ci sono delle alterazioni ormonali che influenzano il metabolismo dei nostri gatti (quindi sì, se sterilizzati devono mangiare meno!).
Altro fattore importantissimo è la scarsa attività fisica. Spesso i gatti di casa non hanno modo di muoversi, soprattutto se l’ambiente non è stimolante. Nel tempo si impigriscono, riducendo sempre più il dispendio energetico.
Cibo: causa e soluzione per gatti obesi
Il cibo e la sua modalità di somministrazione sono oggetto di numerosi studi.
L’alimentazione “a volontà” non sembra avere un ruolo definito, per alcuni studiosi pare favorisca l’insorgenza di sovrappeso, per altri meno.
Ovviamente questo dipende molto dal soggetto che abbiamo davanti, se capace o meno di regolarsi.
Ma, ben più importante, è il rapporto che il gatto ha con il cibo e il proprietario, un rapporto bidirezionale e complesso.
Conosciamo tutti l’appagamento che ci dà nutrire il nostro micio di casa, magari con un cibo fresco preparato da noi seguendo la dieta del nostro veterinario nutrizionista.
Il problema insorge quando vogliamo provare questa sensazione più spesso del dovuto!
Magari ci sentiamo in colpa perché siamo stati via tutto il giorno e sentiamo di averlo trascurato e gli allunghiamo due premietti in più, magari stiamo mangiando e vogliamo condividere.
Questi sono due esempi classici del cibo in eccesso che somministriamo al nostro gatto.
Ma funziona anche al contrario: a volte i gatti annoiati richiedono più cibo come diversivo, come anche quelli stressati. Sta a noi attenerci alla giusta quantità!
Come risolvere l’obesità del gatto
Il sovrappeso e l’obesità possono essere prevenuti con una razione quotidiana di cibo adatta al consumo calorico del gatto e con un ambiente adeguatamente arricchito, che fornisca possibilità di esercizio fisico, di stimolazione mentale e che li renda sicuri nel loro ambiente.
Non devono essere per forza fatti acquisti costosi o modifiche all’architettura di casa. I gatti amano le scatole di cartone, dove possono nascondersi, dormire o preparare agguati.
I tiragraffi, soprattutto quelli più economici sempre di cartone, sono un modo per farli muovere.
Possiamo aggiungere piante stimolanti in casa (e facilissime da coltivare) come la nepeta cataria, così da offrigli un diversivo vegetale.
Per risvegliare la loro furbizia possiamo utilizzare delle ciotole puzzle, dove il cibo viene erogato solamente se il gatto effettua un certo movimento…
Riassumendo quindi, cibo sano in giuste quantità e movimento sono la soluzione ai problemi di peso!
Articolo della dott.ssa Chiara Dissegna, DMV
- Pubblicato il Chiara Dissegna
Boswellia serrata nelle enteropatie del cane
Che pianta meravigliosa la Boswellia, anche per il cane, quando ha l’intestino infiammato ed una enteropatia cronica.
Quali sono i principi attivi? Come funzionano? Che prodotti possiamo usare e come possiamo associarla all’alimentazione per le enteropatie croniche del cane?
Vediamolo insieme!
Boswellia serrata nelle enteropatie croniche idiopatiche del cane
Nella vita quotidiana i disturbi gastroenterici rappresentano una delle problematiche più comuni con le quali i nostri amici a quattro zampe ed i loro proprietari si ritrovano a dover convivere.
Con il termine enteropatie croniche idiopatiche si intende un ampio gruppo di condizioni infiammatorie, a carattere cronico, che interessano tutti i distretti dell’apparato gastroenterico e caratterizzate dalla presenza di infiltrati infiammatori a livello della mucosa.
Da un punto di vista patogenetico le enteropatie croniche (CE) prevedono un’eziologia multifattoriale. Si manifestano quindi in soggetti geneticamente predisposti, interagendo con componenti dietetiche, fattori ambientali, alterazioni del microbiota intestinale e con il sistema immunitario associato all’apparato gastroenterico.
Tuttavia, nonostante i numerosi studi a riguardo, in molti casi l’eziopatogenesi della patologia rimane ancora poco definita.
In medicina umana questo gruppo di patologie infiammatorie ad andamento cronico comprende principalmente due malattie: il morbo di Crohn e la colite ulcerosa. Sono malattie classicamente curate con importanti farmaci immunosoppressori.
In questo articolo parleremo dell’utilizzo della Boswellia serrata come rimedio fitoterapico nella gestione delle enteropatie croniche idiopatiche del cane.

Che cosa sono le enteropatie infiammatorie croniche ?
Il termine enteropatia cronica idiopatica viene utilizzato per descrivere un ampio gruppo di condizioni infiammatorie caratterizzate da persistenti o ricorrenti segni gastrointestinali cronici. Ovvero di durata superiore o uguale alle tre settimane ed evidenze istologiche di infiammazione in animali in cui non sono state rinvenute cause primarie sottostanti.
Da circa un decennio le CE vengono classificate, in base alla risposta clinica ai diversi trattamenti impostati, in FRE (Food Responsive Enteropathy o enteropatia che risponde alla dieta), in ARE (Antibiotic Responsive Enteropathy o enteropatia che risponde agli antibiotici) e in IBD o IRE (Immunosuppressant Renponsive Enteropathy o Malattia Infiammatoria Intestinale Idiopatica).
Come si curano le enteropatie croniche nel cane
Nel corso degli anni la terapia delle enteropatie croniche del cane ha subito sostanziali cambiamenti. Infatti la somministrazione di corticosteroidi a fini terapeutici è stata notevolmente ridimensionata rispetto al passato.
Principi attivi e benefici della Boswellia serrata nelle enteropatie del cane
La Boswellia serrata è una pianta appartenente alla famiglia delle Burseraceae che cresce nelle regioni tropicali del Sud-Est asiatico, dell’India e nella fascia costiera del Magreb. E’ una pianta che viene utilizzata nella medicina tradizionale Ayurvedica per le sue proprietà antisettiche ed espettoranti ma anche antinfiammatorie ed antiartritiche.
La droga di questa pianta è costituita dalla resina che fuoriesce per incisione della corteccia la quale è molto ricca di oleoresine. Le oleoresine sono delle miscele costituite da resine miste ad oli essenziali che rendono le piante che le contengono molto aromatiche. Queste oleoresine prendono il nome di incenso e sono impiegate da millenni sia per le funzioni rituali sia per scopi medici.
Da un punto di vista chimico, la sua frazione resinosa è composta principalmente da triterpeni, gomme e gommoresine.
La gommoresina rappresenta la parte medicinale della pianta, essa contiene un olio essenziale e la resina propriamente detta i cui componenti principali sono gli acidi boswellici, che sono considerati i principi attivi della Boswellia.
Sono stati identificati più di 12 diversi acidi boswellici ma solo l’acido 11-cheto-beta-boswellico (KBA) e l’acido 3-O-acetil-11-cheto-beta-boswellico (AKBA) hanno ricevuto un interesse di tipo farmacologico.
Mccanismi d’azione della Boswellia
Le azioni antinfiammatorie degli acidi boswellici sono dovute a diversi meccanismi di azione. Inibiscono:
– l’attività della 5-lipossigenasi (5-LO) e riducono la sintesi dei leucotrieni
– l’elastasi leucocitaria (HLE)
– la catepsina G (CatG), proteasi degenerativa dei tessuti tipica dei fenomeni infiammatori che accompagnano l’invecchiamento
– la sintesi microsomiale della prostaglandina E (mPGES)
– riduzione della produzione di citochine proinfiammatorie tra cui IL-1, IL-2, IL-6, IFN-y e TNF-alfa che sono dirette a distruggere tessuti come cartilagine, cellule produttrici di insulina, tessuti bronchiali e intestinali.
Gli acidi bowellici possono interagire con FANS e cortisonici, si tratta in realtà di interazioni positive, cioè di potenziamento sinergico dell’effetto antinfiammatorio dei farmaci, peraltro senza gastrolesività.
Con questo meccanismo la Boswellia consente di ridurre la somministrazione dei farmaci antinfiammatori.
Quali prodotti a base di Boswellia si possono utilizzare nel cane?
Bisogna prestare molta attenzione alla composizione dei vari estratti commerciali poichè il contenuto di AKBA varia da prodotto a prodotto. Il più alto potere antiossidante e il contenuto fenolico sono strettamente correlati ad una più alta concentrazione di AKBA.
Cosa dicono gli studi ? Fino a poco tempo fa la gestione terapeutica delle malattie infiammatorie intestinali (IBD) si è basata sull’utilizzo di immunosoppressori di vario genere, tuttavia, con remissione limitata e spesso gravi effetti collaterali.
In medicina veterinaria sono ancora pochi gli studi sull’utilizzo della Boswellia serrata, tuttavia secondo i più recenti, risulta essere un rimedio fitoterapico efficace nella gestione delle enteropatie infiammatorie idiopatiche di entità lieve/moderata. Nelle forme più ingravescenti, invece, dove si rende necessario l’ausilio di farmaci immunosoppressori, potrebbe contribuire a diminuirne il dosaggio e/o la frequenza di somministrazione e contribuisca alla prevenzione delle recidive.
Nella gestione delle enteropatie croniche resta comunque imprescindibile il controllo della dieta perché può contribuire al miglioramento clinico del paziente e la preservazione del microbiota intestinale quale regolatore del metabolismo, del funzionamento del sistema immunitario e del mantenimento dell’omeostasi intestinale.
Articolo della Dott.ssa Laura Mancinelli, DVM
- Pubblicato il Laura Mancinelli