Cos’è la tosse da reflusso del cane?
Quando il nostro cane ha tosse il nostro primo pensiero è una patologia dell’apparato respiratorio, ma non sempre è così, potrebbe trattarsi di tosse da reflusso!
La tosse infatti è un sintomo che può avere diverse cause scatenanti: patologie polmonari, cardiopatie, malformazioni e molte altre tra cui patologie dell’apparato digerente.
In particolare ci riferiamo al reflusso gastroesofageo che è una patologia sempre più diagnosticata nei nostri animali e come nell’uomo è responsabile della tosse da reflusso”
Vediamo insieme quali sono i segni clinici di una tosse legata a disturbi digestivi e come possiamo intervenire con l’alimentazione.
Quali possono essere le cause di tosse? Quali indagini possono aiutare per la diagnosi?
La tosse può essere causata da varie patologie anche gravi e identificarle a volte non è così semplice.
La visita clinica dal vostro veterinario di fiducia e alcuni esami strumentali sono essenziali per individuare l’origine della tosse.
Vediamo quali sono gli esami utili in questo caso:
- Auscultazione cardio polmonare per identificare eventuali soffi cardiaci o anomalie dei rumori polmonari.
- Valutazione cardiologica nel caso in cui l’auscultazione rilevi alterazioni.
- Radiografia del torace per visualizzare patologie del parenchima polmonare o della trachea (es. collasso tracheale) o dilatazione esofagea.
- Endoscopia delle vie aeree e digerenti.
Nel caso in cui non si rilevino anomalie cardiologiche o polmonari si dovranno prendere in considerazione anche patologie dell’apparato digerente.
In particolare il reflusso gastroesofageo (anche detto GERD) può essere causa della così detta tosse da reflusso e non è una patologia semplice da diagnosticare.
Per facilitare la diagnosi è utile fare attenzione ad alcuni aspetti del sintomo “tosse”: frequenza, intensità, eventuale espettorato, modalità d’insorgenza.
Tosse da reflusso gastroesofageo (GERD)
Nell’uomo il reflusso gastroesofageo è una patologia molto studiata e relativamente frequente.
Negli ultimi anni anche in medicina veterinaria, grazie ai progressi degli studi e mezzi diagnostici sempre più all’avanguardia si sta rivelando una patologia più comune del previsto.
Il reflusso gastroesofageo consiste in un ritorno di materiale gastrointestinale e/o ingesta nel lume esofageo.
Questo fenomeno è dovuto a un’incompetenza dello sfintere esofageo inferiore.
Lo sfintere esofageo inferiore (cardias) ha il compito di permettere il passaggio del materiale alimentare dall’esofago allo stomaco e di serrarsi immediatamente dopo questo passaggio.
In caso di mancata contrazione del cardias o di un suo scarso tono avviene la risalita di materiale gastrointestinale nel lume esofageo.
Il materiale che dallo stomaco ritorna in esofago è ricco di acidi gastrici, enzimi digestivi e sali biliari che a contatto con la mucosa esofagea provocano irritazione e a lungo andare erosione della stessa.
La patogenesi del reflusso gastroesofageo non è ancora ben nota, ma sembrano partecipare diversi fattori:
- Vomito cronico
- Ernia iatale
- Patologie neuromuscolari che alterano la chiusura dello sfintere esofageo inferiore
- Anestesia
Il materiale acido che ristagna in esofago può venire aspirato dall’apparato respiratorio causando anche in questa sede irritazione dei bronchi con insorgenza di bronchiti croniche, polmoniti e quindi tosse.
Quali sono le caratteristiche della tosse da reflusso?
La tosse da reflusso è generalmente una tosse secca, spesso sembra che il cane provi a vomitare ma non viene espulso nessun materiale, si verifica più frequentemente dopo che il cane è stato sdraiato o ha dormito.
Molto spesso questo tipo di tosse è accompagnato anche da altri sintomi riferibili al reflusso gastroesofageo.
Per esempio, i cani che soffrono di reflusso gastroesofageo possono presentare: alitosi, nausea, si leccano spesso le labbra, sbadigliano insistentemente, rifiutano il pasto (soprattutto quello del mattino).
Al momento della visita clinica è importante riportare queste preziosissime informazioni che saranno di grande aiuto per arrivare alla diagnosi.
Come possiamo intervenire?
In caso di reflusso gastroesofageo si deve ricorrere a una terapia combinata farmacologica, alimentare e nutraceutica.
Nei casi più gravi potrebbe essere necessario ricorrere a farmaci come inibitori di pompa protonica e antiacidi, che nel lungo periodo possono causare diverse problematiche come la disbiosi.
In commercio ci sono molti integratori a base di sodio arginato e fitoterapici che agiscono sulla mucosa gastroesofagea con effetto lenitivo e ostacolano la risalita del materiale gastrico.
Dal punto di vista alimentare è utile la divisione della razione giornaliera in un alto numero di pasti. In molti casi somministrare uno snack prima di dormire aiuta a diminuire l’acidità gastrica che si viene a creare durante il digiuno notturno.
È consigliabile rialzare il piano delle ciotole in modo da favorire meccanicamente l’avanzamento del bolo alimentare.
È importante scegliere una dieta iperdigeribile con un moderato contenuto di grassi e di fibre.
Laddove possibile una dieta no carb è preferibile rispetto ad una dieta con carboidrati.
Articolo della dott.ssa Giulia Moglianesi, DMV
- Pubblicato il Giulia Moglianesi
Colite del cane. Cos’è, come riconoscerla e cosa fare
In questo articolo parliamo della colite del cane. Quali sono i sintomi e cosa fare dal punto di vista nutrizionale se il vostro cane ne è affetto.
Infatti, la dieta in corso di colite ha un ruolo fondamentale e deve sempre accompagnare la terapia medica.
Vi è mai capitato di vedere del muco nelle feci del vostro cane?
Quel muco è sintomo di colite appunto.
La colite può avere diverse cause: alimentare, batterica, infiammatoria, comportamentale e altre ancora.
È fondamentale individuare l’eziologia di questa patologia per curarla al meglio.
Anche se la causa della colite non è primariamente alimentare una corretta gestione nutrizionale è importantissima per aiutare il vostro cane a superare questa patologia che in alcuni casi può portare a importanti condizioni di malessere.
Colite del cane, di cosa si tratta?
Con il termine “colite” si intende un processo infiammatorio a carico del colon.
Il colon è l’ultima parte dell’intestino crasso ed è deputato al riassorbimento di acqua e sali minerali.
La mucosa del colon è costituita da cellule mucipare che hanno il compito di produrre muco, una sostanza viscida e gelatinosa che ha funzione di facilitare il passaggio delle feci e la loro espulsione.
In caso di colite le cellule mucipare mettono in atto un meccanismo difensivo per cui producono maggiori quantità di muco che poi ritroviamo nelle feci.
La quantità di muco è variabile. Possono esser presenti pochi filamenti oppure possiamo avere delle feci completamente ricoperte di muco.
Le cause di colite possono essere veramente tante: batteriche, virali, autoimmuni, alimentari, comportamentali e molte altre ancora.
Gli accertamenti per individuare la causa possono essere diversi a seconda del sospetto diagnostico del medico veterinario.
In generale potrebbe essere utile effettuare un esame delle feci, una valutazione della dieta attuale, esami del sangue, ecografia addominale fino a arrivare all’endoscopia con biopsia.
Una volta individuata la causa ovviamente questa va trattata con la terapia mirata. L’aiuto del veterinario nutrizionista è molto importante per elaborare una dieta ad hoc per supportare il colon del nostro cane che sta attraversando un periodo di forte stress.
Cosa possiamo mettere nella ciotola e cosa no in caso di colite?
- Fermenti lattici: sono sempre ottimi alleati per l’intestino, seguite i consigli del vostro veterinario per la scelta del prodotto migliore per il vostro cane
- Fibra: in alcuni casi è consigliabile sospendere le fonti di fibra per 24 ore o più per facilitare il lavoro del colon
- Alimenti altamente digeribili
- Acido butirrico: è un nutriente importantissimo per i colonociti. Lo troviamo ad esempio nel burro nel ghee.
Se il ritrovamento di qualche filamento di muco nelle feci è un evento saltuario e autolimitante non dobbiamo allarmarci.
È frequente ritrovare tracce di muco nelle feci dopo eventi stressanti o emozioni intense, sia positive che negative. Questo avviene per la stretta correlazione tra intestino e cervello.
Per esempio dopo un forte spavento o dopo un lungo viaggio è frequente che si verifichino episodi di colite che possono essere più o meno autolimitanti.
Se il vostro cane presenta questa sintomatologia in modo persistente (cronico) non va assolutamente sottovalutata.
È sempre il caso di andare a fondo per cercare di individuare la causa.
Anche nel caso della colite, dieta e terapia medica devono camminare insieme per agire su più fronti e curare al meglio la patologia.
Articolo della dott.ssa Giulia Moglianesi, DMV
- Pubblicato il Giulia Moglianesi
Stipsi del gatto. Cosa sappiamo?
Anche in questo articolo parleremo di…. cacca!
Ma mentre solitamente parliamo di diarrea oggi parleremo del sintomo opposto ovvero la stipsi del gatto.
In questo articolo andremo definire cos’è la stipsi e a evidenziarne i sintomi e le cause.
Vedremo anche alcuni semplici suggerimenti che possono essere utili in questi casi.
La stipsi (o stitichezza) consiste nella difficoltà a espellere le feci o in una frequenza di evacuazione delle feci inferiore alla norma.
Questa incapacità nel riuscire a svuotare l’intestino, può rendere le feci secche e dure oltre che di dimensioni anomale: grandi o piccole.
Tra i nostri pet questo sintomo è sicuramente più frequente nel gatto rispetto al cane, per questo in questo articolo parleremo in particolare del nostro piccolo felino.
Stipsi del gatto. Quali sono i campanelli d’allarme?
Ovviamente quello che notiamo è l’assenza o la drastica diminuzione di feci nella lettiera, ma questo aspetto a volte potrebbe non essere così facile da identificare. Ad esempio se il gatto è abituato a fare i bisogni fuori oppure se abbiamo più gatti in casa non è per nulla scontato riuscire a controllare!
Nel caso del gatto una frequenza ottimale di defecazione è di una volta al giorno.
Letargia e riluttanza al movimento: la costipazione infatti crea una condizione di disagio e malessere generale che porta il gatto a dormire di più, essere meno socievole e spesso tende a nascondersi.
Diminuzione dell’appetito: la permanenza per lungo periodo di feci all’interno del corpo determina un aumento dell’assorbimento delle tossine e sostanze di scarto che normalmente dovrebbero essere espulse all’esterno. Questo determina un senso di nausea, oltre che un fattore di ingombro meccanico.
Tenesmo rettale: notiamo un continuo stimolo a defecare con sforzo e contrazione addominali.
Il gatto entra e esce in continuazione dalla lettiera senza espellere feci.
Attenzione a non confondere il tenesmo rettale con il tenesmo urinario, entrambe sono urgenze mediche ma se il gatto non riesce a urinare (tenesmo urinario) recatevi immediatamente dal vostro veterinario di fiducia o pronto soccorso veterinario più vicino!
Cause di stipsi del gatto
Le cause che possono determinare la stipsi sono molteplici. Vediamo quali sono le più importanti.
Ostruzione intestinale: se il nostro gatto o cane ingerisce un corpo estraneo (giocattolo o filo) che ostruisce l’intestino le feci saranno bloccate meccanicamente e quindi non potranno essere espulse.
In questo caso spesso la stipsi è accompagnata da altri sintomi (vomito, anoressia, dolore addominale, ipertermia).
Attenzione in particolare ai boli di pelo nei gatti a pelo lungo. Normalmente il pelo ingerito facendo grooming viene eliminato attraverso il vomito o le feci. Ma in alcuni casi possono bloccarsi nell’intestino e comportarsi da corpo estraneo ostruente.
Dolorabilità a livello di schiena o di arti possono spingere il gatto a trattenere a lungo le feci in quanto la defecazione comporta ulteriore sforzo fisico e dolore.
Questo fa sì che le feci restino nel colon a lungo andando incontro a disidratazione e diventando sempre più dure e difficili da espellere.
Megacolon: è una condizione frequente del gatto anziano. È una condizione patologica spesso idiopatica.
Il colon, ovvero l’ultimo tratto dell’intestino perde la sua capacità contrattile. Vengono meno i movimenti di peristalsi e si ha quindi un ristagno di feci nel colon.
In questi casi il colon è molto dilatato, alla palpazione addominale si percepisce un cordone duro e il gatto manifesta dolore.
Disbiosi: anche per la stipsi ovviamente la salute del microbiota è un fattore determinante!
La stipsi nel gatto è un importante sintomo di disbiosi al pari se non maggiore della diarrea.
La cura del microbiota attraverso la dieta e le integrazioni funzionali è il punto cruciale per gestire sul lungo periodo la stipsi.
Dieta povera di fibre: sappiamo bene quanto i gatti siano difficili in fatto di gusti alimentari e sicuramente le fibre non rappresentano la componente più appetibile della dieta.
Un’alimentazione povera di fibra però causa un minor volume delle feci e un aumento della consistenza e di conseguenza difficoltà nell’espulsione.
Cosa fare se il nostro gatto (o cane!) soffre di stipsi?
Ovviamente se la condizione permane da diversi giorni e il gatto mostra sintomatologia importante rivolgetevi al vostro veterinario per intervenire al più presto.
Il veterinario valuterà se impostare una terapia medica o procedere a un lavaggio del colon qualora la condizione sia molto avanzata.
La dieta e le giuste integrazioni di pre e probiotici sono fondamentali per gestire questa problematica e cercare di evitare il più possibile le recidive. Rivolgetevi quindi a un medico veterinario nutrizionista che saprà consigliarvi al meglio e stilerà un piano alimentare ad hoc per le esigenze del vostro gatto.
In generale assicuratevi sempre che il vostro gatto si idrati correttamente, feci più idratate sono feci più morbide e facili da espellere, preferite quindi alimenti umidi.
Se il vostro gatto segue un’alimentazione fresca potrebbe non essere semplice fargli accettare le verdure, valutate con il vostro veterinario nutrizionista eventuali integrazioni di fibra come lo psillio, fibra in polvere insapore.
Infine incoraggiate il vostro gatto al movimento, infatti la sedentarietà e l’obesità sono importanti fattori di rischio per la costipazione.
Articolo della dott.ssa Giulia Moglianesi, DMV
- Pubblicato il Giulia Moglianesi
Perché il cane vomita a digiuno?
In questo articolo parleremo di cosa si intende e quali sono le possibili cause del cosiddetto “vomito a digiuno” e alcuni consigli che potrebbero fare al caso vostro se il vostro amico a quattro zampe soffre di questo fastidioso sintomo.
Per molte famiglie questo è un sintomo frequente e ricorrente, molto preoccupante e trovare una soluzione può sembrare impossibile. Sebbene il vomito sia un evento assolutamente sgradevole e non deve mai essere ignorato, il vomito a digiuno in genere non è sintomo grave e con la giusta diagnosi e terapia può risolversi.
Quali sono le cause?
Come dice il nome il “vomito a digiuno” è un sintomo di una problematica gastroenterica che si verifica frequentemente quando intercorre molto tempo tra un pasto e il successivo. Questo fa sì che i succhi digestivi si accumulino nello stomaco e determinano un’azione irritante a questo livello, il vomito è quindi un modo dell’organismo per allontanare uno stimolo nocivo.
Il vomito a digiuno può essere anche il segno clinico di una reazione avversa all’alimento che causa una sensibilizzazione della mucosa gastrica e duodenale e un aumento del reflusso dei succhi digestivi.
Altre cause del vomito a digiuno nel cane possono essere l’ingestione di farmaci o sostanze tossiche, errori alimentari, patologie sistemiche.
Come riconoscere questo sintomo?
Il vomito a digiuno viene chiamato anche vomito biliare, infatti tra i succhi digestivi di cui è composto è presente anche la bile. È solitamente di colore giallastro, può esser più o meno schiumoso e non contiene materiale alimentare. Si verifica solitamente di notte o al mattino presto con frequenza più o meno variabile.
Ci sono altri sintomi legati al vomito a digiuno?
A volte no, il vomito a digiuno può essere l’unico sintomo presente. Altre volte invece può essere accompagnato da altri sintomi gastroenterici più o meno gravi: vomito alimentare, calo dell’appetito, diarrea, altri segni di nausea come il leccamento intenso delle labbra e la ricerca maniacale di erba.
Cosa possiamo fare per aiutare il nostro cane?
- Correggere la dieta scegliendo alimenti di miglior qualità e altamente digeribili
- Inserire integratori con azione lenitiva per la mucosa gastrica (Attenzione! Non usare farmaci gastroprotettori senza il consulto con il vostro Medico Veterinario)
- Fare numerosi piccoli pasti e inserire un piccolo spuntino alla sera prima di andare a letto, il vostro cane ne sarà felicissimo!
- Evitare il digiuno prolungato
Se il vostro cane soffre di questa problematica parlatene al vostro veterinario di fiducia. In particolare se il vomito a digiuno è associato ad altri sintomi non deve essere sottovalutato.
Andate a fondo per trovare la soluzione adatta al vostro cane e evitare risvegli poco piacevoli per tutti!
Articolo della dott.ssa Giulia Moglianesi DVM
- Pubblicato il Giulia Moglianesi
Come accudire un gattino neonato orfano?
I gattini neonati sono estremamente delicati e prendersene cura può essere una vera e propria sfida.
Vediamo insieme cosa fare e cosa non fare quando troviamo un gattino orfano, come nutrirlo, come costruire un nido adatto e aiutarlo a crescere al meglio.
I gattini neonati nelle prime settimane di vita sono completamente dipendenti dalle cure dalla madre in condizioni sfortunate potremmo dover sostituire mamma gatta e dobbiamo essere preparati per prenderci cura di uno o più gattini orfani. Errori banali infatti potrebbero essere fatali per questi esserini così delicati.
Fare da mamma gatta è molto impegnativo, dobbiamo infatti tenere i gattini in un luogo tranquillo, caldo e asciutto. Dobbiamo alimentarli in modo adeguato e monitorare la crescita. Dobbiamo aiutarli a espletare i bisogni fisiologici, dopo ogni poppata dovremo stimolare con un batuffolo di cotone bagnato la zona perianale i gattini neonati infatti non sono in grado di espellere feci e urine in modo autonomo.
Cosa mangia un gattino neonato?
Per rispondere a questa domanda la prima cosa da fare è stabilire l’età del gattino per capire se è in grado di mangiare cibo solido o no. L’età dello svezzamento per i gattini è di circa 3-4 settimane se troviamo un gattino orfano di età inferiore dovremo somministrare il latte artificiale (in questo articolo scopri come farlo in casa in situazioni di emergenza).
Nei primi 10 giorni di vita il gattino neonato dovrà fare poppate ogni 2-3 ore, dal decimo al ventesimo giorno ogni 3-4 ore per poi passare dal ventunesimo giorno a 6-8 ore quando si potrà introdurre cibo solido inizialmente sotto forma di mousse o omogeneizzato.
Il latte artificiale deve sempre somministrato tiepido e una volta ricostituito può essere conservato in frigo per massimo 24 ore.
La quantità di latte da somministrare è di circa 15-20 ml di latte al giorno ogni 100 grammi di peso del gattino (calcoli basati sulla media calorica dei latti artificiali in commercio).
Ricordate che ogni gattino è unico e i tempi di svezzamento sono molto soggettivi, non abbiate fretta!
Come somministrare il latte artificiale ad un gattino neonato?
Si possono trovare in commercio diversi biberon con tettarelle di varie dimensioni da scegliere in base all’età del gattino. Attenzione a non scegliere tettarelle con fori troppo grandi, se il latte fuoriesce troppo velocemente il rischio di soffocamento è molto alto.
La posizione in cui si allatta il gattino è di fondamentale importanza. Deve essere la posizione più naturale possibile, sempre a pancia in giù mai a pancia in sù.
Assicurarsi sempre che il gattino deglutisca correttamente e che il riflesso di suzione sia ottimale. In caso contrario sarà necessario ricoverare presso una clinica veterinaria il gattino in modo da nutrirlo il gattino attraverso dei sondini alimentari.
Dopo l’utilizzo lavare e igienizzare accuratamente i biberon e le tettarelle.
Come creare un nido adatto?
I gattini neonati nascono con gli occhi chiusi, non sono in grado di vedere ma da subito si muovono per questo è importante che i piccoli si trovino in un luogo sicuro dove possono muoversi senza il rischio di cadere. Possono essere usate scatole con le pareti alte o contenitori simili. L’igiene in queste prime fasi di vita è molto importante perciò fate attenzione a tenere l’ambiente pulito e asciutto.
Nelle prime settimane di vita i gattini non sono in grado di regolare la loro temperatura corporea quindi l’ambiente in cui vivono deve essere caldo. Si possono usare lampade riscaldanti o boulle dell’ acqua calda ricoperte da un panno morbido per avere un giaciglio caldo.
Fare da mamma gatta a uno o più gattini orfani è un vero e proprio lavoro full time e può essere molto impegnativo ma può dare anche grandi soddisfazioni. Tenete presenti queste indicazioni e chiedete il supporto del vostro veterinario per far crescere al meglio i vostri gattini.
Articolo della dott.ssa Giulia Moglianesi, DMV
- Pubblicato il Giulia Moglianesi
Come cambiare la dieta di un gatto?
Chi vive con un gatto avrà di certo avuto modo di apprezzare le sue peculiarità in fatto di alimentazione: gusti, appetito, selettività e modalità di assunzione.
Un gatto che per qualsiasi motivo deve cambiare alimentazione (commerciale o fresca che sia) può darci del filo da torcere.
A volte però cambiare cibo può essere fondamentale per la sua salute. Dobbiamo quindi impegnarci affinché vada tutto per il meglio.
Questo articolo ci svela alcune caratteristiche del gatto che ci aiutano a comprenderne il comportamento alimentare. E alcune strategie per apportare cambiamenti nella loro alimentazione!
Questione di gusti ma non solo. Come cambiare la dieta di un gatto.
Partiamo dal presupposto che ogni gatto è unico e possiamo trovarci davanti a un’infinità di differenze anche tra gatti conviventi.
Il gatto sceglie se mangiare o meno un determinato alimento in base alle sue caratteristiche chimico-fisiche ma non solo (leggi qui per saperne di più).
I gusti del gatto sono infatti influenzati anche da altri fattori. Tra cui le esperienze passate e persino le esperienze prenatali!
Si tratta di un animale molto abitudinario e cambiamenti nella propria routine possono provocare veri e propri sconvolgimenti.
Il gatto viene definito neofobico: dal greco νέος, nuovo e φόβος, paura. Cioè “paura di ciò che è nuovo”. La neofobia rende ogni cambiamento difficile da accettare, che si tratti di un nuovo tiragraffi o di un nuovo alimento.
In generale si sviluppa in età adulta. È dunque importante far assaggiare al gattino diversi tipi di alimenti nei primi mesi di vita.
Una percentuale decisamente inferiore di gatti mostra invece un comportamento opposto alla neofobia e vogliono continuamente cambiare alimento.
Questo atteggiamento viene definito antiapostatico.
In questo caso non insistete a proporre sempre lo stesso alimento, salvo ovviamente diverse indicazioni del medico veterinario!
In più il gatto in natura è un cacciatore non necrofago, ama quindi il cibo fresco.
Ecco perché quando presentiamo loro un nuovo alimento deve essere appena cucinato o fresco, mai congelato.
Passare da una dieta commerciale a una dieta fresca
Il passaggio da dieta commerciale a dieta fresca può essere molto difficile e può richiedere molto tempo.
La dieta fresca infatti, seppur più salutare e molto più vicina alla dieta naturale del gatto ferale, ha sapori molto più delicati rispetto ad una dieta commerciale, non avendo l’aggiunta di aromi artificiali.
Nella maggior parte dei casi la dieta fresca sarà composta da carne o pesce, verdure, oli e integratori.
Fate assaggiare al gatto carne o pesce direttamente dalla vostra tavola e a poco a poco iniziate a servirne piccole quantità in una ciotola accanto al suo cibo abituale così che possa sentirsi libero di scegliere e sperimentare.
Quando avrà accettato la carne, aggiungete gradualmente le verdure e gli oli e in ultima battuta gli integratori.
Come cambiare la dieta di un gatto. Ecco le cose da evitare!
Non tentate di ingannare il gatto mescolando il nuovo alimento al vecchio, nella maggior parte dei casi non funzionerà!
Non cercate di costringerlo a mangiare il nuovo alimento eliminando il vecchio repentinamente, lo porterete probabilmente a digiunare.
Il gatto non deve mai restare a digiuno per più di 24 ore, soprattutto se si tratta di gatti obesi o diabetici. Se dovesse accadere va considerata un’urgenza e dovete contattare immediatamente il vostro veterinario che provvederà alle cure del caso.
Alcuni suggerimenti
- Provate a servire l’alimento in consistenze diverse: a pezzetti o a mousse ad esempio
- Esplorate diverse modalità di cottura: alla piastra, al forno, scottato o ben cotto
- Tentate di servire con il brodo di cottura della carne, a mo’ di sughetto
- Provate ad aggiungere alla ciotola burro sciolto o grasso animale appetibile.
E soprattutto, pazienza e perservaranza sono le parole d’ordine!
Quando presentiamo un nuovo alimento al gatto dobbiamo essere discreti e delicati.
Imporre un nuovo alimento al gatto nella maggior parte dei casi darà un esito fallimentare.
Il gatto può impiegare molto tempo prima di convincersi a cambiare dieta. Possono essere necessari diversi mesi prima che ciò avvenga.
Quindi non vi arrendete se inizialmente non ne vuole sapere della nuova dieta, dovete aver fiducia e perseverare, potreste arrendervi un attimo prima di raggiungere l’obiettivo!
Articolo della dott.ssa Giulia Moglianesi, DMV
- Pubblicato il Giulia Moglianesi
Il gatto può mangiare il gelato?
In questo articolo di fine estate, chiariamo come mai il gelato non è un alimento cat friendly, dal contenuto di zuccheri al lattosio. Vediamo cosa è il mal di testa da gelato e quali sono le alternative che abbiamo a disposizione per il nostro gatto.
L’estate sta volgendo al termine, ma le temperature sono ancora piuttosto elevate e capita ancora spesso di mangiarci un gelato. Possiamo condividerlo con il nostro gatto?
Purtroppo no, non è un alimento consigliato nell’alimentazione del gatto: è ricco di zuccheri, molto spesso contiene lattosio e la sua temperatura potrebbe causare un forte dolore nevralgico, fenomeno reversibile ma assolutamente non piacevole.
Anche se a volte i gatti sembrano apprezzare qualche assaggino di gelato, non è quindi l’alimento ideale per il nostro felino. Vediamo perché, punto per punto.
Perché il gelato non è un alimento cat friendly?
Analizziamo insieme i componenti principali.
Zuccheri
Il gatto è un carnivoro stretto e l’assunzione degli zuccheri del gelato (ma non solo) può portare nel lungo periodo a fenomeni di insulino-resistenza e diabete.
Lattosio
Il gatto adulto non è in grado di digerire il lattosio contenuto nella maggior parte dei gusti di gelato.
Potrebbe causare flatulenze, feci molli o diarrea.
Ingredienti tossici
Assolutamente da evitare sono i gusti al caffè e al cioccolato, che contengono caffeina e teobromina. Ma anche quelli che contengono uva sultanina, tossica per il gatto.
Il “mal di testa da gelato” nel gatto
Un altro motivo per cui il gelato non è un alimento consigliato per il gatto è il fenomeno noto come “emicrania da gelato”, una forma di ganglioneuralgia sfeno-palatina.
Questo fenomeno è la conseguenza di un’attivazione dei recettori dolorifici in seguito all’insulto della bassa temperatura sulla volta palatina. Il segnale dolorifico si irradia poi tramite il nervo trigemino al sistema nervoso centrale dando luogo ai sintomi. Il gatto si immobilizza e può rimanere per un po’ in stato confusionale, i sintomi sono passeggeri, ma assolutamente non piacevoli.
Ricordiamo anche che il gatto non possiede recettori per il sapore dolce, per cui dare un alimento che non fa bene e di cui non sente nemmeno il sapore non è una buona idea!
Qualche alternativa al gelato c’è
Molto spesso quello che il gatto apprezza del gelato è la consistenza e la sensazione di fresco.
Per cui possiamo proporgli delle alternative più salutari per lui con queste caratteristiche.
Ad esempio possiamo offrire dello yogurt bianco intero senza lattosio, oppure possiamo preparare dei gelati di sola frutta senza latte e darne piccole quantità di tanto in tanto.
Come sempre è la dose che fa il veleno, gli effetti nocivi del gelato sul vostro gatto li potreste osservare nel lungo periodo somministrandolo in modo costante.
Proprio per questo non deve assolutamente diventare un’abitudine ma piuttosto una coccola sporadica da riservare ai periodi più caldi. Preferite sempre snack di carne essiccata come premietti abituali!
Articolo della dott.ssa Giulia Moglianesi, DMV
- Pubblicato il Giulia Moglianesi
L’alimentazione del cucciolo, dallo svezzamento all’età adulta
Il momento della crescita è una fase fondamentale che condizionerà tutta la vita del nostro animale, per questo l’alimentazione del cucciolo è un argomento molto delicato e è importante monitorare e guidare al meglio tutte le sue diverse fasi. Ci occuperemo di illustrare alcuni dei principi fondamentali che il medico veterinario esperto in nutrizione prende in considerazione per accompagnare al meglio la crescita del suo nuovo piccolo paziente.
Valuteremo l’importanza di una dieta varia e bilanciata per il cucciolo, quali sono le differenze rispetto all’alimentazione di un cane adulto e parleremo infine dei tanto amati snack!
Prima di entrare nel vivo di questo articolo è doverosa una piccola premessa… Dopo la nascita salvo sfortunate circostanze, il cucciolo viene nutrito e accudito dalla madre per i primi mesi di vita fino allo svezzamento (potrebbe interessarti questo articolo sul cucciolo neonato).
L’adozione del cucciolo dovrebbe avvenire dopo la fine del periodo dello svezzamento, cioè dopo il passaggio dall’alimentazione lattea all’alimentazione solida.
Vediamo come nutrire al meglio il nuovo arrivato!
L’importanza di un’alimentazione varia e equilibrata durante la crescita del cucciolo
La crescita di un cucciolo non riguarda soltanto l’accrescimento fisico. Durante questa fase il compito del medico veterinario esperto in nutrizione è anche quello di gettare le basi per il corretto sviluppo del sistema immunitario, per un comportamento alimentare corretto e per lo sviluppo di buone capacità digestive.
Durante la crescita è fondamentale che il cucciolo segua una dieta varia e equilibrata. Negli ultimi anni infatti sono stati condotti diversi studi sulla “tolleranza orale”. La tolleranza orale è il meccanismo attraverso il quale il sistema immunitario riconosce come “innocuo” un alimento o i batteri della propria flora microbica. Un’alterazione di questo processo è alla base dello sviluppo delle patologie allergiche.
Questi studi riguardano prevalentemente la medicina umana ma anche gli studi condotti in medicina veterinaria sembrerebbero concordi. Per questo motivo durante lo svezzamento del cucciolo così come avviene per il bambino, dovremo introdurre diversi alimenti in modo da favorire lo sviluppo di una corretta tolleranza orale e prevenire fenomeni di allergia alimentare.
Una dieta varia stimola inoltre lo sviluppo di diverse popolazioni batteriche del microbiota intestinale che a sua volta partecipa al meccanismo di tolleranza orale oltre che al processo digestivo e moltissime altre funzioni dell’organismo. Uno sviluppo inadeguato del microbiota può portare a conseguenze permanenti con cui dovremo far i conti per tutta la vita dell’animale. Il microbiota è uno degli argomenti più studiati degli ultimi anni, le sue funzioni e le sue implicazioni sono infinite, vi invito a leggere l’articolo per approfondire l’argomento.
Differenze tra l’alimentazione del cucciolo e dell’adulto
Le esigenze nutrizionali del cucciolo subiranno profondi cambiamenti durante la crescita e la dieta dovrà adattarsi di conseguenza per scongiurare pericolosi sbilanciamenti.
Le esigenze nutrizionali di un cucciolo e di un soggetto adulto sono diverse. Soprattutto per quanto riguarda i fabbisogni calorico e proteico e il rapporto Calcio/Fosforo.
Un cucciolo brucia molte calorie in più rispetto ad un cane adulto. Un deficit energetico nel cucciolo può portare a una riduzione dell’accrescimento, crisi ipoglicemiche, alterazioni del pelo e molto altro.
Le proteine sono i mattoncini che costituiscono i vari tessuti dell’organismo e l’organismo di un cucciolo è un cantiere aperto che costruisce tessuti molto velocemente. Un cane adulto avrà fabbisogni proteici più bassi.
In ultimo, il calcio e il fosforo sono minerali fondamentali per lo sviluppo del tessuto scheletrico. Il loro rapporto deve essere strettamente sotto controllo durante il periodo di crescita, qualsiasi squilibrio in eccesso o in difetto può portare a malformazioni permanenti molto pericolose, soprattutto nelle razze di cani di taglia grande.
Quali snack scegliere per il cucciolo?
In commercio si possono trovare una quantità infinita di snack per cani delle più svariate forme: biscottini, ossi, persino torte di compleanno. Attenzione però, la maggior parte degli snack sono per lo più composti da grassi e carboidrati.
Nei cuccioli molto spesso ricorriamo all’utilizzo di questi prodotti: vengono usati come premietti nei percorsi di educazione, come coccola, come masticativi. È molto comune quindi dare molte kcal senza accorgersene!
Gli snack industriali contengono inoltre grandi quantità di additivi e conservanti che in alcuni casi possono essere responsabili di spiacevoli reazioni. Un’alternativa più sana ad essi sono gli essiccati di carne o pesce. Che possiamo anche preparare noi a casa utilizzando un essiccatore o il nostro forno.
Attenzione inoltre a tutti i masticativi e ossi che si trovano in commercio. Spesso sono molto difficili da digerire e possono diventare pericolosi nel caso in cui il cucciolo li ingoi trasformandosi in veri e propri corpi estranei.
Ben vengano giochi in plastica come il kong da ingolosire ad esempio con dello yogurt bianco senza zucchero, con cui il cucciolo può divertirsi in sicurezza.
Dieta e premi studiati per il cucciolo
La dieta del cucciolo quindi deve essere studiata in base alle sue particolari esigenze e essere plasmata in base alle varie fasi della crescita.
La dieta inoltre deve essere varia e soddisfare tutti i fabbisogni. Una buona alimentazione fin dalla tenera età è fondamentale per prevenire potenziali patologie e permette di costruire basi solide per supportare l’animale in tutte le fasi della propria vita.
Articolo della dott.ssa Giulia Moglianesi, DMV
- Pubblicato il Giulia Moglianesi