L’alimentazione del Riccio africano. Cos’è importante sapere?
Nutrire correttamente il riccio africano (Atelerix albiventris), con una dieta quanto più possibile fresca e varia, completa e bilanciata, è fondamentale per la salute e il benessere.
Ecco alcuni suggerimenti per fornire una dieta equilibrata, che rispetti le necessità etologiche della specie.
Riccio africano, cosa mangia in natura?
Il riccio africano è un piccolo mammifero insettivoro dalle abitudini crepuscolari-notturne, che abita le zone aride e le savane dell’Africa centrale.
I loro fabbisogni nutrizionali non sono ancora del tutto noti, ma quello che sappiamo è che hanno bisogno di un’alimentazione ricca di proteine e povera di grassi.
Nutrizione del riccio africano in cattività
Spesso si consiglia di fornire come base un alimento commerciale, che possa corrispondere anche integrazioni vitaminico-minerali.
Per lungo tempo sono state consigliate crocchette per gatti o furetti, che sono però troppo ricche in grassi.
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Più saltuariamente si possono aggiungere piccole porzioni di uovo sodo, fiocchi di latte, carne cotta.
Tra i minerali quello da monitorare con più attenzione è il calcio. I ricci africani infatti possono frequentemente andare incontro ad ipocalcemia.

Dieta equilibrata, strumento di prevenzione e salute
Una dieta equilibrata è essenziale per mantenere una buona condizione di salute e benessere. L’obiettivo è quello di fornire all’organismo la giusta quantità di nutrienti, vitamine e minerali necessari per un funzionamento ottimale dell’intero organismo.
È importante evitare l’assunzione di alimenti zuccherati e processati, poiché possono provocare non solo sovrappeso ma anche altri problemi di salute e un aumento nel rischio di incorrere in patologie croniche.
Senza dimenticare il ruolo dell’acqua fresca, pulita e di buona qualità, che non deve mai mancare.
Articolo della dott.ssa Cinzia Ciarmatori, DVM per Webinar4Vets
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Si possono dare panettone o pandoro al cane e al gatto?
Noi italiani sappiamo quanto condividere cibo sia parte della relazione, ma nel caso del panettone e del pandoro è meglio evitare di condividerlo con cani e gatti.
In questo articolo vediamo quali sono i tipi di dolci natalizi più tossici e quali invece quelli che a piccolissime dosi potremmo anche dare!
Difficile pensare a dei dolci che rappresentino meglio il Natale italiano: il panettone e il pandoro sono certamente i re delle nostre tavole in questo periodo ed è normale che ci si chieda se si può condividere con il nostro gatto o il nostro cane. In realtà, prima di tutto dobbiamo chiarire quale tipo di panettone o pandoro abbiamo a casa, poi dovremmo anche concentrarci sulle quantità.
Panettone con uvetta al cane e al gatto
Se il panettone che abbiamo in casa è il classico natalizio con uvetta, è assolutamente meglio evitare di darlo al nostro gatto o al nostro cane.
L’uvetta infatti ha un effetto tossico non ancora ben chiarito per i nostri amici, che non dipende, purtroppo, dalla dose.
Inutile quindi e anzi, pericoloso direi, cercare di ripulire il panettone con uvetta da quest’ultima, dando pezzettini che non ne contengano. Dato che la tossicità non è legata alla dose per l’uvetta, cani e gatti non devono mangiarne neanche piccole quantità. Anche una piccola ingestione di uvetta quindi può dar luogo a danni renali importanti per il cane e il gatto. Per questo è meglio non rischiare.
Se il vostro cane o il vostro gatto mangia un pezzettino o, peggio, una fetta intera di panettone con uvetta sarà meglio andare immediatamente dal medico veterinario di fiducia che, probabilmente, deciderà di indurre il vomito per evitare ogni rischio.

Panettone o pandoro con gocce di cioccolato al cane e al gatto
Molto amato specialmente dai bambini, alcuni panettoni e pandori hanno gocce di cioccolato all’interno o sono ricoperti da cioccolato sulla superficie. Anche in questo caso, se abbiamo un dolce di questo tipo in casa, sarà meglio non darlo al nostro cane o al nostro gatto, nel modo più assoluto, per non rischiare. Il cioccolato è infatti tossico per cane e gatto.
Nel caso di panettone o pandoro al cioccolato però, a differenza dell’uvetta, la dose ingerita cambia la situazione.
La dose tossica del cioccolato dipende infatti da quanto ne viene effettivamente ingerito e soprattutto se è al latte o amaro.
In linea generale, probabilmente se il vostro cane o il vostro gatto hanno ingerito un piccolo pezzettino di panettone o di pandoro con cioccolato, potrebbe verificarsi diarrea e/o vomito, senza eccessivi effetti dannosi. Se però le quantità di dolce ingerite, e quindi di cioccolato, sono importanti sarà fondamentale andare dal vostro medico veterinario di fiducia.
Il panettone e il pandoro meno pericoloso per cane e gatto
Non possiamo dire che un panettone o un pandoro sia un buon alimento per cane e gatto sia ben chiaro.
Ho infatti scelto di scrivere come titolo “meno pericolosi”. Tutti gli alimenti dolci infatti non sono adatti a cane e gatto, poiché stimolano eccessivamente la risposta insulinica di questi animali carnivori, rischiando di provocare diabete.
Nel caso del panettone e del pandoro poi abbiamo un aggravante: oltre al tanto zucchero infatti, questi dolci contengono anche molti grassi. Una bomba calorica praticamente!
In questo senso quindi, se abbiamo un panettone o un pandoro in casa che non contengano né cioccolato né uvetta, possiamo decidere di darne un pezzettino molto piccolo al nostro amico per condividere la sera di Natale. Quello che conta in questo caso è la quantità:
- Per gatti o cani di piccola taglia non più di un pezzettino grande come una nocciola
- Per cani di taglia media possiamo dare 2 o 3 pezzettini grandi come una nocciola
- Cani di taglia grande possono arrivare a mangiarne 4 o 5 pezzettini della grandezza di una nocciola, non di più!
Ci sono alcuni casi in cui non dobbiamo però darne affatto, dato che ovviamente dipende molto dalla salute del nostro gatto o del nostro carne. Evitiamo di dare panettone o pandoro nel modo più assoluto nel caso di:
- Gatti o cani diabetici: assolutamente no panettone o pandoro! Potrebbero avere degli sbalzi di glicemia importanti con conseguenze nefaste.
Articolo della dott.ssa Maria Mayer, DVM per Kodami
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L’alimentazione dei pappagalli
Quando parliamo di pappagalli ci stiamo riferendo ad oltre trecento specie con esigenze nutrizionali specifiche. Fornire loro una dieta equilibrata è fondamentale per la salute e il benessere generale, anche dal punto di vista psicologico-emozionale. Cos’è importante sapere sull’alimentazione dei pappagalli?
Un’alimentazione equilibrata per pappagalli consiste in una varietà di alimenti che soddisfano le loro esigenze nutrizionali. La prima cosa da fare dunque è capire quali sono le necessità specifiche della specie che stiamo ospitando: l’alimentazione dovrà essere differente non solo in base alla taglia e alla provenienza geografica, ma anche alla fase di vita e alle peculiarità del singolo individuo.
Alimentazione dei pappagalli, cosa può comprendere?
Una cocorita (Melopsittacus undulatus) non può mangiare come un inseparabile (Agapornis sp.).
Tantomeno un’ara (Ara sp.) che in natura abita le foreste del Sud America può avere la stessa dieta di un cenerino (Psittacus erithacus), che si è evoluto in Africa.
Allo stesso modo una femmina che sta deponendo le uova o sta allevando i piccoli non ha gli stessi fabbisogni di un maschio adulto. Un pullo in accrescimento avrà bisogno di nutrienti in quantità e qualità differenti e lo stesso dicasi per pappagalli anziani o in determinate condizioni patologiche.
Detto questo è possibile comunque dare indicazioni generali, per capire tra quali tipi di alimento è possibile scegliere.
In genere come base per la dieta si consiglia un alimento in pellet di buona qualità, formulato appositamente per la specie che ospitiamo: il vantaggio è che contiene importanti integrazioni vitaminico-minerali e può considerarsi un alimento completo.
Su questa base si possono poi integrare, in base alla specie e all’individuo, frutta fresca, verdura, noci e altra frutta secca e semi.
Ottime integrazioni sono anche alcuni fiori, bacche, spezie.
Cereali, legumi e altre fonti proteiche sono fondamentali soprattutto in alcune fasi di vita, così come altre integrazioni e nutraceutici.

I vantaggi di un’alimentazione fresca
Come nel caso del cane, del gatto, del coniglio e di altri animali anche per i pappagalli l’alimentazione fresca è un vantaggio per la salute, purché sia correttamente formulata e bilanciata.
Fornire tutto ciò di cui questi splendidi animali hanno bisogno, sia in termini di macro che di micronutrienti, consentirà un funzionamento ottimale di tutti gli organi e gli apparati, ma garantirà anche la salute della cute e del piumaggio riducendo l’incidenza di crescita di penne o piume anomale e più fragili che possono indurre i pappagalli a strapparle.
In più per animali così evoluti dal punto di vista cognitivo e psicologico-emozionale un’alimentazione varia, composta da cibi freschi di qualità, colorati, con profumi, sapori e consistenze differenti è un importante strumento di arricchimento ambientale.
Se la ciotola contiene sempre lo stesso cibo confezionato, anche se fosse completo e bilanciato, non potrebbe soddisfare la grande necessità che questi animali hanno di cercare, scegliere, manipolare con i piedi e con il becco.
Una dieta fresca consente di rendere l’alimentazione davvero “su misura” per ogni individuo.
Gli errori da non commettere
- Fornire miscele di semi come unico alimento: i semi possono mancare di nutrienti essenziali, oppure essere troppo ricchi di oli come nel caso dei semi di girasole.
Un’alimentazione troppo ricca di lipidi può provocare degenerazione del fegato e predisporre all’obesità. - Non offrire una varietà di verdura e frutta fresche, limitandosi ad un pezzetto di mela saltuariamente.
Vegetali e frutta devono rappresentare una buona parte della razione quotidiana: verdure a foglia, carote, broccoli, cavoli, peperoni, zucca, carciofo, finocchio, ma anche mela, pera, agrumi, kiwi, ananas, papaya sono solo alcuni esempi.
Il consiglio è sempre quello di scegliere, quando possibile, verdure e frutta da coltivazione biologica e di stagione. - Mettere a disposizione cibi tossici: cioccolato, alcol, cibi ricchi di grassi e di zuccheri, caffeina, avocado (alcune varietà si sono dimostrate tossiche), salse e condimenti, cibi fritti o dolciumi.
- Non fornire acqua fresca di buona qualità, la corretta idratazione è molto importante
In conclusione
Una dieta bilanciata e varia è essenziale per garantire una buona salute e una vita di benessere ai pappagalli. Consultare un veterinario esperto nella medicina e nella nutrizione di questi animali può essere di grande aiuto per avere una dieta personalizzata in base alle esigenze specifiche della specie e dell’individuo.
Prendersi cura della nutrizione contribuirà in modo significativo ad evitare molte patologie e disturbi fin troppo frequenti!
Articolo della dott.ssa Cinzia Ciarmatori, DMV
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Le allergie alimentari nel gatto
Le allergie sono sempre più comuni anche nel gatto.
In questo articolo approfondiamo i sintomi e le cause di allergia, la differenza con le intolleranze, come si diagnosticano, le cure e il giusto tipo di cibo.
Come anche per il cane, le allergie e le intolleranze alimentari sono sempre più comuni anche nel gatto e vengono generalmente raggruppate in una macro-categoria chiamata Reazione Avversa al Cibo (RAC).
Anche se la sintomatologia può variare molto, i gatti che soffrono di allergie o intolleranze alimentari hanno prurito. Accompagnato talvolta a sintomi come vomito, diarrea o al contrario stipsi.
Se vogliamo dare dei numeri, possiamo dire che un 3-6% dei gatti con una malattia cutanea ha una allergia alimentare, ma la probabilità sale fino ad un 20% se il vostro gatto ha prurito.
Non sembra esserci una particolare predisposizione di sesso o età, anche se l’età media a cui viene fatta la diagnosi è di 4 anni.
Anche sulla predisposizione di razza non abbiamo dati molto chiari: il gatto Siamese e il Birmano sembrano essere colpiti con maggiore frequenza. In generale, se un gatto ha un parente con reazione avversa al cibo è più probabile che ne soffra anche lui/lei avendo spesso una familiarietà.
Approfondiamo bene l’argomento in questo articolo.
Sintomi delle allergie alimentari nel gatto
La sintomatologia delle reazioni avverse al cibo nel gatto è estremamente variata.
Il sintomo comune a tutti i gatti allergici ad un alimento è quello del prurito, talvolta generalizzato a tutto il corpo, nella maggior parte dei casi localizzato alla zona della testa e del collo.
Anche se il gatto con reazione avversa al cibo può arrivare a ferirsi in modo grave nel tentativo di grattarsi, non sempre questo segno è presente e il prurito può essere lieve.
Altri sintomi possono essere un pelo estremamente diradato sulla pancia o in altre zone corporee (fianchi, arti posteriori o anteriori), chiamata alopecia autoindotta: il gatto letteralmente si porta via il pelo leccandosi la zona fino allo sfinimento con la sua linguetta ruvida.
Oltre a questi due sintomi possiamo avere anche piccoli puntini rossi in diverse zone cutanee, accompagnati o meno da ferite da grattamento. Anche gli occhi a volte soffrono con delle congiuntiviti.
Infine come dicevamo all’inizio, il gatto può presentare anche sintomatologia gastro-intestinale, soprattutto vomito, diarrea o stipsi.
Purtroppo tutti questi sintomi non sono caratteristici solo delle allergie di origine alimentare nel gatto e per questo può essere particolarmente complesso fare diagnosi.

Cause delle allergie alimentari nel gatto
Il meccanismo preciso che dà il via alle allergie alimentari nel gatto non è chiaro al momento, ma si presuppone che sia simile a quanto avviene nel cane e nell’uomo. Quello che avviene probabilmente è che il sistema immunitario del gatto, per svariate ragioni, fra cui anche quelle genetiche, inizia ad avere una reazione eccessiva verso alcuni alimenti, considerandoli come “nemici”.
Questa reazione avviene in particolar modo verso le proteine che compongono la dieta, per cui è statisticamente molto più probabile che un gatto si allergizzi verso un tipo di carne o pesce. Eppure, non dobbiamo dimenticare che sono presenti proteine anche all’interno di cereali e legumi, per cui anche questi possono essere i “colpevoli” di stimolare eccessivamente il nostro gatto.
Per il gatto gli allergeni più comuni conosciuti al momento sono il manzo, il pesce e il pollo.
Differenze fra allergie e intolleranze alimentari
La differenza fra allergie e intolleranze è generalmente nel coinvolgimento o meno del sistema immunitario.
Nel caso delle allergie infatti, nel gatto come in altre specie, il sistema immunitario si attiva scatenando delle risposte anche a distanza, lontano dall’intestino come dire, dove avviene il contatto con l’allergene alimentare.
Per questo vediamo appunto prurito a livello cutaneo.
Le intolleranze invece sono in genere risposte non mediate dal sistema immunitario e quindi maggiormente localizzate all’intestino. Ad esempio: un gatto adulto non ha la possibilità di produrre enzimi lattasi, in grado di scindere lo zucchero lattosio presente in latte e latticini. Per questo il vostro gatto possiamo dire che è intollerante al lattosio e potrebbe avere diarrea, flatulenza o vomito se mangia latticini.
Come si diagnosticano allergie o intolleranze alimentari nel gatto
Per diagnosticare una allergia alimentare nel gatto ci vuole prima di tutto molta pazienza da parte del pet mate e un buon lavoro di squadra con il proprio Medico Veterinario. Non esistono infatti al momento prove o test di laboratorio che ci possano dire con certezza quali sono gli alimenti a cui il nostro gatto è allergico.
Inoltre come abbiamo visto la sintomatologia di allergia alimentare è molto ampia e potrebbe essere comune anche ad altre patologie! Per questo, dopo una visita dermatologica ben specifica, il vostro Medico Veterinario comincerà lavorando per esclusione, ovvero depennando una per una le altre possibili cause di prurito e della sintomatologia che presenta il vostro gatto.
Di questo processo di “esclusione” (o conferma, ovvio) di diverse cause, fanno parte anche le prove alimentari. In questo caso vi verrà chiesto di somministrare al vostro gatto per un periodo minimo di 3 settimane, fino ad un massimo di 8 settimane, un alimento ipollargenico, scelto secondo i suoi gusti. Potreste fare quindi una prova dietetica con l’alimentazione fresca (considerata la migliore dai dermatologi veterinari), se il vostro gatto lo concede. Oppure, se il vostro micio è abituato al commerciale, vi verrà chiesto di dare alimenti specifici commerciali ideati per questo percorso diagnostico.
Le allergie alimentari si possono curare
Mi viene spesso chiesto se le allergie alimentari del gatto si possono curare. È davvero difficile rispondere a questa domanda in modo sicuro, perché purtroppo sul gatto ci mancano molti dati. In linea di massima, dobbiamo dire di no, le allergie vere e diagnosticate non sono curabili. Una volta che il sistema immunitario del vostro gatto ha “preso in antipatia” un alimento, è probabilmente impossibile fargli cambiare idea.
Nonostante questo, diversi studi recenti in umana, ipotizzano processi di riduzione della reazione allergica, anche tramite introduzione graduale degli allergeni, in grado di creare una tolleranza immunologica. Lavorare sul microbiota intestinale del gatto potrebbe essere la chiave vincente in questo senso. Ma, dobbiamo dirlo, per ora tutto questo è assolutamente ipotetico. Il modo migliore di agire è quindi quello di eliminare per sempre l’allergene individuato dalla dieta del vostro gatto.
Cosa dare da mangiare ad un gatto allergico
Possiamo dare da mangiare al nostro gatto allergico tutto ciò che non è un allergene per lui/lei.
Magari sembrerà un’ovvietà quanto appena detto, ma vi assicuro che non lo è. Nella maggior parte dei casi infatti quando si opera la diagnosi di allergia alimentare in un gatto si somministra poi per tutta la vita un solo alimento, ipoallergenico, spesso con proteine idrolisate. Questa è certamente una possibile strategia: dare proteine idrolisate (ovvero come fossero pre-spezzettate), evita il riconoscimento dell’allergene da parte del sistema immunitario e evita quindi la reazione allergica.
Eppure, questo iter potrebbe non essere il più adeguato nel lungo periodo. Sappiamo infatti che le allergie dipendono soprattutto da una reazione eccessiva del sistema immunitario del soggetto. Togliere tutti i possibili allergeni quindi in qualche modo preserva sì dalle reazioni, ma è come se togliesse “allenamento” al sistema immunitario, che potrebbe diventare quindi sempre meno tollerante.
Il mio consiglio quindi per un gatto allergico è di scegliere fra un cibo ipoallergenico con proteine idrolisate (o comunque privo di allergeni), oppure al contrario di farsi aiutare da un Medico Veterinario esperto in Nutrizione che possa impostare una dieta fresca e variata. In questo caso, la dieta sarà sì priva di allergeni, ma la variabilità punterà a mantenere allenato il sistema immunitario, aiutando il gatto a rimanere in salute.
.Articolo della dott.ssa Maria Mayer, DMV per Kodami
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