Malattia renale cronica del gatto. Un “renal” è sempre necessario?
La malattia renale cronica è una patologia molto frequente nei nostri animali soprattutto nel gatto ed è caratterizzata dalla perdita graduale, progressiva e irreversibile della funzionalità renale.
La dieta in questi pazienti svolge un ruolo fondamentale. Perché controlla i segni clinici minimizzandoli e cosa ancora più importante controlla la progressione della patologia, contribuendo così al benessere e alla longevità dei nostri amici felini.
In questo articolo scopriremo in cosa consiste la malattia renale cronica, il ruolo che ha la nutrizione nel paziente nefropatico ed in particolare approfondiremo l’aspetto della restrizione proteica.
Che cos’è la malattia renale cronica?
La CKD (chronic kidney disease) è tra le patologie più comuni riscontrate nei gatti anziani. Viene definita come un’alterazione organica e/o funzionale di uno, o entrambi i reni, presente da almeno 3 mesi.
I segni clinici sono legati alla diminuita capacità dei reni di svolgere le sue normali funzioni di regolazione e di escrezione.
Tra i più frequenti troviamo: aumento della diuresi (poliuria), aumento dell’assunzione di acqua (polidipsia), anemia, diarrea, vomito, perdita di peso, malessere generale.
Purtroppo quando compaiono i segni clinici già il 70-80% del rene è compromesso per questo è importante soprattutto in animali maturi/anziani effettuare una diagnosi precoce.
Tra le “strategie terapeutiche” attuate dai medici veterinari negli animali affetti da questa patologia rientra, quasi sempre, l’utilizzo di alimenti commerciali “renal”, ossia indicati per gatti affetti da insufficienza renale cronica.
Questi alimenti sono generalmente caratterizzati da:
- Ridotto contenuto in proteine, sodio e fosforo
- Aumento del tenore di fibre solubili
- Integrazione con vitamine del gruppo B
- Integrazione con antiossidanti e acidi grassi polinsaturi
- Elevata densità energetica ed elevato contenuto lipidico
Questi alimenti vanno sempre utilizzati?
Gli studi scientifici dimostrano che la risposta corretta a questa domanda è no.
La scelta della giusta alimentazione, da somministrare ad un paziente nefropatico, deve innanzitutto passare per un’attenta e corretta stadiazione della patologia in atto.
Innanzitutto, perché un soggetto nefropatico, ed affetto da CKD, non necessariamente presenta insufficienza renale cronica. In secondo luogo, perché la riduzione della funzionalità renale, che può conseguire alla presenza di CKD, può presentare diversi stadi di gravità.
La gravità della CKD è stata classificata in 4 stadi dall’ International Renal Interest Society (IRIS).
La stadiazione si basa inizialmente sulla concentrazione di creatinina nel sangue a digiuno, seguita poi da un’analisi completa delle urine, per valutare il peso specifico e l’eventuale presenza di proteinuria, e da una valutazione della pressione sanguigna.
Al fine di improntare una corretta terapia e una corretta alimentazione, risultano anche necessari la valutazione dell’azotemia, della fosfatemia, dell’esame emocromocitometrico. Nonché la valutazione della morfologia dei reni attraverso un’ecografia addominale.
Una volta stadiata la patologia, e individuato il grado di insufficienza renale del soggetto, si deve valutare quale sia la migliore strategia nutrizionale da applicare.
Se si decide di alimentare il gatto con un alimento commerciale “renal”, bisogna innanzitutto tenere in considerazione che alimenti differenti presentano tenori analitici diversi e, quindi, che a seconda del soggetto (e dello stadio IRIS in cui si trova), può essere utile sceglierne uno piuttosto che un altro.
Particolare attenzione va posta alla quantità e alla qualità delle proteine contenute, onde evitare di effettuare una restrizione proteica eccessiva quando non necessaria.
Proteine e malattia renale cronica
Infatti, non bisogna mai dimenticare che il gatto è un “carnivoro stretto” e che le proteine rivestono un ruolo fondamentale nella sua alimentazione, in particolar modo quando il soggetto è anziano e, quindi, che una loro diminuzione nella dieta deve essere valutata con molta attenzione.
Se da un lato la restrizione proteica può favorire la riduzione dell’azotemia e della sintomatologia che ne consegue, dall’altro un’eccessiva restrizione può causare danni altrettanto importanti come la malnutrizione, un’alterazione della risposta immunitaria, una riduzione della sintesi di emoglobina, nonché la perdita di tessuto muscolare.
Inoltre, per assicurare un adeguato apporto di aminoacidi essenziali, almeno l’80% dell’apporto proteico deve provenire da proteine di origine animale ad elevato valore biologico (carne, pesce).
Le attuali linee guida sconsigliano di effettuare una riduzione proteica in animali in stadio IRIS 1, mentre negli stadi successivi se ne consiglia una riduzione graduale.
Tuttavia, recenti studi mettono in dubbio queste linee guida, sostenendo che la riduzione proteica sia da evitare anche in gatti con insufficienza renale in stadi più avanzati.
Il dosaggio di proteine da somministrare in gatti affetti da CKD rimane, ad oggi, uno degli argomenti scientifici più dibattuti in nefrologia e nutrizione veterinaria.
La dieta casalinga può essere una valida alternativa per il gatto nefropatico?
Assolutamente sì, ma di questo ne parleremo in maniera approfondita in un altro articolo!
Articolo della Dr.ssa Laura Mancinelli, DVM
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Il diabete mellito nel cane
Il diabete nel cane è una delle più frequenti endocrinopatie.
Da un punto di vista scientifico ci sono ancora tanti i dubbi ma poiché sia la medicina umana sia quella veterinaria sono in costante evoluzione, lo è anche la ricerca a riguardo. La gestione del cane diabetico si deve basare su quattro fattori fondamentali: la terapia insulinica, l’attività fisica, un corretto trattamento nutrizionale ed un’ottima “compliance” con il proprietario.
In questo articolo vi parleremo di come riconoscere il diabete nel cane. E di quanto sia importante la sua gestione al fine di ottenere un buon controllo sulla sintomatologia clinica.
Che cos’è il diabete mellito
Il diabete mellito è un insieme di patologie metaboliche caratterizzate da uno stato di iperglicemia persistente. Dovuto ad un deficit di secrezione o di azione dell’insulina o ad entrambi.
Si distingue sostanzialmente in diabete di tipo insulino-dipendente e non insulino-dipendente.
Il diabete di tipo 1 (insulino-dipendente) è più frequente nel cane mentre il diabete di tipo 2 è quello più frequente nel gatto (non insulino-dipendente).
L’incidenza di questa patologia nel cane varia dallo 0.32 allo 0.6%.
Le razze maggiormente colpite risultano essere il Setter Irlandese, il Barbone, lo Yorkshire, lo Schnauzer nano, il Samoiedo, il Setter Inglese ed il Labrador Retriever. Ma potenzialmente tutte le razze possono essere colpite.
Come presentazione da un punto di vista del segnalamento sono soprattutto femmine e l’età è intorno ai 7 anni.
Esistono altre forme di diabete mellito, tra cui quelle dette “secondarie”. Nel caso di cani che assumono farmaci corticosteroidi o progestinici, in alcune femmine durante la fase diestrale del ciclo (chiamato diabete progesterone-dipendente).
In questi casi c’è una resistenza all’insulina a livello periferico per cui le cagne vanno sterilizzate il prima possibile per non incorrere ad un diabete non più reversibile. Inoltre ci sono quelle concomitanti ad altre endocrinopatie come può essere l’iperadrenocorticismo.
Patogenesi del diabete nel cane
Nel cane la causa sottostante al momento non è del tutto chiara.
Si ritiene si tratti di una malattia multifattoriale. In cui predisposizione genetica, pancreatiti con distruzione immuno-mediata progressiva del pancreas o alcune situazioni predisponenti quali la sindrome di Cushing, l’iperlipemia e l’obesità inducendo insulino-resistenza possono provocare l’esaurimento funzionale del pancreas.
Sintomi
Il glucosio presente in eccesso nel sangue viene espulso con le urine. Causando uno squilibrio nei reni ed un’eccessiva produzione di urine (poliuria) che porterà il cane a disidratarsi e lo stimolerà a bere più del solito (polidipsia).
Il cane diabetico ha solitamente un appetito molto marcato (polifagia) ma nonostante ciò risulta evidente una progressiva diminuzione di peso.
Se il diabete è presente da molto tempo possono insorgere ulteriori complicazioni correlate, come la cataratta (opacizzazione del cristallino) o lo sviluppo di infezioni (spesso del tratto urinario ma anche respiratorio e cutaneo).
Diagnosi
La diagnosi di diabete mellito nel cane si basa inizialmente sulla presenza di una combinazione di segni clinici in associazione a iperglicemia persistente e glucosio nelle urine (glicosuria).
Una volta formulata la diagnosi è di primaria importanza effettuare ulteriori accertamenti per verificare la presenza di complicazioni o malattie concomitanti potenzialmente scatenanti o aggravanti il diabete mellito.
Terapia
La terapia del diabete è una terapia multimodale che coinvolge tantissimi fattori e spesso anche tante figure cliniche diverse che non sono per forza tutte riassunte nel medico di base.
La gestione terapeutica si prefigge l’obiettivo di eliminare/ridurre i segni clinici, prevenire le complicazioni a breve termine ed assicurare una prospettiva buona qualità di vita.
Quando parliamo di insulina dobbiamo ricordare che alcune sono più potenti ed altre meno e di solito la potenza è inversamente correlata alla durata di azione. Insuline molto potenti sono insuline rapide, che di solito si utilizzano nella chetoacidosi diabetica.
Nel cane in genere si utilizzano insuline lente, intermedie o anche le ultralente.
Dieta ed integrazioni in corso di diabete nel cane
Da un punto di vista nutrizionale, il diabete mellito è forse una delle situazioni più complesse e a volte anche frustranti da dover gestire.
La gestione alimentare è una componente importante del piano di trattamento.
Essa non può sostituire la somministrazione di insulina esogena ma può essere d’aiuto nel migliorare il controllo della glicemia.
La terapia dietetica dovrebbe fornire un alimento nutrizionalmente completo ed appetibile che venga prontamente consumato. Inoltre deve fare in modo che possa essere raggiunta e mantenuta una condizione fisica ottimale.
I punti salienti della dieta di un cane diabetico sono sostanzialmente questi:
– Acqua: un adeguato apporto idrico è di fondamentale importanza e non deve mai essere sottovalutato poiché in corso di diabete si ha un incremento della perdita di acqua dovuta alla diuresi osmotica associata alla glicosuria.
– Proteine: le diete per cani diabetici dovrebbero contenere un’elevata quantità di proteine al fine di ridurre l’apporto energetico somministrato con i carboidrati e di conservare al meglio la massa magra del soggetto.
– Carboidrati: la quantità di carboidrati da inserire in una dieta per cani diabetici non è definita con precisione, ma deve comunque risultare contenuta. Per quello che riguarda l’essenzialità dei carboidrati, spesso si sente dire che i carboidrati nella dieta del cane diabetico sono essenziali, in realtà al momento non ci sono evidenze del fatto che siano essenziali. Nel senso che non c’è uno studio nel cane diabetico che valuti cosa succede con una dieta priva di amidi. Di maggior rilevanza è la scelta del tipo di carboidrato da far assumere all’animale che dovrebbe orientarsi verso l’utilizzo di carboidrati complessi e con un basso indice glicemico.
– La regolarità dei pasti: nel cane devono essere 2, sempre alla stessa ora, in corrispondenza della somministrazione di insulina e devono essere ben standardizzati come quantità e come ingredienti. Evitare extra o snack soprattutto durante i primi mesi.
– Per quanto riguarda minerali e vitamine ricordiamoci che possono avere carenze di tanti e diversi nutrienti dovuto ad un aumento dell’escrezione con l’urina ma anche a problemi di regolazione osmotica.
Integrazioni
Una delle carenze più frequenti da vedere nel cane diabetico, molto grave, è la carenza di vitamina D. Integrarla migliorerà la qualità della vita.
Per quello che riguarda le integrazioni funzionali, ovviamente gli omega3 per diversi motivi.
In parte perché hanno un ruolo importante nella regolazione del metabolismo dei grassi, in parte perché hanno un ruolo fondamentale nella lipogenesi ma anche nell’aumentare la beta ossidazione a livello mitocondriale. In parte anche perché sembrano ridurre l’assorbimento intestinale di glucosio.
Ma soprattutto la cosa che a noi interessa di più, su cui non ci sono studi nel cane, è la regolazione dello stato infiammatorio a livello periferico e conseguentemente la regolazione della resistenza all’insulina.
Per quello che riguarda gli antiossidanti, fino a poco tempo fa si pensava che gli antiossidanti fossero importanti perché è dimostrato che nei diabetici ci sia un maggior stato ossidativo a livello di organismo. Ma ultimamente è uscito uno studio che dimostra come la vitamina E abbia un ruolo non solamente sulla regolazione dell’ossidazione dell’organismo ma anche a livello di controllo della glicemia.
Diabete nel cane e disbiosi
Nell’uomo si stanno facendo tantissimi studi in questo senso. Sarebbe molto interessante sapere se la disbiosi sia causa o conseguenza della patologia.
Sicuramente è dimostrato che ad una condizione di diabete sia di tipo 1 sia di tipo 2 segue un aumento della permeabilità intestinale. Con varie alterazioni a livello di metaboloma e disbiosi.
Uno studio è andato a documentare come anche nei cani con diabete insulino-dipendente ci siano dei pattern di disbiosi per cui possiamo affermare che il microbiota è fondamentale nel controllo della glicemia.
Parola d’ordine: standardizzazione!
Per quanto riguarda il trattamento del diabete uno degli aspetti in assoluto più importanti è l’educazione del proprietario. Questo vale per tantissime malattie ma per il diabete ancor di più perchè è il proprietario che dovrà monitorare il proprio animale, somministrare l’insulina e molto altro.
La comunicazione è fondamentale. Il proprietario deve essere istruito riguardo la preparazione corretta del prodotto insulinico al fine di ottenere una somministrazione efficace. E’ necessario assicurarsi che vengano utilizzate siringhe idonee alla concentrazione dell’insulina utilizzata.
Al proprietario va insegnata la costanza assoluta sia in termini di dieta sia di esercizio fisico che deve essere regolare, moderato, sempre uguale e sempre alla stessa ora.
Monitoraggio terapeutico
Generalmente il cane con diabete mellito necessita di circa 2 o 3 mesi prima di raggiungere un controllo glicemico adeguato o sono necessari controlli clinici periodici per tutta la vita dell’animale.
Inizialmente i controlli dovrebbero essere più frequenti poi con il passare del tempo gli intervalli possono essere più estesi.
Prognosi
La prognosi per un animale diabetico dipende da numerosi fattori riguardanti lo stato del paziente, l’età del soggetto, la diagnosi precoce, l’ottenimento di un buon controllo glicemico attraverso una terapia e una dieta adeguata, la presenza di malattie intercorrenti e complicazioni.
Un ruolo fondamentale nella prognosi è dato dall’impegno del proprietario.
Articolo della Dr.ssa Laura Mancinelli, DVM
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Dermatopatie del cane e del gatto e carenze nutrizionali
Le dermatopatie del cane e del gatto sono tra le patologie più frequenti riscontrate nei nostri amici a quattro zampe. Scoprirne la causa spesso non è semplice e tra le prime domande che ci sorgono spontanee c’è se dietro a queste patologie non ci sia un problema alimentare.
Quando si parla di cause alimentari si pensa sempre a intolleranze o allergie. Ma esistono sintomi dermatologici che, invece, sono causati da una carenza di nutrienti.
In questo articolo scopriremo quali sono le varie carenze nutrizionali che causano dermatosi, come riconoscerle e gestirle.
Dermatopatie del cane e del gatto
Molte patologie cutanee possono essere correlate alla dieta, sia a causa di carenze nutrizionali congenite o acquisite che di reazioni avverse al cibo (allergie o intolleranze).
Mentre nei cani o gatti alimentati con il cibo commerciale di buona qualità, le carenze nutrizionali acquisite sono rare, dobbiamo fare molta attenzione alle diete fai-da-te. Poiché se non formulate da un veterinario esperto di nutrizione, rischiano di causare importanti problemi di salute ai nostri amici a quattro zampe.
Le carenze di nutrienti, specialmente di zinco, vitamina A, acidi grassi e proteine, si presentano principalmente in soggetti con necessità nutrizionali specifiche. Come nei soggetti anziani o in accrescimento, nelle cagne in gravidanza o lattazione se l’alimentazione viene gestita in maniera inappropriata.
Carenza di zinco e di vitamina A
Nei cani è stata ampiamente studiata la carenza di zinco, che spesso è causata da una deficienza genetica nell’assorbimento. Si osserva spesso nei cani giovani appartenenti a specifiche razze nordiche che sembrano essere particolarmente predisposte. Come il Siberian Husky, Alaskan Malamute ed il Samoyedo.
I cani colpiti presentano prurito di varia entità, alopecia ed eritema, spesso con presenza di croste.
Le lesioni sono generalmente localizzate in zona periorale e perioculare, sul padiglione auricolare, sul piano nasale e a livello dei cuscinetti plantari.
I cani affetti da questa carenza dovranno assumere un’integrazione di zinco per tutta la vita.
La carenza ma anche l’eccesso di Vitamina A causano segni simili.
In particolare ipercheratosi e scaglie, alopecia e condizioni scadenti del mantello.
Acidi grassi essenziali e dermatopatie
Le carenze di acidi grassi essenziali come l’acido linoleico e linolenico impiegano molto tempo per dare sintomi ma quando si presentano significa che la deficienza alimentare è presente già da molti mesi.
Si possono notare forfora, pelo opaco e secco, alopecia e a volte piodermite.
La carenza di acidi grassi è spesso riportata in cani che assumono diete commerciali secche mal conservate o quando il prodotto contiene pochi antiossidanti.
Anche diete casalinghe sbilanciate o diete ipocaloriche con forte restrizione dei grassi, protratte nel tempo, possono provocare lo stesso tipo di problema.
Altri nutrienti importanti per le dermatopatie del cane e del gatto
La carenza di proteine è piuttosto rara e normalmente associata a digiuno o diete ipoproteiche.
I sintomi che la caratterizzano sono ipercheratosi, iperpigmentazione della cute e depigmentazione del mantello.
La crescita del pelo richiede un alto tenore di proteine all’organismo ed è per questo che l’animale con carenza proteica può presentare alopecia, mantello scadente con peli sottili, fragili, ruvidi ed opachi.
Anche la carenza di rame provoca depigmentazione (animali a pelo nero che diventano rossicci) ma anche incanutimento precoce.
Ultime ma non meno importanti sono le carenze di vitamina E, vitamina D e del complesso B con sintomi aspecifici e comuni alle altre carenze quali dermatite ed eritema.
La risposta alla domanda “C’è correlazione tra drmatopatie del cane e del gatto e carenze nutrizionali” quindi sarà: “assolutamente sì! “
Per tutti questi motivi è importante che la dieta venga formulata e prescritta da un medico veterinario esperto in nutrizione che, conoscendo e tenendo conto delle specifiche esigenze del singolo paziente, saprà formulare un piano nutrizionale specifico per ogni esigenza.
Articolo della Dr.ssa Laura Mancinelli, DVM
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Cos’è la disbiosi intestinale?
Quante volte ci è capitato di sentire o leggere il termine disbiosi intestinale ed avere le idee confuse sul reale problema che affligge il nostro amico a quattro zampe?
La parola disbiosi non è va associata solo a patologie gastroenteriche acute e croniche ma anche a patologie sistemiche come la dermatite atopica, l’obesità, il diabete e le patologie uro-genitali.
Molto importanti sono anche le evidenze che associano la disbiosi a patologie neurologiche e alterazioni del comportamento (asse intestino-cervello).
In questo articolo scopriremo in cosa consiste la disbiosi intestinale, come poterla riconoscere ed eventualmente prevenire o correggere.
Disbiosi intestinale, partiamo dal microbiota
Come sappiamo bene, il microbiota intestinale è costituito da un insieme di microrganismi (batteri, virus, funghi,protozoi) che vivono nel tratto gastrointestinale e svolgono molteplici funzioni fondamentali per la salute dell’ospite e producono metaboliti che interessano altri organi, non solo il tratto gastrointestinale.
In condizioni di eubiosi, il microbiota intestinale è ricco e vario, composto da un elevato numero di specie diverse, che in cani e gatti appartengono soprattutto a quattro phyla principali:
- Firmicutes (comprende molti batteri produttori di importanti metaboliti e regolatori di vie metaboliche tra cui quelle degli acidi biliari e degli acidi grassi a catena corta), fondamentali per il mantenimento della salute intestinale e per la modulazione del sistema immunitario dell’organismo
- Bacteroidetes (include Prevotella e Bacteroides)
- Fusobacteria (comprende il genere Fusobacterium)
- Proteobacteria (comprende la famiglia delle Enterobatteriaceae)
La disbiosi intestinale rappresenta un’alterazione del numero e della composizione batterica del microbiota intestinale, in genere è caratterizzata dalla riduzione del numero di specie e della diversità microbica. Spesso si ha sovracrescita dei microrganismi appartenenti ad una sola oa poche specie, che prendono il sopravvento sulle altre. Contemporaneamente vengono modificate anche le quantità di sostanze prodotte da ceppi specifici, con una conseguente alterazione delle funzioni fondamentali del microbiota intestinale.
Un fattore importante da tener presente è che la disbiosi intestinale non rappresenta un sintomo da “sopprimere”, è indice di alterazione di quello che è un organo del loro organismo ossia il microbiota.
Le cause e le patologie predisponenti della disbiosi
– Enteropatie acute e croniche
– Infiammazione intestinale
– Genetiche (legate al sistema immunitario del soggetto)
– Predisposizione di razza (es. brachicefali ma anche Pastore tedesco, Yorkshire ecc)
– Invecchiamento
– Farmaci (antibiotici, antiacidi, antiparassitari ad uso orale, Fans, anestetici ecc)
– Ambiente, stress
– Diete non bilanciate o di scarsa qualità
– Parto cesareo
– Allattamento artificiale
Quali sono i sintomi di disbiosi intestinale?
Purtroppo a volte i sintomi possono essere molto aspecifici ma di solito si riferiscono tutti ad un’alterata funzionalità dell’apparato gastrointestinale come:
– Diarrea, feci troppo molli o troppo dure, presenza di muco
– Rumori intestinali, flatulenza, coliche
– Vomito, nausea, inappetenza, alitosi
– Ricerca di erba, coprofagia
– Tendenza ad ingerire corpi estranei
– Dermatiti ricorrenti
Cosa possiamo fare per prevenirla o correggerla?
Non esiste purtroppo una soluzione utile per tutti, spesso gli approcci sono molteplici e richiedono tanto tempo e pazienza. Bisogna essere disponibili a tentare, ma anche a sospendere, nel caso in cui la risposta non sia quella sperata.
- Dieta
La modulazione dietetica dovrebbe essere sempre parte del trattamento se non addirittura la parte da cui iniziare poiché non ha alcun impatto negativo sul microbiota intestinale.
- Probiotici
I probiotici hanno un effetto benefico sulla salute dell’ospite. Alcuni migliorano la funzionalità della barriera intestinale, altri modulano il sistema immunitario. Anche in questo caso c’è una notevole variabilità individuale nella risposta.
- Terapie olistiche (come omeopatia, omotossicologia, fitoterapia e micoterapia)
- Un altra possibilità terapeutica è il trapianto fecale o trapianto di microbiota (FMT)
- Antinfiammatori ed immunosoppressori
Anche se non è ancora chiaro se la disbiosi sia la causa o la conseguenza delle malattie infiammatorie intestinali è evidente che le due condizioni siano strettamente correlate.
Nei casi in cui il ritorno ad uno stato di equilibrio (eubiosi) può essere impedito dalla presenza di un grave stato infiammatorio cronico. In questo caso l’utilizzo di questi farmaci può permettere l’interruzione del ciclo infiammazione-disbiosi.
- Antibiotici
In alcuni casi possono essere necessari ma il loro utilizzo va valutato attentamente dato che hanno notevoli effetti collaterali. Le più recenti linee guida sconsigliano l’utilizzo di antibiotici in caso di diarrea e ricordano che un solo ciclo di antibiotici può alterare il microbioma per mesi/anni.
In conclusione
Concludendo possiamo affermare che la disbiosi è una condizione complessa che varia molto da animale ad animale. Da un punto di vista scientifico quello che sappiamo è la sua complessità e la richiesta di un approccio sistemico, olistico, spesso multidisciplinare.
Ogni paziente è unico come lo è il suo microbiota per cui sta al medico veterinario analizzare ogni singolo caso clinico e stabilire l’approccio che reputa più adatto a ristabilire l’eubiosi.
Articolo della dott.ssa Laura Mancinelli, DVM
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Il diabete mellito nel gatto
Il diabete mellito nel gatto è una patologia piuttosto comune, strettamente correlata ad alimentazione e stile di vita. Per questo è importante modificare l’alimentazione del gatto diabetico per aiutarlo a guarire.
In questo articolo parleremo di diabete mellito. Cos’è, come riconoscerlo e come l’alimentazione rivesta un’importanza fondamentale. Sia come causa che nella cura: se riusciamo a diagnosticare la malattia ai suoi esordi, potremmo aver modo di curarlo, cambiando alimentazione.
Cos’è il diabete mellito?
Il diabete mellito è una patologia caratterizzata da una concentrazione costantemente elevata di glucosio nel sangue (iperglicemia) che può risultare pericolosa se non riconosciuta e appropriatamente trattata.
Il diabete mellito è legato ad un insieme di disturbi che causa l’incapacità del pancreas di secernere l’ormone insulina, oppure da un’incapacità dei tessuti di utilizzare l’insulina stessa.
Questo ormone infatti è necessario per tenere sotto controllo la concentrazione di glucosio nel sangue e permettere ai vari tessuti di utilizzare il glucosio per produrre energia.
Quali tipi di diabete mellito nel gatto?
Esistono diversi tipi di diabete mellito, classificabili in modo simile a quanto riportato in medicina umana.
Quasi tutti i soggetti appartenenti alla specie felina sviluppano il cosiddetto diabete mellito di tipo 2 (“non insulino-dipendente”). Caratterizzato da una perdita relativa e spesso reversibile della produzione di insulina e/o da una resistenza dei vari tessuti nei confronti dell’azione dell’insulina stessa.
Questa malattia è piuttosto comune (prevalenza nel gatto stimata tra lo 0,2 e 0,5%) ed è più frequente in soggetti anziani (> 8 anni), di sesso maschile, in sovrappeso/obesi. O in quelli appartenenti a specifiche razze (es. Burmese, Maine Coon, Blu di Russia, Siamese).
Il sovrappeso è senza dubbio il maggiore fattore di rischio per lo sviluppo di diabete mellito nel gatto.
Anche uno stile di vita sedentario o prettamente indoor, la somministrazione di particolari farmaci (es. cortisonici) e alcuni fattori genetici possono predisporre allo sviluppo di diabete mellito in questa specie.
Segni clinici indicativi di diabete mellito
I gatti malati si presentano tipicamente affetti da poliuria (eccessiva produzione di urina), polidipsia (eccesso nel bere), polifagia (aumento della fame) e da una progressiva perdita di peso (nonostante la condizione di obesità sottostante renda talvolta difficile identificare questo segno clinico).
In casi più gravi si possono evidenziare segni clinici riconducibili a una neuropatia diabetica. Con debolezza degli arti posteriori, incapacità di saltare e “plantigradia”, ovvero una postura anomala evidente sui posteriori. Oppure ad una chetoacidosi diabetica, ossia lo scompenso del diabete mellito caratterizzato da forte depressione, vomito e anoressia.
Come si effettua la diagnosi di diabete mellito nel gatto?
Il diabete si può diagnosticare evidenziando una condizione di iperglicemia persistente, presenza di glucosio nelle urine (glicosuria) e in presenza di segni clinici specifici precedentemente citati. Soprattutto l’aumento dell’assunzione di acqua e della produzione di urina.
Poiché lo stress, un evento comune nei gatti in visita dal Medico Veterinario, o la somministrazione di alcuni farmaci (es. cortisonici) possono essere una causa di iperglicemia, è importante valutare la glicemia nel corretto contesto clinico. Per non confondere una iperglicemia da stress con un diabete mellito.
Il Medico Veterinario potrebbe richiedere ulteriori indagini di laboratorio (esame delle urine con relativo esame batteriologico, esame emocromocitometrico, esame biochimico, emogasanalisi e valutazioni degli ormoni tiroidei). Ma anche esami strumentali come l’ecografia dell’addome al fine di escludere altre malattie concomitanti. Come acromegalia, infezione delle vie urinarie, ipertiroidismo, pancreatite, che possono aver scatenato o aggravare la condizione del diabete mellito.
Come modificare l’alimentazione del gatto diabetico
L’alimentazione nel gatto diabetico riveste un’importanza fondamentale, sia come causa che nella cura.
Il gatto infatti, essendo un carnivoro stretto, soffre di “tossicità da glucosio” ovvero lo zucchero nel sangue ha effetti deleteri sulla sua salute.
Cambiare alimentazione nelle fasi iniziali della patologia può portare persino ad invertirne il corso, ovvero guarire totalmente. In circa il 30% dei casi infatti i gatti diabetici possono ottenere una remissione della malattia.
Nel frattempo che il vostro medico veterinario imposta la terapia insulinica, la prima cosa da fare (sempre su indicazione del medico curante) è eliminare del tutto gli alimenti commerciali secchi, ricchi di amido e quindi di glucosio.
Scegliendo un cibo umido, ricco di proteine e grassi, possiamo infatti diminuire il carico glicemico post prandiale.
In generale il gatto diaberico che sta seguendo terapia insulinica dovrebbe mangiare due volte al giorno, in orari stabiliti. Dato che la terapia insulinica è basata su quanto l’animale mangia, è importante non variare quantità e qualità del cibo evitando extra.
Come va alimentato un gatto diabetico?
Il gatto diabetico dovrebbe mangiare da carnivoro, questo vuol dire prediligere cibo ricco di proteine di origine animale (carne e pesce), senza amido in nessuna forma (no patate, riso, cereali, zucchero).
Nell’alimentazione del gatto diabetico può essere presente verdura. La fibra infatti può aiutare il gatto ad assimilare più lentamente i principi nutritivi presenti nel cibo, abbassando di conseguenza il picco glicemico post prandiale. Attenzione però a non esagerare! Il suo intestino non è fatto per digerirne grandi quantità.
Anche se può sembrare ovvio, è importante lasciare sempre tanta acqua fresca a disposizione!
Gatto diabetico e alimentazione casalinga
L’alimentazione casalinga rappresenta l’alternativa ideale per il gatto diabetico. In questo caso il cambio di dieta potrebbe essere facilitato dall’aumentato appetito che caratterizza i gatti affetti da questa patologia soprattutto nelle prime fasi. In condizioni normali infatti, essendo il gatto un animale neofobico, risulta molto difficile fargli apprezzare nuovi alimenti.
Il gatto potrà mangiare quindi cibo fresco, composto da carne e pesce con una buona quantità di grassi, utili a scopo energetico al posto del glucosio. Verranno aggiunte integrazioni funzionali come gli Omega3 atti a contrastare l’infiammazione che favorisce l’avanzare di questa patologia.
Completano il tutto piccole dosi di verdure, mentre sarà vietata la somministrazione di frutta, poiché troppo ricca di zuccheri!
Articolo della dott.ssa Laura Mancinelli, DVM
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I cani possono mangiare le arance?
Pur essendo un frutto invernale, al giorno d’oggi capita di trovarle in tutte le stagioni.
Le arance sono un frutto molto apprezzato che può essere consumato sia crudo che sotto forma di confetture o marmellate varie. Rappresentano un’ottima fonte di vitamina C, è stato dimostrato che stimolano il sistema immunitario e riducono l’infiammazione.
Proprio perché conosciamo bene le proprietà benefiche di questo frutto per la nostra salute è normale volerle condividere con il nostro cane. Se vi state chiedendo se potete dare le arance al vostro cane, la risposta è sì ! Bisogna però fare attenzione alle quantità. In questo articolo parleremo dei rischi e dei benefici di questo frutto, di come poterlo somministrare ed in che dosi.
Benefici delle arance per i cani
Come sappiamo bene, le arance sono degli agrumi, famiglia di frutti a cui appartengono anche limone, mandarino e pompelmo. Come tutti gli agrumi, le arance hanno un elevato potere antiossidante, essendo estremamente ricche di vitamina C.
Le arance contengono anche altre sostanze con proprietà antiossidanti, come ad esempio carotenoidi, antocianine (soprattutto le arance rosse) e flavanoni. Fra questi ultimi, citiamo l’esperidina, una sostanza naturale ultimamente molto studiata in medicina in quanto potentissimo antivirale.
Rischi della arance per il cane
Ammesso che il nostro cane le mangi, non andiamo incontro a grandi rischi dandogli delle arance.
A differenza di quello che pensano molte persone l’acido citrico presente nelle arance non è in realtà dannoso o tossico per i cani.
Unico vero punto critico, come sempre per la frutta al cane, sono gli zuccheri presenti. Anche se la arance apportano infatti solo 34kcal per ogni 100g, abbiamo ben 8 grammi di zuccheri nella composizione di questo frutto e questo ovviamente, può rappresentare un rischio per il nostro cane.
L’apporto anche di piccole quantità di zuccheri può rappresentare un problema soprattutto in termini di fermentazioni addominali, con conseguente flatulenza e dolore.
Come dare le arance al cane e in che quantità
Se il vostro cane ama le arance, il consiglio è quello di dare spicchi interi, compresi di polpa, e non il succo d’arancia. In questo modo, assieme agli zuccheri, state fornendo anche fibre (circa 1,6g per ogni 100g), rallentando quindi l’assorbimento degli zuccheri e mitigando il danno relativo all’innalzamento della glicemia.
Ma è il quanto che fa davvero la differenza. Se il vostro cane è di taglia piccola dovreste dare non più di un quarto di spicchio di arancia al giorno, mentre per cani di taglia media potete dare un mezzo spicchio e per cani di taglia grande anche uno intero. Cercate di non eccedere, ricordate sempre che in generale è meglio limitare gli zuccheri.
E il succo d’arancia ?
Tecnicamente sì, ma solo se si tratta di puro succo di arancia 100% ovvero una spremuta preparata da voi e non acquistata al supermercato.
E anche in questo caso le dosi consigliate si quantificano in cucchiaini in base alla taglia del vostro cane, in generale nelle taglie grandi non è consigliabile somministrare più di 1-2 cucchiai.
In conclusione, se gradite dal vostro cane, le arance possono rappresentare uno snack salutare a patto che vengano somministrate con moderazione.
Articolo della Dr.ssa Laura Mancinelli, DVM
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I cani possono mangiare il formaggio?
Noi italiani li amiamo tanto e ne abbiamo mille tipi, ma i cani possono mangiare il formaggio? In questo articolo approfondiamo la questione dei diversi tipi di formaggio, della loro composizione e formulazione, quale formaggio dare e quanto darne al nostro cane.
Una delle domande che chiunque si è posto almeno una volta è se i cani possono mangiare il formaggio.
Dopo aver sottolineato, come sempre, che ogni cane è unico e la persona più adatta a consigliare un determinato regime alimentare è il vostro medico veterinario esperto in nutrizione, vediamo di riassumere i concetti più importanti per capire se sia giusto o sbagliato dare formaggio ai nostri cani.
I cani possono mangiare iI formaggio? Partiamo da classificazione e composizione
Il formaggio è un prodotto derivato dalla coagulazione del latte.
Una sua classificazione viene fatta in base alla consistenza: esistono formaggi a pasta molle, semidura e dura.
La sua composizione chimica invece dipende da quella del latte di partenza, che può essere di pecora, di capra, di mucca e di bufala.
I grassi e le proteine, quindi, sono variabili e così anche le proprietà alimentari: esistono formaggi più o meno grassi, quindi più calorici dal punto di vista nutrizionale.
Prima di analizzare le esigenze dei nostri amici, occorre ricordare cos’è il lattosio: si tratta di uno zucchero presente nel latte e di conseguenza nel formaggio.
Tutti i mammiferi, che si nutrono di latte durante lo svezzamento possiedono fin da piccoli la lattasi, un enzima in grado di permettere la digestione del lattosio. Alcuni riescono a mantenere nel corso della vita questa capacità di digerirlo, altri invece possono perderla e diventare quindi intolleranti al lattosio.
Questa intolleranza si può sviluppare anche nel nostro cane ed è facile da riconoscere perché provoca disturbi intestinali, quali meteorismo, flatulenza, feci molli, costipazione, nausea e persino vomito, quindi facciamo attenzione!
Il formaggio è indispensabile nella dieta del nostro cane?
Da un punto di vista nutrizionale i cani sono definiti carnivori opportunisti, hanno quindi una ottima capacità di digestione di proteine e grassi. Non per questo però possiamo affermare che la loro dieta possa essere costituita unicamente da latticini.
Il formaggio non è sicuramente un alimento che, da solo, può costituire la base dell’alimentazione del cane.
Tuttavia, inserirlo come alimento complementare può costituire un arricchimento nutrizionale e di gusto.
Quale formaggio dare al nostro cane?
Essendo il formaggio un alimento abbastanza ricco di grassi, integrarlo regolarmente nella dieta del nostro cane potrebbe causare un aumento di peso. Bisogna quindi fare attenzione a non esagerare nelle quantità.
Pertanto è meglio scegliere formaggi magri come la ricotta, meglio ancora se “grass-fed” ossia ottenuti da animali allevati al pascolo e nutriti “ad erba”.
Altri formaggi che possiamo offrire al nostro cane sono:
– yogurt (da preferire le varianti bianche al naturale, senza zuccheri aggiunti)
– parmigiano, grana
– fiocchi di latte
– caciotte fresche di latte vaccino, pecorino, caprino o miste (esse rientrano però nei formaggi grassi e andrebbero offerte in minime quantità sporadicamente).
Da evitare tutti i formaggi piccanti o fortemente speziati.
I formaggi erborinati come ad esempio il gorgonzola, oltre ad essere molto grasso, risulta essere poco gradito al cane e può dare luogo ad effetti tossici in alcuni casi!
Quando ed in che modo è meglio somministrare il formaggio al nostro cane?
Il formaggio può essere utilizzato come appetizzante da aggiungere alla pappa oppure come trucco per favorire l’assunzione di farmaci o integratori.
Un’altra buona idea è quella di trasformare il formaggio in uno snack, oppure in un premio da offrire al nostro cane durante le attività di gioco.
Possiamo quindi concludere che, se i nostri amici a quattro zampe tollerano bene i latticini, il modo migliore per mantenerli in salute è somministrare formaggio con moderazione, utilizzandolo ad esempio come snack all’interno di una dieta completa e bilanciata.
Articolo della Dr.ssa Laura Mancinelli, DVM
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I cani possono mangiare la zucca?
L’autunno è ormai alle porte e se vi state chiedendo – Posso dare un po’ di zucca al mio cane? – la risposta è assolutamente sì!
La zucca è un ottimo e sano snack da dare al cane, aggiunge un certo valore nutrizionale alla sua dieta, può aiutare ad alleviare ed a migliorare determinati problemi di salute. Ma è bene aggiungerla in modo sicuro e con moderazione.
In questo articolo scopriremo insieme le caratteristiche, le proprietà curative di questo alimento ed in che modo può essere somministrato ai nostri cani.
Che cos’è la zucca?
La zucca è un frutto arancione, ricco di nutrienti, che fa parte della famiglia delle Cucurbitaceae.
Di cui fanno parte anche altri tipi di frutta e verdura come la zucca gialla, il cetriolo, il melone ed altre piante rampicanti con un grande sviluppo orizzontale.
La maggior parte delle zucche esternamente sono gialle o arancioni ed internamente sono cave, con numerosi semini bianchi incastonati in una struttura a ragnatela.
Nonostante da un punto di vista nutrizionale la zucca venga ritenuta un ortaggio, tecnicamente è un frutto in quanto contiene dei semi.
Le zucche sono originarie del Nord d’America e sono uno dei frutti più conosciuti al mondo a causa della loro popolarità durante due festività americane – Il Ringraziamento ed Halloween.
Proprietà nutrizionali e benefici della zucca
Le zucche sono incredibilmente nutrienti, presentano un contenuto calorico alquanto basso ed un elevato contenuto di vitamine, minerali ed antiossidanti. Tra questi:
- Vitamina A
- Vitamina C
- Potassio
- Luteina
- Vitamina E
- Ferro
- Zinco
- Acido folico
- Niacina, acido pantotenico, vitamina B6 e tiamina
I cani possono mangiare la zucca
La zucca ha un sapore particolarmente gradito alla maggior parte dei cani e può costituire un ottimo e nutriente snack ipocalorico.
Il suo contenuto del 90% di acqua può essere utile nel favorire l’idratazione in quei soggetti che necessitano di incrementare l’assunzione di liquidi o per prevenire lo sviluppo di eventuali segni di disidratazione.
Nonostante siano stati condotti diversi studi inerenti agli effetti positivi che la zucca può avere sulla salute dell’uomo, non ci sono molti studi inerenti agli effetti sui cani.
Qualcuno però ce n’è! Come quello che ci dice che integrare la dieta di un cane in sovrappeso con della zucca aiuta il soggetto in questione a perdere peso più velocemente. La zucca infatti, secondo i ricercatori, favorisce e migliora la digestione (Mitsuhashi et al. 2008).
Zucca e problemi gastroenterici
La zucca contiene fibre solubili che, assorbendo acqua in eccesso nel tratto digestivo, possono ridurre e alleviare la diarrea.
Può sembrare un controsenso ma in realtà l’elevato contenuto di fibre può agire anche come lassativo, il che può essere di enorme aiuto per i cani più anziani e che soffrono di stitichezza.
Un aumento dei livelli di fibre favorisce la formazione di feci più dure che a loro volta impongono alle pareti del colon una certa contrazione muscolare che favorisce lo spostamento delle sostanze di scarto dall’apparato digerente all’apparato escretore.
Le fibre presenti nella zucca possono fungere anche da prebiotici, e pertanto stimolano e favoriscono la crescita di batteri buoni a livello intestinale. Sono molto utili anche per eliminare i batteri cattivi in quanto abbassano i livelli di pH nell’intestino e forniscono ai batteri buoni tutti i nutrienti di cui hanno bisogno.
Come somministrare la zucca al cane?
Come tutti gli ortaggi consentiti nella dieta del nostro cane, anche per la zucca è consigliabile una somministrazione dopo la cottura e dopo essere stata frullata, in quanto cruda potrebbe risultare difficile da digerire.
Non tutte le parti della zucca sono commestibili, per cui è bene somministrarla privata della buccia e della polpa interna.
Ora sappiamo che i cani possono mangiare la zucca. Ma ci sono effetti collaterali?
Dare della zucca al proprio cane come parte integrante di un piano nutrizionale o come snack non comporta alcun effetto collaterale, l’importante è farlo con moderazione.
Dobbiamo sempre tenere a mente tuttavia, e questo vale per qualsiasi nuovo alimento che introduciamo nella dieta del nostro amico a quattro zampe, che la zucca potrebbe causare dei disturbi gastrointestinali se non viene aggiunta in modo graduale alla dieta.
Troppe fibre assunte tutte in una volta potrebbero dare qualche disturbo. Pertanto questo nuovo alimento va introdotto gradualmente nella dieta, procedendo poco per volta e con piccole quantità così che si possa abituare al meglio.
È di fondamentale importanza dare al proprio cane solo della zucca fresca o cotta. Vanno evitati invece preparati a base di zucca contenenti spezie, aromi ed altri conservanti aggiunti.
Inoltre NON vanno mai date al cane le foglie o il picciolo delle zucche. Sono ricoperti da una peluria molto sottile ma tagliente che se ingerita potrebbe irritare la bocca, la gola ed il tratto digerente del cane.
Evitiamo inoltre di dare al cane le zucche che abbiamo intagliato per Halloween, soprattutto se sono passate settimane dai festeggiamenti!
In conclusione, i cani possono mangiare la zucca? La possono consumare con una certa regolarità?
La risposta è sì, con tutte le considerazioni che abbiamo fatto fino ad ora.
I cani possono mangiare la zucca senza troppi problemi. L’importante è che si tratti di zucca fresca, cotta , frullata e che questo alimento venga introdotto in modo graduale nella loro dieta.
Articolo della Dr.ssa Laura Mancinelli, DVM
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Ribes nigrum un antinfiammatorio naturale per i nostri amici animali
Il Ribes nigrum è tradizionalmente conosciuto per le sue proprietà antinfiammatorie, antistaminiche e antiossidanti naturali.
Conosciamo insieme questa pianta e scopriamo perché può essere benefica per i nostri amici a 4 zampe!
Conosciamo meglio il Ribes nigrum
Il ribes nero (Ribes nigrum) appartiene alla famiglia delle Glassularaceae. È originario delle zone montuose dell’Eurasia. Questo arbusto si coltiva dal XVII secolo ed è spontaneo nel nord e nel centro dell’Europa e in Asia settentrionale. Nell’antichità veniva impiegato per guarire pestilenze, febbri e scacciare le malinconie.
La pianta fiorisce da aprile e maggio e produce bacche che maturano a luglio ed agosto.
Parti utilizzate e principio attivo
Di questa pianta, in fitoterapia, vengono utilizzati principalmente i germogli, i semi e le foglie.
I germogli (o gemme) possiedono proantocianidine, flavonoidi, acidi fenolici, vitamina C, aminoacidi ed olii essenziali.
Le bacche contengono antocianine (flavonoidi che conferiscono la tipica colorazione rosso-bluastra), flavonoidi, vitamina C, carotenoidi, fenoli, polisaccaridi, fibre e minerali.
l ribes nigrum viene utilizzato soprattutto nella gemmoterapia. I prodotti si ottengono da tessuti vegetali embrionali freschi come gemme, germogli, giovani radici.
Proprietà medicamentose del Ribes nigrum e indicazioni d’uso
Il gemmoderivato di ribes nero viene considerato un “cortison-like” poichè svolge un’azione simile a quella del cortisolo (di cui facilita il rilascio). È un potente antinfiammatorio e antiallergico. Stimolando la corteccia surrenale, questo gemmoderivato rappresenta il rimedio di base per qualunque forma infiammatoria, traumatica o allergica.
I germogli di ribes nero possiedono potenti antiossidanti, inoltre le proantocianidine riducono la secrezione di mediatori proinfiammatori IL-4 e IL-3, fattori coinvolti anche nell’asma.
I ricercatori sostengono che la supplementazione con antocianine possa giocare un ruolo importante per la prevenzione ed il trattamento delle patologie infiammatorie croniche.
L’effetto principale della gemma del Ribes nigrum è sulla corteccia surrenale. Stimola infatti la secrezione di cortisolo, senza effetti secondari (iatrogeni) come ad esempio la soppressione del sistema immunitario.
L’azione avviene principalmente durante la prima fase infiammatoria anche se la sua efficacia si prolunga nelle fasi successive.
L’estratto delle gemme di ribes nero, inoltre, è efficace anche per stimolare le difese immunitarie e prevenire le malattie influenzali.
Altre proprietà del ribes sono quelle attribuite all’azione antivirale, come l’Herpes virus, grazie all’inibizione del legame del virus alla membrana cellulare e alla soppressione della sintesi proteica.
Da sottolineare inoltre la proprietà antisettica delle gemme dell’olio essenziale di Ribes nigrum con un ampio spettro d’azione, specialmente verso Escherichia Coli, Pseudomonas aeruginosa e Staphylococcus Aureus.
L’estratto delle foglie, invece, ha un utilizzo erboristico e fitoterapico specifico per la preparazione di infusi,tinture madre, decotti e tisane.
Utilizzo in medicina veterinaria
Il ribes nero nel cane e nel gatto rappresenta sia un antinfiammatorio sia un antistaminico naturale e può essere utilizzato sottoforma di macerato glicerico, tintura madre, estratto idroenzimatico o gemmoderivato.
Il macerato glicerico è ricavato dalla macerazione delle gemme e viene poi diluito in proporzione 1 a 10 in una soluzione idrogliceralcolica. Costituita da una miscela di acqua, alcol e glicerina.
Il gemmoderivato è uno dei più potenti antistaminici naturali, blocca l’azione dell’istamina, pertanto si impiega maggiormente nelle allergie e nelle dermatiti. Agisce sia a livello cutaneo sia a quello delle vie respiratorie. E’ quindi indicato in caso di riniti allergiche e croniche di asma, bronchiti, dermatiti, congiuntivite, artrosi, artrite.
Insieme ad altre terapie naturali può essere utilizzato con esiti favorevoli per curare il granuloma eosinofilico del gatto.
L’olio di semi di ribes nero ottenuto invece dai semi della pianta presenta un rapporto omega3/omega6 di 1:4.
È particolarmente ricco di GLA e acido stearidonico. Si è dimostrato efficace nella terapia sintomatica del prurito in corso di dermatite atopica.
In uno studio è stata sperimentata l’efficacia dell’olio di semi di ribes nero nella dermatite atopica canina (Noli et Scarampella, 2002). Degli animali trattati con l’olio di ribes, il 70,8% ha mostrato una risposta buona o eccellente (diminuzione dal 51 al 100% dei valori di gravità iniziali).
Può interagire con eventuali farmaci?
E’ consigliabile non assumere il Ribes nigrum in associazione ad anticoagulanti poiché potrebbe rendere il sangue più fluido e rallentare la coagulazione. Proprio per questo motivo è consigliabile sospendere la sua assunzione prima di un intervento chirurgico.
Quando è sconsigliato l’impiego del Ribes nigrum?
Non è consigliato nei pazienti affetti da Sindrome di Cushing, nei pazienti con pressione alta e problemi cardiaci, negli ipertiroidei o in soggetti ansiosi, stressati e nervosi. L’effetto particolarmente stimolante sul sistema nervoso infatti potrebbe aumentarne i sintomi.
Può causare reazioni allergiche in soggetti predisposti
Alcuni gemmoderivati sono leggermente alcolici per cui possono essere controindicati per cani e gatti particolarmente sensibili all’alcool .
In ogni caso i dosaggi vanno personalizzati e non sono mai uguali per tutti, poiché ogni animale risponde in maniera diversa. Quindi se ne sconsiglia l’uso “fai-da-te”!
Articolo della Dr.ssa Laura Mancinelli, DVM
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Razze e nutrizione? Non sono tutte uguali!
La vicinanza con l’uomo e la domesticazione del cane ha portato modifiche alla sua capacità di nutrirsi. Infatti ha messo in atto un processo evolutivo ed è diventato uno “scavenger” (mangiatore di resti/scarti), mantenendo comunque forti caratteristiche da carnivoro.
Purtroppo sul piano alimentare non tutte le razze si sono evolute nello stesso modo e spesso non c’è stata una vera e propria evoluzione ma piuttosto una divergenza, anche all’interno della stessa razza.
Esistono numerosi studi che evidenziano la predisposizione di alcune razze allo sviluppo di patologie su base alimentare.
Qualunque soggetto, indipendentemente dalla razza o dall’età, può andare incontro a sindromi carenziali o intossicazioni se la dieta è incompleta o non equilibrata. Tuttavia, esistono alcune patologie su base alimentare per le quali esiste un evidente predisposizione di razza. In questo articolo ne tratteremo le principali.
Razze e nutrizione. Cosa dobbiamo sapere?
Esistono alcune razze in cui le problematiche di diarrea e feci malformate sono frequenti, legate ad un problema di digeribilità dell’amido. Recentemente uno studio ha dimostrato che nei Siberian Husky, negli Alaskan Malamute, negli Akita Inu, nello Shiba Inu e anche nel Barboncino (strano ma vero!), le amilasi, enzimi pancreatici preposti alla digestione dell’amido, risultino meno efficienti che in altre razze. Proprio per questo possono insorgere problemi gastroenterici quando assumono alimenti contenenti amido.
Lo stesso difetto nella digestione dell’amido sembra esistere in varie altre razze come il cane lupo cecoslovacco.
Gli Alaskan Malamute e i Siberian Husky possono presentare anche un’altra patologia, su base ereditaria, che ha la sua origine in un problema gastroenterico. Si tratta della dermopatia responsiva allo zinco, la cui patogenesi sembra essere legata ad uno scarso assorbimento dello zinco in sede intestinale.
La letteratura su questa forma di dermatite suggerisce che i segni clinici, che possono includere formazione di croste ed eritema delle aree periorbitali, possono svilupparsi a causa dell’assorbimento intestinale inadeguato dello zinco. Da questa patologia, sempre su base ereditaria, possono essere colpiti anche i Dobermann e i Bull terrier.
E il glutine?
Nel Setter irlandese è stata dimostrata la presenza di una enteropatia glutine-sensibile. Simile alla celiachia dell’uomo, causata da una reazione avversa al glutine (proteina contenuta nel frumento).
Ad oggi non è ancora stata trovata con certezza la patogenesi di questa malattia. E non è ancora chiaro se sia dovuta ad una risposta immunitaria aberrante nei confronti del glutine o ad un effetto tossico diretto del glutine stesso.
Gli animali affetti da questa patologia presentano generalmente diarrea cronica e perdita di peso dovuti a malassorbimento.
L’eliminazione del glutine dalla dieta porta alla scomparsa graduale di questi sintomi e rappresenta contemporaneamente la diagnosi e la terapia di questa patologia.
Più di recente è stato proposto un possibile ruolo del glutine nell’eziologia di altre due malattie che colpiscono altre due razze. In primo luogo, il glutine sembra svolgere un ruolo importante nella cosiddetta “Sindrome dei crampi epilettoidi” osservata nel Border Terrier. La condizione è caratterizzata da segni neurologici, con episodi di discinesia parossistica talvolta associati a disturbi gastro-intestinali.
In secondo luogo, il ruolo del glutine è stato studiato anche nell’ enteropatia proteino-disperdente e nella nefropatia proteino-disperdente dei Soft Coated Wheaten Terrier.
Ancora su razze e nutrizione
Anche lo Schnauzer nano presenta una predisposizione familiare per lo sviluppo di una patologia su base alimentare a cui possono conseguire dolori addominali e convulsioni e che può, in alcuni casi, predisporre allo sviluppo di una pancreatite, crisi epilettiche o entrambe le cose. Questa patologia sii chiama iperlipidemia idiopatica primaria. È dovuta ad un’alterazione nel metabolismo dei lipidi.
In alcune razze tra cui Pastore Australiano, Schnauzer gigante, Border collie e Beagle, è stato osservato un difetto nell’assorbimento intestinale della vitamina B12 (cianocobalamina) conosciuta come sindrome di Imerslund-Grasbeck. Nei cani colpiti può causare perdita di appetito, scarso accrescimento, letargia e malessere che si intensifica dopo il pasto.
Predisposizione ai calcoli e accumulo di rame
Il Dalmata, come è noto, ha una predisposizione genetica a formare calcoli da urati di ammonio.
Studi hanno evidenziato come in alcuni cani di questa razza, la trasformazione dell’acido urico (derivante dal catabolismo delle purine) in allantoina non avvenga in maniera adeguata a causa di un difetto autosomico recessivo. L’eccessivo accumulo di acido urico si riflette in un’eccessiva eliminazione di questa molecola con le urine e, di conseguenza, con un’aumentata probabilità di sviluppare calcoli da urati.
Oltre al Dalmata, ci sono altre razze come lo Yorkshire terrier, il Bulldog francese o lo Schnauzer nano che sembrano essere predisposte allo sviluppo di questa patologia.
Tra le altre urolitiasi anche in quelle causate dalla cistina sembra esserci una predisposizione di razza. In particolar modo nel Basset Hound, nel Bulldog inglese, nel Bassotto e nell’Irish terrier. Alcune forme di cistinuria ereditaria con un’elevata concentrazione di cistina nelle urine non sono infrequenti in queste razze.
Infine, ricordiamo l’epatopatia ereditaria da accumulo di rame del Bedlington Terrier, trasmessa da un carattere autosomico recessivo, in cui il rame si accumula nel fegato a causa di un difetto metabolico della sua escrezione biliare. Oltre a questa razza sembrano essercene altre predisposte a epatopatie con accumulo di rame, sempre per cause ereditarie, come il West Highland white terrier, lo Skye Terrier, il Dobermann, il Dalmata e il Labrador retriever.
Per concludere
In conclusione come abbiamo visto, molte malattie associate ad una predisposizione di razza sono correlate all’alimentazione e la loro gestione ottimale richiede un’attenta valutazione da parte del medico veterinario esperto in nutrizione che apporterà quando necessario delle modifiche alla dieta dei nostri amici a quattro zampe.
Articolo della dott.ssa Laura Mancinelli, DMV
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Boswellia serrata nelle enteropatie del cane
Che pianta meravigliosa la Boswellia, anche per il cane, quando ha l’intestino infiammato ed una enteropatia cronica.
Quali sono i principi attivi? Come funzionano? Che prodotti possiamo usare e come possiamo associarla all’alimentazione per le enteropatie croniche del cane?
Vediamolo insieme!
Boswellia serrata nelle enteropatie croniche idiopatiche del cane
Nella vita quotidiana i disturbi gastroenterici rappresentano una delle problematiche più comuni con le quali i nostri amici a quattro zampe ed i loro proprietari si ritrovano a dover convivere.
Con il termine enteropatie croniche idiopatiche si intende un ampio gruppo di condizioni infiammatorie, a carattere cronico, che interessano tutti i distretti dell’apparato gastroenterico e caratterizzate dalla presenza di infiltrati infiammatori a livello della mucosa.
Da un punto di vista patogenetico le enteropatie croniche (CE) prevedono un’eziologia multifattoriale. Si manifestano quindi in soggetti geneticamente predisposti, interagendo con componenti dietetiche, fattori ambientali, alterazioni del microbiota intestinale e con il sistema immunitario associato all’apparato gastroenterico.
Tuttavia, nonostante i numerosi studi a riguardo, in molti casi l’eziopatogenesi della patologia rimane ancora poco definita.
In medicina umana questo gruppo di patologie infiammatorie ad andamento cronico comprende principalmente due malattie: il morbo di Crohn e la colite ulcerosa. Sono malattie classicamente curate con importanti farmaci immunosoppressori.
In questo articolo parleremo dell’utilizzo della Boswellia serrata come rimedio fitoterapico nella gestione delle enteropatie croniche idiopatiche del cane.
Che cosa sono le enteropatie infiammatorie croniche ?
Il termine enteropatia cronica idiopatica viene utilizzato per descrivere un ampio gruppo di condizioni infiammatorie caratterizzate da persistenti o ricorrenti segni gastrointestinali cronici. Ovvero di durata superiore o uguale alle tre settimane ed evidenze istologiche di infiammazione in animali in cui non sono state rinvenute cause primarie sottostanti.
Da circa un decennio le CE vengono classificate, in base alla risposta clinica ai diversi trattamenti impostati, in FRE (Food Responsive Enteropathy o enteropatia che risponde alla dieta), in ARE (Antibiotic Responsive Enteropathy o enteropatia che risponde agli antibiotici) e in IBD o IRE (Immunosuppressant Renponsive Enteropathy o Malattia Infiammatoria Intestinale Idiopatica).
Come si curano le enteropatie croniche nel cane
Nel corso degli anni la terapia delle enteropatie croniche del cane ha subito sostanziali cambiamenti. Infatti la somministrazione di corticosteroidi a fini terapeutici è stata notevolmente ridimensionata rispetto al passato.
Principi attivi e benefici della Boswellia serrata nelle enteropatie del cane
La Boswellia serrata è una pianta appartenente alla famiglia delle Burseraceae che cresce nelle regioni tropicali del Sud-Est asiatico, dell’India e nella fascia costiera del Magreb. E’ una pianta che viene utilizzata nella medicina tradizionale Ayurvedica per le sue proprietà antisettiche ed espettoranti ma anche antinfiammatorie ed antiartritiche.
La droga di questa pianta è costituita dalla resina che fuoriesce per incisione della corteccia la quale è molto ricca di oleoresine. Le oleoresine sono delle miscele costituite da resine miste ad oli essenziali che rendono le piante che le contengono molto aromatiche. Queste oleoresine prendono il nome di incenso e sono impiegate da millenni sia per le funzioni rituali sia per scopi medici.
Da un punto di vista chimico, la sua frazione resinosa è composta principalmente da triterpeni, gomme e gommoresine.
La gommoresina rappresenta la parte medicinale della pianta, essa contiene un olio essenziale e la resina propriamente detta i cui componenti principali sono gli acidi boswellici, che sono considerati i principi attivi della Boswellia.
Sono stati identificati più di 12 diversi acidi boswellici ma solo l’acido 11-cheto-beta-boswellico (KBA) e l’acido 3-O-acetil-11-cheto-beta-boswellico (AKBA) hanno ricevuto un interesse di tipo farmacologico.
Mccanismi d’azione della Boswellia
Le azioni antinfiammatorie degli acidi boswellici sono dovute a diversi meccanismi di azione. Inibiscono:
– l’attività della 5-lipossigenasi (5-LO) e riducono la sintesi dei leucotrieni
– l’elastasi leucocitaria (HLE)
– la catepsina G (CatG), proteasi degenerativa dei tessuti tipica dei fenomeni infiammatori che accompagnano l’invecchiamento
– la sintesi microsomiale della prostaglandina E (mPGES)
– riduzione della produzione di citochine proinfiammatorie tra cui IL-1, IL-2, IL-6, IFN-y e TNF-alfa che sono dirette a distruggere tessuti come cartilagine, cellule produttrici di insulina, tessuti bronchiali e intestinali.
Gli acidi bowellici possono interagire con FANS e cortisonici, si tratta in realtà di interazioni positive, cioè di potenziamento sinergico dell’effetto antinfiammatorio dei farmaci, peraltro senza gastrolesività.
Con questo meccanismo la Boswellia consente di ridurre la somministrazione dei farmaci antinfiammatori.
Quali prodotti a base di Boswellia si possono utilizzare nel cane?
Bisogna prestare molta attenzione alla composizione dei vari estratti commerciali poichè il contenuto di AKBA varia da prodotto a prodotto. Il più alto potere antiossidante e il contenuto fenolico sono strettamente correlati ad una più alta concentrazione di AKBA.
Cosa dicono gli studi ? Fino a poco tempo fa la gestione terapeutica delle malattie infiammatorie intestinali (IBD) si è basata sull’utilizzo di immunosoppressori di vario genere, tuttavia, con remissione limitata e spesso gravi effetti collaterali.
In medicina veterinaria sono ancora pochi gli studi sull’utilizzo della Boswellia serrata, tuttavia secondo i più recenti, risulta essere un rimedio fitoterapico efficace nella gestione delle enteropatie infiammatorie idiopatiche di entità lieve/moderata. Nelle forme più ingravescenti, invece, dove si rende necessario l’ausilio di farmaci immunosoppressori, potrebbe contribuire a diminuirne il dosaggio e/o la frequenza di somministrazione e contribuisca alla prevenzione delle recidive.
Nella gestione delle enteropatie croniche resta comunque imprescindibile il controllo della dieta perché può contribuire al miglioramento clinico del paziente e la preservazione del microbiota intestinale quale regolatore del metabolismo, del funzionamento del sistema immunitario e del mantenimento dell’omeostasi intestinale.
Articolo della Dott.ssa Laura Mancinelli, DVM
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Cani e verdure. Quali possono mangiare?
Cani e verdure. Quante volte i proprietari di cani si sono chiesti quali possono mangiare?
Siamo abituati a considerare le verdure molto importanti nella nostra alimentazione, ma quali sono quelle che possono mangiare i cani?
Ne parliamo in questo articolo, approfondendo da quali verdure possiamo iniziare, come sceglierle e prepararle e a quali fare attenzione.
Cani e verdure
Le verdure sono ricche di molecole importanti per la salute e possono essere date anche ai cani.
A patto che vengano preparate nel modo giusto, in modo tale da renderle utilizzabili dal cane e dalla suo microbiota intestinale.
Il cane infatti è un carnivoro, solo parzialmente adattato alla digestione di vegetali.
A parte alcune verdure “vietate” come aglio e cipolla (e affini) si può variare e alternare diverse verdure, preferendo sempre quelle di stagione.
Non rappresenta quindi un problema il fatto di cambiare, l’importante è sapere quali sono gli ortaggi che vanno assolutamente evitati e fare delle prove, iniziando sempre da piccole dosi per poi aumentare gradualmente.
Vediamo insieme quali sono le verdure che si possono somministrare, quali sono le loro proprietà nutrizionali, come è preferibile cucinarle e a quali dobbiamo invece fare attenzione.
Con quali verdure possiamo iniziare ?
I “grandi classici” sono carote e dalle zucchine ma non dobbiamo fermarci qui. Abbiamo molte possibilità tra cui spaziare!
Tra le verdure più comuni possiamo includere anche sedano, finocchio, cetrioli, cardi e carciofi.
Iniziamo introducendo una nuova verdura alla volta partendo da piccole quantità. Magari inserendola insieme a quelle che il cane è già abituato.
Le differenze nel tipo e quantità di fibra potranno dare diversi effetti sulla consistenza delle feci (più o meno morbide, più o meno dure).
Le patate, pur facendo parte degli ortaggi, vanno considerate a parte perché sono dei tuberi particolarmente ricchi di amido.
Rappresentano per il cane sia una fonte di fibra, ottima per l’intestino, sia una fonte di glucosio come pasta e riso.
In più le patate contengono solanina, un alcaloide tossico, che viene inattivato dalla cottura.
A differenza di altre verdure quindi le patate vanno date solo cotte!
Cani e verdure. Come possiamo sceglierle?
Le verdure hanno delle proprietà nutrizionali differenti e in assenza di particolari problemi di salute è consigliabile seguire le stagioni per sfruttarne a pieno la composizione naturale.
Quelle non di stagione vengono quasi sempre coltivate in ambienti artificiali (luce, temperatura, umidità) e fatte maturare in celle frigorifere. Questo non permette lo spontaneo arricchimento di minerali e vitamine che si verifica in condizioni naturali.
Comprare ad esempio zucchine fuori stagione (in inverno), non è salutare per il cane come per noi. Il loro contenuto di fibre è assai scarso e nel lungo periodo potrebbe mettere a dura prova la microflora del cane. Cerchiamo di utilizzarle quindi solo in estate e sempre alternate con altre verdure.
Quando la verdura viene importata non dobbiamo dimenticare che il trasporto non solo ha un costo ma anche una durata. Oltre ad essere più cara è anche raccolta acerba.
La cosa più interessante rimane il fatto che i nutrienti dei quali sono ricche le verdure di stagione sono esattamente quelle di cui il nostro organismo ha bisogno in quel determinato periodo dell’anno.
Quindi, in autunno dovremmo preferire tutte le verdure che apportano vitamine, soprattutto la vitamina A e la vitamina C, antiossidanti e altre molecole immunostimolanti o di minerali. Come ad esempio il potassio ed il magnesio, che contrastano l’affaticamento tipico di questo periodo.
Per esempio, le verdure giallo-arancio (carota e zucca) contengono alte concentrazioni di carotenoidi e flavonoidi, sostanze antiossidanti importanti per contrastare l’invecchiamento e sostenere il sistema immunitario.
Ottime anche da un punto di vista di fibra, difficilmente creano problemi intestinali, anzi nella maggior parte dei casi possono risultare utili in corso di diarrea.
Le verdure a foglia verde invece sono ricche di luteina, una molecola importante per proteggere la vista.
Come vanno somministrate le verdure?
Il consiglio è lavarle e pulirle bene, quindi cuocerle per permettere una migliore e più semplice digestione.
Possono essere bollite in acqua o cotte al vapore. Se vogliamo accorciare i tempi possiamo utilizzare la pentola a pressione o il microonde.
Una volta cotte, è necessario frullarle con poca acqua, con un minipimer o un mixer, per farle diventare una purea, affinché l’intestino del cane sia maggiormente in grado di utilizzarle.
E per i soggetti “difficili”, ossia quelli che non ne vogliono proprio sapere di mangiare le verdure?
In questi casi possiamo utilizzare un trucchetto, che consiste nel cuocere le verdure insieme alla carne. Così facendo prenderanno il sapore della carne e saranno più apprezzate.
Le verdure possono essere date anche crude ben lavate e frullate con un omogeneizzatore per bambini con poca acqua.
Frullare in acqua è fondamentale soprattutto per le verdure crude, in quanto aiuta a rompere i legami e solubilizzare i nutrienti.
Le verdure crude non dovrebbero mai essere conservate già mescolate ad alimenti cotti, per evitare vomito o diarrea anche gravi.
A quali verdure dobbiamo fare attenzione ?
In autunno ritroviamo le verdure a foglia verde, come le bietole e gli spinaci. Hanno sicuramente degli effetti positivi ma devono essere evitati in presenza di urolitiasi (calcoli) da ossalato di calcio perché contengono un’elevata quantità di ossalati.
Altre verdure a cui prestare particolare attenzione sono le crucifere (cavoli, cavolfiori, cavolini di Bruxelles, verze, broccoli). Oltre ad essere un’ottima fonte di minerali e vitamine, sono ricchi di indoli e di composti contenenti zolfo indicati nella prevenzione di tumori.
Attenzione però perché causano fermentazione intestinale.
Le solanacee (peperoni, pomodori e melanzane) contengono solanine, alcaloide con effetti eccitanti per il sistema nervoso. A molti cani e gatti dà vomito dopo l’ingestione, soprattutto se crude.
Infine, come già detto, non vanno somministrati aglio, cipolla, porro e scalogno perché possono causare gravi stati di anemia. Attenzione anche ai minestroni già pronti che possono contenere cipolla, o alla carne cotta con questi vegetali.
Per approfondire leggi anche questo articolo dedicato all’argomento.
Cerchiamo quindi di far mangiare verdura fresca tutti i giorni ai nostri amici, preferendo prodotti di stagione (ancor meglio se locali). I benefici sono di gran lunga superiori a quelli di qualsiasi integratore!
Articolo della dott.ssa Laura Mancinelli, DMV
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I cani possono mangiare le uova?
Le uova rappresentano un alimento completo che non dovrebbe mai mancare nell’alimentazione dei nostri cani.
Sono una importantissima fonte di proteine nobili, vitamine, minerali e se si aggiunge il basso costo e la facile reperibilità si ottiene un alimento eccellente e salutare per tutti.
Per il cane le uova sono molto digeribili, infatti determinano scarsa secrezione di acido cloridrico nello stomaco. Quindi se consumate in quantità non eccessive possono essere considerate molto utili per la salute e lo sviluppo generale.
Devono essere scelte però uova fresche e biologiche provenienti da galline allevate naturalmente senza farmaci o stimolanti chimici.
I cani possono mangiare le uova?
Molti si chiedono se i cani possano assumere questo alimento, la risposta è certamente sì ma con qualche accortezza.
In questo articolo spiegheremo quali sono i principali nutrienti delle uova, i benefici, come e quando è meglio somministrarle.
L’uovo rappresenta un’ottima risorsa per variare l’alimentazione del cane in modo naturale e genuino. Infatti oltre ad essere un concentrato di nutrienti, rappresenta la fonte proteica “ideale” grazie all’abbondanza e all’equilibrio di tutti gli aminoacidi essenziali in esso contenuti.
Quali sono i principali nutrienti delle uova?
Il tuorlo è ricco di grassi, soprattutto insaturi (il 50 % è acido oleico) e fosfolipidi, in particolare di fosfatidilcolina. L’alto contenuto di colina rende le uova un ottimo alleato per la salute del fegato e del cervello.
L’acetilcolina infatti è un neurotrasmettitore chiave per la funzionalità di quest’organo.
Abbondano inoltre le vitamine liposolubili (A, D, K, E), quelle del gruppo B (in particolare la B12) e i minerali come il potassio, il ferro, il selenio, il magnesio e il calcio.
Apporta inoltre due antiossidanti, la luteina e la zeaxantina che intervengono sia a livello immunitario che visivo.
L’albume è un’ottima fonte di proteine di elevata qualità, denominate come “proteine ideali” poiché contengono un alto valore biologico, il che significa che tutte le proteine ingerite vengono mantenute e utilizzate dal corpo.
Infine abbiamo il guscio che possiamo utilizzare come fonte di calcio in quanto è prevalente costituito da carbonato di calcio.Il procedimento è molto semplice: è sufficiente lavarlo e cuocerlo in forno per qualche minuto a 200 °, quindi andrà triturato fino a ridurlo in polvere.
Il guscio di un uovo apporta circa 2.5 g di calcio ( 1/2 cucchiaino da tè= 1000 mg di calcio).
Come è meglio somministrare le uova al cane?
Il modo migliore è darle cotte .
La cottura è molto importante perché inattiva l’avidina (una glicoproteina termolabile presente nell’albume che impedisce l’assorbimento di biotina) e sanifica da eventuali batteri, soprattutto da salmonelle.
La cottura però non dovrebbe essere eccessiva, per ottimizzare sia la digeribilità che l’assorbimento dei nutrienti.
La massima digeribilità è infatti ottenuta dall’uovo che presenta il tuorlo crudo e l’albume appena coagulato, e quindi preferibile cucinare le uova alla coque o in camicia per un tempo che varia dai 1 ai 3 minuti.
Quando è consigliabile somministrare le uova al cane?
Conviene somministrarle specialmente in alcune occasioni:
- nel cucciolo, in gravidanza/allattamento e nell’animale anziano
- nei cani sportivi
- in corso di patologie renali (soprattutto l’albume)
- in corso di patologie epatiche
- nei cani affetti da urolitiasi da urato d’ammonio (es. Dalmata)
- in corso di patologie comportamentali e neurologiche
Quando invece è controindicata la somministrazione di uova al cane?
Ci sono alcuni casi in cui è meglio non somministrare uova. Alcuni degli esempi più importanti sono:
- nei soggetti allergici
- in corso di calcolosi biliare (patologia infrequente nei nostri animali)
Quindi i casi in cui sono controindicate sono veramente pochi!
Le uova sono praticamente un cibo perfetto: prontamente disponibili, semplici da somministrare, convenienti e caratterizzate da un eccellente profilo nutrizionale.
E’ importante però scegliere prodotti freschi e provenienti da galline allevate naturalmente senza farmaci o stimolanti chimici.
Articolo della dott.ssa Laura Mancinelli, DMV
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