Se hai un gatto, probabilmente ti è capitato almeno una volta di offrirgli del cibo, vederlo avvicinarsi alla ciotola, annusare con attenzione… e poi voltarsi e andarsene come se nulla fosse. E magari tu resti lì a chiederti: “Ma non aveva fame?” Tranquillo, non sei solo. Questo comportamento è piuttosto comune tra i gatti, e le ragioni possono essere più complesse di quanto sembri.
Il gatto annusa il cibo e non mangia: Gusti difficili e naso ipersensibile
I gatti non sono come i cani. Non mangiano “per fame” qualunque cosa trovino nella ciotola. Hanno un senso dell’olfatto molto sviluppato, e per loro l’odore del cibo è fondamentale. Se qualcosa non li convince all’olfatto, anche solo un dettaglio, spesso decidono di non mangiare, anche se hanno lo stomaco che brontola.
Un cibo con un odore di grasso irrancidito, una nota acida o semplicemente una variazione rispetto all’odore abituale può bastare per far scattare il rifiuto. Questo vale anche per alimenti che magari sono ancora buoni dal punto di vista umano, ma che per un gatto risultano inaccettabili.
Il gatto non è un “ripulitore”
In natura, il gatto è un cacciatore solitario, e tende a mangiare subito la sua preda. Non conserva gli avanzi, né torna a finire qualcosa dopo ore. A differenza del cane, che ha una natura più “spazzina” ed è capace di mangiare cibo trovato e non proprio fresco, il gatto ha standard molto alti in fatto di freschezza e qualità dell’alimento.
Ecco perché un alimento che a noi sembra ancora perfettamente commestibile, per un gatto può essere considerato “vecchio” o alterato, solo in base all’odore.
Il gatto annusa il cibo e non mangia: quando l’odore dà fastidio: la nausea
Un’altra spiegazione molto comune di questo comportamento è la nausea lieve. Il gatto può mostrarsi interessato al cibo, avvicinarsi alla ciotola, ma poi l’intensificarsi dell’odore può innescare quella sensazione sgradevole che lo porta ad allontanarsi. Se questo succede con cibo che solitamente apprezza, è bene non sottovalutare il segnale e consultare il veterinario.
La nausea può essere il sintomo iniziale di molte patologie, anche serie. Meglio non aspettare troppo.
Quando è il caso di preoccuparsi?
Il digiuno nel gatto non va mai preso alla leggera. I gatti non sono animali adatti a digiunare a lungo e, soprattutto se in sovrappeso, possono sviluppare rapidamente una condizione molto pericolosa chiamata steatosi epatica.
Se il tuo gatto non mangia nulla per 24 ore, è il caso di contattare subito il veterinario. Se mangia pochissimo per due giorni consecutivi, anche in quel caso è il momento di agire.
Attenzione anche a eventuali altri sintomi associati, come:
difficoltà a urinare o assenza di urina nella lettiera,
aumento della sete o dell’urinazione,
diarrea,
vomito,
apatia o debolezza.
In presenza di questi segnali, non aspettare neanche 12 ore: portalo subito in clinica.
Cosa fare se il gatto non mangia
Capire cosa fare dipende molto dal contesto. Ecco alcune situazioni comuni:
1. Hai appena cambiato tipo di cibo? È normale che il gatto sia diffidente verso qualcosa di nuovo. Prova a reintrodurre gradualmente il vecchio cibo insieme a quello nuovo. Serve pazienza.
2. Ha sempre mangiato quel cibo, ma ora non lo vuole più? Potrebbe semplicemente essersi stancato. I gatti possono essere molto selettivi e cambiare preferenze nel tempo. Offrigli un’alternativa, ma senza insistere troppo.
3. Rifiuta tutto, anche il cibo che di solito adora? Qui suona un campanello d’allarme. Se in più noti anche qualche sintomo fisico, vai dal veterinario senza indugi.
La regola d’oro
Un gatto che non mangia nulla per più di 24-48 ore è un’emergenza. Non pensare che sia solo un capriccio. Non forzarlo mai a mangiare cibo che rifiuta, ma non lasciare che il digiuno si prolunghi. Se non si trova una soluzione rapida, c’è il rischio che la sua salute venga compromessa seriamente.
Chi vive con un cane lo sa: spesso mangia così in fretta che ci si chiede se abbia effettivamente masticato. A volte il pasto finisce prima ancora che noi abbiamo avuto il tempo di sederci a tavola! Ma perché i cani non masticano come facciamo noi? È un comportamento normale o c’è qualcosa da correggere? Vediamolo insieme.
Masticazione? Non come ce la immaginiamo noi
Prima di tutto, è importante capire che il cane non è progettato per masticare il cibo a lungo, come fanno gli esseri umani. I cani sono carnivori, e il loro modo di mangiare rispecchia la loro natura. Anche quando un cane mastica, lo fa in maniera molto diversa rispetto a noi: qualche morso veloce, poi via con la deglutizione.
Negli erbivori e onnivori, la masticazione è una fase importante della digestione, perché la saliva contiene enzimi (come l’amilasi) che iniziano a scomporre i carboidrati già in bocca. Nei cani, questo processo non avviene, perché non possiedono amilasi salivare. La loro digestione comincia davvero solo una volta che il cibo arriva nello stomaco.
Inoltre, i cani non hanno bisogno di “assaporare” ciò che mangiano per capire se è tossico o meno. I vegetali velenosi in natura, ad esempio, spesso hanno un sapore amaro facilmente riconoscibile. Ma per un carnivoro questa difesa naturale non serve molto. Quindi il cane tende a divorare il cibo, non a gustarlo.
Ma alcuni cani ingoiano tutto senza nemmeno un morso… perché?
Una cosa è masticare poco, un’altra è non masticare affatto. E ci sono cani che, letteralmente, ingoiano il boccone intero. Vediamo alcune delle cause più comuni.
1. È un cane vorace
Questa è la causa più diffusa. Alcuni cani, per indole o per razza, hanno un approccio molto vorace al cibo. Pensiamo al Labrador: uno dei campioni in questo senso. In questi casi, il cane non ha un buon sistema di autoregolazione e tende a divorare tutto il pasto in pochi secondi, anche a rischio di ingoiare cose non commestibili, come plastica o carta.
Questo comportamento, se non gestito, può portare a problemi seri, come occlusioni intestinali, soprattutto se il cane ingoia oggetti interi senza masticarli. Anche se lo stomaco del cane è molto resistente e in grado di digerire anche pezzi di cibo molto grandi, non è fatto per gestire materiali non digeribili.
2. È ansioso
Alcuni cani mangiano rapidamente non per fame, ma perché sono stressati o ansiosi. Questo comportamento, a volte, può trarre in inganno: sembra fame, ma è una reazione emotiva. Un po’ come noi quando mangiamo compulsivamente per nervosismo.
In questi casi, l’ansia va affrontata alla radice. Le ciotole anti-ingozzamento (quelle a forma di labirinto) possono aiutare, ma non sono la soluzione al problema. Anzi, se usate senza lavorare sull’ansia vera e propria, possono aumentare la frustrazione del cane.
3. Ha dolore ai denti
Anche se meno frequente, è possibile che il cane eviti di masticare perché ha dolore in bocca. Problemi ai denti o alle gengive possono rendere la masticazione scomoda o addirittura dolorosa. In questi casi, il cane potrebbe tenere il cibo in bocca per qualche secondo, ma poi lo ingoia intero per evitare di masticare.
Cosa fare se il cane non mastica?
Prima di tutto, bisogna capire il motivo. Non tutti i cani che mangiano in fretta lo fanno per le stesse ragioni. Proviamo a porci alcune domande:
Il cane è sottopeso o in perfetta forma?
Ha fame perché mangia poco o è vorace anche se è in sovrappeso?
È tranquillo mentre mangia o mostra segni di ansia?
Come sono i suoi denti? Ha alito cattivo, gengive infiammate, difficoltà a masticare snack duri?
Rispondere a queste domande può aiutarci a inquadrare meglio la situazione. Ma se il dubbio persiste, è sempre meglio rivolgersi a un veterinario esperto in nutrizione.
Qualche strategia utile
Nel frattempo, ci sono alcune cose che puoi fare per aiutare il tuo cane a mangiare in modo più sereno e sicuro:
Evita di usare ciotole anti-ingozzamento a caso. Possono andare bene solo se inserite in un percorso più ampio di gestione dell’ansia o della voracità.
Suddividi il pasto in porzioni più piccole. Puoi offrirle una alla volta, magari distribuendole in diverse zone della casa, per rallentare la velocità di assunzione.
Usa il cibo come stimolo mentale. Nascondi piccole quantità di cibo in giochi interattivi o tappeti olfattivi per rendere il pasto un momento più “lento” e coinvolgente.
Se sospetti dolore, prova a offrire cibo umido o omogeneizzato. È più facile da deglutire e non richiede sforzo da parte dei denti.
In conclusione
Non tutti i cani masticano, ed è normale fino a un certo punto. Ma quando il comportamento diventa eccessivo, va osservato con attenzione. La velocità con cui un cane mangia può dirci molto sul suo stato fisico e mentale.
Indagare le cause con l’aiuto di un professionista può fare la differenza per la salute del cane, sia in termini digestivi che comportamentali. E ricordiamoci sempre che anche un comportamento semplice come il modo in cui un cane mangia può essere una finestra importante sul suo benessere.
Quando dare da mangiare al cane? Questa è una domanda che molti proprietari si pongono, spesso senza trovare una risposta definitiva. L’orario migliore per il pasto del cane esiste davvero? Oppure si tratta solo di una questione di abitudine? Scopriamo insieme quali sono le migliori strategie per gestire l’alimentazione del cane in modo ottimale.
L’orario migliore per il pasto del cane esiste, ma la cosa più importante è la regolarità
Uno degli aspetti più importanti da considerare è la regolarità. I cani si abituano velocemente a una routine, quindi è fondamentale offrire loro il cibo sempre agli stessi orari. Questo aiuta a regolare il metabolismo, a prevenire problemi digestivi e a ridurre eventuali ansie legate al momento del pasto.
Meglio un pasto unico o più pasti al giorno?
In base all’età e alla taglia del cane, il numero di pasti giornalieri cambia:
Cuccioli (fino ai 6 mesi): hanno bisogno di tre o quattro pasti al giorno, poiché il loro metabolismo è veloce e necessitano di energia costante.
Cani adulti (dai 6 mesi in su): solitamente si tende a dar loro due pasti al giorno (mattina e sera). Alcuni proprietari preferiscono offrire un solo pasto al giorno, ma questa pratica non è sempre raccomandata.
Cani anziani: anche per loro è consigliabile mantenere almeno due pasti al giorno, magari scegliendo alimenti più digeribili.
L’orario migliore per il pasto del cane: mattina e sera
Il miglior orario per far mangiare il cane dipende molto dallo stile di vita del proprietario e dalle esigenze del cane. In generale, un buon schema è il seguente:
Colazione: tra le 7:00 e le 9:00 del mattino
Cena: tra le 18:00 e le 20:00
Questo schema permette al cane di avere energia durante il giorno e di digerire il cibo prima di andare a dormire.
Cosa evitare?
Ci sono alcune abitudini da evitare per non creare problemi digestivi al cane:
Non dare da mangiare subito prima o dopo una passeggiata intensa: l’attività fisica subito dopo il pasto può favorire la torsione gastrica, un problema molto serio, specialmente nei cani di taglia grande.
Evitare pasti irregolari o improvvisi cambi di orario: il cane si abitua a un certo ritmo e gli sbalzi possono causare stress o disturbi digestivi.
Attenzione agli spuntini fuori pasto: se il cane riceve troppi bocconcini tra un pasto e l’altro, potrebbe perdere l’appetito o avere problemi di peso.
Il ruolo della fame e della voracità
Alcuni cani tendono a ingoiare il cibo senza masticare, come se avessero sempre fame. Questo comportamento può derivare da diverse cause, come:
Voracità naturale: alcune razze, come il Labrador, hanno una predisposizione a mangiare velocemente.
Ansia o stress: un cane che si sente insicuro potrebbe ingoiare velocemente il cibo per paura che gli venga tolto.
Abitudine sbagliata: se ha sempre mangiato in fretta, potrebbe aver sviluppato questa tendenza.
Per ridurre la voracità, si possono adottare alcuni accorgimenti, come suddividere il pasto in più porzioni, utilizzare ciotole anti-ingozzamento o spargere il cibo sul pavimento per rallentare il consumo.
Conclusione
Non esiste un orario perfetto valido per tutti i cani, ma ci sono alcune linee guida da seguire per garantire il loro benessere. L’importante è mantenere una routine costante, suddividere i pasti in modo equilibrato e fare attenzione a eventuali segnali di ansia o problemi digestivi. Con qualche piccolo accorgimento, l’orario dei pasti diventerà un momento sereno e salutare per il cane e per il suo proprietario.
Le fragole sono tra i frutti simbolo della primavera e dell’estate, amate per il loro sapore dolce e rinfrescante. Ma possiamo condividerle con il nostro cane? La risposta è sì, con le giuste precauzioni. Vediamo insieme i benefici, le controindicazioni, le quantità consigliate e un’idea gustosa per offrire le fragole al nostro cane in modo sicuro e divertente.
Benefici delle fragole per il cane
Le fragole non sono solo gustose, ma apportano anche alcuni benefici alla salute del cane. Questo frutto è composto principalmente da acqua e zucchero, con un apporto calorico contenuto (circa 27 kcal per 100 g).
Dal punto di vista nutrizionale, le fragole contengono:
Vitamina C: potente antiossidante che supporta il sistema immunitario.
Acido folico (vitamina B9): essenziale per la sintesi del DNA e la crescita cellulare.
Flavonoidi: composti antiossidanti che aiutano a contrastare lo stress ossidativo.
Questi elementi rendono le fragole utili nel contrastare i radicali liberi e supportare il benessere generale del cane. Tuttavia, anche se i benefici sono interessanti, bisogna prestare attenzione ad alcuni aspetti prima di offrire le fragole al proprio cane.
Controindicazioni delle fragole per il cane
Nonostante i benefici, ci sono alcuni casi in cui le fragole non sono adatte ai cani:
Rischio di allergie: le fragole sono considerate alimenti con un elevato potenziale allergizzante. Se il cane ha già manifestato reazioni allergiche ad altri alimenti, potrebbe essere sensibile anche alle fragole.
Contenuto di zuccheri: pur essendo zucchero naturale (fruttosio), il metabolismo del cane non è predisposto per grandi quantità di zuccheri. Un eccesso potrebbe causare disturbi digestivi.
Diabete: i cani diabetici dovrebbero evitare le fragole, a causa del loro impatto sulla glicemia.
Se dopo aver dato una piccola quantità di fragole il cane manifesta sintomi come prurito, arrossamenti, vomito o diarrea, è consigliabile sospendere immediatamente e consultare il veterinario.
Quantità consigliate di fragole per il cane
La chiave è sempre la moderazione. Se il cane non ha allergie o problemi di salute, si possono offrire fragole nelle seguenti quantità:
Cani di piccola taglia: massimo 1 fragola piccola (circa 20 g) al giorno.
Cani di taglia media o grande: fino a 2-3 fragole piccole o una fragola grande.
Le fragole devono essere sempre fresche e di stagione (da aprile a giugno) per evitare frutti trattati con pesticidi o conservanti.
Come dare le fragole al cane
Oltre a offrirle fresche e tagliate a pezzi, possiamo preparare un gelato sano e gustoso per rendere lo spuntino ancora più invitante.
Ricetta: Gelato alla fragola per cani
Ingredienti:
1 banana matura
200 g di fragole fresche
100 g di yogurt bianco intero senza zucchero (o kefir)
Preparazione:
Sbucciare la banana e tagliarla a rondelle. Lavare e tagliare le fragole a pezzi.
Congelare la frutta per almeno 24 ore.
Tirare fuori la frutta dal freezer e lasciarla riposare per un’ora.
Frullare la frutta con lo yogurt fino a ottenere una crema omogenea.
Servire subito o congelare per creare una consistenza simile al gelato.
Dosi consigliate:
Cani di piccola taglia: massimo 2 cucchiai a settimana.
Cani di taglia media o grande: fino a 4 cucchiai a settimana.
Se il cane ha problemi con i latticini, è possibile preparare la stessa ricetta senza yogurt, utilizzando solo la frutta congelata.
Conclusione
Le fragole possono essere un’ottima aggiunta alla dieta del cane, a patto di offrirle in quantità moderate e con le giuste precauzioni. Grazie ai loro benefici nutrizionali, possono contribuire al benessere del cane, ma è sempre importante monitorare eventuali reazioni avverse. Con una scelta consapevole e attenta, possiamo rendere più varia e gustosa l’alimentazione del nostro cane, rispettandone le esigenze nutrizionali.
Le patologie cardiache che possono colpire i nostri amici a quattro zampe sono numerose e molto comuni. Una corretta diagnosi effettuata da uno specialista in cardiologia, seguita da una terapia personalizzata, rappresenta sicuramente il primo passo per rallentare la progressione della patologia e garantire al paziente un’ottima qualità di vita. Anche l’alimentazione, spesso sottovalutata, può sicuramente aiutare a raggiungere tale obiettivo.
Patologia cardiaca: predisposizioni di razza
La nutrizione riveste un ruolo fondamentale nel paziente cardiopatico ed esistono integrazioni da non far mancare mai nella sua dieta.
Le patologie cardiovascolari che possono colpire i nostri animali da affezione sono numerose, sia congenite che acquisite e alcune di esse sembrano presentare una predisposizione di razza. In particolar modo sono predisposti a valvulopatie razze come ad esempio Cavalier King Charles Spaniel, Cocker Spaniel, Boxer, Bulldog inglese, Bouldogue francese, Pastore tedesco, Labrador, Golden Retriever, Beagle, Bassotto mentre sviluppano più comunemente cardiomiopatia dilatativa razze come Dobermann, Irish Wolfhound, Bullterrier, San Bernardo, Alano. Nel gatto, invece, le patologie cardiache più comuni sono le cardiomiopatie ipertrofiche e restrittive e anche in questa specie sembrano esistere delle predisposizioni di razza: Maine Coon, Ragdoll, American shorthair e Persiano rientrano tra quelle più colpite. Fino a poco tempo fa anche la cardiomiopatia dilatativa era di riscontro comune nei gatti, dovuta principalmente a una deficienza di Taurina (amminoacido essenziale in questa specie) nell’alimentazione.
Patologia cardiaca e nutrizione: la Taurina
La taurina, come abbiamo detto, nel gatto è un amminoacido essenziale, mentre nel cane può essere formato a partire da altri due: cisteina e metionina.
In caso di carenza di taurina si può sviluppare una cardiomiopatia dilatativa, che si risolve fortunatamente con la ripresa della somministrazione. La carenza può verificarsi se vengono assunti dal gatto alimenti per cani, che generalmente non sono supplementati di taurina, o in generale in caso di diete carenti di proteine di origine animale e non opportunamente integrate.
Patologia cardiaca e nutrizione: L-carnitina
Un’altra molecola fondamentale per il cuore è la L-carnitina, ancora una volta un amminoacido associato con cardiomiopatia dilatativa, in questo caso nel cane. La carnitina permette il trasporto dell’energia all’interno delle cellule cardiache e rimuove le molecole non più utilizzate per produrre quell’energia, che altrimenti diventerebbero tossiche. Anche in questo caso fortunatamente la patologia rientra nel momento in cui viene fornita una corretta integrazione di questo amminoacido.
Patologia cardiaca e nutrizione: potassio e magnesio
La concentrazione di potassio e magnesio può essere alterata dai comuni farmaci necessari per le patologie cardiache. Queste alterazioni però, se non controllate periodicamente, possono portare ad aritmie, diminuzione della contrattilità, grave debolezza del muscolo cardiaco e ad aumento degli effetti avversi degli stessi farmaci.
Gli alimenti per cani e gatti cardiopatici devono avere una normale concentrazione di potassio e magnesio, ma questi devono essere controllati periodicamente tramite esami del sangue.
Patologia cardiaca e nutrizione: sodio e cloro
Sodio e cloro sono responsabili, in associazione, dell’aumento della pressione sistemica. Poiché l’eliminazione renale del sodio è ridotta in caso di insufficienza cardiaca è importante controllare questi nutrienti.
Questo non significa eliminarli completamente, poiché sono fondamentali per il corretto funzionamento dell’organismo. I loro livelli devono però essere controllati e limitati già nei primi stadi della patologia cardiaca, per essere poi diminuiti ulteriormente nelle diverse classi di gravità.
Patologia cardiaca e nutrizione: proteine di origine animale
Nel caso di malattia cardiaca grave è inoltre molto importante che siano presenti adeguate quantità di proteine ad alto valore biologico, ossia di origine animale. Il cuore sottoposto a uno sforzo aumentato richiede una quantità aumentata di energia e di proteine per poter mantenere la sua omeostasi. È infatti comune nelle fasi più gravi della malattia assistere alla cosiddetta “cachessia cardiaca”: animali molto magri e debilitati per le richieste metaboliche non soddisfatte correttamente.
Patologia cardiaca e nutrizione: Gli acidi grassi Omega-3
Gli acidi grassi Omega3 (in particolare EPA e DHA) svolgono una importantissima funzione nel diminuire i mediatori infiammatori in caso di malattia cardiaca e riducono la cachessia, inoltre stabilizzano la membrana cellulare dei miocardiociti riducendo le aritmie.
EPA e DHA sono inoltre modulatori della pressione arteriosa sistemica, indipendentemente dalla presenza o meno di patologia cardiaca.
Patologia cardiaca e antiossidanti
Gli antiossidanti sono molecole in grado di ridurre i radicali liberi (ROS), molecole che si formano normalmente durante il metabolismo cellulare ma che possono danneggiare le membrane cellulari e il DNA. Durante le patologie cardiache i ROS aumentano ulteriormente, ed è quindi importante aiutare le normali difese dell’organismo a contenere il danno che possono causare. Gli antiossidanti “si fanno carico” dell’ossidazione causata da queste molecole, proteggendo quindi membrane e DNA dal danno ossidativo.
Patologia cardiaca e microbiota
Infine, come in molte altre patologie, il microbiota intestinale sembra avere un ruolo anche nella malattia cardiaca. Le alterazioni causate dal malfunzionamento del cuore inducono modifiche nella membrana intestinale e una conseguente disbiosi. Questa può portare all’aumento dei batteri patogeni a discapito di quelli benefici. È quindi utile sostenere anche la flora intestinale in tutti i casi di problemi cardiaci.
Come abbiamo visto è quindi molto importante supportare il cuore anche con l’alimentazione.
Una giusta dieta, con l’aiuto della terapia farmacologica specifica, può riuscire a modulare la patologia in ogni sua fase e a garantire un’ottima qualità di vita al nostro amico a quattro zampe.