Insufficienza pancreatica esocrina. La storia di Braghira.
L’insufficienza pancreatica esocrina (EPI) è una patologia grave e debilitante per tutto l’organismo.
La parola insufficienza indica l’incapacità del pancreas di svolgere una sua funzione fondamentale: quella di digerire e di rendere disponibili all’assorbimento i macronutrienti.
Proteine, grassi, carboidrati e, nel cane, anche protezione e l’assorbimento della vitamina B12.
Il pancreas è un organo che ha più funzioni. Una esocrina, cioè la produzione di enzimi digestivi e una endocrina che consiste nella produzione di diversi ormoni come insulina, glucagone e molti altri.
I cani affetti da EPI quindi non sono in grado di digerire, assorbire ed assimilare gli alimenti.
Gli alimenti non processati, rimangono indigeriti nell’intestino, richiamando liquidi e creando fermentazioni intestinali anomale.
Insufficienza pancreatica esocrina. Quali sono le cause?
Ci sono razze particolarmente predisposte a sviluppare questa patologia.
Tra queste Chow-chow, Pastore tedesco, Rough collie, West highland white terrier, Eurasier e altre.
Una causa frequente di EPI sembra essere autoimmune. Sembra cioè che sia il sistema immunitario del soggetto stesso a danneggiare irreversibilmente il pancreas e a renderlo atrofico e fibroso.
L’età di insorgenza più frequente è nel giovane adulto, attorno ai 4 anni di età.
In alcuni cani invece l’insufficienza pancreatica è conseguenza di una pancreatite cronica, come si verifica in particolare nel Cavalier king Charles spaniel e nel Cocker spaniel.
In questo caso sono più predisposte le femmine attorno ai 7 anni.
Sintomi e segni dell’insufficienza pancreatica esocrina
I cani presentano un notevole calo di peso, con perdita della massa muscolare e della massa grassa.
Il mantello ha condizioni scadenti e presentano diarrea caratterizzata da feci abbondanti, chiare giallo/grigiastre, pastose e grasse.
Il cane tende ad avere un appetito insaziabile e può presentare coprofagia, tende a mangiare cioè le proprie feci. L’EPI è una malattia curabile esclusivamente con gli enzimi pancreatici ad uso veterinario, la somministrazione di vitamina B12 tramite iniezioni sottocutanee e una dieta bilanciata molto digeribile.
La storia di Braghira
Braghira è un cane di razza fila brasileiro di 4 anni, che ho visitato a metà Gennaio 2023.
La cagna vive in famiglia assieme ad altri cani della stessa razza, che sono ben seguiti e vengono alimentati con un cibo secco commerciale di buona qualità.
La cagna però da qualche tempo aveva iniziato a perdere peso molto rapidamente nonostante avesse un buon appetito, ha cominciato a defecare in casa perché non riusciva più a trattenere le feci diarroiche, ad isolarsi e nel giro di poche settimane è diventata emaciata e debole.
Il proprietario aveva iniziato varie terapie che non hanno però sortito alcun miglioramento apprezzabile.
Braghira pesava solo 26 kg (lo standard di razza prevede per le femmine un peso minimo di 40 kg, n.d.r.) e la situazione appare da subito molto compromessa.
Dopo le indagini del caso e la diagnosi inizia la terapia sostitutiva con enzimi pancreatici ad uso veterinario e una alimentazione mista casalinga e commerciale.
La diarrea cessa immediatamente e Braghira inizia piano piano a prendere peso.
Al controllo dopo 45 giorni Braghira pesa 41 kg, assume solo dieta casalinga bilanciata e variata perché la preferisce rispetto all’alimento commerciale.
Non ha più avuto problemi gastroenterici e continua la terapia con gli enzimi pancreatici ad uso veterinario che dovrà proseguire per tutta la vita.
L’obiettivo della terapia è di portarla al peso forma di 48 kg e di garantirle una buona qualità di vita. E ci sembra proprio sulla buona strada!
Articolo della dott.ssa Monica Serenari, DMV
- Pubblicato il Monica Serenari
Tricobezoari come la nutrizione può essere un valido supporto
In questo articolo parleremo di tricobezoari nei gatti. Cosa sono?
Perché si formano?
Che conseguenze possono portare la loro formazione?
Come possiamo prevenirli e come può essere di supporto la nutrizione?
La stagione primaverile è già iniziata, le temperature sono ogni giorno più miti e tutti noi, compresi i nostri animali ci stiamo preparando al caldo torrido dell’estate.
Sia i cani che i gatti in questo periodo fanno la muta, ovvero iniziano a cambiare il pelo.
Il passaggio dal manto invernale a quello estivo produrrà molto più pelo caduco, perché verrà perso anche il sottopelo. Gli animali si preparano così ad indossare un “abito più leggero per l’estate”.
Per i gatti, vista la loro propensione naturale a leccarsi per mantenere pulito il manto, questo periodo è molto delicato perché esiste la possibilità che si formino agglomerati di pelo, che in linguaggio medico si chiamano Tricobezoari. Questi agglomerati possono portare a conseguenze più o meno gravi.
Cosa sono i tricobezoari?
Si tratta di vere e proprie “palle” di pelo, che si formano all’interno dello stomaco dopo un’eccessiva ingestione di pelo.
Gli animali più predisposti sono ovviamente i gatti, in particolar modo quelli a pelo lungo.
Il gatto infatti è un animale molto pulito e pratica più volte al giorno la toelettatura leccandosi.
La lingua del gatto è molto diversa da quella del cane, è formata da papille cheratinizzate che rendono la superficie ruvida e adatta alle operazioni di “grooming” di pulizia.
Questa praticata allontana lo sporco dal manto ma allo stesso tempo fa sì che il gatto ingerisca il pelo morto.
Ciò è del tutto normale, ma in situazioni particolari, come l’arrivo dell’estate, problemi dermatologici o gastroenterici, situazioni di stress, eccesso di pelo ingerito, può agglomerarsi formando delle vere e proprie matasse. Più o meno grandi.
Che conseguenze può portare la formazione di tricobezoari?
I segni a cui prestare attenzione sono:
- scarso interesse per il cibo
- letargia
- tentativi improduttivi di vomito o tosse stizzosa
- veri e propri conati
- stipsi
Nei casi più gravi, fortunatamente rari, la matassa di pelo progredisce lungo il tratto intestinale e può provocare occlusioni che potrebbero richiedere un intervento chirurgico.
Come possiamo prevenire i tricobezoari e come può essere di supporto la nutrizione?
Il mio primo consiglio è quello di spazzolare quotidianamente il nostro gatto, specialmente se è a pelo lungo.
Vi servirà una spazzola adatta, che non danneggi il pelo sano e non irriti né traumatizzi la cute del gatto. Spazzolando con regolarità elimineremo più pelo morto evitando che questo venga successivamente ingerito.
Importante è anche l’attività fisica. Il movimento infatti aiuta a regolarizzare in modo naturale il transito intestinale.
È inoltre essenziale che il gatto abbia una buona idratazione, per questo è preferibile alimentarlo con una dieta umida commerciale o una dieta fresca casalinga.
La dieta dovrà essere facilmente digeribile e contenere il giusto apporto di fibre che aiuteranno a mantenere regolare il transito intestinale.
Quale fonte di fibra scegliere?
Per un corretto transito e aiutare così l’eliminazione di boli di pelo l’ideale è dare un mix di fibra, solubile ed insolubile
- La fibra insolubile è quella indigeribile. Come ad esempio la cellulosa che troviamo nella crusca o nelle farine integrali che aumenta la massa fecale e normalizza così il transito e la motilità intestinale.
- Le fibre solubili invece si trovano per lo più in alimenti di origine vegetale. In particolare ne sono ricchi i legumi, la frutta e gli ortaggi. Fonte di fibra insolubile è anche lo psillio, l’inulina (es. cicoria) e la gomma di guar, queste hanno la caratteristica di formare un gel in acqua che regolarizza il transito e stimola la crescita di un sano microbiota intestinale.
Non dimentichiamoci di integrare la nostra dieta con acidi grassi polinsaturi, ovvero Omega 3 e Omega 6, essenziali per la salute cutanea e del pelo.
Infine in commercio esistono dei prodotti a base di pasta di malto, che servono a dissolvere gli ammassi di pelo ingeriti e a facilitarne così l’espulsione con le feci, tuttavia è importante non abusarne.
Ricordo che la prevenzione resta sempre l’arma vincente, spazzolate quotidianamente il vostro gatto e prendetevi cura della salute del suo intestino con una corretta alimentazione!
Articolo della Dott.ssa Francesca Parisi, DMV
- Pubblicato il Francesca Parisi
Le uova nella dieta del gatto
Come per il cane, anche per il gatto le uova rappresentano un ottimo alimento completo, al primo posto come valore biologico rispetto a tutte le altre proteine . Un insieme di vitamine, proteine nobili e sali minerali, spesso presente nelle nostre cucine e facilmente reperibile sul mercato. Il costo accessibile rende le uova un ingrediente alla portata di tutti. Importante però sarebbe investire un po’ di più per acquistare un prodotto biologico, proveniente d’allevamenti a terra, senza uso di farmaci e altre sostanze chimiche.
Anche per il gatto, le uova rappresentano un alimento molto digeribile ma ovviamente il nostro felino ha un rapporto con il cibo ben diverso dal cane. Quindi è importante considerare anche come somministrarle.
In questo articolo parleremo del ruolo nutrizionale che le uova ricoprono, in quali circostanze andrebbero preferite ad altri alimenti e come e quante uova somministrare al nostro gatto.
Il ruolo nutrizionale delle uova
Le uova hanno un altissimo valore biologico poiché costituite da un insieme di aminoacidi definiti essenziali per il gatto.
Il guscio rappresenta un’importante fonte di carbonato di calcio.
Se sottoposto ad un processo di essiccamento può rappresentare un ottimo integratore.
Facciamo però estremamente attenzione ad utilizzarlo in modo incontrollato: nel gatto un eccesso di calcio può portare ad uno squilibro del rapporto calcio /fosforo, causando danni importanti. Soprattutto nel caso di un gattino in accrescimento.
Le dosi di guscio necessarie in genere sono veramente minime, a volte non arrivano a superare una punta di un cucchiaino da caffè. Quindi affidiamoci sempre alle indicazioni di un professionista esperto in nutrizione veterinaria.
L’albume è quello che contiene in prevalenza le proteine dell’uovo. Queste come detto prima, sono costituite da amminoacidi essenziali che conferiscono all’uovo il suo alto valore biologico.
Il tuorlo è il “cuore multivitaminico” dell’uovo.
Ricco di vitamine liposolubili (A, D, K, E), quelle del gruppo B (in particolare la B12) e i minerali come il potassio, il ferro, il selenio, il magnesio e il calcio.
Contiene molti grassi insaturi, primo tra tutti l’acido oleico, e fosfolipidi come la fosfatidilcolina.
Questa svolge un ruolo importante per il benessere epatico, cerebrale e nel controllo del colesterolo.
Il tuorlo ha anche un’azione antiossidante, grazie alla luteina e la zeaxantina che intervengono sia a livello immunitario che visivo.
In che circostanze le uova andrebbero preferite ad altri alimenti?
Visto l’alto valore biologico e l’estrema digeribilità, le uova possono ricoprire un ruolo importante in soggetti affetti da patologie renali ed epatiche. Nelle quali la quantità e la qualità delle proteine può fare la differenza.
Anche in gatti debilitati dove è necessario apportare energia e facilitare la digestione, l’uovo potrebbe essere un buon alimento.
In condizioni fisiologiche le uova possono essere un valido ingrediente nella dieta di gattini, soggetti anziani e mamme in gravidanza o allattamento.
Quante uova possiamo somministrare al nostro gatto?
È stato dimostrato ormai da tempo, che almeno un’uovo può essere assunto anche tutti i giorni senza apportare peggioramento di nessun tipo sulla salute del soggetto.
In particolare non incide sull’aumento “negativo” del colesterolo (ricordiamo che solo il 20% del colesterolo ematico può essere influenzato da ciò che mangiamo).
Ovviamente, nel rispetto della variabilità del microbiota intestinale, non si consiglia di somministrare l’uovo come unico ingrediente in modo continuativo.
Il metodo ideale per la cottura sarebbe alla coque: albume cotto e turlo crudo.
La cottura del tuorlo porterebbe infatti alla perdita di gran parte delle vitamine e sali minerali.
L’albume invece contiene una sostanza antitnutrizionale (avidina) che impedisce l’assorbimento di importanti nutrienti come le vitamine del complesso B.
L’avidina viene inattivata solo dalla cottura. Ma attenzione a cuocere l’albume per troppo tempo: si riduce la digeribilità e l’assorbimento dei principi nutritivi. Quindi è sufficiente far coagulare rapidamente l’albume, senza cuocerlo eccessivamente.
Come somministrare le uova ad un gatto?
Tra i principali sensi sfruttati dal nostro felino il tatto ( inteso come consistenza dell’alimento) è il più utilizzato. Quindi sarà molto difficile riuscire a proporre ad un gatto un tuorlo crudo, che per giunta risulta in generale poco appetibile.
Ancora meno probabile è far mangiare ad un gatto un uovo alla coque.
Il giusto compromesso è “strapazzare” le uova molto velocemente , in modo da garantire la cottura dell’albume ed una lieve “scottata” del tuorlo.
Si può aggiungere anche un pizzico di sale (anche se nel gatto il salato è un gusto poco percepito). Ricordatevi di non forzare mai il gatto, non cercare di ingannarlo e fargli provare sempre un nuovo alimento la sera, in un momento di tranquillità.
Quindi l’uovo è un valido alimento per la dieta del nostro gatto. Ricordiamo però che in un felino l’alimentazione rimarrà sempre un gioco da Masterchef e che questo ingrediente va sempre adattato ai gusti del nostro gatto.
In questo caso, dovremo essere ancor più bravi poiché rispetto ad altri alimenti l’uovo non ha una grande appetibilità!
Articolo del Dott. Carmine Salese, DMV
- Pubblicato il Carmine Salese
La nutrizione nella gestione dell’epilessia idiopatica del cane
In questo articolo affrontiamo un tema importante. Una patologia complessa come l’epilessia idiopatica del cane può essere gestita anche attraverso l’alimentazione? Parleremo dei diversi meccanismi con cui l’alimentazione riesce ad aiutare il soggetto colpito.
Ancora una volta ci troveremo a trattare di asse microbiota-intestino-cervello, delle diverse fonti di energia derivanti dal cibo e delle sue modalità di somministrazione (corpi chetonici e dieta simil chetogenica. Ma anche del ruolo di diversi nutraceutici, dell’utilizzo di cbd e di particolari diete ad eliminazione.
Evidenzieremo come il contenuto di sale, a prescindere dal tipo di dieta, possa influenzare l’efficacia dei farmaci antiepilettici. Tutto questo considerando gli studi pubblicati fino al 2022.
Nell’ultimo decennio, la nutrizione ha guadagnato molto interesse nella gestione dell’epilessia idiopatica canina. Grazie anche a crescenti evidenze scientifiche. Gli obiettivi terapeutici della nutrizione in corso di epilessia idiopatica del cane sono volti a sostenere le adeguate funzioni cerebrali, arrestare o rallentare la progressione della malattia e ridurre gli effetti collaterali dei farmaci antiepilettici. Alleviando anche patologie comportamentali legate a questa condizione.
Cos’è l’epilessia idiopatica del cane?
Per epilessia si intende una patologia neurologica cronica, in cui un soggetto è predisposto ad avere crisi epilettiche. Queste crisi sono degli eventi improvvisi di durata variabile rappresentate da tremori, ipersalivazione, arti rigidi etc. Normalmente si interrompono da sole, ma la loro frequenza è imprevedibile.
Per idiopatico intendiamo un’epilessia che non ha una vera causa apparente. Si pensa che possa avere una base genetica come nell’uomo, ma attualmente si stanno facendo molte considerazioni ed ipotesi.
Asse microbiota-intestino-cevello
Abbiamo trattato più volte la relazione tra cervello ed intestino attraverso il microbiota intestinale (l’insieme dei microrganismi presenti nell’intestino).
Parliamo di un legame che avviene sia attraverso fibre nervose sia attraverso il sistema immunitario. Ma anche grazie a sostanze (metaboliti) rilasciate dai batteri intestinali dopo aver metabolizzato un determinato alimento (i così detti postbiotici).
Il cibo infatti può essere utilizzato dai batteri intestinali per produrre una serie di sostanze di origine alimentare, prima tra tutti il butirrato, ad azione antinfiammatoria e neuroprotettrice.
Gli studi hanno dimostrato che forti condizioni di disbiosi (alterazione del microbiota intestinale) sono tipiche dei soggetti epilettici e che il “benessere intestinale” riduca la tendenza a sviluppare crisi convulsive. Si alza cioè il cosi detto valore soglia epilettogeno e migliora la risposta ai farmaci antiepilettici.
Corpi chetonici e dieta simil-chetogenica
Da sempre nell’uomo è stato riconosciuto un potenziale del digiuno sulla gestione dell’epilessia, legato alla produzione di corpi chetonici (acetone, acido acetico, ecc).
Questi sono derivati principalmente dal metabolismo dei grassi e possono essere utilizzati rapidamente dal cervello come fonte di energia in caso di digiuno prolungato al posto del glucosio. Sono stati riconosciuti ai corpi chetonici diversi effetti benefici sia diretti a favore delle cellule nervose del cervello, che indiretti attraverso l’interazione con il microbiota intestinale.
In alimentazione umana, per ottenere corpi chetonici, si parla di DIETA CHETOGENICA.
Si tratta di una dieta con un’elevata percentuale di grassi, una buona percentuale proteica e ridotta/assente presenza di carboidrati.
Nel cane però l’esclusiva produzione di corpi chetonici con il digiuno non è possibile perché a differenza nostra è in grado di produrre parte del glucosio anche a digiuno.
Avere quindi una chetosi (ossia produzione esclusiva di corpi chetonici) nel cane richiederebbe un digiuno troppo prolungato.
Per questo si parla di DIETA SIMILCHETOGENICA. Costituita sempre da un elevata quantità di grassi, rappresentati in prevalenza dai MCT (grassi a media catena), un’elevata quantità di proteine e la presenza quasi nulla di carboidrati sotto forma di vegetali.
Un recente studio del 2022 ha riesaminato tutti gli studi fatti in precedenza.
È stata evidenziata un’ottima risposta a questa dieta nella gestione di crisi epilettiche idiopatiche del cane, soprattutto nei soggetti che rispondono poco e male alla terapia antiepilettica.
Nutraceutici
In molti studi rivolti alla gestione dell’epilessia idiopatica del cane è stata evidenziata l’aggiunta nella dieta di sostanze nutraceutiche.
L’utilizzo di acidi grassi omega 3 (in particolare DHA ed EPA) di cui il cervello è composto in grande prevalenza può portare ad un miglioramento della funzione delle cellule nervose, alla riduzione dei processi infiammatori, ma anche ad un controllo generalizzato sulla pressione arteriosa.
Cosi anche l’aggiunta di acidi grassi a media catena (MCT) sottoforma di olio di cocco o di Mct oil, si è dimostrata molto utile per il metabolismo delle cellule nervose. Forniscono molta energia al cervello e producono una buona quantità di corpi chetonici anche in presenza di carboidrati nella dieta.
CBD e diete ad eliminazione nell’epilessia idiopatica del cane
Quando si parla di CBD o cannabidiolo stiamo considerando la parte non “stupefacente” della pianta della Cannabis.
Normalmente viene dato per bocca come integrazione alla dieta. Il CBD riesce a controllare le crisi epilettiche in diversi modi, ma la tipologia e la sua dose minima efficace sono ancora oggetto di studio.
Parlando invece di diete ad eliminazione, ossia quelle diete fatte per escludere un’allergia o un’intolleranza verso un alimento, gli studi sono ancora preliminari.
Un’ipotesi è che l’eventuale processo infiammatorio correlato ad un determinato alimento, coinvolga non solo cute ed intestino, ma anche il cervello. Questa ipotesi è stata avvalorata nel 2022 da uno studio sulle razze terrier e la loro intolleranza al glutine. Eliminando questo ingrediente dalla dieta si assiste, secondo lo studio, ad una riduzione di crisi convulsive a cui questa razza è molto predisposta
Contenuto di sale nella dieta
Nei diversi studi, si è evidenziato come l’eccesso o il difetto di sale della dieta possa influenzare l’efficacia di alcuni farmaci, come il bromuro di potassio (troppo sale nella dieta lo porta a funzionare meno, viceversa invece la presenza di poco sale).
In conclusione, conoscere il tipo di dieta e come un cane affetto da epilessia idiopatica possa rispondere a questa, rappresenta un ulteriore strumento nella gestione della malattia. Affidarsi ad un medico veterinario nutrizionista in grado di gestire correttamente una dieta simil-chetogenica, con le adeguate integrazioni funzionali, potrebbe influenzare in modo significativamente positivo la risposta alle terapie convenzionali.
Articolo del Dott Carmine Salese, DMV
- Pubblicato il Carmine Salese
Un approccio globale alla cistite idiopatica felina
I problemi legati alle basse vie urinarie nel gatto sono estremamente frequenti.
Potresti accorgerti che il tuo gatto ha difficoltà ad urinare, vedi del sangue nelle urine oppure semplicemente urina in posti non appropriati.
La cistite idiopatica felina è la patologia di più frequente riscontro: è multifattoriale, ad eziologia ancora non chiara e che prevede un approccio globale per la sua risoluzione.
Anche l’alimentazione gioca un ruolo fondamentale nella sua gestione.
Quali sono i sintomi della cistite idiopatica felina?
La cistite idiopatica può presentarsi come un unico episodio singolo ma, più frequentemente, con episodi ricorrenti dolorosi.
Nei momenti acuti il gatto potrebbe avere dolore mentre urina, potrebbe urinare poco e spesso, in posti diversi dalla sua lettiera, può avere sangue nelle urine oppure potrebbe leccarsi molto in zona genitale.
Quando la patologia si aggrava, insieme a questi sintomi si manifestano problematiche sistemiche, come abbattimento, dolore, vocalizzazioni e blocco completo della minzione, cosa che prevede un intervento tempestivo del medico veterinario.
Eziologia. Quali sono le cause?
Non è ancora ben chiara l’eziologia, ma ci sono dei fattori di rischio che predispongono allo sviluppo della malattia. Lo stile di vita e l’alimentazione sembrano essere i due punti critici nello sviluppo di cistite idiopatica.
Lo stress infatti è determinante, come anche il sovrappeso e un’alimentazione unicamente a base di cibo secco.
Diagnosi di cistite idiopatica felina
Non essendoci un unico motivo scatenante, la diagnosi si fa escludendo tutte le altre patologie con sintomatologia simile (come urolitiasi, anomalie anatomiche, disturbi comportamentali e neoplasie) tramite anche l’utilizzo di esami collaterali, come radiografie e ecografie.
Un’anamnesi attenta è necessaria, per valutare se il gatto può aver subito stress eccessivi o vive in un ambiente non adatto.
Cosa fare?
Il primo step è sicuramente quello di gestire il dolore acuto, con i farmaci e le terapie più idonee.
Poi gli sforzi devono essere focalizzati sulla gestione dei punti critici per evitare le ricadute.
- Alimentazione: una dieta fresca, ricca e bilanciata è vitale per la gestione delle problematiche urinarie in genere. Migliorare l’apporto di acqua permette una diluzione delle urine efficace anche in corso di cistite idiopatica e una dieta fresca ci facilita quest’impresa. Favorire poi l’assunzione di acqua tramite fontanelle o dei brodi leggeri può migliorare ulteriormente la situazione. Anche programmare più pasti nella giornata ci aiuta nel mantenimento di un pH urinario stabile, riducendo i rialzi che seguono normalmente un pasto.
- Nutraceutica: ci sono molecole che possono fare la differenza nella gestione di questa patologia, in particolar modo acidi grassi omega 3 (EPA e DHA), β-carotene e vitamina E, che con le loro azioni antinfiammatorie e antiossidanti diminuiscono il grado di infiammazione vescicale
- Fitoterapia: ci sono alcuni estratti molto efficaci in corso di cistite idiopatica, come quello di mirtillo rosso o di rosa canina.
- Terapia comportamentale: non possiamo pensare ad una risoluzione di questa patologia se il gatto continua a vivere situazioni per lui stressanti. L’arricchimento ambientale può fare la differenza, rendendo la nostra casa a misura di felino.
Ricordiamoci che è un cacciatore notturno e solitario, con necessità di ripari e nascondigli. Avrà quindi bisogno di posti dove nascondersi (e le scatole di cartone vanno benissimo a questo scopo, possibilmente anche in alto) e stimoli al gioco di cattura (topolini, palline e altri giochi che devono essere cambiati di frequente).
È fondamentale, qualora ci fossero più gatti conviventi, evitare lo stress riguardo le risorse primarie, ovvero cibo, lettiera e ricoveri. In questi casi è necessario avere più ciotole e più lettiere, per evitare che i gatti più sensibili soffrano per la competizione.
Se il tuo gatto soffre di cistiti ricorrenti, come avrai capito è importantissimo un approccio globale: il medico veterinario nutrizionista insieme al comportamentalista possono aiutarti a risolvere in maniera definitiva questo fastidiosissimo problema.
Articolo della dott.ssa Chiara Dissegna, DMV
- Pubblicato il Chiara Dissegna
Psillio. Che cos’è, quali proprietà ha e come utilizzarlo.
Di frequente potreste trovare indicato nelle diete per cani e gatti lo psillio. In associazione o meno alle verdure, lo psillio viene utilizzato come fonte di fibra quindi non è un nutriente essenziale per i nostri carnivori domestici ma è importante per la loro salute intestinale. In questo articolo andiamo ad approfondire la conoscenza di questa fonte di fibra così ampiamente utilizzata.
Lo psillio è costituito dai semi o dalla cuticola della pianta erbacea Plantago psyllium (= Plantago arenaria, Plantago indica).
Si può trovare facilmente online o in erboristeria ed è reperibile in diverse forme: semi interi, semi macinati o cuticole. Ad essere consigliate per l’alimentazione dei nostri cani e gatti sono le cuticole macinate, prestando attenzione che non contengano additivi.
Proprietà dello psillio
Innanzitutto lo psillio è un’ottima fonte di fibra, praticamente insapore e quindi ideale in quei cani (ma soprattutto nei gatti) che non gradiscono le verdure o che le tollerano solo in piccola quantità.
Contiene mucillagini che gli permettono di assorbire l’acqua e trattenerla, in questo modo è in grado di normalizzare il volume e la consistenza delle feci.
Si utilizza quindi in caso di stitichezza perché richiama i liquidi nel lume dell’intestino, assorbendo acqua e aumentando il contenuto intestinale, stimolando di conseguenza la peristalsi e la defecazione.
In caso di diarrea invece proprio questa capacità di assorbimento permette allo psillio di assorbire l’eccesso di liquidi nell’intestino, contrastando cosi la diarrea stessa.
Le cuticole di psillio sono anche indicate in corso di dieta BARF per controbilanciare l’effetto delle ossa sulla consistenza delle feci.
Lo psillio è, inoltre, un ottimo prebiotico, cioè una sostanza che nutre i batteri intestinali “buoni” che a loro volta produrranno sostanze benefiche per l’organismo (acidi grassi a corta catena), a discapito delle specie batteriche patogene.
Come utilizzarlo?
Nonostante tutte queste proprietà non dobbiamo dimenticare che un eccesso di fibra può costituire un fattore antinutrizionale per il cane e il gatto.
Quindi quanto psillio può essere dato?
Si tratta spesso di pochissimi grammi al giorno, che andranno modulati in base alla consistenza delle feci e alle indicazioni del Medico Veterinario.
Per somministrarlo può essere banalmente aggiunto al cibo appena prima di darlo, quindi evitando di sottoporlo a cottura, refrigerazione o congelamento.
Per far sì che le feci siano sempre della stessa consistenza il consiglio è di suddividere la dose giornaliera nei diversi pasti.
Se non si eccede nella quantità non ha nessun effetto collaterale, potreste notare solo delle feci con cosiddetto aspetto “a catenella”.
In questo caso non preoccupatevi, basterà rivedere la quantità con il vostro Veterinario per tornare alla normalità.
Articolo della dott.ssa Denise Pinotti, DMV
- Pubblicato il Denise Pinotti
Stipsi del gatto. Cosa sappiamo?
Anche in questo articolo parleremo di…. cacca!
Ma mentre solitamente parliamo di diarrea oggi parleremo del sintomo opposto ovvero la stipsi del gatto.
In questo articolo andremo definire cos’è la stipsi e a evidenziarne i sintomi e le cause.
Vedremo anche alcuni semplici suggerimenti che possono essere utili in questi casi.
La stipsi (o stitichezza) consiste nella difficoltà a espellere le feci o in una frequenza di evacuazione delle feci inferiore alla norma.
Questa incapacità nel riuscire a svuotare l’intestino, può rendere le feci secche e dure oltre che di dimensioni anomale: grandi o piccole.
Tra i nostri pet questo sintomo è sicuramente più frequente nel gatto rispetto al cane, per questo in questo articolo parleremo in particolare del nostro piccolo felino.
Stipsi del gatto. Quali sono i campanelli d’allarme?
Ovviamente quello che notiamo è l’assenza o la drastica diminuzione di feci nella lettiera, ma questo aspetto a volte potrebbe non essere così facile da identificare. Ad esempio se il gatto è abituato a fare i bisogni fuori oppure se abbiamo più gatti in casa non è per nulla scontato riuscire a controllare!
Nel caso del gatto una frequenza ottimale di defecazione è di una volta al giorno.
Letargia e riluttanza al movimento: la costipazione infatti crea una condizione di disagio e malessere generale che porta il gatto a dormire di più, essere meno socievole e spesso tende a nascondersi.
Diminuzione dell’appetito: la permanenza per lungo periodo di feci all’interno del corpo determina un aumento dell’assorbimento delle tossine e sostanze di scarto che normalmente dovrebbero essere espulse all’esterno. Questo determina un senso di nausea, oltre che un fattore di ingombro meccanico.
Tenesmo rettale: notiamo un continuo stimolo a defecare con sforzo e contrazione addominali.
Il gatto entra e esce in continuazione dalla lettiera senza espellere feci.
Attenzione a non confondere il tenesmo rettale con il tenesmo urinario, entrambe sono urgenze mediche ma se il gatto non riesce a urinare (tenesmo urinario) recatevi immediatamente dal vostro veterinario di fiducia o pronto soccorso veterinario più vicino!
Cause di stipsi del gatto
Le cause che possono determinare la stipsi sono molteplici. Vediamo quali sono le più importanti.
Ostruzione intestinale: se il nostro gatto o cane ingerisce un corpo estraneo (giocattolo o filo) che ostruisce l’intestino le feci saranno bloccate meccanicamente e quindi non potranno essere espulse.
In questo caso spesso la stipsi è accompagnata da altri sintomi (vomito, anoressia, dolore addominale, ipertermia).
Attenzione in particolare ai boli di pelo nei gatti a pelo lungo. Normalmente il pelo ingerito facendo grooming viene eliminato attraverso il vomito o le feci. Ma in alcuni casi possono bloccarsi nell’intestino e comportarsi da corpo estraneo ostruente.
Dolorabilità a livello di schiena o di arti possono spingere il gatto a trattenere a lungo le feci in quanto la defecazione comporta ulteriore sforzo fisico e dolore.
Questo fa sì che le feci restino nel colon a lungo andando incontro a disidratazione e diventando sempre più dure e difficili da espellere.
Megacolon: è una condizione frequente del gatto anziano. È una condizione patologica spesso idiopatica.
Il colon, ovvero l’ultimo tratto dell’intestino perde la sua capacità contrattile. Vengono meno i movimenti di peristalsi e si ha quindi un ristagno di feci nel colon.
In questi casi il colon è molto dilatato, alla palpazione addominale si percepisce un cordone duro e il gatto manifesta dolore.
Disbiosi: anche per la stipsi ovviamente la salute del microbiota è un fattore determinante!
La stipsi nel gatto è un importante sintomo di disbiosi al pari se non maggiore della diarrea.
La cura del microbiota attraverso la dieta e le integrazioni funzionali è il punto cruciale per gestire sul lungo periodo la stipsi.
Dieta povera di fibre: sappiamo bene quanto i gatti siano difficili in fatto di gusti alimentari e sicuramente le fibre non rappresentano la componente più appetibile della dieta.
Un’alimentazione povera di fibra però causa un minor volume delle feci e un aumento della consistenza e di conseguenza difficoltà nell’espulsione.
Cosa fare se il nostro gatto (o cane!) soffre di stipsi?
Ovviamente se la condizione permane da diversi giorni e il gatto mostra sintomatologia importante rivolgetevi al vostro veterinario per intervenire al più presto.
Il veterinario valuterà se impostare una terapia medica o procedere a un lavaggio del colon qualora la condizione sia molto avanzata.
La dieta e le giuste integrazioni di pre e probiotici sono fondamentali per gestire questa problematica e cercare di evitare il più possibile le recidive. Rivolgetevi quindi a un medico veterinario nutrizionista che saprà consigliarvi al meglio e stilerà un piano alimentare ad hoc per le esigenze del vostro gatto.
In generale assicuratevi sempre che il vostro gatto si idrati correttamente, feci più idratate sono feci più morbide e facili da espellere, preferite quindi alimenti umidi.
Se il vostro gatto segue un’alimentazione fresca potrebbe non essere semplice fargli accettare le verdure, valutate con il vostro veterinario nutrizionista eventuali integrazioni di fibra come lo psillio, fibra in polvere insapore.
Infine incoraggiate il vostro gatto al movimento, infatti la sedentarietà e l’obesità sono importanti fattori di rischio per la costipazione.
Articolo della dott.ssa Giulia Moglianesi, DMV
- Pubblicato il Giulia Moglianesi
Enteropatia cronica e alimentazione del cane e del gatto
In questo articolo cercheremo di spiegare cosa si intende per enteropatia cronica e il suo legame con l’alimentazione. La possibile correlazione tra razza/alimentazione/enteropatie ed il ruolo chiave di specifiche integrazioni funzionali nella dieta di un soggetto enteropatico.
Nell’attività quotidiana di un medico veterinario c’è la gestione di patologie intestinali acute e croniche.
Diarrea, feci poco formate, emissioni di odori tutt’altro che piacevoli. Oppure feci conformate ma in quantità eccessiva. Sono solo alcuni dei sintomi che il un animale enteropatico può manifestare.
Cosa si intende per enteropatia cronica e qual è il legame con l’alimentazione?
Quando parliamo di enteropatia cronica stiamo usando una denominazione generica. Parliamo di qualsiasi malattia dell’intestino in atto da un tempo prolungato.
Ma le enteropatie croniche non sono tutte uguali! Si differenziano tra quelle che rispondo all’alimentazione (le cosi dette enteropatie responsive alla dieta), a quelle che invece necessitano di farmaci come antibiotici (le cosi dette enteropatie responsive all’antibiotico) fino all’utilizzo di cortisone o altri immunosoppressori (enteropatie responsive agli immunosoppressori).
Ultimamente si tende a parlare di gastroenteropatia cronica, per ribadire anche l’importantissimo ruolo dello stomaco nel processo di digestione di un alimento.
Infatti nel cane e nel gatto buona parte della digestione è svolta dallo stomaco e se questo digerisce male, l’intestino a sua volta si troverà in difficoltà.
Troppo grasso, potrebbe mettere a dura prova lo stomaco nel suo svuotamento, rallentando tutto il transito intestinale e causando vomito; troppa fibra, soprattutto se insolubile potrebbe invece far passare troppo rapidamente il cibo nell’intestino provocando diarrea e perdita di peso.
Viceversa poca fibra potrebbe rallentare il passaggio del cibo nell’intestino provocando stitichezza.
Ecco perché nelle diete del cane e soprattutto del gatto, le verdure non possono essere date in quantità non controllata.
L’Enteropatia cronica per un cane ed un gatto, può provocare anche frequente flatulenza e feci gelatinose, magari perché abbiamo esagerato con broccoli e broccoletti, verdure che possono fermentare facilmente.
Ma a fermentare a volte possono essere anche i carboidrati in eccesso. Oppure le proteine in surplus (in questo caso se c’è flatulenza l’odore può essere davvero nauseabondo!).
Ricordiamoci sempre che il cibo verrà utilizzato dal microbiota intestinale, influenzando anche la sua funzione.
Razze, alimentazione e enteropatia cronica
Purtroppo in medicina veterinaria sono pochi gli studi che mettano in correlazione le razze con l’alimentazione e la predisposizione alle enteropatie, ma alcune peculiarità sono note.
Setter irlandesi e Border terrier ad esempio sembrano avere un’intolleranza genetica verso il glutine.
Le razze brachicefale, a causa di alcune caratteristiche anatomiche, dovrebbero ricevere diete iperdigeribili.
Molto spesso ci si basa sull’esperienza clinica del medico veterinario nutrizionista nella gestione delle infiammazioni intestinali croniche.
In generale si potrebbe decidere di gestire l’enteropatia aumentando i carboidrati oppure eliminandoli, riducendo grassi e proteine e cosi via.
Molti molossoidi o razze più primitive come il Lupo cecoslovacco sembrano essere più sensibili non solo al tenore di carboidrati della dieta, ma anche alla modalità di somministrazione della proteina (crudo vs cotto).
Altre razze sembrerebbero tollerare invece molto poco un eccesso proteico. Insomma non c’è una regola!
Il ruolo chiave delle integrazioni funzionali nell’enteropatia cronica
Sicuramente probiotici (tindalizzati, vivi o inattivati) insieme ai prebiotici (fos, mos, ecc) e post biotici, non possono mancare.
Ma non dimentichiamo l’importanza di antinfiammatori fitoterapici come la boswellia, la curcuma e molti altri.
Negli ultimi anni un ruolo chiave è svolto da integratori a base PEA (palmitoiletanolamide) e dalla cannabis terapeutica intesa come estratto di fitocomplessi.
Sono sostanze ormai da tempo impiegate in campo umano, che trovano un grande utilizzo nella gestione delle enteropatie croniche anche gravi. Regolando l’attività dell’intestino, dello stomaco e riducendo infiammazione, nausea e dolore.
Possiamo dunque affermare che le enteropatie croniche del cane e del gatto sono problematiche complesse, per le quali una corretta alimentazione può fare la differenza, insieme ad un approccio terapeutico integrato.
Articolo del dott. Carmine Salese, DMV
- Pubblicato il Carmine Salese
Piante spontanee commestibili per cane e gatto
Tra poco sarà possibile incontrare durante le nostre passeggiate diverse erbe spontanee che possono essere raccolte e somministrate ai nostri amici, dopo una adeguata preparazione.
Tarassaco, Ortica, Piantaggine, Melissa sono solo alcune di queste preziosissime piante che possiedono anche numerosi effetti benefici, scopriamole insieme!
Le piante spontanee che crescono in primavera possono essere utilizzate di tanto in tanto come alternativa alle verdure che scegliamo comunemente per le ciotole dei nostri amici.
Non tutti hanno la possibilità di raccogliere erbe spontanee in campagna, e soprattutto non tutti sanno riconoscere le varie erbe, ma per chi invece ha questa possibilità e già abitualmente le raccoglie per sé, potrebbero dimostrarsi una buona risorsa anche per i quattrozampe di casa.
Naturalmente, meglio evitare di improvvisarsi raccoglitori se non si hanno adeguate conoscenze.
Non tutte le piante sono commestibili ed alcune possono essere dannose!
Vediamo insieme quali piante possono essere raccolte e preparate senza problemi per i nostri amici.
Tarassaco
Il Tarassaco è anche detto Dente di Leone, Soffione o Piscialetto. Il suo nome scientifico è Taraxacum officinale ed appartiene alla Famiglia delle Asteraceae.
Il Tarassaco cresce spontaneamente nelle zone temperate ed è molto comune ritrovarlo non solo nei campi, ma anche nei parchi e nei giardini. Ha fiori di un bel giallo intenso.
Questi fiori, come accade ad esempio per le Margherite che sono sempre Asteraceae, si chiudono la sera per riaprirsi di nuovo con il sole.
Dal fiore si sviluppa una infruttescenza particolare, di forma rotondeggiante e ricca di peletti bianchi che si disperdono facilmente se soffiati via. Ecco perché il Tarassaco viene anche chiamato soffione.
Il Tarassaco ha foglie allungate e dentellate che possono essere cucinate come gli spinaci e somministrate senza problemi ai nostri animali. Il Tarassaco ha numerose proprietà fitoterapiche grazie alla presenza di diversi principi attivi. Ad esempio, è in grado di stimolare l’escrezione di bile dal fegato ed ha anche una buona azione diuretica (da qui, il nome Piscialetto!)
Piantaggine
La Piantaggine è molto diffusa nei prati, nei giardini e lungo i bordi delle strade.
Ne esistono numerose specie ma le più comuni sono la Plantago major e la Plantago lanceolata. Le differenziamo grazie alla larghezza della foglia, che ha una forma comunque lanceolata ed è percorsa da nervature .
La Piantaggine presenta delle caratteristiche infiorescenze a forma di spiga, con tanti fiorellini di piccole dimensioni. Le foglie più giovani e centrali della Piantaggine possono essere utilizzate in ciotola cotte e miscelate ad altre verdure.
Anche la Piantaggine è molto utilizzata in fitoterapia, grazie alle sue proprietà antinfiammatorie preziose soprattutto per le mucose della bocca e dell’apparato respiratorio. La piantaggine presenta anche una buona attività emolliente grazie alla presenza di mucillagini.
Ortica
L’Ortica è una pianta conosciutissima per l’effetto urticante scatenato dal contatto con i peli presenti su foglie e steli.
L’effetto urticante è dovuto al rilascio di alcuni principi attivi, tra cui l’istamina.
In realtà è una pianta perfettamente commestibile e ricca di preziosi minerali, basta avere l’accortezza di raccoglierla con dei guanti e bollirla adeguatamente! La cottura infatti permette di rimuovere le sostanze urticanti.
Il sapore dell’ortica è molto gradevole e ricorda quello degli spinaci.
L’ortica è molto diffusa in campagna, lungo i bordi stradali e in luoghi boschivi umidi e freschi. In ambito fitoterapico viene molto utilizzata per le sue proprietà diuretiche ed antinfiammatorie, ma anche antianemiche.
Melissa
La Melissa officinalis è un’erba aromatica perenne che raggiunge anche gli 80 cm di altezza, e viene a volte confusa da occhi meno esperti con l’Ortica.
A differenza di questa, però, non ha assolutamente nessun potere urticante, e le foglie se strofinate tra le dita sprigionano un delicato profumo di limone.
Le foglie della Melissa possono essere aggiunte in ciotola sia crude che cotte, non in quantità eccessive per il sapore leggermente amaro che potrebbe far storcere il naso ai nostri amici.
Anche la Melissa è molto utilizzata in fitoterapia, grazie alle sue proprietà antispastiche ma anche sedative. Le foglie vengono infatti utilizzate comunemente per la preparazione di infusi e tisane con effetto rilassante, perciò attenzione a non esagerare!
Ma come preparare le piante spontanee?
Ricordiamoci che i nostri amici cani e gatti sono carnivori, e non hanno le nostre capacità nel digerire le fibre vegetali!
Perciò mai esagerare con le verdure, attenetevi in ogni caso ai quantitativi segnati dal vostro Veterinario Nutrizionista.
Come tutte le altre verdure, queste erbe spontanee vanno sempre aggiunte in ciotola dopo averle frullate con poca acqua, come per ottenere un omogeneizzato.
E voi, sapreste riconoscere queste piante?
Vi capita mai di raccoglierle nel corso delle vostre passeggiate assieme ai vostri amici a quattro zampe? Raccontateci le vostre esperienze!
Articolo della dott.ssa Silvia Bernabucci, DMV
- Pubblicato il Silvia Bernabucci
Nutraceutica veterinaria: il ruolo della nutrizione funzionale
Il concetto di salute ha subito nel tempo una evoluzione. Se negli anni ’80, infatti, il termine salute veniva identificato come semplice assenza di patologie, dagli anni ’90 in poi ha cominciato a farsi strada il concetto di prevenzione. Ovvero un insieme di attività e interventi atti ad evitare l’insorgenza di condizioni morbose nell’individuo. Nel terzo millennio, il concetto di salute è stato infine soppiantato dal più ampio concetto di benessere che, come da definizione dell’OMS, rappresenta uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia.
Il moderno significato di salute inteso come benessere include dunque il concetto centrale del miglioramento della qualità di vita e dell’invecchiamento e non solo del prolungamento delle aspettative di vita stessa.
Nutrizione e prevenzione
È oramai noto come la Nutrizione, sia in campo umano che veterinario, svolga un ruolo di prevenzione di centrale importanza. Ma cosa si intende per prevenzione?
Per definizione dell’ISS, la prevenzione primaria è un “insieme di azioni ed interventi che, attraverso il potenziamento di fattori utili alla salute e l’allontanamento o la correzione dei fattori causali delle malattie, tendono al conseguimento di uno stato di completo benessere psicofisico o quantomeno ad evitare l’insorgenza di condizioni morbose”.
In altre parole, la prevenzione primaria si applica al soggetto sano al fine di mantenere la sua condizione di benessere ed evitare l’insorgenza di malattie.
È nell’ambito della prevenzione primaria che si colloca la prevenzione nutrizionale, intesa come l’assunzione di un prodotto contenente un nutriente o altre sostanze che, da sole o combinate, aiutano l’animale sano a:
- Ridurre il rischio di sviluppare malattie
- Mantenere le funzioni fisiologiche dell’organismo
- Mantenere il suo stato di salute
In quest’ottica, dunque, la Nutrizione è vista come strumento utile per il raggiungimento di uno stato di salute e benessere animale, attraverso il miglioramento dell’immunocompetenza del soggetto e la promozione delle capacità di riparazione dei tessuti
Nutraceutica e nutrizione funzionale
Il termine Nutraceutica è stato coniato nel 1989 e deriva dalla fusione dei due vocaboli : nutrizione e farmaceutica. Anche se si tratta di un concetto relativamente moderno, la Nutraceutica affonda le sue radici in un passato molto remoto. Infatti già Ippocrate, nel V secolo a.C. dichiarava: «Lasciate che il cibo sia la vostra medicina e la vostra medicina sia il cibo», sottolineando il legame imprescindibile tra cibo e salute.
I nutraceutici non sono quindi semplici integratori (o, come sarebbe meglio chiamarli in medicina veterinaria, “mangimi complementari”). Si tratta infatti di sostanze biologicamente attive di origine animale o vegetale che, somministrate concentrate ed in una adatta forma farmaceutica (capsule, compresse, polveri ecc…) sono in grado di:
- Aiutare a proteggere l’organismo da alterazioni metaboliche
- Prevenire carenze e squilibri nutrizionali
- Ridurre il rischio di stress ossidativo e infiammazione e, di conseguenza, delle patologie associate.
Queste sostanze, pur essendo presenti negli alimenti, per svolgere la loro funzione benefica devono essere somministrate in concentrazioni tali da richiedere quantità di alimento troppo elevate. Pensiamo ad esempio agli acidi grassi Omega tre (EPA e DHA) che, come sappiamo, sono contenuti prevalentemente in alimenti marini (pesce azzurro soprattutto). Per andare a svolgere la loro funzione antinfiammatoria, mantenendo il rapporto omega 6/omega 3 entro certi range, il loro introito deve essere talmente elevato da non riuscire ad essere coperto solo alimentando l’animale di tanto in tanto con pesce azzurro. Per questo motivo si preferisce somministrarli concentrati in perle.
Il Nutraceutico dunque, pur avendo funzioni simili ad un farmaco, si differenzia da questo per il fatto che può essere assorbito e utilizzato dall’organismo senza il rischio di effetti collaterali potenzialmente dannosi. Tuttavia non deve essere considerato un sostituto del farmaco, ma un supporto al farmaco stesso, che può essere utilizzato in prevenzione (da solo) o in corso di patologie (a supporto delle terapie farmacologiche specifiche). Il compito del Medico Veterinario sarà quello di stabilirne il giusto utilizzo e la giusta collocazione, a seconda del singolo paziente e della sua storia clinica.
Criteri di scelta di un buon nutraceutico
I Nutraceutici, generalmente, non hanno bisogno di ricetta. Per questo motivo, essendo acquistabili come “prodotti da banco”, il loro uso improprio e/o abuso è frequente. Purtroppo non tutti i prodotti che si trovano in commercio sono uguali, da un punto di vista della qualità e della efficacia.
Ma quindi quali sono i criteri di scelta di un buon nutraceutico? Vediamoli insieme:
- Le materie prime utilizzate devono essere titolate (ovvero deve essere indicata la loro concentrazione in tot grammi o ml di prodotto). Deve inoltre essere indicata la loro provenienza e tracciabilità
- Devono essere indicati eventuali eccipienti, coloranti e conservanti.
- Devono essere certificati per assenza di metalli pesanti ed altri inquinanti
- Devono essere protetti da un packaging idoneo (ad. es che protegga il prodotto dalla luce per evitare fenomeni ossidativi)
Quali sono le situazioni in cui la Nutraceutica può davvero fare la differenza?
Abbiamo già accennato al concetto di prevenzione. In quest’ottica, la nutrizione funzionale può trovare il suo campo di applicazione fin da quando l’animale è cucciolo. Riprendendo i nostri amati e già citati Omega tre, numerosi studi hanno ormai chiarito il loro ruolo fondamentale nelle varie fasi della vita dell’animale. Nel cucciolo, in particolare, concorrono a favorire un corretto sviluppo neurologico durante la crescita, per cui una loro integrazione già dalle prime fasi di vita non solo è possibile, ma raccomandabile.
Ma è in ambito patologico che, negli ultimi anni, la nutraceutica sta trovando sempre più largo impiego, in affiancamento alle cure tradizionali.
Dall’animale anziano, spesso pluripatologico (ne parliamo qui) , al paziente oncologico (ne parliamo qui), sono innumerevoli le situazioni dove la nutrizione funzionale può fare davvero la differenza. Ma in questi casi in particolare, un consiglio importante è quello di evitare il “fai da te” e di affidarsi sempre ad un Medico Veterinario esperto che sappia scegliere e collocare correttamente il giusto prodotto nella giusta fase della patologia. I risultati non tarderanno a farsi vedere!
Articolo della dott.ssa Marta Batti, DMV
- Pubblicato il Marta Batti
Come rafforzare il sistema immunitario del gatto con l’alimentazione
Il sistema immunitario del gatto è un sistema molto complesso, che può subire diversi attacchi nel corso della vita e che è importante mantenere sano e forte. In questo articolo approfondiamo come funziona il sistema immunitario di un gatto, quando si forma e come si evolve. Parleremo anche di come rafforzarlo con l’alimentazione e alcuni nutraceutici.
Per quanto si dica che un gatto “ha sette vite”, sta a noi aiutarlo a viverle tutte al meglio, rafforzando il suo sistema immunitario. Fondamentale infatti per garantire una lunga vita, in salute, il sistema immunitario è deputato alla protezione del nostro gatto, sia da agenti nocivi esterni che da cause di malattia interne, come tumori. Poiché il 70% delle cellule del sistema immunitario si trova nell’intestino, una alimentazione sana e magari alcuni nutraceutici, perché no, possono davvero fare la differenza.
Il sistema immunitario del gatto: come funziona e come si evolve
Come immagino tutti i lettori sappiano, il sistema immunitario è quell’insieme di cellule e tessuti del gatto deputata alla difesa dell’organismo. Il sistema immunitario è come se fosse un organo unico, anche se è composto da una complessa rete di strutture, elementi cellulari e mediatori chimici, distribuiti in diversi distretti dell’organismo. Queste cellule sono in continua comunicazione fra loro, tramite segnali biochimici e la salute del nostro gatto è legata al suo corretto bilanciamento. In caso infatti di un funzionamento diminuito o difettoso, potrebbe andare incontro a patologie legate ad attacchi di microrganismi, ma anche ad altre come il cancro. Esistono però anche le patologie da iper-funzionamento, dove il sistema immunitario attacca gli obiettivi sbagliati (allergie, patologie auto-immuni).
Il sistema immunitario si comincia a sviluppare fin da dopo la nascita. Assumendo il colostro, il gattino ingerisce anticorpi preformati dalla mamma, che lo difenderanno durante il periodo necessario a formare i propri.
Anche nei giorni successivi alla nascita, quando il colostro già non viene più prodotto, il latte materno ha lo scopo non solo di nutrire il nostro gattino, ma anche di continuare a trasmettere fattori che aiutano a comporre il suo microbiota intestinale, che come vedremo più avanti avrà un ruolo importantissimo per tutta la vita del nostro gatto.
Alimentazione e sistema immunitario: cosa c’entrano?
Quando si pensa alla frase di Ippocrate “fai del tuo cibo, la tua medicina”, se la si vuole tradurre in termini moderni, potremmo farlo a questo modo: utilizza i principi nutritivi presenti negli alimenti per rafforzare il sistema immunitario del tuo gatto.
Se avessimo una lente di ingrandimento adatta infatti, potremmo vedere come a livello intestinale il nostro gatto presenta una meraviglioso microcosmo, in grado di regolare la sua salute. Nell’intestino infatti risiedono gran parte delle cellule del sistema immunitario (circa il 70%, come abbiamo detto sopra), in costante e continua interazione con batteri e altri microbi presenti. Questi batteri non devono essere visti come nocivi, ma anzi, se sono in salute loro, produrranno una serie di metaboliti che aiuteranno il nostro gatto, fra l’altro ad esempio regolando il suo sistema immunitario. Tramite queste sostanze infatti e le loro interazioni con l’organismo, il sistema immunitario del gatto apprende ad essere tollerante verso le molecole non nocive, come quelle del cibo, mentre attacca gli elementi estranei e pericolosi.
Questo fenomeno di apprendimento, legato anche al cibo che il nostro gatto, si verifica una sola volta nella vita, durante i primi mesi di vita. Studiata dagli scienziati come tolleranza alimentare, sembra rivestire un ruolo unico
L’alimentazione quindi può servire in due modi per rafforzare il sistema immunitario del gatto:
- Apportando molecole utili all’organismo, come antinfiammatori, antiossidanti etc. come vedremo più avanti in questo articolo
- Regolando la flora microbica locale, che poi a sua volta produce altre molecole utili per il benessere del gatto e per modulare il suo sistema immunitario.
Quando è necessario rafforzare il sistema immunitario del nostro gatto
Dobbiamo pensare di rafforzare il sistema immunitario del nostro gatto in tante e diverse situazioni. Un elenco, sicuramente non completo, comprende:
- Gattini che non hanno ricevuto allattamento materno
- Gatti con l’immunodeficienza felina (FIV)
- Gatti che soffrano di infezioni frequenti da batteri, virus, parassiti o funghi (fra cui soprattutto i gatti che soffrono di infezione latente da herpes virus felino).
- Gatti anziani, poiché il sistema immunitario invecchia con loro (fenomeno chiamato immunosenescenza)
- Gatti con patologie oncologiche (tumori anche benigni, cancro)
- Gatti stressati in modo cronico, dato l’influenza della psiche sul sistema immunitario.
Alimentazione e nutraceutici per rafforzare il sistema immunitario
Per aiutare il sistema immunitario del nostro gatto ad essere più forte, la base da cui partire è senza dubbio una alimentazione sana. Alimenti di buona qualità, possibilmente freschi e variati, sono la base per un organismo sano, gatto incluso.
Per mantenere un gatto sano, la sua alimentazione deve essere prima di tutto ricca di proteine animali. La malnutrizione proteica infatti, molto comune nei gatti essendo iper-carnivori, riduce la risposta immunitaria. Un gatto che non mangia una sufficiente quantità di proteine animali avrà quindi un sistema immunitario più debole e potrebbe persino avere una risposta minore alle vaccinazioni.
Fra i componenti delle proteine, gli aminoacidi glutamina, arginina e taurina sono fondamentali per mantenere il sistema immunitario del gatto in salute. Non a caso, questi nutrienti si trovano in grandi quantità nel cibo di origine animale.
Fra le integrazioni e i nutraceutici utili per rafforzare il sistema immunitario del nostro gatto, possiamo citare senza dubbio:
- Antiossidanti, come vitamina C e vitamina E. Vanno utilizzati con attenzione, dietro controllo medico veterinario, ma rappresentano un aiuto essenziale per il sistema immunitario del gatto.
- Zinco e selenio, sono due oligoelementi che sostengono il sistema immunitario del gatto, possono essere integrati ma con moderazione, avendo anche degli eccessi.
- Co-enzima Q10 (CoQ10), è un antiossidante che concorre in particolare a rafforzare il sistema immunitario in condizioni di malattia anche gravi, come il cancro.
Un discorso a parte lo merita invece la lisina. Molto utilizzata in ambito umano, soprattutto per le infezioni latenti da herpes virus, questo aminoacido sembra non avere la stessa potenza di azione sui nostri gatti. Gli studi in questo senso sono contradditori e l’utilizzo di integratori a base di lisina per il vostro gatto è sempre meglio che sia valutata dal vostro medico veterinario di fiducia.
Articolo della dott.ssa Maria Mayer, DMV per Kodami
- Pubblicato il Maria Mayer
La vitamina D nelle enteropatie del cane
Come in medicina umana l’integrazione di vitamina D può diventare molto importante anche per il cane, vediamo insieme in quali casi.
La vitamina D è una vitamina considerata un nutriente dietetico essenziale per il cane e il gatto.
A differenza dell’uomo e di altri mammiferi, infatti, cani e gatti non sono in grado di sintetizzare la vitamina D con l’esposizione ai raggi solari ma devono necessariamente introdurla con l’alimentazione.
Rientra nel gruppo delle vitamine liposolubili pertanto può accumularsi nell’organismo.
Per questo motivo è possibile riscontrare carenza di vitamina D ma anche ipervitaminosi in caso di integrazione eccessiva. Con gravi conseguenze per l’organismo: un’intossicazione da vitamina D può causare grave insufficienza renale.
Fonti di vitamina D
L’alimento maggiormente ricco di vitamina D è indubbiamente il pesce marino. Ma possiamo trovare una buona concentrazione di questa vitamina anche in pesce d’acqua dolce, tuorlo d’uovo, carne di manzo e latticini.
Le crocchette, gli alimenti umidi completi e molti integratori mineral-vitaminici vengono integrati con colecalciferolo (vitamina D3) o ergocalciferolo (vitamina D2).
Ruoli della vitamina D
Il ruolo della vitamina D è stato per anni limitato a quello di regolazione dell’equilibrio calcio/fosforo e quindi principalmente al tessuto osseo.
Diete carenti di vitamina D o con eccessiva integrazione possono essere molto deleterie soprattutto nei cuccioli dove possono causare malattie della crescita come il rachitismo.
Parallelamente a ciò che sta accadendo in medicina umana anche in veterinaria, però, sono stati scoperti altri ruoli di questa vitamina che emerge come molto importante nella terapia e nella prevenzione di alcune patologie immunitarie, renali, cardiovascolari e dermatologiche.
La vitamina D nelle enteropatie del cane
Ad oggi le patologie croniche intestinali (enteropatie) sono sempre più diffuse, non solo nell’uomo ma anche nei nostri cani. Studi recenti hanno dimostrato come in corso di alcune enteropatie del cane si verifichi un abbassamento dei livelli di vitamina D. Come abbiamo visto, il cane deve assumere necessariamente la vitamina D con l’alimentazione ma un intestino infiammato avrà difficoltà ad assorbire i micronutrienti introdotti con la dieta e tra questi anche le vitamine. Si crea così una situazione di carenza che peggiora i sintomi della malattia.
I cani più predisposti a questa carenza sono quelli di razze nordiche (proprio quelle razze storicamente alimentate con una buona quantità di pesce) come Siberian Husky o l’Alaskan Malamute ma anche Akita Inu, Rottweiler, Pastore Tedesco. Queste razze possono avere bassi livelli di vitamina D anche in assenza di patologia.
Come intervenire
Quando c’è una carenza di vitamina D purtroppo la dieta da sola non è sufficiente a riportare l’equilibrio ma occorreranno integratori specifici.
Dato che, come abbiamo visto, anche un eccesso di vitamina D può essere pericoloso è fondamentale innanzitutto essere sicuri che il nostro cane abbia effettivamente questa carenza ricorrendo a esami del sangue specifici.
Quindi nei cani di razze predisposte e in quelli affetti da enteropatia cronica è consigliabili testare i livelli di vitamina D nel sangue.
In caso di carenza accertata sarà il Medico Veterinario a consigliare come integrarla al meglio per evitare rischi di ipervitaminosi e al tempo stesso ripristinare un livello ottimale di vitamina D.
Articolo della dott.ssa Denise Pinotti, DMV
- Pubblicato il Denise Pinotti
Cani e celiachia
In questo articolo approfondiremo la questione cani e celiachia.
Andremo quindi a rispondere alle fatidiche domande: “il cane può essere celiaco? Esiste l’intolleranza al glutine nel cane?”.
Vedremo che cos’è la celiachia e come si manifesta la reazione avversa ad una particolare proteina, il glutine.
Cani e celiachia. Che cos’è il glutine?
Il glutine è una grandissima proteina formata da proteine di dimensioni più piccole che sono la gluteina e la gliadina. Il glutine è presente in molti cereali, compreso il frumento, ed è un ingrediente essenziale in moltissime varietà di pane, pasta e altri prodotti da forno.
Il motivo per cui è così presente è che ha una struttura a rete che risulta ideale per la produzione del pane: il glutine infatti è una sostanza gommosa ed elastica che si forma quando le molecole di glutenina e gliadina si mescolano all’acqua (per esempio appunto quando si prepara l’impasto per il pane).
Sensibilità al glutine
In medicina umana, l’intolleranza al glutine, è un disturbo piuttosto comune infatti un numero significativo di persone non lo tollera. Uno dei disturbi correlati a questa intolleranza è la celiachia che è dovuta ad una reazione anomala del sistema immunitario: si parla di patologia autoimmune.
Nei soggetti celiaci mangiare glutine scatena una risposta immunitaria che colpisce l’intestino, lo infiamma e lo danneggia riducendo la sua capacità di assorbire le sostanze nutritive.
Quali sono gli alimenti senza glutine?
Esistono molti alimenti privi di glutine tra cui alcuni tipi di cereali, frutta, verdura, latticini, patate, riso, legumi, carne e pesce.
Cani e celiachia. Ma possiamo davvero parlare di celiachia nel cane?
La riposta è no.
Abbiamo detto che la celiachia è una patologia dell’uomo, ereditaria e autoimmune; nel cane però questa particolare patologia non è stata riscontrata, al contrario è stata evidenziato un disturbo chiamato enteropatia da glutine.
Questo disturbo che causa malassorbimento, analogamente alla celiachia dell’uomo, sembra avere una forte base genetica ed è stata riscontrata principalmente nei Setter puri Irlandesi.
È stata riscontrata anche nei Border Terrier dove il glutine causa una forma di patologia simil-epilettica e nel Soft Coated Wheaten Terrier.
Purtroppo in Medicina Veterinaria gli studi scientifici sono spesso inconclusi o coinvolgono pochi cani. Quindi non ci permettono di avere certezze sul meccanismo che sta alla base di questa enteropatia da glutine.
Infatti, la prevalenza di questa enteropatia da glutine non è conosciuta e non è ben conosciuta neanche la patogenesi della malattia, per questo motivo non sappiamo se possiamo definirla una vera e propria celiachia. Nelle diete per cani fortemente allergici è comunque consigliato non inserire fonti di glutine perché può essere causa di intolleranze/allergie come qualsiasi altra proteina.
Va sottolineato anche che il glutine è in grado di acidificare il pH urinario. Attenzione quindi ad utilizzarlo quando l’animale soffre di patologie delle basse vie urinarie come qualche urolitiasi.
In conclusione
Che cosa fare quindi se sospetto che il mio cane sia intollerante al glutine?
La regola principale e più importante quando si decide di cambiare dieta al proprio animale è di farlo sotto controllo e sotto consiglio del Veterinario Nutrizionista.
Articolo della dott.ssa Alice Chierichetti, DMV
- Pubblicato il Alice Chierichetti
I cani possono mangiare le arance?
Pur essendo un frutto invernale, al giorno d’oggi capita di trovarle in tutte le stagioni.
Le arance sono un frutto molto apprezzato che può essere consumato sia crudo che sotto forma di confetture o marmellate varie. Rappresentano un’ottima fonte di vitamina C, è stato dimostrato che stimolano il sistema immunitario e riducono l’infiammazione.
Proprio perché conosciamo bene le proprietà benefiche di questo frutto per la nostra salute è normale volerle condividere con il nostro cane. Se vi state chiedendo se potete dare le arance al vostro cane, la risposta è sì ! Bisogna però fare attenzione alle quantità. In questo articolo parleremo dei rischi e dei benefici di questo frutto, di come poterlo somministrare ed in che dosi.
Benefici delle arance per i cani
Come sappiamo bene, le arance sono degli agrumi, famiglia di frutti a cui appartengono anche limone, mandarino e pompelmo. Come tutti gli agrumi, le arance hanno un elevato potere antiossidante, essendo estremamente ricche di vitamina C.
Le arance contengono anche altre sostanze con proprietà antiossidanti, come ad esempio carotenoidi, antocianine (soprattutto le arance rosse) e flavanoni. Fra questi ultimi, citiamo l’esperidina, una sostanza naturale ultimamente molto studiata in medicina in quanto potentissimo antivirale.
Rischi della arance per il cane
Ammesso che il nostro cane le mangi, non andiamo incontro a grandi rischi dandogli delle arance.
A differenza di quello che pensano molte persone l’acido citrico presente nelle arance non è in realtà dannoso o tossico per i cani.
Unico vero punto critico, come sempre per la frutta al cane, sono gli zuccheri presenti. Anche se la arance apportano infatti solo 34kcal per ogni 100g, abbiamo ben 8 grammi di zuccheri nella composizione di questo frutto e questo ovviamente, può rappresentare un rischio per il nostro cane.
L’apporto anche di piccole quantità di zuccheri può rappresentare un problema soprattutto in termini di fermentazioni addominali, con conseguente flatulenza e dolore.
Come dare le arance al cane e in che quantità
Se il vostro cane ama le arance, il consiglio è quello di dare spicchi interi, compresi di polpa, e non il succo d’arancia. In questo modo, assieme agli zuccheri, state fornendo anche fibre (circa 1,6g per ogni 100g), rallentando quindi l’assorbimento degli zuccheri e mitigando il danno relativo all’innalzamento della glicemia.
Ma è il quanto che fa davvero la differenza. Se il vostro cane è di taglia piccola dovreste dare non più di un quarto di spicchio di arancia al giorno, mentre per cani di taglia media potete dare un mezzo spicchio e per cani di taglia grande anche uno intero. Cercate di non eccedere, ricordate sempre che in generale è meglio limitare gli zuccheri.
E il succo d’arancia ?
Tecnicamente sì, ma solo se si tratta di puro succo di arancia 100% ovvero una spremuta preparata da voi e non acquistata al supermercato.
E anche in questo caso le dosi consigliate si quantificano in cucchiaini in base alla taglia del vostro cane, in generale nelle taglie grandi non è consigliabile somministrare più di 1-2 cucchiai.
In conclusione, se gradite dal vostro cane, le arance possono rappresentare uno snack salutare a patto che vengano somministrate con moderazione.
Articolo della Dr.ssa Laura Mancinelli, DVM
- Pubblicato il Laura Mancinelli
Cosa sono le proteine idrolizzate?
In questo articolo parleremo di proteine idrolizzate, cosa sono e come vengono prodotte?
C’è differenza tra prodotti monoproteici e idrolizzati? Quali sono i vantaggi nell’utilizzare cibi idrolizzati? Quando è consigliato darlo? Possono essere somministrati per tutta la vita o ci sono dei rischi?
Negli ultimi anni sempre più aziende mangimistiche per animali da compagnia si sono specializzate nella produzione di alimenti costituiti da proteine idrolizzate.
Questo tipo di alimento viene spesso scelto dal medico veterinario come prima opzione in tutti quei casi in cui si sospetta una reazione avversa al cibo.
Quando parlo di reazione avversa al cibo non intendo solo problemi dermatologici ma anche reazioni gastrointestinali che si possono manifestare con diversi sintomi clinici.
Cosa sono e come vengono prodotte le proteine idrolizzate?
Le proteine idrolizzate sono un insieme di amminoacidi e peptidi che si ottengono in seguito all’idrolisi di una fonte proteica, di origine animale o vegetale.
Il processo di idrolisi avviene tramite l’utilizzo di acidi o di enzimi e possiamo paragonarlo a ciò che avviene nello stomaco dei nostri animali, così come nel nostro.
Nel momento in cui gli alimenti ingeriti raggiungono lo stomaco, l’acidità presente e la produzione di enzimi specifici fa si che le proteine alimentari vengano scomposte in peptidi sempre più piccoli. Fino ad ottenere piccoli amminoacidi che verranno poi assorbiti.
Potremmo definire quindi le proteine idrolizzate come proteine “predigerite”. Per questo risultano meglio tollerate a livello gastrointestinale in quei soggetti maggiormente sensibili o con difficoltà digestive, facilitando il lavoro dello stomaco e riducendo la risposta del sistema immunitario.
Il processo di idrolisi artificiale infatti, che può essere più o meno spinto, riduce gli amminoacidi in oligopeptidi che sono piccolissime catene a basso peso molecolare.
Queste molecole sono così piccole che non vengono riconosciute come allergene dal sistema immunitario. Ciò fa si che il rischio di allergie alimentari venga ulteriormente ridotto.
Le proteine maggiormente impiegate per la produzione di questi alimenti sono dei sottoprodotti di origine animale e vegetale, per lo più proteine che derivano dal pollo e dalla soia. Del pollo le parti che solitamente vengono utilizzate sono le penne e le piume. Materia prima molto vantaggiosa dal punto di vista economico per le aziende in quanto prodotto di scarto, perché non utilizzabile per altri scopi.
C’è differenza tra i prodotti commerciali monoproteici ed idrolizzati?
Assolutamente sì, come già affrontato in questo articolo. Il cibo monoproteico è così chiamato perché composto da una singola proteina di origine animale, proteina non trattata con il processo dell’idrolisi. Quindi in casi di reazione avversa al cibo o di particolari allergie, il cibo monoproteico potrebbe non essere la scelta migliore come prima opzione per iniziare una dieta ad eliminazione o privativa.
Quando è consigliato dare un cibo idrolizzato?
Le proteine idrolizzate sono consigliate in tutti quegli animali che presentano delle allergie o delle intolleranze alimentari, ancor più in quei soggetti che hanno problemi di digestione o patologie gastrointestinali specifiche.
Queste proteine, visto il pretrattamento di idrolisi vengono facilmente digerite ed assorbite. Inoltre visto il basso peso molecolare non si comportano come allergeni, quindi utilissime da un punto di vista diagnostico.
Possono essere somministrate per tutta la vita o ci sono dei rischi?
Il cibo idrolizzato dovrebbe essere dato principalmente a scopo diagnostico. Solitamente per circa 8 / 12 settimane o per un tempo utile fino a quando la sintomatologia clinica, parlando principalmente di problemi gastrointestinali e cutanei, scompare.
Se dopo questo tempo il cane o il gatto non presenta più reazioni indesiderate, possiamo dire che con molta probabilità aveva una reazione avversa al cibo. Molte persone e famiglie a questo punto, risolti i problemi più evidenti, preferiscono fermarsi, confondendo l’assenza di sintomi con il benessere del soggetto.
Il passo successivo che consigliamo sempre invece è quello di iniziare le prove di scatenamento, ovvero reintrodurre con uno schema preciso e dettagliato in modo graduale gli alimenti. Cercando così di capire qual è l’allergene alimentare scatenante la reazione avversa.
La maggior parte delle aziende scrive che questo cibo può essere dato per l’intera vita del cane o del gatto, ad eccezione di alcune patologie che purtroppo a volte possono essere concomitanti nello stesso animale, per le quali invece è sconsigliato. Come ad esempio in corso di pancreatite- iperlipidemia- problemi epatici o problemi alle basse vie urinarie.
In questi casi è ancora più importante conoscere a quale alimento il vostro animale è sensibile. Per poter così dare un’alimentazione adeguata e di supporto per le patologie che lo affliggono.
Cibo idrolizzato tutta la vita?
Come abbiamo visto, le aziende ci dicono che il cibo idrolizzato può essere dato tutta la vita. Ma, che tipo di cibo stiamo dando ai nostri animali? Queste proteine, che solitamente sono costituite da scarti come materia prima di partenza, subiscono diversi passaggi di lavorazione prima di arrivare alla forma idrolizzata, potenzialmente diventando un prodotto con scarso valore nutrizionale.
In conclusione, ogni animale è un caso a se stante, non esiste la dieta ideale in assoluto, ma bisogna cercare di elaborare la dieta ideale per ogni singolo soggetto. Se l’alimentazione idrolizzata è l’unica con la quale il nostro cane o gatto riesce a stare bene, può essere una soluzione accettabile, anche se non ci esime da cercarne altre, senza “parcheggiarci” in una soluzione apparentemente comoda.
Nutrire è molto di più infatti e questi alimenti rappresentano nel tempo quanto meno uno scarsissimo stimolo di sapori e consistenze.
Non dargli solo da mangiare….Nutrilo!
Articolo della dott.ssa Francesca Parisi, DMV
- Pubblicato il Francesca Parisi